Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: hiccup    03/02/2014    5 recensioni
"Odio il freddo, pensò Blaine stringendosi il cappotto pesante al corpo e strofinandosi le mani inguantate l’una contro l’altra alla disperata ricerca di un po’ di calore. Perché diavolo sono venuto qui? inveì contro se stesso, lasciandosi sfuggire un lamento dalle labbra rosso acceso, sepolte nella sciarpa, dovevo essere ubriaco quando ho accettato di venire in Russia per una presentazione."
[Seblaine]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: hiccup
Titolo: Le notti bianche.
Personaggi: Blaine Anderson; Sebastian Smythe
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale.
Rating: Arancione
Avvertimenti: Slash, What if? AU
Conteggio parole: 4300 +
Note: Questa storia me la trascino dietro dagli inizi di gennaio quindi era anche ora che la finissi e mi decidessi a pubblicarla una volta per tutte. Così oggi mi sono messa d’impegno e, tra una fetta di torta, una canzoncina di buon compleanno e un buono da spendere in libreria, eccola qui.
E’ la Seblaine più lunga che abbia mai scritto e – per il momento – rimane una delle mie preferite (a correggerla avrei voluto seppellirmi per gli strafalcioni, ma di fatto mi è piaciuto molto scriverla). E’ il mio auto-regalino per me che entro nel magico mondo dei “venti” sperando siano meno spaventosi di come appaiono.
Oh, non ho la minima conoscenza della lingua russa, quindi le cose scritte qui in sono tratte da frasari online e il pessimo - e decisamente poco affidabile - google translator; nel caso riscontraste degli errori, chiudete un occhio, se potete, e se conoscete la frase corretta fatemela pure sapere. Non mi fa altro che piacere correggere gli errori. E spero che vi piaccia almeno un po' :3
Penso sia tutto per il momento, se ci sono dubbi/domande/eccetera sentitevi liberi di domandare <3
 
Buona lettura!
 
 
Mini frasario (da prendere con le pinze):
 
Как вас зовут, сладость? = come ti chiami, dolcezza?
Очень приятно = molto piacere
Нет = no
Да =
Возможно = forse
Конечно, Принцесса = certo, principessa
 
 
 
 

 
A K,
che oggi ha rinunciato alla fisica per me
e ha letto in anteprima questa storia.
 
 
 

 
 
 
Le notti bianche.
 
 
 
 
 
 

Odio il freddo, pensò Blaine stringendosi il cappotto pesante al corpo e strofinandosi le mani inguantate l’una contro l’altra alla disperata ricerca di un po’ di calore. Perché diavolo sono venuto qui? inveì contro se stesso, lasciandosi sfuggire un lamento dalle labbra rosso acceso, sepolte nella sciarpa, dovevo essere ubriaco quando ho accettato di venire in Russia per una presentazione.
 

Blaine Anderson - scrittore di fama quasi mondiale - rabbrividì per l’ennesima volta e pestò i piedi a terra un paio di volte, cercando così di recuperare un po’ di sensibilità negli arti congelati maledicendosi poi mentalmente, per l’ennesima volta nel giro di un paio d’ore, di aver accolto l’offerta del proprio agente di partecipare alla Dodicesima Conferenza Letteraria Mondiale di San Pietroburgo.
 

Non se ne capacitava ancora.
 
Davvero.
 
Come aveva potuto essere così deficiente?
 
 
Soprattutto perché era dicembre inoltrato, c’era un metro e mezzo di neve ai lati delle strade, il cielo era così plumbeo che minacciava di precipitare sulle teste degli abitanti da un momento all’altro, aveva addosso sì e no quattro strati di vestiti esclusi la sciarpa, i guanti e il berretto calcato sul capo a coprire le orecchie.
 

Avrebbe potuto tornarsene in albergo, Blaine Anderson, dopotutto la conferenza si era conclusa quasi due ore e mezza prima – con un discreto successo, tra le altre cose – il pubblico si era rivelato particolarmente entusiasta nei confronti dell’ultimo romanzo della sua saga fantascientifica e non era stato imbarazzante come pensava parlare in inglese con un traduttore simultaneo russo seduto alle spalle.
Sì, annuì l’uomo, considerando tutto quanto la giornata era andata addirittura meglio di quanto avesse mai potuto azzardarsi a credere. Senza contare che era iniziata con una colazione a dir poco deliziosa e un caffè bollente e corretto al punto giusto che gli aveva riscaldato i visceri per ore intere.
 

