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Autore: _diana87    03/02/2014    7 recensioni
"Ecco cosa succede quando Patrick Jane si allontana da Teresa Lisbon. Cade dal Paradiso e finisce all'Inferno."
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 12

 

Quando lascia l’appartamento, si sente avvolta da una strana sensazione di gelo.
Si stringe a sé, tenendo le mani ben salde sulle spalle. È rimasta a fissare la porta, da circa cinque minuti, sperando e pregando che lui l’avrebbe riaperta di nuovo. Invano.
Trattiene il respiro, poi lo rilascia lentamente, eseguendo il tutto nella maniera più semplice possibile. Finalmente si muove, posando una mano sulla superficie dello stipite della porta, come a voler sentire il contatto fisico di qualcosa di reale. Nella sua mente continua a ripetere che ciò che le sta succedendo sia soltanto un incubo dal quale presto si sveglierà.
Un’altra mano raggiunge la sua spalla, a ricordarle quella certezza che prima stava cercando.
“Lisbon...” l’amica ed ex collega del CBI sussurra il suo nome facendosi sentire a malapena dagli altri presenti nella stanza.
Quando Teresa si volta verso di lei lo fa compiendo dei gesti a rallentatore.
“Sto bene.” Le dice, quasi leggendola nel pensiero, ed è una risposta riferita più che altro a lei stessa.
“Chiamo i rinforzi per seguire Jane.”
“No, no!” Teresa blocca l’amico Kimball prendendolo per il braccio. Presa da un impeto adrenalinico, sente il corpo percosso da una scossa. Forse è quella giusta che le serve per tornare con i piedi per terra e rendersi conto che quello che sta succedendo è reale.
Il coreano la guarda fisso negli occhi e riesce a percepire quella scossa di consapevolezza che le ha cambiato espressione sul volto.
“Ha ragione, bos---Lisbon.” Dice Wayne assecondando l’amico, e poi si corregge subito sul chiamare ‘boss’ l’ex agente mora del CBI.
Daniel se ne sta in disparte, osserva da spettatore involontario la scena, senza muovere un muscolo.
“Voi non capite! Si tratta di mia figlia e di Jane! Non posso lasciarli da soli!”
“Non stai ragionando da agente di polizia...” insiste Cho, e per un attimo pare non capirla.
Teresa scuote la testa e molla la presa dell’amico.
“Ho passato tutta la mia vita a farlo. Io vado a cercarli, da sola.” Scandisce le parole una ad una, quasi a dare un comando. Guarda i presenti negli occhi, e coglie solo espressioni di compassione. Ma lei non vuole sentirsi in quel modo. Non vuole far pietà al suo gruppo; vuole fare la capobranco per tenere la situazione sotto controllo.
“Lascia che ti accompagni”, Daniel sembra avanzare dal buio, in realtà simbolico, della stanza. Tiene le braccia incrociate all’altezza del petto. “Ti servirà almeno un rinforzo, o un’esca, insomma per qualsiasi cosa.”
La donna alza la testa indicandolo. “Non insistere, Parker. Non ho voluto i miei ex agenti migliori, e non voglio neanche te. Questo è un affare personale, è la mia battaglia, e devo vedermela da sola.”
Finisce il discorso, forse un po’ duramente, ma ha dovuto farlo. Afferra la fondina, non prima di essersi assicurata che la pistola sia carica.
Wayne è lì sul punto di dire qualcosa. Le parole sono sulla punta della lingua, ma non riescono ad uscire. Un po’ bloccate dall’emozione e dalla paura, un po’ perché Grace lo sta trattenendo, stringendogli il braccio. Teresa lancia un’ultima occhiata alla sua squadra e quel senso di maternità si fa sentire più forte. Ha subito un flashback di quando suo padre fece la stessa cosa anni addietro.
Aveva afferrato il suo borsone, aveva guardato i suoi tre figli per l’ultima volta. Teresa che stringeva a sé i suoi due fratellini, trattenendo le lacrime, e già allora, non ancora adolescente, si sforzava di sembrare grande. Perché i grandi non piangono. E lei non voleva piangere. Voleva essere forte per ciò che restava della sua famiglia.
Tornata con la mente al presente, si volta verso la porta e abbandona la sua casa, silenziosamente.
Cala il silenzio tra il team restante, spezzato quando la rossa decide di prendere il posto di Teresa, mettendosi davanti agli altri tre.
“Ragazzi, lasciamola andare. Ha ragione. Al cuore non si comanda, e finalmente Lisbon ha iniziato ad usare quella parte che in passato non lasciava andare molto spesso.”
“Quindi vuoi lasciarla andare da sola?” le chiede suo marito, avanzando verso di lei.
Grace si morde il labbro quasi a voler rivelare un segreto.
“Non proprio. Saremo i suoi rinforzi ovviamente. Mentre voi ve ne stavate a discutere, io mi sono permessa di attaccare un GPS nel cellulare di Lisbon.”
“Come hai fatto, scusa?”
“Quando ti sei avvicinata a lei poco fa, dico bene?” risponde il coreano, avendo capito in anticipo.
Grace non si trattiene e sorride, mostrano loro la sua ultima ‘creatura’ tecnologica: un cellulare predisposto apposta per localizzazioni GPS.
“So di aver giocato sporco, ma conoscendo la nostra Lisbon, era meglio prevenire!”
Adesso è Wayne ad esplodere di gioia. “Ho sposato un genio!”
L’esplosione si trasforma in un caloroso abbraccio tra i due coniugi. Lui se la coccola come se fosse un pupazzo da strapazzare. Kimball cerca di fare l’indifferente nascondendo la commozione, e non può fare a meno di pensare alla piccola Hope che gli aveva sciolto di poco il cuore.
Torna serio. No, non possono perderla. Devono fare assolutamente qualcosa per salvarla e riportarla a casa.
“Ok, basta piccioncini, abbiamo del lavoro da fare.”
Daniel sente ancora quel senso di essere di troppo, ma allo stesso tempo è agitato perché vuole rendersi utile e fare qualcosa. Si strugge, giocando con le mani. Neanche lui vuole che accada qualcosa a Hope. Dopo tutto, forse a causa del suo nome, ha portato un po’ di speranza in ognuno di loro.
“C’è qualcosa che posso fare?”
“Parker, tu puoi anticiparci e seguire adesso Lisbon. Ti do l’indirizzo di casa di Jane non appena il GPS capterà il segnale.” Dice Grace e gli scrive la via e le indicazioni su un foglio di carta, che poi gli porge.
“Ti raggiungiamo dopo con i rinforzi.”
 
