Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Leilani54    03/02/2014    1 recensioni
"Azura capì che i suoi amici si erano finalmente resi conto dell'intricata situazione e che non l'avrebbero più lasciata sola, nemmeno Fujiko. Ma proprio per questo, stavano firmando la loro condanna a morte."
Questa è la mia prima storia, siate buoni! ;)
Ho corretto un po' la storia. Sono cresciuta, ho cambiato leggermente il mio stile e adesso mi sembra che la storia abbia maggiormente senso. Se avete voglia di rileggere... ^3^
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Capitolo 13

Erano tutti riuniti in sala: stavano seduti comodamente sui divani, sorseggiando vino. Le valigie con qualche scorta di cibo e i tesori di Vineta pronte in un angolo. L’aria era pesante. Azura non era nemmeno venuta a cena. “Decisamente qualcosa non va”, pensò Jigen. Tirò una boccata di fumo e lo soffiò verso il soffitto.. Sapeva che sarebbe dovuto andare a parlarle, in fondo aveva saputo da Goemon che l’avevano offesa. Fece cadere la cenere dalla sigaretta. Chiuse gli occhi sospirando.
–Allora, chi si fa una partita a Poker texano col maestro?- Esclamò il francese, rompendo il silenzio. Tuttavia nessuno rispose.
-Oh, andiamo ragazzi, basta con questo broncio, che vi prende?- Fujiko, ancora arrabbiata con lui, fece un verso sprezzante e sorseggiò il proprio vino. Goemon disse:
-Mi spiace, ma odio giocare a carte. Soprattutto con un imbroglione come te.- Lupin mise su un broncio infantile, e borbottò che lui non imbrogliava mai. Poi rivolse uno sguardo speranzoso verso Jigen, che di solito accettava sempre una partitina. Quella sera, però, nemmeno l’americano sembrava aver voglia di giocare.
-E dai, Jigen! Non mi puoi abbandonare così!- il moro scosse la testa, lanciando il mozzicone nel portacenere.
-Non mi va proprio, Lupin. E poi giocare solo contro di te sarebbe troppo facile per un professionista come me.- disse con un accenno di sorriso. Lupin, come vide quel piccolo ghigno, s’illuminò come un bambino, grato. Poi scoppiò a ridere.
-Un professionista? Posso metterti in mutande ad occhi chiusi.- lo provocò. Jigen, che stava provando ad accendersi un’altra sigaretta, rispose:
-È uno spreco di tempo, vincerei dopo cinque minuti!- Lupin non si fece prendere alla sprovvista:
-Allora vai a chiamare Azura se sei convinto di essere tanto bravo.-
-Sfidi una donna?- lo prese in giro Jigen, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Fujiko.
-No, ma almeno se ci sarà anche lei ci andrai piano, giusto? Valla a chiamare!- Jigen stava per chiedere perché doveva andare proprio lui, ma la domanda gli morì sulle labbra. Si accorse di non avere scampo: “Se non vado, dirà che ho paura di lei, o chissà che altre fesserie! Mm, quanto lo detesto!” Inoltre l’accendino, si ricordò in quel momento, aveva finito la benzina e non riusciva quindi ad accendersi la sigaretta. All’improvviso di pessimo umore, grugnì e si alzò in piedi, andandosene poco convinto. Arrivò davanti alla porta e si chiese se lei lo avesse sentito arrivare. Attese qualche secondo, sperando che lei facesse qualcosa, ma non accadde nulla. Rassegnato, bussò. Zero risposte. Provò di nuovo. Niente. Si spazientì e fece per andarsene.
–Jigen?- la porta era stata socchiusa e un’iride azzurra come il cielo lo fissava. Jigen si bloccò subito.
–Entra.- non era il tono che ammetteva obiezioni. Jigen entrò nella stanza: sembrava vi fosse passato un uragano. L’unica parte ancora in ordine era il letto, su cui era abbandonato un abito da sera blu scuro. Azura gli passò di fianco e si sedette sul letto. Indossava una canottiera lunga che lasciava libere le gambe slanciate. Gli parve che non portasse il reggiseno. Ancora una volta, Jigen dovette distogliere lo sguardo per non fare strani pensieri. Si appoggiò al muro. Vide una fotografia sul comodino, ma venne subito messa a faccia in giù appena Azura si accorse della direzione del suo sguardo.
–Cosa mi devi chiedere?- gli chiese con voce rotta. Solo allora si accorse che lei aveva gli occhi e le guance arrossati.
–Hai pianto?- lei si passò il dorso della mano sulla fronte e sorrise:
-Sono certa che non era questo il motivo per cui hai bussato.-
-No, hai ragione. Ma credo che questo sia più importante.- Azura gli rivolse uno sguardo che diceva : “Lo pensi per davvero?” poi si ricompose, asciugandosi il volto.
-Oh, no, sono solo un po’ scossa.-
-Per via di oggi?- Lo sguardo di lei si fece vacuo.
-Sì. Per oggi.-
-Stai diventando una pessima bugiarda.- rise Jigen, andandole di fronte. Azura gli rivolse un sorriso triste. Dio, cosa avrebbe dato Jigen per toglierglielo dalla faccia quel sorriso. Tutte le volte era un doloroso pugno allo stomaco.
-Mi dici cos’hai, una buona volta?- le chiese.
-Non credo ti possa interessare.-
-Mi hai sbattuto una porta in faccia in modo molto maleducato. Credo di meritare delle spiegazioni.- Concluse, con un sorriso ironico. Voleva alleggerire l’atmosfera e allo stesso tempo essere categorico: voleva capire cosa stesse succedendo. Azura deglutì.
