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Autore: 1rebeccam    03/02/2014    16 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 18
 
 
Una sensazione di calore al polso lo costrinse a concentrarsi sull’assurdo movimento che avrebbero dovuto fare le palpebre per potere riaprire gli occhi. La testa pulsò per un attimo e decise di desistere, almeno per il momento.
Le voci concitate e la frenesia che riusciva a mettere a fuoco in quella mente al buio, per via degli occhi chiusi che ancora oziavano a discapito della sua voglia di svegliarsi, avevano lasciato il posto ad uno strano silenzio, interrotto a tratti soltanto da piccoli passi intorno a lui, parole incomprensibili pronunciate da voci sconosciute e rumori di oggetti spostati su qualcosa di metallico.
Il dolore e gli spasmi acuti al petto e allo stomaco erano solo un ricordo, quello che sentiva adesso era una strana sensazione di benessere nel corpo.
Un benessere che non sentiva, però, nell’anima.
L’anima era scura per quelle pagine scritte, per quelle parole lette che delineavano una finzione reale nella mente del killer, una realtà che lo descriveva come il cadavere di turno.
Strinse gli occhi sentendo un dolore acuto. La fitta al petto che lo aveva colto all’improvviso non era malessere, ma paura.
La stessa che doveva aver sentito Kate, mentre gli accarezzava il viso in auto, cercando di calmarlo.
Ricordava che la Gates voleva chiamare un’ambulanza e lui, in preda al dolore, l’aveva implorata di non farlo; i giornalisti appostati ancora fuori nel parco giochi ci sarebbero andati a nozze, se lo avessero riconosciuto.
La voce preoccupata del capitano lo aveva tranquillizzato, dicendogli che i giornalisti erano affar suo e, ordinando ad Esposito di tenersi pronto a partire con l’auto di servizio verso l’ospedale, si era premurata di distogliere la loro attenzione.
Lo avevano aiutato a stendersi sul sedile posteriore e aveva appoggiato la testa sulle gambe di Kate, che non aveva smesso un momento di tenergli la mano e accarezzargli il viso.
Ricordava la sua mano fredda e tremante mentre gli toccava la guancia e, in quel tremore, l’unica consapevolezza che aveva,  era che niente al momento dipendeva da lui; quello che stava succedendo era fuori dalla sua portata.
Stava morendo!
Il dolore insopportabile gli dava quest’unica certezza e la paura che sentiva, si scioglieva lentamente solo al pensiero che lei era lì con lui.
Aveva stretto i denti e si era concentrato sulla sua unica ancora di salvezza.
Il suo sogno segreto, l’unico suo pensiero da anni, l’unico sorriso desiderato, la sua anima innamorata, il suo unico sempre… lei… e in questa consapevolezza si era lasciato andare al dolore ed aveva chiuso gli occhi.
Non ricordava altro.
Era disteso su un letto, questo lo percepiva e il vociare sommesso intorno apparteneva sicuramente a medici ed infermieri che si prendevano cura di lui, ma i momenti dall’auto all’ospedale erano oscuri nella sua mente.
Un rumore simile ad una porta che cigola lo fece scuotere, provò di nuovo ad aprire gli occhi, ma le palpebre erano pesanti come mattoni e rinunciò ancora una volta.
Attorno a lui ci fu di nuovo il silenzio e si abbandonò alla sensazione d’intorpidimento che sentiva in corpo. Non era la stessa  che aveva provato dopo l’aggressione. In quel caso non riusciva a muoversi, aveva gli arti bloccati, adesso se solo avesse voluto, avrebbe potuto alzarsi.
Riusciva a chiudere le mani in un pugno e muoveva le gambe.
Non era stato male di nuovo per via della droga, non era un effetto collaterale.
Questa presa di coscienza lo innervosì, facendogli percepire un altro rumore che non aveva notato fino a quel momento. Un suono. Un suono leggero, ma continuo, che aumentava d’intensità man mano che lui si agitava. Era sicuramente collegato ad un apparecchio che misurava le sue pulsazioni.
Il benessere che lo aveva avvolto da quando aveva ripreso coscienza, l’abbandonò riportando la sua mente al manoscritto, alle ultime frasi lette dalla voce incredula di Esposito e la macchina a cui era attaccato, lo avvertì che il cuore aveva ricominciato a correre.
Il liquido azzurro… ne basta solo una goccia… dolori, spasmi, sudore…
I battiti accelerarono ancora prepotentemente.
Veleno!
La parola che riusciva a leggere tra le righe di quel manoscritto era unica e sola.
Gli aveva iniettato qualche altra sostanza oltre la droga…
La detective era china sulle ginocchia, teneva la testa dello scrittore tra le su braccia, lo scaldava e lo proteggeva, senza sapere di stringere al suo cuore solo un cadavere!
…una sostanza che lo stava uccidendo!
 
Un altro tocco caldo lo strappa al nero della sua mente.
Un tocco diverso da quello che gli tastava il polso, un tocco che gli stringe la mano con delicatezza... un tocco rassicurante che avrebbe riconosciuto sempre e ovunque.
S’impone di ordinare alle palpebre di aprirsi, le muove con difficoltà come se fossero incollate alle pupille e il tocco si fa più forte sulla sua mano.
Risponde alla stretta e si ritrova con le dita intrecciate alle sue, ed è la prima cosa che riesce a mettere a fuoco quando finalmente apre gli occhi: le loro mani strette insieme sul suo torace, in un silenzio disperato.
Solleva lo sguardo e si perde nei suoi occhi, scuri come la sua anima, preoccupati. La rughetta in mezzo alla fronte marcata, le labbra strette in un sorriso forzato.
-Non hai una bella cera!-
Sbiascica abbozzando un sorriso e lei scuote la testa.
-Hai sempre saputo come lusingare una donna!-
Gli risponde passandogli la mano tra i capelli.
-Il dottor Travis è andato in laboratorio e mi ha permesso di entrare, per tranquillizzarti in caso ti fossi svegliato. Non so perché pensi che io abbia questo potere su di te.-
-Perché il dottor Travis ha la vista lunga e poi non bussa mai quando entra in una stanza!-
Il sorriso che gli mostra per la battuta le rilassa il viso, la rughetta sparisce per un paio di secondi e lui si sente allargare il cuore.
-Ha detto che ti sei stabilizzato e che stai meglio.-
Lui annuisce e si guarda l’altra mano poggiata sul letto, nella quale è inserito un ago. Segue il tubicino con dentro un liquido trasparente e ferma lo sguardo sulla bottiglia della flebo, quasi vuota.
-Più che meglio mi sento galleggiare in una bolla leggera… sarà la roba buona che mi stanno mandando in vena. Magari è vodka liscia!-
Sorridono insieme e Kate si china a sfiorargli le labbra, ma lui sposta di poco la testa impedendoglielo, lasciandola sorpresa.
