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Autore: fraviaggiaincubi    04/02/2014    1 recensioni
Dal capitolo 7
“Un’arma?”domandò debolmente e il Nazgul annuì soddisfatto che la sua preda si interessasse delle sue parole, non c’era niente di meglio che allarmarlo facendogli intuire su quale baratro stesse per scivolare la Terra di Mezzo. Con un sorriso sadico che l’uomo non poteva cogliere proseguì: “Esatto, un’elfa che contiene in sé anche il sangue di uno stregone della terra di Angmar.”si indicò con un gesto teatrale. “Capace di creare guerrieri invincibili...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 6
 
Le tombe dei Nove
 
Sono solo di passaggio...manco di ispirazione da chiacchiera amabile con voi lettori quindi senza indugio vi dico buona lettura!
P.S Notare la banalità del titolo dei miei capitoli!>...<
 
 
Il territorio brullo strideva in maniera inquietante con la bellezza della neve che copriva le montagne che circondavano la valle spoglia, simili alle perle di una corona che celavano un cuore arido dove un tempo c’era un gioiello smeraldo di verdi prati ondulati.
Le Alte Colline, come erano chiamate dai primi respiri di vita dei popoli che avevano abitato quelle terre, erano da sempre un territorio non abitato se non dallo sporadico nidificare di falchi e poiane, che nulla temevano dei sussurri dei pastori su quei luoghi infestati dal male e da molti secoli culla di morte dei corpi degli antichi re, che avevano servito Sauron nell’ascesa al potere al tempo di Isindur, prima della sua amara sconfitta.
O almeno lo erano.
Gandalf smise di contemplare con sguardo teso quei luoghi e si concentrò sui messaggi che il suo corpo gli mandava. Era come se stesse vivendo un dejà-vu, era sicuro al cento per cento che quei posti i suoi occhi li avessero già visti di recente e questo era impossibile perché lui non era mai stato alle tombe dei Nazgul e solo da poco si era accorto dei segnali che provenivano dalla terra di Mordor, spingendolo ad una folle corsa contro il tempo che scorreva implacabile. Da quando aveva lasciato la contea al ritorno di Bilbo non aveva mai confessato a sé stesso in quei due anni di non ricordare affatto come fosse arrivato alla Montagna Solitaria. Nel viaggio c’era un immenso spazio bianco dalla partenza dal Reame Frondoso fino all’istante in cui si era trovato alla Montagna Solitaria e non si capacitava di cosa fosse successo.
Ho viaggiato fino alla montagna. Con quella frase Gandalf aveva sempre seppellito in profondità ogni dubbio e la pace che aveva cominciato a scorrere nella Terra di Mezzo con qualche sporadico contatto tra i vari popoli lo avevano placato rasserenandolo, ma alla vista di quelle creste ghiacciate il suo sesto senso si accese e nonostante Gandalf tentasse di concentrarsi non riusciva a scacciare la sensazione che in quei due anni fosse successo qualcosa a Mordor e lui non se ne fosse accorto.
Aragorn si avvicinò allo stregone guardando i suoi occhi vagare verso orizzonti più lontani di quelli posti davanti ai loro cavalli e pazientemente attese che si ridestasse per parlargli.
“Ho uno strano presentimento Aragorn.”parlò finalmente lo stregone volgendosi verso il ramingo e questi annuì leggendo in quegli occhi grigi pensieri densi e pericolosi. “I tuoi presentimenti di solito sono azzeccati Gandalf”. Indicò le colline con un cenno del capo. “E questi posti ne suscitano tanti. Perché siamo qui?”
“Voglio verificare se è vero che i Nazgul sono a Mordor. Se così fosse vuol dire che Sauron è forte e io non me ne sono accorto.”rispose gravemente lo stregone spronando Ombromanto a scendere per una lunga strada tortuosa. I sassi scivolavano sotto gli zoccoli dei cavalli e lo strapiombo alla loro destra era così ripido che le pareti si ritraevano verso l’interno diventando invisibili dalla posizione in cui erano i due uomini. Macchie di licheni si attaccavano tenacemente alla pietra assieme a sparuti fiori gialli dai petali marci sulle punte, segno che le piogge erano scarse o il sole troppo impietoso con i suoi raggi in quelle terre.