La sua vecchia casa è un cunicolo di cenere, pezzi di carta bruciacchiati, pelletteria dei mobili rimasti gettata a terra come spazzatura. È quel che rimane di un’abitazione senza corpo né anima, da quando Red John l’aveva fatta esplodere due anni fa, e lui ci aveva quasi rimesso la pelle.
Deglutisce avvicinandosi con cautela, quasi temesse di distruggere anche quelle piccole briciole rimaste che lo legano alla sua vita precedente.
Maledice sé stesso per non aver portato neanche un giaccone dietro; è notte fonda e sta morendo di freddo. Cerca di non pensare alla bassa temperatura stringendosi nella vecchia giacca che indossa.
Si tocca le tasche. Non c’è traccia, neanche minima, di una lucetta, un accendino. Sbuffa, tornando a incrociare le braccia al petto nel tentativo disperato di riscaldarsi.
Alza la testa e la vede. Quella piccola lampadina accesa nella sua vecchia cantina – ammesso che si potesse ancora chiamare in quel modo, dato che era rimasta anch’essa mezza bruciata dall’esplosione – che a getti si accende e si spegne. Si avvicina adagio, cercando di sbirciare dal vetro appannato e bruciacchiato, finché esita a girare la maniglia della porta. Qualche secondo dopo, è dentro.
Scatoloni ovunque. Scuote la testa perché non ricordava di aver gettato tante di quelle vecchie cianfrusaglie in quella cantina. Scorge qualcosa di famigliare... è la culla di sua figlia Charlotte. Sembra ancora in perfetto stato di conservazione. Crudele è stato il tempo; ha portato via la sua casa, ma ha lasciato intatto uno di quegli oggetti che gli avrebbe spezzato il cuore.
Con gli occhi lucidi e quella sensazione di freddo peggiore di prima, raggiunge la culla. C’è un fagottino avvolto in un lenzuolo bianco. I ciuffetti biondi spuntano da fuori.
“Ben arrivato, Jane.” La voce dietro di lui è femminile, ferma e sicura di sé.
Si volta di colpo per vedere il volto della donna. In mano impugna una pistola, puntata saldamente verso di lui. Recepisce il messaggio, quindi di risposta lui alza le braccia verso l’alto.
La donna è di corporatura normale, non tanto alta. Indossa un tailleur, tacchi bassi, e dall’abbigliamento, Patrick intuisce che deve essere una persona di alto calibro. Forse un agente di polizia, o semplicemente un avvocato. Anche se di nemici se ne era fatti abbastanza durante il suo periodo come consulente al CBI, una donna di legge che motivo avrebbe di prendersela con lui e una bambina innocente?
“Non preoccuparti, Hope sta bene. L’ho fatta addormentare. Non toccherei un bambino con un dito.”
“Certo, come potresti? Da quel cerchietto bianco sull’anulare sinistro si intuisce che eri sposata con qualche figlio... due anzi. Quindi sei tu? Sei tu che hai ucciso i cinque agenti di polizia corrotti?”
Lei accenna a un sorriso divertita. “Sei bravo, proprio come mi avevano detto.”
“Chi te l’ha detto?”
“Quelli che hanno avuto a che fare con te.”
“Posso sapere chi sei, oppure saltiamo le presentazioni?”
Adesso lei si sta muovendo avanti e indietro per la piccola stanza. La pistola viene riposta in basso, così anche Patrick può prendere un sospiro di sollievo, breve ma intenso, e riposare le braccia. Lancia un’occhiata a Hope nella culla, poi torna a concentrarsi su di lei.
“Credo che il mio nome non sia importante.”
“Ok, quindi visto che abbiamo tempo, perché non mi spieghi il motivo che ti ha spinta a uccidere cinque agenti a mano nuda?”