-Se avesse fatto davvero quello che pensiamo Kate!? Da quello che ha scritto nel capitolo… non mi ha solo drogato!-
Esclama in un sussurro guardando nel vuoto davanti a sé. Lei si solleva di scatto e gli stringe la mano ancora più forte.
-Non sappiamo ancora cos’hai!-
-Si che lo sappiamo. Mi ha avvelenato Kate! Una goccia di liquido azzurro… l’hai detto anche tu che mi ha lasciato vivere perché ha un piano ben preciso in mente… e quello che si prospetta è un piano che va al di là della vendetta e dell’odio!-
Kate lo lascia di scatto per portarsi le mani ai capelli, li tira indietro sulla fronte e si allontana da lui percorrendo a piccoli passi la stanza.
-Ma qual è questo piano?-
Dice esasperata girandosi ancora verso di lui, che sospira.
-Non lo so, non so nemmeno perché sono ancora vivo. Se davvero mi ha avvelenato, per come mi sentivo poco fa, sarei dovuto morire prima di arrivare qui.-
Lei scuote la testa come se non accettasse quello che sa essere la verità.
-Il dottor Travis deve aver avuto il sospetto che c’era qualcosa di più, sennò non avrebbe fatto il secondo prelievo e Lanie lo ha intuito, per questo era silenziosa quando siamo venuti via dall’ospedale. Lo hai detto tu che era strana!-
Le fa segno con la mano di sedersi sul letto il più vicino possibile a lui e incatena lo sguardo al suo.
-E se fosse vero? Perché non sono morto? Che vuole ancora?-
Le sue domande sono dei sussurri che martellano le orecchie di Beckett.
-Perché vuole qualcosa da me. Vuole me Castle e il pensiero che sei in pericolo a causa mia…-
 Risponde lei stringendo le labbra, guardandolo con gli occhi lucidi. Rick le accarezza il viso e lei chiude gli occhi al suo tocco.
-Che succederà Kate!?-
Lei scuote la testa continuando a tenere la sua mano sulla guancia, riapre gli occhi e li fissa in quello sguardo spaventato, ma tanto dolce, come quello di un bambino che vuole certezze.
-Non gli permetterò di ucciderti! Qualunque cosa abbia in mente, qualunque cosa ti abbia fatto… io non gli permetterò di ucciderti!-
Rick abbassa lo sguardo e lei gli prende il viso tra le mani, costringendolo a guardarla. La rughetta in mezzo alla fronte fa di nuovo capolino e lui si sente attraversare da parte a parte dalla sua determinazione.
-Ti fidi di me?-
Lui solleva le spalle, le prende le mani tra le sue e gliele bacia sorridendo.
-Se mi fido di te? Io dipendo da te Kate… anche per respirare!-
Lei gli sfiora il cerotto in fronte, accarezzandogli dolcemente la guancia, passa le dita sulle sue labbra e lo abbraccia tenendo la sua testa contro il collo.
Tu dipendi da me! Tu vegli su di me…
Chiude gli occhi e mentre lo stringe forte a sé lo sente tremare ancora una volta tra le sue braccia.
…ed io ti amo Rick!
Un colpetto alla porta li riporta alla realtà e si allontanano velocemente, proprio mentre entra il dottor Travis.
Castle solleva le sopracciglia.
-Ha bussato!-
Esclama sottovoce, ma il medico alza il dito verso di lui mentre si avvicina per togliergli la flebo.
-L’ho sentita sa!? Sappia che al pronto soccorso non si bussa, si entra e basta.-
Cerca di sorridere, ma mentre chiude il tubicino della flebo e gli toglie l’ago dalla mano, non riesce ad evitare l’espressione tesa e lo sguardo serio, cosa che non passa inosservata a nessuno dei due.
Improvvisamente il silenzio s’impossessa della stanza e Castle trova la cosa insopportabile. Aspetta immobile che il dottor  Travis gli ausculti il battito cardiaco e quando si toglie lo stetoscopio dalle orecchie, sospira.
-Spero che lei non giochi a poker dottore.-
Lui corruccia la fronte e Rick lo guarda dritto negli occhi.
-La sua faccia dice che sono spacciato!-
Il medico si porta lo stetoscopio dietro il collo, in una mossa meccanica che compie decine di volte ogni giorno davanti ad altrettanti pazienti, ma adesso è più un modo di prendere tempo per mettere insieme le idee.
Lo sguardo fisso e le parole schiette di Castle lo fanno sentire a disagio.
-La situazione in effetti non è rosea.-
-Non è rosea? Dottor Travis, sappiamo per certo che il mio aggressore ha messo un’altra sostanza nella siringa, insieme alla droga…-
Castle lascia la frase a metà quando nota l’espressione dubbiosa sul viso del medico e si passa le dita sulla ferita alla testa, sospirando.
-Il killer si diverte ad auto compiacersi di quello che fa. Sta scrivendo un libro con le sue gesta e ce lo fa leggere capitolo dopo capitolo… per chiarirci le idee…-
Kate si avvicina prendendo il filo del discorso di Rick.
-Prima che Castle si sentisse male, stavamo leggendo il capitolo in cui descriveva minuziosamente la sua aggressione…-
Castle annuisce e prosegue, mentre il dottor Travis passa lo sguardo dall’uno all’altra.
-…in una frase dice che, dopo aver riempito la siringa con la droga, ha aggiunto un’altra sostanza che definisce di colore azzurro…-
-…e ha tenuto a precisare che ne sarebbe bastata soltanto una goccia!-
Kate dice l’ultima frase a bassa voce, incrociando lo sguardo con quello di Rick che deglutisce e torna a guardare il medico.
Travis annuisce pensieroso.
-Con il primo prelievo di stamattina mi sono reso conto che c’era un piccolo scompenso a livello dei globuli, volevo essere certo che fosse solo una conseguenza della droga, ma il secondo prelievo ha mostrato uno scompenso maggiore, non solo dei globuli, ma anche di altri valori.-
-Quindi, qual è il responso?-
Castle resta a fissare il medico, che gli mette una mano sulla spalla.
-I risultati dell’ultimo prelievo sono pronti e sarà meglio parlare con la nostra capo biologa, lei sarà in grado di spiegarsi meglio di me. E’ qui fuori con i vostri colleghi. Vuole che ne parliamo in privato?-
Rick guarda Kate e scuote la testa.
-No. Se ha a che vedere con l’assassino sarà meglio parlare anche con i ragazzi, così non dovremo ripeterci.-
Il dottor Travis annuisce e si avvia alla porta, mentre Rick si solleva a sedere sul letto e cerca quasi di nascosto un contatto con Kate, che gli sfiora la mano. Ben Travis segue la scena sott’occhio, sorride istintivamente a quella vista celata, ma il sorriso gli si spegne di colpo pensando alle notizie che Claire gli ha appena dato.