Aragorn sollevò il capo verso il volo audace di un giovane falco e il destriero sbuffò sotto di lui agitando la criniera adornata di trecce, un tipico modo di tenere le criniere dei cavalli di Rohan.
Man mano che si avvicinavano al fondo della valle un’altra strada saliva dalla parte opposta intrecciandosi al piccolo sentiero che percorrevano Gandalf e Aragorn, per salire con un’impennata dritta davanti a loro, sparendo verso l’alto sulla curva della montagna. Fu a quell’incrocio che lo stregone arrestò Ombromanto schermandosi gli occhi per osservare la stradina scavata nella roccia. Il sole accarezzava la biforcazione interrompendosi bruscamente con i suoi raggi dorati all’inizio del sentiero davanti a loro e la curva che compiva attorno alla parete era così stretta che sembrava finire nel vuoto, ma non fu quello a far drizzare le orecchie dei due stalloni: un sussurro freddo scendeva dalla curva fino a loro e il buio innaturale là dove avrebbe dovuto esserci il sole fecero desistere Gandalf per un istante.
“Aragorn.”chiamò e il ramingo si avvicinò per quanto lo consentisse lo spazio. “Noti anche tu che è strano quel sentiero. Guarda,”indicò la luce del sole che si interrompeva bruscamente sulla diramazione nonostante si trovasse davanti alla parete e poi puntò l’indice sulla stradina buia attraversata da uno strano vento che ne muoveva i licheni tristemente come i capelli di un cadavere. “Qualcosa di oscuro si muove su questi monti.”sentenziò.
Aragorn non rispose e la sensazione che aveva provato nel bosco quando qualcosa di indefinito lo inseguiva tornò a farsi sentire. Fissò lo stregone e lo vide voltato sulla sella a studiarlo. “Credi sia saggio proseguire?”domandò portando istintivamente la mano alla spada per estrarla, ma Gandalf lo bloccò indicando i raggi caldi del sole pomeridiano. “Non estrarla, il luccicare della lama può tradirci e no, non lo ritengo saggio ma sento dobbiamo farlo. La sensazione di essere già stato qui è terribile, come qualcosa che spinge sul mio petto.” confessò all’improvviso con voce grave e Ombromanto nitrì avanzando coraggiosamente sul sentiero di qualche passo. Lo stregone ne accarezzò il bianco mantello sentendone il contatto leggermente ruvido sotto il palmo e aggiunse: “Lasciamo qui i destrieri però.”
Il ramingo annuì scrutando con i profondi occhi scuri il sentiero davanti a lui, più simile alle spire di una vipera che ad un semplice corridoio di roccia e con una pacca al cavallo scese aggiustandosi la spada al fianco e nascondendola sotto il pesante mantello da viaggio. “Fai strada Gandalf.”disse semplicemente e si avviò dietro lo stregone e quasi gli parve che i raggi del sole tentassero di aggrapparsi alle sue ciocche brune per impedirgli di scivolare nell’ombra innaturale del sentiero davanti a lui, ma fu questione di un attimo e i suoi passi lo condussero sullo stretto corridoio sussurrante.
 
 
~~~
 
 
Kili si svegliò sentendo un fastidioso sapore di sangue in bocca. Deglutì a fatica portandosi una mano al viso e aprì gli occhi scontrandosi con lo sguardo sulla parete di una cella. Scattò seduto all’istante e un lieve giramento di testa offuscò il minuscolo spazio in cui era chiuso per un solo istante prima di tornare a schiarirsi permettendogli di tentare di stare in piedi.