La sua felicità e la sua positività avevano iniziato però a incrinarsi e a sgretolarsi alla fine della conferenza: interviste per la televisione locale che l’avevano assillato per ore intere costringendolo a saltare il pranzo con un suo collega dell’editoria che non vedeva da anni e a sorbirsi la voce monotona e senza la minima inflessione del traduttore alle sue spalle.

 
Quindi, in un momento vuoto nel quale i giornalisti gli avevano concesso qualche minuto di tregua, era fuggito.
 
Scappato.
 
Corso ai ripari.
 
 

In altre parole aveva raccattato giacca, berretto e sciarpa in fretta e furia, si era buttato fuori dall’edificio dove si era tenuta la conferenza, aveva provato a fermare un taxi senza molto successo, perciò aveva iniziato a camminare lungo la strada come se ne andasse della propria vita, imbucandosi poi con la famosa nonchalance che l’aveva sempre distinto in una serie di viette deserte e…
 
E si era perso.
 
 

Certo, avrebbe potuto essere più cauto e fermarsi poco più in là per prendere un taxi e tornarsene placidamente e infreddolito all’hotel di lusso che la casa editrice gli aveva prenotato e pagato profumatamente; una volta entrato nella sua stanza avrebbe potuto concedersi un bel bagno caldo, ordinare uno o due caffè con una fetta di torta, sdraiarsi in panciolle sul letto, leggere la nuova edizione di Delitto e Castigo che aveva comprato giusto il giorno prima in aeroporto, si sarebbe poi ubriacato senza pudore solo per trovare il coraggio di chiamare il suo ex perfetto e meraviglioso ragazzo a New York supplicandolo di tornare sui suoi passi.
 

Ma è di Blaine Anderson che si parla, qui. Blaine Sono un Esploratore Nato Anderson.
 

E Blaine Anderson non si era fermato per un taxi, né aveva pensato troppo al bagno caldo, al caffè, alla torta al cioccolato fondente, alla lettura e all’audace chiamata del suo fidanzato che l’avrebbero aspettato e accolto con calore in albergo.

Certo che no.

Aveva continuato a perseverare nella sua scampagnata tra la neve e le lastre di ghiaccio, aveva rischiato di rompersi l’osso del collo un paio di volte, ma si era detto che, dopotutto, se riusciva ad orientarsi in metropoli come Londra e Parigi a colpo sicuro, sarebbe stato sicuramente in grado di ritrovare la strada per l’albergo anche lì, a San Pietroburgo.
 

Aveva iniziato a ricredersi quando, ad un certo punto e dopo una quarantina di minuti, si era trovato nel bel mezzo di una piccola piazzetta completamente imbiancata, con qualche panchina, qualche casa a schiera dall’intonaco scrostato e una caffetteria dall’aspetto decisamente misero situata in un angolo, e chiaramente non aveva la minima idea di dove diavolo si trovasse.
Inoltre era freddo, freddissimo, un freddo feroce da stringere il cuore, avrebbe detto Amleto. E lui stava gelando. Blaine non Amleto. Aveva i piedi e le dita delle mani intorpidite e non si sentiva più la punta del naso e le orecchie da quanto ghiacciate erano.
 

“Как вас зовут, сладость?1” (Come ti chiami, dolcezza?)
 

Blaine interruppe il flusso dei propri pensieri sentendo quelle parole biascicate da una voce forte e sicura e prettamente maschile. Si rigirò più e più volte alla ricerca del proprietario di quelle parole sconosciute, ma non vide nessuno: solo neve e qualche fiocco di neve solitario che cadeva placidamente a terra.
 
 
Ottimo, ora sento le voci come Giovanna d’Arco, borbottò tra sé e sé, a quando il rogo? frizionandosi i palmi inguantati nel vano tentativo di procurarsi un po’ di calore.
 