China la testa sospirando e mette la mano sulla maniglia della porta.
-Ehm… detective Beckett, forse le interesserà sapere che è arrivata anche il suo capitano.-
Esce senza voltarsi e Castle si ritrova a sorridere.
-Te l’ho detto che ha la vista lunga… anche troppo...-
Kate gli stringe la mano, ma lui non riesce a trattenere il sorriso. Diventa serio spostando lo sguardo sul copriletto, fino a che si riapre la porta e lei si allontana di malavoglia.
-Detective Beckett, signor Castle, vi presento la dottoressa Claire Dobbson, direttrice del laboratorio di Biologia del nostro ospedale.-
Castle resta stupito dalla giovane donna con il camice bianco. Molto carina, capelli biondi legati in una coda sbarazzina, occhi azzurri nascosti da occhiali rettangolari che le danno un’aria intellettuale e un sorriso dolcissimo. Ma la cosa che lo meraviglia davvero è la sua giovane età. Avrà più o meno trent’anni ed essere a capo di un laboratorio di biologia alla sua età, è  davvero una grande meta.
Si salutano con un gesto del capo, mentre Lanie si avvicina a Kate, la Gates si posiziona ai piedi del letto di Castle e Ryan ed Esposito lateralmente al letto, appoggiati alla parete.
La dottoressa sembra a disagio e si guarda ripetutamente le scarpe e il dottor Travis le fa cenno con la mano di prendere la parola. Si schiarisce la voce e sorride nervosa.
-Scusate. Non sono abituata a questo. Il mio compito è stare chiusa in laboratorio, non mi occupo mai dei pazienti…-
Si sistema gli occhiali spingendoli sul naso con un dito e apre la cartellina che tiene stretta in mano.
-…ma il dottor Travis questa volta ritiene necessaria la mia presenza, pensa che possa spiegare meglio cosa sta succedendo nel suo organismo, signor Castle.-
Controlla i fogli dentro la cartella e alla fine alza gli occhi verso Rick.
-Ben…-
Solleva lo sguardo verso di lui, distogliendolo immediatamente.
-…il dottor Travis, mi ha appena messa al corrente del messaggio che ha lasciato l’aggressore, in cui dice di aver aggiunto un’altra sostanza alla droga. In effetti nel suo organismo c’è qualcosa di estraneo, che non è lo Zolpidem.-
-E di cosa si tratta esattamente dottoressa?-
La interrompe perentoria la Gates e la giovane donna scuote la testa.
-Purtroppo non lo so. Nonostante i ripetuti controlli non siamo riusciti a risalire all’origine della sostanza. E’ sicuramente qualcosa di tossico.-
-Quindi un veleno!-
Esclama Rick corrucciando la fronte e la Dobbson annuisce.
-E’ una tossina, ma niente che io conosca, nel senso che non esiste in natura o in commercio.-
-Allora cos’è?!-
Chiede Kate facendo un passo avanti verso di lei.
-Una tossina molto complessa, costruita sicuramente in laboratorio. Ha una struttura complicata che sembra, dai pochi indizi che abbiamo, agisca sulla struttura ematica. All’inizio c’è stato un dislivello minimo tra globuli bianchi e rossi, ma già al secondo prelievo questo dislivello era maggiore. I bianchi aumentano a vista d’occhio, come se ci fosse una forte infezione in corso, mentre i rossi diminuiscono in maniera proporzionale.-
Gli occhi di tutti sono fissi sulla donna, Kate sente il respiro farsi pesante e l’aria irrespirabile.
-Questa, tra virgolette, infezione, porta ad uno squilibrio organico generale. In parole povere la tossina priva il sangue delle sostanze che porta con sé nella normale circolazione per irrorare i vari tessuti e organi interni, quindi viene a mancare l’ossigeno di cui hanno bisogno per un normale e corretto funzionamento. Parliamo di tessuti, organi interni, attività neurologiche. Tutto è collegato… e questa tossina è come se deframmentasse il sangue, che così  perde la sua funzionalità.-
Castle si schiarisce la voce e serra la mascella.
-Perché non sono morto allora? E’ un veleno, prima ho creduto davvero di morire… perché adesso sto bene! Non credo che sia solo per la roba buona che mi ha dato il dottor Travis.-
La dottoressa Dobbson si sistema ancora gli occhiali sul naso e annuisce.
-Come ho già detto è stata elaborata in laboratorio, quindi ‘costruita’ chimicamente. Ed è stata strutturata in modo da agire a rilascio lento, perciò il suo organismo subirà degli alti e bassi continui, in cui alternerà momenti di crisi a momenti in cui si sentirà bene come se non avesse nessun problema.-
Quando capisce che gli sguardi di tutti sono interrogativi, sospira.
-Mi spiego meglio. Chiunque abbia elaborato questa formula non è uno sprovveduto che conosce qualche nozione di biologia, ma un chimico esperto, che ha potuto lavorare in un laboratorio ben fornito, sia di macchinari che di diverse sostanze costose e pericolose. Deve averci lavorato per settimane, se non addirittura mesi. Avrà fatto sicuramente molti tentativi e diversi esperimenti prima di raggiungere la struttura velenosa che gli serviva.-
L’attenzione di tutti è totale, la dottoressa Dobbson si spiega in modo chiaro, ma Kate non riesce a seguirla. Sente il cervello pulsare e il cuore aumentare i battiti, proprio come quando stava correndo in macchina, poche ore prima, chiedendo ad una forza sconosciuta di non fargli perdere Rick. Il sollievo che aveva provato nel trovarlo vivo era stato offuscato dall’idea che il killer avesse ben altro in mente, ed ora è tutto chiaro.
Vuole lei, ha sempre voluto lei e per questo ha ucciso senza pietà tre donne innocenti e adesso sta distruggendo lui per devastare lei.
Si porta lentamente le dita alla tempia, proprio su quella vena che pulsa come se volesse esplodere da un momento all’altro e cerca di prestare attenzione alle parole che le giungono come un eco lontano.
Scuote la testa e sente lo sguardo di Rick su di sé. Si gira a guardarlo e lui le sorride. Le regala uno di quei piccoli, impercettibili sorrisi che le fanno coraggio. Ecco da chi dipende da mesi, un uomo che si preoccupa per lei anche quando è lui ad essere in pericolo.
La voce della dottoressa Dobbson s’insinua di nuovo nelle sue orecchie, risponde al sorriso di Rick e torna a darle attenzione.
-Secondo me il suo fine preciso era proprio far entrare la tossina nell’organismo in modo costante, ma lento. Per questo motivo la crisi che ha avuto prima l’ho trovata molto strana, sarebbe dovuto stare così male soltanto tra qualche ora, ma dopo che il dottor Travis mi ha parlato di quel manoscritto e che è stato male mentre lo stava leggendo, mi è stato tutto più chiaro.-
-In che senso?-
Chiede Kate, ma prima che la Dobbson possa rispondere è Lanie che prende la parola gesticolando.