-Ecco… è che… la mia vita è sempre stata controllata da altri. È così… vuota. Senza senso. Lotto per una causa che non è la mia e non so per quanto dovrò andare avanti. Non ho il controllo sulla mia esistenza. Non posso nemmeno amare chi voglio, come voglio.- la voce le si ruppe di nuovo. Si mise una mano davanti alla bocca per trattenere un singhiozzo, ma non pianse. Jigen temeva che farle altre domande l’avrebbe ferita ulteriormente, così tacque, aspettando che si rimettesse insieme. Infatti, poco dopo lei riprese:
-Quando ho sentito Fujiko che diceva che fingevo di essere forte… mi sono infuriata. Avrei voluto prenderla a schiaffi perché lei non aveva il diritto di giudicarmi. Non sa niente di me. Non lo sa. Poi mi sono resa conto che la colpa, in fondo era mia. Siamo noi a costruirci la nostra vita e se io l’ho messa in mano di altri, non ho il diritto di lamentarmi. Non posso, non devo chiedere aiuto. Devo tirarmi su da sola. Ecco,- finì, alzando la testa e abbozzando un mezzo sorriso. –sei soddisfatto di questa manfrina noiosa?- Jigen si sedette al suo fianco con le mani ancora in tasca.
-Perlomeno adesso sono sicuro che sei stata sincera.- disse, sorridendole. –Ti posso solo dire di non essere troppo severa con te stessa. Ognuno ha le sue colpe, io le mie, tu le tue. O ci si convive o si prova a rimediarvi. E il fatto che tu abbia scelto la seconda strada (credo di aver capito questo, almeno) non può che renderti onore. – Azura sospirò, felice che lui la pensasse così. Jigen avrebbe anche voluto dirle che non doveva fare tutto da sola, che loro, che lui, ci sarebbe stato per aiutarla. Ma, dato che sarebbero partiti l’indomani, preferì tacere. Tuttavia tirò fuori dalla tasca il proprio accendino d’argento. Era stata lei a svuotarglielo, prima del suo risveglio il primo giorno sull’isola: glielo aveva ridato un po’ per gentilezza e un po’ per prenderlo in giro. Ora Jigen glielo porgeva. Come pegno.
-Hai detto che non puoi chiedere aiuto. Ma se mai avrai bisogno di noi,- “…di me”  avrebbe voluto aggiungere, ma si fermò in tempo. - sappi che basterà chiamare. – concluse. Azura prese l’accendino come se fosse un cristallo fragilissimo e se lo portò al cuore.
-Grazie, Jigen. Non sai cosa significhi per me.- disse. Jigen non aprì bocca mentre la guardava sistemare l’oggettino in un cassetto.
-Allora, cosa mi dovevi dire, alla fine?- chiese Azura, pettinandosi la chioma con le dita. Lui si ricordò solo in quel momento il motivo della sua visita.
-Oh, giusto, Lupin vorrebbe giocare a poker, vuoi venire?- lei sollevò un sopracciglio con fare sarcastico.
-Mm, quante chances ho contro di voi?- Jigen ghignò.
-Dipende, quanto sei brava?- Azura avvicinò il suo viso a quello di Jigen e sorrise, sorniona.
-Molto, molto brava.- Profumava di sale e di fiori. Jigen rimase immobile qualche secondo prima di scattare in piedi, provocando una risata a stento trattenuta della bionda.
-Bene,- disse calcandosi il cappello in testa. –ti aspettiamo di là, allora.- e fece per uscire. Sentì un fruscio di stoffe.
-Jigen…- quella voce gli provocò un brivido, fermandolo. –Non voltarti, ma aspetta un attimo.- Lui si girò quando lei glielo disse, giusto in tempo per vederla sistemarsi una spallina dell’abito blu.
-Mi aiuteresti con la zip?- gli chiese dandogli le spalle e spostando in avanti i lunghi capelli. “Dio, così mi uccide…” La stoffa lasciava intravedere la pelle perfettamente liscia della schiena. Non si era sbagliato: non portava il reggiseno. Jigen si avvicinò, esitante. Un lampo gli passò davanti gli occhi e si vide mentre la baciava per tutta la lunghezza della spina dorsale e faceva scivolare le mani sulla pancia piatta e più su... Scosse la testa per riprendersi e con mani sudate le chiuse la cerniera. Si passò una mano tra i capelli ed indietreggiò:
-Fatto.- disse, tossendo. –Ma perché ti vesti così elegante?- aggiunse. Azura si voltò. Era bella come una stella cometa.
-Siccome è l’ultima sera che passeremo insieme, volevo… rendervi onore. Tra l’altro ho dello champagne che credo gradirete. Come sto?- Jigen evitò di trattenere troppo lo sguardo sulle sue curve in evidenza.
-Bene. Stai molto bene.- lei ridacchiò. Che avesse intuito i suoi pensieri? Jigen sbuffò, voltando la testa. Azura gli andò vicino e, appoggiandosi alle sue spalle, gli scoccò un bacio sulla guancia. Poi gli sussurrò all’orecchio:
-Sai cosa dicono degli abiti? Che non hanno senso a meno che ispirino gli uomini a volerteli togliere di dosso.- lui si irrigidì. Aveva una gran voglia di afferrarla e prenderla lì, al diavolo tutto. In fondo lei continuava a proporsi, a farsi avanti… non capiva perché dopo averlo rifiutato adesso lo ritraeva a sé. Alla fine disse, girando la testa e allontanandola per le spalle:
-Ci stanno aspettando.- Azura sorrise “Quell’ombra sul suo viso… è delusione?” si chiese l’americano. La bionda gli prese una mano.
-Hai ragione. Andiamo.-