“Как вас зовут, сладость?[1]
 

Ripetè di nuovo la voce a tono più alto e Blaine scorse un movimento dall’altro capo della piazzetta: seduto su una delle panchine c’era una figura scura, indefinita a causa della pesante giacca marrone che indossava, che lo fissava diritto.
 

“Mi scusi, parla con me?” Blaine corrugò appena la fronte e s’indicò infantilmente il petto con l’indice.
 

La figura parve ridacchiare tra sé e sé, tirandosi in piedi e avvicinandosi con calma, un passo dopo l’altro. Sul momento lo scrittore pensò ad un ladro o a qualcosa di simile e indietreggiò di qualche centimetro, guardandosi attorno con circospezione, alla ricerca di un bar o di un locale nel quale fuggire nel caso di un’eventuale aggressione.
 

“Certo che parlo con lei, vede qualcun altro qui?” domandò la figura con un inglese dall’accento un po’ sforzato e grezzo, “e non faccia quella faccia. Mica voglio ucciderla, sa?”
 

Blaine sbattè le palpebre una o due volte accennando ad un vago sorrisino di circostanza e di lieve imbarazzo. Quando la figura arrivò a meno di due metri da lui, il giovane riuscì finalmente a distinguerne i tratti e il volto: davanti a lui c’era un ragazzo piuttosto alto, ma non avrà avuto più di venticinque, ventisei anni, dagli occhi verde acceso e le labbra rosee, da sotto il cappuccio pesante spuntavano delle corte ciocche di capelli castano chiaro; oltre al cappotto, portava dei guanti senza dita e teneva sotto braccio una grande cartella di cuoio liso e sgualcito negli angoli.
 

“Как вас зовут, дорогая?[2]” ripetè ancora una volta il giovane con un sorriso sornione stampato sulle labbra tumide.
 

“Mi spiace, ma non parlo russo…” tartagliò lo scrittore con una nota di esasperazione nella voce dopo aver sentito la stessa frase tre volte nel giro degli ultimi cinque minuti.
 

“Come ti chiami?” riformulò l’altro divertito.
 

Oh, sono Blaine, piacere,” porse la mano destra, sollevato.
 

“Очень приятно,” rispose il più alto correggendosi subito dopo, “molto piacere, io sono Sebastian,” gli strinse la mano e Blaine percepì le sue dita congelate persino attraverso la stoffa calda del guanto.
 

“Non hai freddo alle dita?” domandò stupidamente accennando alle sue mani, e Sebastian sollevò i palmi muovendo appena i polpastrelli rosso acceso.
 

“Un po’, ma con i guanti normali non riesco ad impugnare bene il carboncino.”
 

“Carboncino? Sei un artista?”
 

“Più o meno,” Sebastian scrollò le spalle con noncuranza, si sistemò meglio la cartellina sotto il braccio destro per poi tornare a guardare Blaine con curiosità, “che ci fai in questa parte della città, comunque? Sei troppo bello per passare per etero e qui intorno gira gente malata.”
 

“C-come scusa?” balbettò il moro incredulo e sgranando gli occhi ambrati, mentre un leggero rossore gli imporporava le guance.
 

“Non è un bel posto per i signorini beneducati e americani come te, Blaine,” rise Sebastian soffermandosi sul suo nome e arricciando le labbra, “ti conviene portare il tuo bel culo in hotel o dovunque tu stia.”
 

“Stavo appunto per farlo,” replicò Blaine seccamente, “grazie del consiglio, arrivederci,” si voltò bruscamente cercando di nascondere alla bell’e meglio le guance rosse per la vergogna, “guarda un po’ te che gente…” brontolò soffiando irritato nella sciarpa di lana.
 

“Ti sei perso, vero, dolcezza?” domandò Sebastian comparendogli di fianco e seguendolo, divertito.
 

“Non sono fatti tuoi,” esclamò Blaine stizzito, “tornatene sulla tua panchina a congelare, tesoro.
 

Uh, mi piacciono i tipi come te.”
 