-Nel senso che si è innervosito. Lo stato d’ansia che lo ha colto ha fatto si che il cuore battesse più velocemente e di conseguenza è aumentata anche l’accelerazione sanguigna…-
Si ferma di colpo guardando la Dobbson.
-Mi scusi, non volevo interromperla dottoressa…-
Dice mortificata, ma la donna sorride.
-Non c’è niente di cui scusarsi, non avrebbe potuto spiegarlo meglio. Quando il sangue ha cominciato ad accelerare, la tossina è entrata in circolo così velocemente che l’organismo non l’ha sopportata ed ha collassato, provocandole quella forte crisi, come se avesse avuto uno schock per la sostanza estranea al suo organismo.-
Ryan si stacca dalla parete a cui lui ed Esposito si sono appoggiati, immobili come congelati fino a quel momento e si avvicina alla Dobbson.
-Comunque… ci… ci sarà una cura?-
Chiede non molto convinto e la donna storce le labbra.
Quel gesto è per Kate come una pugnalata allo stomaco. Resta immobile ad aspettare una risposta, riuscendo solo a socchiudere di poco le labbra, mentre Rick tiene gli occhi fissi e sbarrati sul profilo che disegnano le sue gambe sul copriletto.
-Naturalmente è possibile fare un antidoto, ma per farlo bisogna conoscere la struttura completa  della tossina.-
-E il problema qual è dottoressa?-
La Gates appare molto preoccupata e mentre parla si sporge in avanti, stringendo la mano sulla sbarra del letto ai piedi di Castle.
-Il problema è che chi l’ha sintetizzata, ha pensato bene di strutturarla in modo tale che, una volta in contatto con il sangue, si dissolvesse completamente. Praticamente non lascia traccia di sé, tranne il potere distruttivo. Per fare un antidoto abbiamo bisogno della tossina principale. Siamo riusciti ad individuare un paio di sostanze, ma non quella che ci serve.-
Si rivolge a Rick che, come se avesse percepito il suo sguardo addosso, alza di colpo la testa.
-I miei tecnici stanno già lavorando sui campioni di sangue che abbiamo. Le faremo dei prelievi ogni quattro ore, così da constatare come procede il veleno e riuscire a dividere le diverse sostanze, ma…-
Guarda il dottor Travis e poi torna su di lui.
-…ma anche per l’antidoto potrbbero volerci giorni… settimane forse.-
-Ed io non ho tutto questo tempo!-
Sussurra Rick guardandola dritto negli occhi, mentre lei invece li abbassa.
-No… non ce l’ha!-
Rick deglutisce distogliendo lo sguardo e Kate si morde l’interno della guancia fino a sentire dolore.
-Quanto?!-
Chiede improvvisamente Rick.
Quell’unica parola fa sussultare tutti e la dottoressa Dobbson arrossisce violentemente, come se la risposta che avrebbe dovuto dargli fosse una colpa personale.
-Veramente… non… non posso… cioè… devo fare altre analisi e comparazioni per poter avere un calcolo appross…-
Rick la ferma sollevando la mano e scuotendo la testa.
-Andiamo dottoressa Dobbson, lei ha un grande cervello, non sarebbe a capo di un laboratorio di Biologia alla sua tenera età se non sapesse il fatto suo, quindi…-
Sospira pesantemente per stemperare il tremore che sente dentro le viscere.
-…quindi, anche se non ha tutti gli indizi bene in mente, non credo che non abbia già fatto qualche calcolo. Quanto mi resta da vivere?!-
Claire Dobbson guarda il dottor Travis.
Lei è una tra le prime a conoscere la sorte di un paziente. Analizza sangue, campioni di tessuto e sa in anteprima chi avrebbe avuto una cura e chi non avrebbe mai lasciato l’ospedale. Un giorno, davanti ad un caffè nella sala ristoro, con una cartellina accanto che non lasciava scampo al paziente del suo amico e collega, gli aveva chiesto cosa gli avrebbe detto.
Mentre lo guarda ricorda il suo sospiro a quella domanda ‘gli dirò la verità Claire, solo la cruda verità!’ aveva preso la cartellina con i referti ed era andato via a testa bassa senza bere il caffè.
In quel momento aveva pensato che era felice di starsene nel suo laboratorio, senza dover guardare negli occhi i pazienti, perché lei, quel grande coraggio che dimostrava Ben, non lo avrebbe mai avuto.
Il dottor Travis ricambia lo sguardo e, come se avesse intuito il suo pensiero, le mette una mano sul braccio e annuisce incoraggiandola a continuare.
Claire riporta lo sguardo su Castle e sospira.
-Confrontando i dati dei prelievi e la reazione del suo organismo in queste 4 ore, direi circa… circa tre giorni… a partire dalla prima crisi.-
Tre giorni…
Castle sente una voragine nel petto, per un attimo la nausea che lo aveva messo KO al parco giochi, torna prepotentemente a farsi sentire, lo coglie una vertigine e poggia la testa sul cuscino, sentendo le orecchie ovattate.
Esposito si avvicina a Lanie che si aggrappa al suo braccio.
-Sta dicendo che se non riuscite a trovare l’antidoto, Castle…-
Si blocca non riuscendo a trovare il modo giusto per dirlo ed è proprio lo scrittore che dà voce al suo pensiero, sollevando la testa e cercando di non lasciarsi sopraffare di nuovo dalla nausea.
-Domenica sarò morto…-
Sussurra con lo sguardo fisso nel vuoto.
Il silenzio totale diventa di nuovo protagonista.
Rick riesce solo a deglutire, mentre Kate chiude gli occhi stringendo le labbra. I ragazzi si guardano sconcertati e la Gates passa in rassegna le facce dei suoi uomini una per una.
-Un modo veloce per avere l’antidoto c’è!-
Esclama sicura, battendo la mano sulla stessa sbarra che prima stringeva.
-Dottoressa, se avesse il veleno sarebbe difficile fare un antidoto?-
-No. Esaminando la tossina allo stato puro, potremmo sintetizzarlo in poche ore.-
La Gates si rivolge ai suoi ragazzi.
-Quindi dobbiamo trovare il nostro killer velocemente e portare il veleno alla dottoressa Dobbson!-
Gli occhi di tutti puntano il capitano ed Esposito si passa la mano dietro la nuca in un  gesto meccanico.