***

-Ah, finalmente! Iniziavo a chiedermi se per caso non vi foste ammazzati a vicenda!- Il francese vide Azura e si alzò in piedi.
-Wow, quanta eleganza! Siete bellissima, mademoiselle!- Azura sorrise e fece una piroetta felice. Lupin le andò a fare il baciamano, provocando uno sbuffo di gelosia sia da parte di Fujiko che da quella di un certo americano scontroso. Sorridendo imbarazzato, il ladro si sfregò le mani.
-Forza! S’inizia a giocare! Vediamo chi batterà Arsenio L’Invincibile!-
-Arsenio l’Invincibile?- Azura si girò con perplessità divertita verso Jigen che, freddo, si strinse nelle spalle. Si sedettero davanti al francese, seguiti a ruota da Fujiko, che si inserì fra Lupin e Azura, chiusa in un silenzio… tra il nobile e lo sdegnoso. Azura guardò sottecchi il francese e ridacchiò. Finalmente iniziarono a giocare. Passarono poche mani che Lupin si trovò in netto svantaggio.
-Invincibile? Credo proprio che tu stia per essere detronizzato.- rise Fujiko a vedere l’espressione disperata di Lupin. Lei aveva vinto quasi sempre e ormai la tensione con Azura si era allentata. L’atmosfera sembrava delle migliori, le due donne erano in netto vantaggio rispetto ai due amici che, poveretti, stavano perdendo tutto. Alle risate si aggiunse anche quella di Goemon, a cui era impossibile rimanere impassibile.
-Fujiko! Quello era il quinto asso che tiri fuori! Non è possibile!-
-Ah-ah, mon amour, è solo il terzo, impara a contare.-
-Uffa, esco!- si lamentò Azura, abbandonando le proprie carte e dando una sbirciata a quelle della giapponesina.
-Accidenti! Con queste vinci subito!-
-Azura!- la bionda si tappò la bocca, colpevole. Jigen e Lupin si lanciarono un’occhiata e gettarono con rabbia le carte sul tavolo. Azura guardò con aria abbattuta Fujiko.
-Scusa.- la mora fece spallucce.
-Nessun problema.- e buttò sul tavolo una serie di carte talmente basse che insieme non formavano che una misera coppia di tre.
-Oh, ma andiamo!!- fece Lupin, buttandosi all’indietro sulla sedia in segno di esasperazione. –Se vi mettete pure in combutta non ce la faremo mai!- le due donne su guardarono e scoppiarono a ridere. Lupin, sconsolato si voltò verso Goemon per una consolazione, ma c’era qualcosa di strano. Il samurai, in piedi dietro di lui, era diventato di colpo pallidissimo.
-Goemon… ti senti bene?-
-Qualcosa non va… la testa… mi fa male…- Un tonfo distolse anche gli altri dal gioco: Goemon era appena caduto a terra. Si guardarono l’un l’altro, perplessi, poi il samurai iniziò a contorcersi in spasmi violenti sul pavimento. I quattro si raccolsero attorno a lui.
–Goemon! Cos’hai?!- Lupin non riuscì a dire o fare altro che sentì un pizzicore sulla nuca e poi stramazzò anche lui lungo disteso. Dal collo reclinato, brillò un ago, conficcato nell’arteria. Fujiko si chinò su di lui, estraendo l’ago con le unghie:
-Lupin!- poco dopo si accasciò accanto al francese con un gemito. Jigen estrasse la pistola, rendendosi conto che Goemon aveva fatto da esca e che, con tutti loro riuniti in un unico punto, chiunque li stesse attaccando aveva lavoro facile:
-Azura, stai giù!- ma sentì un colpo fortissimo alla nuca e crollò  anche lui. Nella nebbia dello stordimento vide una figura alta e scura avvicinarsi ad Azura e prenderla per i capelli. Provò ad allungare una mano, provò a chiamarla, provò a non cedere al buio… provò… ma fu inutile.




TANTANTAAAAAAAN
Ora iniziano i casini ;)
  
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