“Ti piacciono i turisti sprovveduti senza senso dell’orientamento?” Blaine alzò gli occhi al cielo camminando prima verso sinistra e poi ritornando sui suoi passi, sbirciando i nomi delle vie, e sperando gli ricordassero qualcosa per ritrovare la strada, “buono a sapersi, davvero,” aggiunse ironicamente.
 

“No, mi piacciono i tizi bassini con un bel fondoschiena e la bocca grande, non so se capisci,” sghignazzò Sebastian seguendolo con lo sguardo.
 

Blaine gli rivolse un’occhiataccia di fuoco ed emise un verso stizzito, “non hai altro da fare oltre che guardarmi il culo?”
 

Mhm Нет sei l’unica persona che ho visto oggi, il ritratto l’ho finito subito, non credo passerà qualcun altro per di qua, ormai è quasi il tramonto. E poi non sei affatto male.”
 

Blaine finse di non sentire l’ultima parte della risposta di quel maniaco sessuale, ma si fermò comunque a fissarlo sorpreso e confuso insieme.
 

“Ritratto?” fece.
 

“Да, sai quando disegni una persona e-”
 

“So che cos’è un ritratto,” l’interruppe Blaine veloce, accorgendosi subito dopo di aver troncato l’altro piuttosto bruscamente, “voglio dire, hai fatto un ritratto a me?” domandò con più delicatezza.
 

“Vuoi vederlo?” chiese l’altro con una smorfia languida dipinta in volto e Blaine annuì avvampando leggermente cogliendo solo in un secondo momento lo squallido doppio senso dell’altro.
 

Sebastian prese la cartella di cuoio con delicatezza da sotto braccio, l’aprì, e con meticolosa attenzione a non sgualcire gli altri fogli al suo interno, ne estrasse uno porgendolo poi a Blaine.
Blaine afferrò il foglio schiudendo le labbra in una muta esclamazione di sorpresa: la persona disegnata su quella carta ruvida era lui di certo; c’erano i suoi occhi con le ciglia fastidiosamente lunghe e il suo naso lievemente più grande del normale, l’accenno di barba sulle guance e sul mento e le sue labbra tumide. Il ritratto era estremamente reale e ben fatto. Il moro si perse nell’intelaio di linee tracciate con sicurezza e una certa maestria, permise al suo sguardo di vagare per qualche istante sull’ombreggiatura lievemente sfumata, forse con il pollice a giudicare dalle impronte digitali qua e là, sulle gote e sulle palpebre, il cappello e la sciarpa erano stati delineati frettolosamente e con segni più spessi rispetto al resto, ma il risultato finale era comunque straordinario.
 

“E’ stupendo,” sussurrò Blaine esterrefatto.
 

“Sei un narcisista, dolcezza,” ghignò l’altro non riuscendo però a nascondere una sfumatura compiaciuta nella voce.
 
“Il disegno è stupendo,” si corresse subito l’altro, “disegni davvero bene… Ma come hai fatto a farmi un ritratto se sono rimasto sì e no cinque minuti in questa piazzetta prima che tu mi chiamassi?” domandò perplesso.
 

“Mi dispiace per il tuo ego, Blaine, ma cinque minuti mi bastano e avanzano per farti un ritratto,” altra occhiata languida, “questo è solo lo schizzo, ho una mezza idea di trasportarlo in una tela.”
 

Blaine arrossì nuovamente e restituì il foglio, “immagino tu faccia un bel po’ di ritratti e che ti paghino giustamente. Almeno lo spero, se sapessi disegnare così bene, non mi farei pagare poco.”
 

“Ad essere sincero faccio i ritratti solo ai ragazzi più carini. Se vuoi il tuo ritratto sono disposto a dartelo in cambio di qualche bicchierino”
 

“Mi stai invitando a bere qualcosa?”
 

“возможно, che ne dici?” Blaine premette le labbra l’una sull’altra tentennando appena. Quel giovane sembrava innocuo, ma non era propriamente saggio andarsene per locali con uno sconosciuto – per quanto intrigante ed attraente potesse essere – quando ormai iniziava ad imbrunire.
Come avrebbe fatto a tornare all’albergo?
L’idea di ritrovarsi a girovagare di nuovo di notte e al freddo non l’attirava minimamente.
 