-Pensa che sia facile, signore?-
-Certo che no, per questo non dobbiamo perdere altro tempo. Non siamo sicuri che sia Tyson perciò divideremo le squadre. Una si occuperà di indagare su di lui, se è vero che è ancora vivo, dobbiamo cominciare dalla sera in cui Castle lo avrebbe ucciso. Non lo abbiamo mai fatto credendolo morto, ma se non lo è, deve aver lasciato per forza qualche traccia, cominceremo da lì. Un’altra squadra si occuperà dei sospettati della lista. Rivolteremo la città, se sarà necessario andremo casa per casa.-
Si volta a guardare Rick e stringe la mascella.
-Lo troveremo signor Castle…-
Si dirige a passo svelto verso la porta e, dopo averla aperta, si gira verso i suoi uomini che sono rimasti immobili a guardarla stupiti.
-Beh… che state aspettando? Non abbiamo tempo da perdere!-
I due detective stanno per uscire, ma Lanie attira l’attenzione della Gates.
-Capitano mi scusi. Volevo chiederle… credo che le autopsie in questo momento non siano necessarie ai fini del caso. Quello che voglio dire è, se la dottoressa Dobbson è d’accordo… io sono brava con analisi e provette.-
Si gira a guardare i due medici e Claire sorride.
-Un cervello e due mani in più sono bene accetti.-
La Gates annuisce.
-Va bene dottoressa Parish, resti qui ad aiutare in laboratorio, vedrò di far fare le autopsie a qualcun altro.-
Fa un cenno a Ryan ed Esposito che escono nel corridoio e prima di andare guarda Kate.
-Beckett, raggiungici al più presto.-
Kate annuisce senza però riuscire a parlare.
Tre giorni…
Non riesce a credere che stia succedendo davvero. Non riesce a credere che Rick rischi di morire a causa sua.
Chiude gli occhi cercando di respirare a fondo.
-Quella donna mi ama!-
Esclama Rick guardando la porta chiusa per un paio di secondi, poi si sofferma su Kate, ha la mascella serrata e quella rughetta sulla fronte che adesso gli fa paura e, senza distogliere lo sguardo da lei, si rivolge al dottor Travis.
-Cosa mi succederà?-
Kate sgrana gli occhi e socchiude le labbra.
Vorrebbe potersi stringere a lei con tutta la forza che ha in corpo. Vorrebbe chiudere gli occhi per poi riaprirli e svegliarsi felice tra le sue braccia, vivo.
-Allora dottor Travis, cosa mi succederà in queste… 72 ore?-
-Non è facile  dirlo, dipende…-
-Senta dottor Travis, c’è un pazzo assassino che si crede uno scrittore che mi ha dedicato un capitolo in cui mi cita come il cadavere di turno, avrò pure il diritto di sapere come arriverò ad esserlo, o devo aspettare il prossimo capitolo, in modo che me lo spieghi lui stesso? E poi non ha detto che non devo agitarmi sennò il sangue corre e…-
Il medico solleva le mani scuotendole velocemente.
-Si calmi adesso. D’accordo, cercherò di essere più chiaro possibile. Solo non è facile.-
-Non sarà facile, ma voglio saperlo.-
Conclude Rick e il dottor Travis annuisce.
-Non ricevendo l’apporto di ossigeno dal sangue, gli organi interni, i muscoli e i tessuti subiranno come una specie di necrosi, cominceranno a funzionare male e pian piano collasseranno. Questo le provocherà crampi e spasmi diffusi, anche agli arti, dapprima sporadici e sopportabili, poi diventeranno sempre più vicini e forti...-
Kate sente il respiro corto, la testa continua a pulsare. Vorrebbe essere capace di reagire, ma per la prima volta dopo anni, sente quella stessa impotenza che l’aveva colta la sera che avevano ucciso sua madre. Quello che il killer sta facendo a Rick, come quella sera, è al di fuori del suo controllo. La vuole fare piombare nel buio più assoluto, l’ha scritto nero su bianco, e lei si sente già persa.
La voce del dottor Travis sembra lontana anche per Rick, che è perso negli occhi di Kate, lucidi e scuri. Niente verde brillante, niente gioia, niente sorrisi.
-...e senza una cura il veleno paralizzerà tutte le funzioni vitali… e purtroppo succederà in modo lento e doloroso. La dottoressa Dobbson ha ragione. Chiunque abbia inventato questa formula l’ha fatto con delle caratteristiche ben precise e il fatto che nella sua storia abbia sottolineato che ne sarebbe bastata solo una goccia, significa che probabilmente una dose maggiore, l’avrebbe portata alla morte in modo veloce.-
Finalmente Kate sembra risvegliarsi dallo stato catatonico in cui si è persa.
-Quindi lo scopo non è solo ucciderlo, ma farlo soffrire!?-
Il dottor Travis annuisce.
-Da quello che abbiamo potuto capire fino ad ora di questa tossina, si!-
Rick sospira pesantemente, alzando la mano per fermare il medico.
-Ho capito dottore… credo che per il momento possa bastare, il resto magari me lo dice dopo, così non mi preoccupo troppo.-
Guarda Kate per un attimo e corruccia la fronte.
-Il capitano Gates ha ragione, non abbiamo tempo da perdere!-
Scosta le lenzuola e fa per alzarsi, ma la velocità del movimento gli fa girare la testa ed è costretto a sedersi.
-Castle rimettiti a letto.-
Kate cerca di spingerlo all’indietro e il dottor Travis gli si para davanti.
-Stavolta lei non si muove da qui!-
Castle si rialza in piedi e li guarda serio.
-Lei dice dottore?-
-Certamente. Lei deve restare a riposo, abbiamo bisogno di tenerla sotto controllo, di farle altre analisi.-
Castle guarda Kate e scuote la testa.
-Se pensate che resterò qui ad aspettare di morire vi sbagliate di grosso, tutti!-
Si guarda intorno cercando i suoi vestiti.
-Avevo in programma di vivere cent’anni…-
Solleva lo sguardo su di loro mentre s’infila i pantaloni e scuote la testa.
-…di fare un mucchio di cose prima di morire…-
Indossa la camicia, abbottonandola velocemente.
-…ma in questi tre giorni sarà difficile farne anche solo una, visto che uno psicopatico completamente fuori di testa, non è d’accordo con  la mia decisione di diventare centenario, perciò l’unica cosa che mi resta da fare è dare una mano a trovare il mio amico assassino.-
Si sistema la camicia dentro i pantaloni e chiude la cintura, mentre Kate lo prende per il braccio.
-Castle aspetta, parliamone un attimo.-
-Non c’è niente di cui parlare Kate, stiamo solo perdendo del tempo prezioso.-
Il dottor Travis lo prende per le spalle e lo guarda dritto negli occhi.
-Non le permetterò di andarsene. Deve stare a letto tranquillo e sotto osservazione. Rallentare il suo metabolismo può darci il tempo di trovare l’antidoto…-
-Rallentare? Questo veleno mi sta uccidendo dottor Travis, cosa vuole rallentare?-
Si allontana da loro passandosi le mani tra i capelli, poi guarda Claire sospirando.