La cella era così piccola che il nano poteva percorrere la larghezza fino alle sbarre in tre passi e in lunghezza era a malapena spaziosa per contenere il letto appoggiato alla parete di fronte. L’umidità trasudava dalle pareti e ora che era perfettamente cosciente poteva cogliere in lontananza le grida gutturali degli orchi e la lingua di Mordor graffiargli le orecchie. Non era micidiale come sussurrata dai Nazgul, ma giungeva ugualmente fastidiosa come il raschiare delle unghie sulla pietra e Kili sentì subito che sarebbe impazzito a rimanere chiuso ad ascoltarla.
Tauriel...
Il pensiero lo folgorò come la luce dell’alba nelle pupille e il nano si scagliò sulle sbarre cominciando a urlare a pieni polmoni il nome dell’elfa.
Riempì di calci le sbarre e imprecò nella lingua nanica, ma sembrava che nessuno badasse alla sua follia.
“Devo parlare con lo stregone o con chiunque comandi qui in sto posto! Rispondete guardie? Che razza di prigione è una non custodita?”gridò con rabbia cambiando strategia, ma appena cessò di urlare solo il silenzio e le grida in lontananza sembrarono rispondere, completamente ignare del prigioniero.
Kili scagliò un pugno contro il muro sbucciandosi le nocche e accolse il dolore come punizione; non era stato capace di proteggere colei che amava e ora non solo era prigioniero e lei chiusa sola chissà dove, ma non era neppure capace di attirare l’attenzione come possibile minaccia. Era inerme come un cucciolo rabbioso messo a cuccia e l’idea che la giovane fosse nelle mani dei loro carcerieri tinse la razionalità dei suoi pensieri di una luce rossastra. Lanciò un grido frustrato e si scagliò sul letto rovesciandolo a terra assieme al lurido pagliericcio su cui era stato incosciente.“Andate tutti a farvi...”
“Suvvia Kili, voi nani siete sempre così sgarbati?”
Il nano si bloccò voltandosi verso quella voce che aveva parlato interrompendo la sua sfuriata, ma appena tentò di guardare oltre le sbarre notò che la luce tremolante della torcia era stata spenta e l’oscurità densa come inchiostro gettato sulla carta. Si concentrò su essa per vedere se la conoscesse già, ma niente gli fece capire a chi appartenesse.
“Chi sei?”chiese per farla di nuovo risuonare e cogliere altre informazioni, ma questa s limitò a zittire e Kili intuì che il suo interlocutore era divertito dal suo improvviso interesse. Frustrato stava per assalirlo con un commento tagliente quando essa parlò di nuovo e stavolta Kili intuì che non era di certo un orco colui con cui parlava: timbro troppo caldo e l’accento con cui si rivolgeva a lui nella lingua corrente era quasi perfetto.
“Un umile servitore di Mordor e di Sauron il grande.”
Kili sorrise feroce sperando che il misterioso visitatore potesse coglierlo. “Così umile che non ti fai nemmeno vedere?”domandò con rabbia e l’altro parve accorgersene perché la luce si riaccese all’improvviso e Kili dovette fare uno sforzo immenso per non urlare. Di fronte a lui stava un uomo in avanzato stato di decomposizione: la pelle sul viso era così trasparente che pareva la buccia di una cipolla piena di vene e sulla mascella si apriva uno squarcio che lasciava intravedere la mandibola sinistra. Gli occhi erano ciechi e lattiginosi e il corpo seminudo se non per una lurida casacca strappata e legata alla meno peggio sui fianchi.
L’essere notò lo sguardo di Kili e sorrise malinconico passandosi una mano sui radi capelli neri che ancora stavano attaccati sul cranio quasi nudo. La sua magrezza era tale che il nano poteva vedere le ossa delle braccia e delle gambe e contare con assoluta precisione le costole sotto quella pelle grigia e floscia.