“Poi ti riaccompagno al tuo hotel, se ti ricordi il nome, dolcezza,” aggiunse Sebastian come leggendogli nel pensiero, “promesso,” aggiunse con un sorriso sincero.
 

Blaine sospirò e decise di ignorare la vocina impertinente della sua coscienza e annuì, infilando le mani nelle tasche della giacca.
 

“Va bene, basta che sia un posto caldo perché potrei trasformarmi in un pupazzo di neve da un momento all’altro.”
 

“Конечно, Принцесса,” Sebastian sorrise e s’incammino, imboccando una delle viette che dipartivano dalla piazza imbiancata.
 

Uh, che cosa significa?” fece Blaine seguendolo di colpo, gemendo appena dopo aver sentito i muscoli troppo freddi delle gambe gridare per quello scarto improvviso.
 

Certo, principessa,” ripetè l’altro con quel suo strano accento.
 

“Non so che idea tu ti sia fatto su di me, ma non sono una principessa,” borbottò il moro indispettito, “e ti faccio notare che sono ancora in tempo per rifiutare il tuo invito a bere.”
 

“Non credo lo farai,” ribattè l’altro tranquillamente, “ammetti che ti affascino, dopotutto sono un artista, ti ho fatto un ritratto e sono piuttosto bello, modestia a parte.”
 

“Dov’è questo locale?” tagliò corto Blaine nascondendo però un sorriso.
 

 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 

“E quindi sei uno scrittore?” domandò Sebastian guardando Blaine oltre l’orlo del suo bicchiere colmo di vodka, “quello di cui tutta la città parla da settimane?”
 

“Purtroppo sì,” soffiò il moro passandosi una mano tra i capelli ricci, “se avessi saputo che scrivere mi avrebbe condotto a tutta questa frenesia, pubblicità e isteria – hic  avrei dato ascolto a mio padre e mi sarei laureato in medicina o in qualche altra vaccata del genere.”
 

“Devi essere impazzito, dolcezza, chiunque vorrebbe essere al tuo posto,” replicò Sebastian versandogli un altro bicchiere, “ti guadagni da vivere facendo quello che hai sempre desiderato, no?”
 

“Certo, ma scrivere mi è costato tutto quanto,” borbottò Blaine prima di bere un sorso dal suo bicchiere, storse il naso in una smorfia disgustata quando il forte sapore dell’alcool gli scivolò in gola, “all’inizio - hic era tutto una meraviglia, sai? Comprai una casa in uno dei quartieri più belli di New York, invitai il mio ragazzo a vivere con me e ufficializzai la nostra relazione. Era tutto assolutamente perfetto,” raccontò bevendo un altro lungo sorso, “ma ben presto lui pretese che cessassi di scrivere per mettere su famiglia, e – hic io sono uno scrittore, capisci? Come puoi chiedere ad uno scrittore di abbandonare la penna? Puoi chiedere ad un uomo di smettere di respirare e pretendere poi che questi sopravviva comunque - hic?” Blaine trattenne un singulto e finì l’ennesimo bicchiere di vodka, respirando a fondo prima di continuare, “cercai di spiegarglielo a lui, oh sapessi quant’era bello… il primo amore… ma lui, no, non volle sentire ragioni e una mattina di febbraio sparì, mi lasciò un biglietto di addio – uno di quelli squallidi da film da botteghino – e non lo vidi mai più. Cercai di contattarlo, ma non ci fu più nulla da fare perciò mi buttai con tutto me stesso nella scrittura. Poeticamente si potrebbe dire che annegai il mio dolore nell’inchiostro,” Blaine si umettò le labbra e versò dell’altra vodka nel suo bicchiere, “schiettamente direi di essere un emerito coglione che continua a scrivere, hic- ” s’interruppe bruscamente, il bicchiere levato a mezz’aria. Sebastian lo vide sbiancare di colpo deformando il bel volto in una smorfia, socchiudere gli occhi appena e chinarsi di lato rispetto al tavolino di legno e vomitare.
 

“Forse hai bevuto troppo, che dici, dolcezza?”
 

Merda.”
 