-Dottoressa Dobbson, mi guardi negli occhi e sia sincera.-
La donna spalanca la bocca e annuisce.
-Se resto qui a farmi dissanguare in tutta tranquillità, domenica sarò ancora vivo?-
Claire lo guarda seria, boccheggia un paio di secondi e alla fine scuote la testa.
-Non… senza l’antidoto…-
Rick deglutisce, guarda ancora Kate che lo supplica in silenzio di ascoltare il medico. Chiude i pugni e sospira scuotendo la testa.
-Mi spiace, ma io adesso vado al distretto… volete il mio sangue ogni quattro ore? Bene… prometto che sarò qui ogni quattro  ore, ma il letto lo tenga in caldo per quando non mi reggeranno più le gambe.-
Prende la giacca sulla sedia accanto al letto e si dirige all’uscita.
-Castle aspetta… Rick…-
Kate gli corre dietro e a metà corridoio riesce a fermarlo. Si guardano negli occhi per un istante interminabile, lui è visibilmente affannato.
-Calmati o starai male di nuovo.-
Castle la guarda senza rispondere e fa per allontanarsi, ma lei gli stringe il colletto del cappotto.
-Rick, ascoltami… non essere testardo!-
-Non sono testardo, voglio solo trovarlo, voglio salvami la vita, voglio che non faccia del male a te…-
Lei continua a tenerlo per il cappotto e resta a guardarlo. Fissa quell’azzurro spento e si sente sconfitta.
-Rick… tutto questo non doveva succedere… non avresti mai dovuto trovarti in pericolo, non avrei mai dovuto permetterti di…-
Lui le prende i polsi e sospira.
-Che cosa non avresti dovuto permettermi?-
-Rick ascoltami…-
-E smettila di chiamarmi Rick! Smettila di guardarmi sentendoti in colpa, non mi serve a niente tutto questo!-
La spinge verso il muro e le prende le mani.
-Non mi serve Kate in questo momento… io ho bisogno di Beckett, della detective lucida e pronta a tutto, di quella poliziotta che non si ferma davanti a niente, nemmeno quando sbatte la testa contro un muro.-
Gli occhi di entrambi si riempiono di lacrime e lei abbassa la testa, ma Rick gliela solleva incatenando lo sguardo al suo ancora una volta.
-Kate guardami. Io sono un caso… è così che devi vedermi…-
Lei scuote la testa sbarrando gli occhi.
-Un caso? Tu non sei un caso, tu non puoi essere un caso!-
-Si invece… è questo che sono adesso. Prendi una foto, appendila alla lavagna e lavora di cervello, perché se lavori con il cuore non lo prenderai mai!-
Kate continua a scuotere la testa e chiudendo gli occhi le sfugge una lacrima. Rick gliel’asciuga con il pollice e sospira.
-Mi hai chiesto se mi fido di te… io sto mettendo la mia vita nelle tue mani Kate… ti prego. Devi essere calma e sveglia anche per me, perché adesso sembro lucido, ma tra qualche ora potrei farmi prendere dal panico e fare qualche cazzata!-
Lei gli mette le mani sul viso e lo accarezza, mentre lui china la testa per assaporare il calore della sua mano.
-E’ tutta colpa mia… lui vuole me…-
-Non capisci quanto è stupido quello che hai appena detto?-
Lei continua a tenere la mano sul suo viso e le sfugge un singhiozzo.
-Com’è stupida la colpa che ti porti addosso ancora oggi per quel proiettile nel mio cuore?-
Rick sorride e appoggia la fronte alla sua.
-Vedi che siamo fatti l’uno per l’altra? Siamo due tontoloni…-
Chiude gli occhi e sospira, quando Kate in mezzo ad un altro singhiozzo, sorride.
-Lui ha qualcosa di più in mente o non avrebbe messo su questo piano infernale. E’ vero… vuole te, dice che dopo di me toccherà a te, ma credo che la sua sia più una sfida. Usa me per distruggerti…-
-E tu non avresti dovuto starmi vicino…-
Lui scuote la testa ancora una volta.
-Adesso basta! Lui sa benissimo che l’unico modo di salvarmi è trovarlo, la sfida che vuole con te è proprio questa, sennò non avrebbe senso l’azione così lenta del veleno. Hai detto che non gli permetterai di uccidermi… la domanda adesso è: sei pronta?-
Lei abbassa la testa. Si rende conto che ha perso la lucidità e l’autocontrollo. Si rende conto che i sentimenti la stanno distruggendo senza darle la possibilità di comportarsi nel modo giusto per lui, come un poliziotto. Solleva lo sguardo sui suoi occhi che stanno ancora aspettando una risposta. Osserva quell’azzurro lucido e spaventato per quello che gli sta succedendo e sente salire un’improvvisa rabbia da dentro le viscere. Stringe i pugni e le labbra.
-Ci puoi scommettere, sono pronta Castle… non gli permetterò di ucciderti!-
-Bene! Perché io non ho nessuna intenzione di morire, non così e… non adesso.-
Due lacrime fanno capolino dentro i suoi occhi.
-Non adesso… che… che ho un cassetto tutto per me a casa tua!-
Lei deglutisce, cercando di ricacciare indietro il nodo allo stomaco che le sta provocando quella frase.
-Se ti avessi regalato tutto il comò che avresti fatto?-
-Tu regalamelo e ti faccio vedere…-
Kate sorride e gli bacia gli occhi, incurante della gente intorno a loro, con il cuore che sanguina, pensando al buio in cui potrebbe sprofondare e a quanto lontana sia per il momento la luce che può salvarli entrambi.
 
Il dottor Travis insieme alla dottoressa Dobbson corre verso di loro, ma Lanie afferra l’amico per la manica del camice e lo ferma.
-Lascialo andare Ben.-
-Ma Lanie… santo cielo! Tu sai benissimo cosa accadrà a quell’uomo nelle prossime ore. Sei sua amica, parlagli tu, convincilo.-
Ma la dottoressa scuote la testa.
-Proprio perché sono sua amica e lo conosco non lo fermerò!-
Il dottor Travis corruccia la fronte e guarda Claire allargando le braccia.
-Io proprio non ti capisco Lanie…-
-Non c’è niente da capire Ben. Castle ha bisogno di fare lavorare il cervello, ha bisogno di aggrapparsi alle sue strane teorie…-
Guarda in lontananza verso Rick e Kate che stanno discutendo e fa cenno ai due colleghi di guardarli.
-Ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa che gli dia la speranza di farcela. Ha bisogno di aggrapparsi a lei…-
Un nodo alla gola le impedisce di continuare, guarda la sua migliore amica accarezzare il viso dell’uomo che ama e si sente stringere il cuore. Deglutisce per ricacciare indietro le lacrime e sospira.