Come fa a stare in piedi? E’ un cadavere che cammina, pensò con orrore e istintivamente si allontanò dalle sbarre. “Cosa diavolo sei tu?”domandò disgustato e l’uomo si coprì la mandibola sfregiata arretrando lontano dalla luce della torcia fino a quando non fu in una zona buia abbastanza da sfumare i suoi tratti repellenti. “Sono un addetto alle celle Kili, ti ho sentito urlare e sono venuto a vedere”. Alzò gli occhi velati da una patina bianca sul nano per la prima volta e Kili colse la follia alternarsi alla lucidità con cui finora l’uomo si era rivolto a lui. “Sei chiuso dentro lì e io avrò cura di te, si avrò cura di te e della bella elfa dai capelli come il fuoco.”rispose con una bassa voce cantilenante e Kili arretrò ancora di più mentre la pazzia illuminava di una luce malata quegli occhi. “Sai dove si trova Tauriel?”domandò ignorando quegli occhi folli e l’uomo sembrò tornare lucido e cosciente. “Si, è tenuta al piano superiore.”disse e questa volta rispose di nuovo con lo stesso tono sicuro e normale con cui si era rivolto a lui la prima volta, ma fu questione di pochi istanti e di nuovo il viso sfregiato mutò in espressione sognante che si distorse nella pazzia. “E’ bella e tenera, la sua carne è bianca come il latte...adoro il latte, ma nessuno mai lo da a Gui, mai no.” biascicò e si accarezzò un braccio con movimenti ossessivi. “Vorrei solo poterla sfiorare, ma graffia come un gatto. Devo legarla, allora sarà inerme e potrò accarezzarla piano piano come si fa con un gattino spaventato.”continuò a cantilenare ignorando Kili. Il nano lo fissò con disgusto e orrore e si avvicinò alle sbarre cogliendo il significato delle sue parole. Spalancò gli occhi furioso e l’immagine di quelle mani viscide che toccavano la pelle nivea di Tauriel mentre lei lottava per scappare gli oscurarono la vista. “Non osare toccarla, essere abbietto e orribile. Nemmeno pensarci devi o ti giuro che esco e ti strappò gli occhi con cui osi fissarla!”lo aggredì in preda all’ira e l’essere arretrò spaventato tornando lucido. “Mi è vietato toccarla, si occupa di lei una donna si occupa e solo il mio padrone la può toccare.”piagnucolò rannicchiandosi. Si tirò un pezzo di carne sulla mandibola e lo morse succhiando il sangue uscito dal taglio, ma Kili non aveva tempo per stare a pensarci. Respinse il disgusto e si accucciò accanto alle sbarre tentando di usare un tono tranquillizzante verso l’unica fonte di informazioni per Tauriel che aveva. “Tranquillo, non ti faccio del male, scherzavo. Ma dimmi di Tauriel, chi è la sua governante e chi è il tuo padrone?”domandò suadente e l’essere si voltò verso di lui con sguardo vuoto. “Tauriel chi? L’elfa dai capelli di fuoco dici?”domandò con un sorriso folle sul viso sfregiato e Kili si sforzò di ricambiare. “Si lei, Tauriel.”
L’uomo smise di succhiare la carne martoriata e si sedette fissando Kili con aria felice e folle. “Oooh lei bella, io vorrei toccare, ma solo la sua balia può e il mio padrone.”
“E chi è il suo padrone?”chiese spazientito Kili, ma appena l’essere sussultò spaventato tornò a sorridere abbassando il tono. “Scusa, chi è il suo padrone?”
La creatura allungò una mano sfiorando quella di Kili e il nano serrò i denti resistendo all’impulso di schiaffeggiarla, avido di risposte. Tornò a fissare quegli occhi venati di pazzia e finalmente l’essere si decise a rispondere: “Kili buono con Gui e Gui risponde. Padrone è lo stregone, lui cattivissimo non fare arrabbiare Gui. Lui non ha volto però quando guarda Gui lui si sente male e come se fissasse, si”. Annuì accarezzandosi di nuovo come per tranquillizzarsi e Kili si allontanò dalle sbarre tornando ad appoggiarsi al muro.
Tauriel, devo salvarla adesso!