Stavolta è lei a soffermarsi su di lui per guardarlo dritto negli occhi. La pistola è ancora in mano, ma la porta dietro la schiena, accompagnandosi con l’altra mano. Inclina la testa in maniera così teatrale da far presupporre che sia fatta di metallo.
“Tu davvero non ti ricordi di me, ma io sì. Anni fa, ero a comando dell’FBI. Ho lavorato con Raymond Haffner e Reede Smith, tanto per citare qualche nome. Avevo io il controllo sul caso Red John, ma ‘qualcuno’ me l’ha soffiato da sotto gli occhi... La mia carriera era ad un punto morto... Ero vista come il fallimento dell’intera organizzazione.”
“Oh, mi dispiace.” Risponde lui fingendo dispiacere.
La donna ignora la sua battutina, continuando a parlare. “Così volevo fargliela pagare a questo ‘qualcuno’.”
“Fammi indovinare.” Patrick porta l’indice destro sul mento, reggendo il gomito con l’altra mano. La sua classica posizione da pensatore. “Approfittando della mia fuga dal CBI, ti sei messa sulle mie tracce. Hai incaricato quegli agenti di cercarmi e incastrarmi con quel traffico di droga. Una vendetta professionale, sono sorpreso. Di solito chi mi dà la caccia vuole uccidermi. Solo non capisco una cosa. Come facevi a sapere che ero tornato negli Stati Uniti?”
Una sensazione di gelido li attraversa. Ci vuole poco per rendersi conto che il freddo è reale.
“Ferma, non ti muovere! Posa la pistola a terra e mani in alto!”
La sua principessa arrabbiata è arrivata a salvarlo, come di consueto. Con un calcio, la minuta agente di polizia ha aperto la porta della cantina ed è entrata puntando la pistola, stretta tra le mani, contro la donna che ha rapito sua figlia. È in quella frazione di secondi, tra l’irruzione e il salvataggio, che i due si scambiano un tenero sguardo. Lei, apparentemente scossa, arrabbiata ma anche felice, lui sempre con lo sguardo a metà tra il cane bastonato e il cucciolo smarrito in cerca di perdono.
Improvvisamente, l’agente mora corruga la fronte e lentamente abbassa la pistola. L’orrore è dipinto nel suo volto. Il respiro le si fa affannoso appena guarda negli occhi colei che ha rapito sua figlia. Ed è in quel momento che la riconosce.
In risposta, quest’ultima fa un semplice sbuffo, fingendo un rimprovero, ma il suo mezzo sorriso la tradisce; sta giocando come un’esperta criminale. Inclina la testa verso Patrick, sorprendendosi.
“Ti avevo detto di venire da solo e di non avvertire Teresa.”

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Chiedo immensamente venia per il ritardo, (sto passando un periodaccio, ma chi non sta come me?!) ma come dice la mia amica Clarissa "Sono meglio della CBS", quindi alla fine è arrivato prima il capitolo dell'episodio 6x13... perciò meglio di niente XD
Quindi giochiamo ad acchiapparella... Patrick è rincorso da Teresa, che è rincorsa da Daniel, che a sua volta è rincorso dai fantastici 3... chi arriverà per primo? Ovviamente Paddy, che non solo deve subirsi la culla intatta di sua figlia Charlotte (RIP) per uno scherzo del destino, ma poi la lista dei suoi nemici si è allungata con questa misteriosa donna!
Chi sarà mai?! Andiamo a vedere... e qualcuno può chiudere la porta che fa freddo??
Visto Reb, i bambini non si toccano ;)
La vostra malata di mente vi saluta, buon lunedì e buon Tredicesimo Apostolo (a chi lo vede) :*
D.
   
 
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