-Se tu lo rinchiudi in una stanza anonima in ospedale, se lo tieni lontano da lei in queste ore, lo ucciderai prima del veleno.-
Conclude guardando l’amico che scuote la testa.
-E va bene… voi andate in laboratorio e mettetevi a lavoro, io arrivo subito.-
 
Si stanno ancora guardando quando il dottor Travis li avvicina e Castle parte subito sulla difensiva.
-Se è qui per ricoverarmi, l’avverto che dovrà legarmi dottore...-
-Tranquillo, non si agiti. Le ho solo portato questa.-
Solleva la mano mostrando una piccola valigetta.
-Ci sono delle siringhe pronte dentro, se dovesse avere una crisi come quella di poco fa, basterà fare una di queste iniezioni sul braccio, anche attraverso i vestiti.-
-Che cos’è?-
-Non si preoccupi, è roba buona!-
Gli dice strizzandogli l’occhio.
-Mi raccomando, la porti sempre con sé, beva molto e cerchi di stare il più calmo possibile… detective Beckett lo voglio qui tra quattro ore esatte.-
-Ci sarà!-
Risponde risoluta, prende la valigetta e si avvia all’uscita.
-Castle non vieni?-
Gli chiede tornando indietro, quando si accorge che non la segue.
-Solo un momento. Dottor Travis ho io una cosa da chiederle. Questa tossina è contagiosa? Intendo dire… si può trasmettere… cioè… stamattina dopo l’aggressione… ecco io…-
Balbetta guardando Kate che improvvisamente capisce a cosa sta pensando.
-Ecco noi… ci siamo baciati…-
Il dottor Travis lo ferma scuotendo la testa.
-L’unica certezza che abbiamo è che non è di natura virale, non può essere trasmesso con un bacio, potete stare tranquilli.-
-Grazie di tutto dottor Travis, ci vediamo tra qualche ora.-
Si avviano all’uscita e Kate lo prende per mano, lui si volta a guardarla stupito, ma lei non ricambia lo sguardo. Gli stringe la mano ancora di più e prosegue con gli occhi fissi davanti a sè, facendolo sorridere.
La differenza di temperatura all’esterno è notevole, ma il sole di mezzogiorno è più caldo e il freddo intenso della mattina ha lasciato il posto ad un’aria frizzante e piacevole, almeno è questa la sensazione che provano, forse perché l’interno dell’ospedale stava diventando troppo opprimente, forse per il calore che propagano le loro mani intrecciate.
Arrivati alla macchina Kate gli apre lo sportello, ma Rick prima di salire, appoggia il braccio sul tetto dell’auto e la guarda storcendo le labbra.
-Ricordi quando ti ho detto che tengo una lista di cose da fare prima di morire?-
Lei s’incupisce un momento e lo guarda seria.
-Non dirmi che vuoi tirarla in ballo proprio ora, non mi sembra il caso!-
Risponde abbassando lo sguardo, ma lui continua imperterrito, senza toglierle gli occhi di dosso.
-Non ti sembra il caso? Rischio di morire… quando dovrei tirarla in ballo?-
Lei sospira scuotendo la testa, sconfitta dal fatto che non sarebbe riuscita a cambiare discorso.
-Ci sono cose che in poche ore non potrò mai fare, però, in effetti… c’è una cosa che potrei cancellare subito…-
Lei alza un sopracciglio e aspetta che continui.
-Quindicesimo posto…-
-Mmhh… allora non è così importante!-
-Forse no, però visto che le altre sono praticamente impossibili, potresti aiutarmi a depennarne almeno una!-
Lei socchiude gli occhi, pensando che se lo chiede così, non è una cosa proprio convenzionale, ma poi fa cenno con la mano perché spari la proposta.
Rick sorride, prende il foglietto che contiene la sua lista dal portafogli e glielo porge, indicando con il dito il numero desiderato.
-E non dobbiamo nemmeno perdere tempo. La posso fare mentre andiamo al distretto!-
Lei storce le labbra per nascondere un sorriso. Il suo essere bambino l’ha aiutata per anni a risalire dal tunnel in cui si era rifugiata e forse, questo suo innato ottimismo e modo di fare, avrebbe aiutato entrambi a superare questa prova terribile, così decide di stare al gioco.
-Seriamente Castle!? Guidare la macchina di Beckett?-
Lui sorride sornione, ma quando lei gli prende il portafogli dalle mani, conserva la lista e glielo restituisce con sufficienza passando dal lato del guidatore, il sorriso sparisce.
-Davvero non vuoi farmi guidare? Potrei davvero morire prima di domenica e tu hai il coraggio di non esaudire un mio desiderio?-
Lei apre lo sportello e lo guarda seria prima di salire in macchina.
-Mi hai chiesto di essere ferrea e dura come sempre e soprattutto lucida anche per te, impedendoti di fare stupidaggini, quindi…-
Conclude sollevando le spalle.
-… sali Castle e non farmi perdere altro tempo!-
Lui sbuffa mettendo su quel broncio che lei adora, sale in macchina, mette la cintura e si posiziona a braccia conserte, senza rivolgerle la parola o lo sguardo.
Kate mette in moto e gli dà un bacio sulla guancia.
-Non pensare di addolcirmi con un bacetto da niente, detective!-
Risponde lui ancora più imbronciato, lei sorride e gli accarezza la guancia.
-Non volevo addolcirti, volevo ringraziarti.-
Lui si gira a guardarla corrucciando la fronte.
-Quando hai ripreso conoscenza volevo baciarti, ma tu ha girato la testa e me lo hai impedito. Li per li non ho capito…-
Lui distoglie lo sguardo guardando fuori dal parabrezza.
-…avevi il sospetto del veleno e non sapendo cosa fosse esattamente hai pensato a me.-
Lui solleva le spalle, mette la mano sulla sua e continua a non guardarla.
-Era meglio non rischiare…-
Lei annuisce, ingrana la marcia, ma si blocca un paio di secondi guardandosi intorno.
Sente ancora quella strana sensazione di essere osservata.
Riapre lo sportello e, lentamente, scende dall’auto. Si guarda intorno concentrata ed istintivamente porta la mano sulla pistola, continuando a girare su se stessa.
Castle scende dall’auto senza toglierle gli occhi di dosso.
-E’ qui!?-
Sussurra spostando anche lui lo sguardo intorno e lei scuote la testa, sempre concetrata sulla gente che le passa accanto.
-Non lo so… ho avuto come la sensazione…-
Sospira dopo aver guardato a lungo un uomo su un’auto che si allontana dal parcheggio e si gira appoggiando le braccia sul tetto dell’auto.
-Hai di nuovo avuto la sensazione di essere osservata?-
Lei annuisce e si guarda intorno un’ultima volta.
-E’ probabile che sia qui davvero…-
Le dice guardandola dritto negli occhi.