 
 


 
 
 
*
 
 
 
 
 

 
Sebastian fece scattare la serratura della porta d’ingresso del suo piccolo monolocale, situato all’ultimo piano di uno scadente edifico dai muri scrostati e macchie di umidità negli angoli; sospinse leggermente la porta di legno ed entrò, sorreggendo alla bell’e meglio Blaine. Il giovane scrittore aveva un aspetto tremendo e Sebastian si era visto costretto a trascinarlo fuori dal locale, impedendogli di vomitare una seconda volta e di scolarsi l’ennesima bottiglia; era pallido e blaterava, biascicando appena, frasi smozzicate in un inglese sbavato.
Avrebbe potuto riaccompagnarlo al suo hotel se solo avesse saputo quale fosse, ma Blaine purtroppo non sembrava essere nemmeno nelle condizioni di ricordare il suo nome.
 

Mhm abiti qui?” mormorò Blaine stringendogli il braccio in una stretta disperata per evitare di cadere a terra.
 

“Già,” borbottò Sebastian, richiudendo l’uscio con un piede, “che ne dici di darti una ripulita? Hai un aspetto osceno,” aggiunse cercando di togliergli, “non arraperesti nemmeno un cieco.”
 

“Non hic- ha senso la tua frase,” mugolò con voce più acuta del normale, “i russi non hanno… senso e-”
 

“Qui quello che non riesce a sostenere un discorso di senso compiuto non sono io, caro il mio scrittore famoso,” replicò il più alto cercando di sostenerlo e di rimetterlo in piedi, “riesci ad arrivare al bagno? E’ in fondo al corridoio a destra. Io preparo qualcosa di caldo da sistemarti o stomaco, che ne dici?”
 

“Come vuoi… -hic,” Blaine si raddrizzò passandosi una mano sulla fronte sudata, “dov’è il bagno?”
 
 
 

 
 
 
*
 
 
 
 
 

Il padrone di casa era intento a versare del tè in due grandi tazze di ceramica bianca quando avvertì degli incerti passi strascicati venire verso di lui. Si voltò giusto in tempo per vedere Blaine vacillare pericolosamente e appoggiarsi con uno scatto improvviso contro l’angolo del tavolo in cucina.
 

“как вы себя чувствуете?” (come ti senti?)
 

Il giovane inspirò a fondo e sbattè le palpebre un paio di volte prima di concentrare lo sguardo sull’altro e inclinando leggermente il capo di lato con un’enorme espressione interrogativa stampata sul volto.
 

“Ti è passata un po’ la sbornia?” chiese in un inglese canzonatorio, spremendo poi qualche goccia di limone nelle due tazze di tè, “tieni, bevilo finchè è caldo, toglie un po’ il gusto di alcool dalla lingua,” aggiunse mettendogliene in mano una. Blaine annuì, distratto, e portò alle labbra la tazza, bevendone un sorso, storcendo poi la bocca in una smorfia di puro disgusto.
 

Fa schifo,” mormorò poi posandola maldestramente sul tavolo
 

“Mai quanto te in queste condizione, dolcezza,” lo rimbeccò amabilmente l’altro, “avrei potuto riaccompagnarti all’albergo se sol-” Sebastian s’interruppe bruscamente, deglutendo e inspirando a fondo, “che… che stai facendo?” domandò con un filo di voce.
 

Blaine si era avvicinato pericolosamente, allungato una mano fino a sfiorargli la guancia – e il più alto si sorpresa nel constatare quanto calde fossero le dita del moro, nonostante le temperature a dir poco glaciali all’esterno – inspirò nuovamente e trattenne appena il fiato quando le dita vennero sostituite dal palmo intero e Blaine seppellì il volto nell’incavo della sua spalla, aspirando a fondo il suo profumo e sfregando la punta del naso contro la sua giugulare.
 

“Odori di buono, sai?” biascicò percorrendo poi la linea della mascella respirando piano.
 

“E tu invece trasudi alcool da tutti i pori,” replicò Sebastian cercando di tornare in sé e di ignorare l’improvviso calore all’altezza dello stomaco e la bocca asciutta. S’impose di non guardare il moro negli occhi e posò lo sguardo sulle tele appese alla parete.
 