-E potrebbe essere chiunque Castle… anche se fosse come facciamo a capirlo!?-
Rick risale in macchina e si strofina le mani sul viso.
-Torniamo al distretto Kate, vediamo di farla finita prima possibile, non credo che reggerò a lungo con la poca razionalità che mi resta!-
 
 
Osservò gli stop colorarsi di rosso al cancello d’uscita del parcheggio, la freccia lampeggiare sulla destra e infine l’auto svoltare e immettersi sulla strada, prosegire per la rotonda, tornando indietro e prendere la strada che li avrebbe portati al distretto.
Aiutò il vecchietto che aveva accompagnato fuori dall’ospedale, a scendere dalla sedia a rotelle e salire in auto. L’uomo lo ringraziò con un cenno della mano e un sorriso di gratitudine, mentre una donna più giovane, probabilmente la figlia, gli strinse la mano calorosamente ringraziandolo a sua volta.

Lo scrittore era arrivato verso mezzogiorno, lui era già lì davanti alla porta ad aspettare. Sapeva che con la lettura del suo capitolo si sarebbero precipitati in ospedale per avere la certezza di quello che avevano letto, ma non si aspettava che il veleno fosse già entrato in circolo. Il modo in cui lo avevano messo sulla barella, completamente incosciente, lo aveva spiazzato un attimo. Dalla tabella del Professore, quel malore fortissimo si sarebbe dovuto presentare solo diverse ore dopo.
La sua divisa da infermiere gli dava la possibilità di andare avanti ed indietro per il corridoio del pronto soccorso senza essere notato, anche se lei per un paio di volte aveva sollevato la testa, allontanandola dai suoi pensieri, per guardarsi intorno circospetta, come se avesse sentito ancora la sua presenza.
Era circondata dai due colleghi e dalla dottoressa sua amica, stavano in silenzio ad aspettare notizie e anche lui aveva cominciato ad innervosirsi.
Se il Professore si fosse sbagliato?
Se davvero i suoi esperimenti sui topini non fossero stati appropriati per un essere umano?
Se quell’unica goccia di liquido azzurro brillante lo avesse ucciso subito?
Scosse la testa stringendo i pugni non accettando la cosa.
Non poteva e non voleva pensarci, doveva svolgersi tutto come lui lo aveva pensato… quella parte era già scritta e non intendeva cambiarla. Lo scrittore non poteva morire adesso.
-Devo essere accanto a te a raccogliere il tuo ultimo respiro, quando sarà il momento… non puoi farmi uno scherzo del genere…-
Aveva sibilato in un sussurro come se lo avesse davanti e potesse picchiarlo ancora come poche ore prima.
Doveva soffrire, sentire il dolore mangiargli le viscere, doveva pensare a quello che era stata la sua inutile vita, doveva pensare ai suoi errori, alle sue colpe e avere tutto il tempo di disperarsi per quello che non sarebbe più stato.
Era riuscito ad entrare all’interno delle stanze di primo soccorso e, sbirciando in ognuna, si era soffermato fuori da una di esse.
La porta era socchiusa, due infermiere si muovevano come trottole velocemente, con aghi e siringhe.
Un medico stava posizionando una flebo.
Il monitor cadenzava il battito cardiaco che sembrava molto veloce, per quello che lui poteva capire. Una delle infermiere si era avvicinata alla porta per uscire, lui si era nascosto dentro la stanza adiacente e l’aveva vista dirigersi verso un corridoio interno con una fialetta piena di sangue nelle mani.
Era ancora vivo e quella fialetta avrebbe svelato loro la verità entro qualche minuto.
Si era accosato ancora vicino alla porta e sentito il monitor emettere dei bip molto più lenti. Erano riusciti a stabilizzarlo… stava sicuramente meglio.
Solo allora aveva sorriso soddisfatto del suo lavoro.
Il Professore non si era sbagliato, era troppo bravo e soprattutto aveva troppa paura di lui per non obbedire al suo volere.
Lo scrittore si stava riprendendo, la sua trama si stava svolgendo come sognata… adesso si cominciava ad andare verso l’epilogo!
Si era avviato di nuovo nel corridoio e lei era lì, a pochi passi da lui, teneva i gomiti sulle ginocchia e si reggeva la testa con le mani.
I lunghi capelli morbidi le coprivano il viso…
Si era incamminato con calma verso l’uscita, passandole praticamente davanti, deluso per non averle potuto vedere gli occhi, deluso per non aver potuto ammirare da vicino quella disperazione che la stava assalendo lentamente.
-Sei nuovo?-
Una voce lo aveva costretto a fermarsi e, con un sorriso di circostanza, aveva annuito all’infermiera che si era ritrovato davanti all’improvviso.
-Fammi un favore. Questo signore è stato dimesso, la figlia sta aspettando con l’auto qui fuori, ma io sono stata richiamata al reparto d’urgenza, puoi accompagnarlo tu?-
-Naturalmente!-
Aveva risposto con il sorriso sulle labbra.

Riportò la carrozzina nello spiazzo interno dell’ospedale, si diresse verso l’ascensore di servizio e dopo esserci salito, lo bloccò tra il piano terra e il primo piano. Smosse uno dei pannelli quadrati che rivestivano il tetto e tastando con la mano alla cieca, cercò il suo zaino.
Si tolse velocemente la parrucca bionda, le lentine verdi e il camice. Indossò una giacca a vento marrone, una parrucca castana riccia e un paio di baffi sulla stessa tonalità. Mise gli occhiali da sole, sistemò tutto nel suo prezioso zaino e sbloccò l’ascensore.
Quando le porte si sprirono si guardò intorno, era già al parcheggio sotterraneo dell’ospedale, riservato al personale.
Lui però l’auto l’aveva lasciata fuori, a qualche metro di distanza.
Posò lo zaino nel bagagliaio e salì in macchina.
Lorologio digitale segnava le 13.32…
Annuì a se stesso… tutto stava andando come da programma.
Il prossimo passo era lanciare la sfida, era il momento di presentarsi… era il momento di sentire la sua voce…



Angolo di Rebecca:

Buonasera :)
Capitoletto troppo lungo, lo capisco, ma non sapevo dove tagliarlo :(
Le condizioni di Rick sono critiche ed era meglio mettere in chiaro tutto e subito.
Kate si è sentita persa per un momento, ma si è ripresa (sembra!)
Sarà in grado di reggere la situazione? E Riccardone nostro?
Non ho resistito! Lo sa anche lui che sono due tontoloni...
L'amico killer è sempre più simpatico... si era arrabbiato con Rick perchè stava per morire troppo presto!


Gracie a Vale per la consulenza medica, mi ha permesso di non scrivere troppe stupidaggini :3

Va bene, ho capito... vedo se trovo un bunker... Ivoooooooooooooo!!!
  
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