“Non sono ubriaco,” sostenne Blaine scostandosi appena e costringendolo a guardarlo negli occhi, “guardami. Sebastian, guardami.

 
Sebastian, suo malgrado, chinò il capo e commise l’imperdonabile errore di guardarlo in volto; gli occhi ambrati sgranati, lucidi per aver bevuto più di quanto il suo organismo potesse reggere e incredibilmente scuri d’eccitazione, gli tolsero il fiato.
Blaine sorrise appena, arricciando il labbro superiore e avvicinandosi all’angolo della sua bocca, senza sfiorarla, espirò leggermente e sfiorò la linea morbida della guancia con la punta della lingua.
 

“Hai ragione: sei completamente ubriaco” 
 

“Amami solo per questa notte,” soffiò contro le sue labbra e Sebastian fece per allontanarlo delicatamente con una mano, ma Blaine l’afferrò tra le sue e la portò alla sua schiena, “solo per questa notte, che ne dici?” l’istigò, “non amo qualcuno da mesi ormai… non credo di ricordarmi ancora come si faccia… Credi di potermi insegnare?”

 
Sebastian si concesse il privilegio di sfregare i polpastrelli contro il soffice tessuto del maglione del moro, saggiandone la consistenza per qualche istante, poi infilò la mano al di sotto e represse un gemito di eccitazione al contatto con la pelle della schiena di Blaine, lasciò vagare le dita sulla carne bollente e increspata di piccoli brividi.

 
“Sei ubriaco fradicio,” deglutì rumorosamente, “non… non ti pare una richiesta fuori luogo?” riuscì a domandare attirando l’altro più vicino a sé, tanto che i loro bacini si scontrarono, facendo sussultare entrambi.
 

Blaine mugolò appena, chinandosi verso il suo capo e suggendogli il lobo languidamente.
 

“So bene quello che voglio, e poi la mia non era una richiesta,” sussurrò, “era un ordine,” aggiunse tornando a fronteggiarlo.
 

“Solo per ques-” le parole di Blaine morirono nell’istante in cui la distanza tra i loro volti venne annullata. Sebastian attirò prepotentemente contro di sé il moro, facendolo gemere oscenamente contro le sue labbra; delineò il contorno di quella bocca carnosa e tumida con la punta della lingua per poi baciarlo con impeto, con passione, con disperata necessità, si  concesse di perdersi poi in quell’antro caldo, avvertendo il gusto amaro e dolciastro della vodka e il tono aspro del limone invadergli il respiro.
 

Blaine si strinse a lui, cingendogli il collo con le braccia e ansimando senza troppe remore, si abbandonò completamente nelle braccia di Sebastian, chiuse gli occhi e si beò dei suoi baci violenti e dannatamente irruenti. Passò le dita tra i capelli castano chiaro e li strattonò appena, strappando un lamento soffuso all’altro che, per tutta risposta, gli morse il labbro inferiore e lo sospinse all’indietro verso il bordo del tavolo.
 

Blaine si allontanò dal bacio, posandogli le mani sulle spalle, e lo guardò perplesso.
 

“N-non è che hai un letto?”
 

Sebastian scoppiò a ridere, lo prese per un polso, baciandolo di sfuggita per poi trascinarlo senza tanti complimenti nella sua camera da letto.
 

 
 
 
 
 
*
 
 


 
 
 
 
Blaine si riscosse dal torpore del sonno con lenta consapevolezza; avvertì dapprima il dolce calore di un raggio di sole contro il proprio volto, poi mosse appena il capo avvertendo qualcosa di morbido contro la guancia, trattenne il respiro quando una fitta lancinante minacciò di spaccargli a metà il cranio e cercò di deglutire quella sensazione pastosa e alcolica sulla lingua, infine s’impose di socchiudere gli occhi.
Gli ci vollero un paio di minuti per riuscire ad aprire completamente gli occhi e a mettere a fuoco l’ambiente attorno a sé. La stanza dove si trovava era una normale e piuttosto anonima camera da letto con un numero indefinito di tele bianche o imbrattate abbandonate a loro stesse contro le pareti intonacate di recente, davanti a lui si apriva un piccola finestra priva d’imposte. Dal timido colore azzurro della porzione di cielo che riusciva a catturare dalla sua postazione, doveva essere primo mattino, non più tardi delle nove.
 

Represse un brivido e si rese conto solo in quel momento di essere nudo e che la coperta pesante gli lasciava scoperte le spalle; si mosse leggermente sentendo poco dopo un grugnito contro le sue scapole. Gli si drizzarono i capelli alla base della nuca alla sensazione di quell’alito caldo contro la pelle sensibile, chiuse gli occhi e inspirò a fondo prima di voltarsi, girando su se stesso, e trovarsi di fronte un Sebastian profondamente addormentato.
Il più grande sonnecchiava placidamente, il petto nudo che si sollevava e si abbassava ritmicamente, la fronte rilassata e le labbra invitanti leggermente dischiuse; Sebastian gli cingeva la vita con un braccio, in un atteggiamento dolcemente possessivo e le loro gambe erano intrecciate.
Blaine sorrise e si sistemò meglio, abbracciando il torace muscoloso dell’altro, posò il capo contro il petto e chiuse nuovamente gli occhi, godendosi quella sensazione di completezza, di pacata serenità, che aveva pensato di non poter più provare nella sua vita. Poco importava se si trattasse di una sola notte.


Carpe diem, giusto?
 


 
Avvertì Sebastian svegliarsi da come inspirò a fondo e gli accarezzò il ventre piatto con dita confuse prima di sollevarsi a sedere, puntellandosi con un gomito. Blaine rimase sdraiato fingendo di dormire ancora, gustandosi il fruscio provocante delle coltri contro la pelle nuda dell’altro.

 
Immaginò Sebastian scivolare fuori dal letto agile e silenzioso, rabbrividire al contatto con il pavimento gelido, raccattare i propri vestiti e indossarli lentamente. Avrebbe magari lanciato uno sguardo a lui che dormiva nel suo letto, avrebbe forse sorriso e si sarebbe ricordato della notte appena trascorsa.
 

Il moro si sforzò di non sorridere della sua immagine mentale per evitare che l’altro lo smascherasse; si limitò quindi a rimanere immobile e quieto.
Sebastian trafficò per qualche secondo con i vestiti, lo senti infilarsi le scarpe per poi sedersi sul materasso che cedette senza resistenza sotto di lui, e lasciargli un bacio casto sulla fronte.
 

“Rimani così, dolcezza,” gli disse poi Sebastian rialzandosi, “non muoverti di un millimetro.”
 

Mhm,” le palpebre di Blaine fremettero, “come hai fatto a capire che ero sveglio?”
 

“Hai sorriso”

 
“Dannazione,” borbottò l’altro, “contavo di crogiolarmi qui ancora un po’, anche perché ho la testa che pulsa in modo terribile…”
 

“Non aprire gli occhi, continua a fingere di dormire, va bene?”
 

“Perché?”

 
“Voglio farti un altro ritratto così come sei. Un ritratto più bello di quello di ieri,” rispose l’altro semplicemente, “sei bellissimo.”

 
Blaine arrossì appena.
 
“Non riuscirei comunque a muovermi; devo aver bevuto parecchio ieri sera”
 

“Ti ricordi qualcosa?”
 

Oh sì. Mi ricordo decisamente qualcosa.”

 
“Non muoverti, dolcezza, mi bastano cinque di minuti per abbozzare lo schizzo,” mormorò Sebastian, “poi, se vuoi, ti offro un caffè.”

 
Uhm facciamo che te lo offro io”

 
“Quando hai il volo di ritorno?”
 

“Non così presto”

 
“Non ti staranno cercando gli agenti, gli editori?”

 
“Come lo intitolerai il ritratto?” tergiversò il moro mordendosi le labbra in un sorriso imbarazzato.
 

“Pensavo a Le notti bianche.

 
“Come un romanzo di Dostoevskij?” s’informò.

 
“Come un romanzo di Dostoevskij,” affermò Sebastian con una risatina.
 

“Ma Le notti bianche sono al plurale…”
 

“Hai detto di non aver fretta di ritornartene in America, o sbaglio?”
 

 
 
 
 
 
 



 
***


 
 
 
 
  
 
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: hiccup