Le parole dello stregone riemersero dalla sua mente. Era il suo sangue che volevano, per creare un esercito e c’era un sol modo per ottenere sangue da quella guerriera ribelle ed era ucciderla. Kili boccheggiò appoggiandosi al muro mentre l’aria usciva dai polmoni alla visione dell’amata che veniva dissanguata mentre invocava il suo nome, la luce della vita che lasciava quegli occhi scuri che amava; non avrebbe tollerato un’esistenza senza di lei. Si puntellò sul muro per alzarsi e fu in quel momento che si accorse che il braccio che lo stregone gli aveva spezzato era guarito così come il taglio al fianco. Si tastò incredulo muovendolo meravigliato. Non ci aveva fatto caso, troppo impegnato a pensare a Tauriel, ma appena si assicurò di essere perfettamente sano una luce determinata accese i suoi occhi.
“Gui giusto?”chiamò l’essere avvicinandosi nuovamente alle sbarre e la creatura lo fissò con un sorriso. “Si io Gui, si.”gongolò accarezzando il braccio di Kili.
Il nano sorrise. Doveva dosare bene le parole, nei prossimi istanti si sarebbe giocato la possibilità di salvare Tauriel. Deglutì a fatica mentre le zaffate di decomposizione dell’essere gli giungevano al naso. Ora che lo guardava veramente bene da vicino notò che in alcuni punti la pelle si gonfiava in piccoli bozzi che si muovevano avanti e indietro pigramente; uno di essi passò in una zona scoperta e il carapace di uno scarafaggio luccicò prima di scivolare di nuovo dentro. Kili represse un conato di vomito e sfiorò a sua volta un braccio ossuto dell’uomo per attirare la sua attenzione. Era come toccare la pelle fredda e molle di un cadavere immerso nell’acqua e nonostante Kili non avesse mai avuto questa esperienza prima la sua mente gli suggerì quella sensazione, come l’istinto naturale di avere paura del buio da piccoli o avvertire il pericolo in agguato. Da parte sua Gui sembrò apprezzare perché si produsse in una cantilena felice e guardò Kili con occhi colmi di fiducia, baratri di pazzia in cui il nano si costrinse ad annegare per compiere il piano che il fato gli porgeva beffardamente sfidandolo a cogliere quell’occasione e salvare l’unica cosa importante della sua vita.
“Gui ascoltami, devi farmi uscire va bene? Anzi no, mi dai le chiavi e poi io esco da solo da qui solo per un pochino e poi torno dentro e non lo saprà nessuno ok?”. Kili fissò trepidante le pupille velate, ma Gui scosse la testa ritraendosi al contatto con aria affannosa, lo guardo improvvisamente vigile e lucido. “Non posso no. Padrone saprà e mi ucciderà. Ha già strappato mio corpo, no voglio no!”gridò a voce sempre più alta e il nano si portò un dito alle labbra. “Ssssh Gui, ok non apri, ma non urlare và bene?”lo ammansì sentendo il cuore sprofondare in un baratro di depressione. Se nemmeno con quell’essere riusciva a scappare, figurarsi da solo. Fissò Gui e vedendolo di nuovo calmo a canticchiare decise di ritentare una seconda volta. “Eih Gui, ma nemmeno l’elfa vuoi vedere? Io posso fartela accarezzare sai, sono suo amico.”lo istigò e Gui alzò la testa fissandolo entusiasta. “Tu conosci si?”squittì avvicinandosi, completamente dimentico di poco prima e Kili annuì sbrigativo, intuendo di dover sfruttare i lampi di follia dell’essere per agire. “Certo e se vuoi andiamo insieme e la salutiamo. Facciamo veloce e poi scappiamo via di nuovo assieme qui ok?”. Sorrise incoraggiante. “Il padrone non lo saprà, anzi magari dorme adesso eh Gui, non lo saprà.”
Gui si tirò la pelle di un braccio strappandone un pezzo come se fosse carta bagnata e lo gettò a terra con un suono flaccido. Annuì battendo le mani e indicò in alto con aria folle. “Padrone volato via, deve uccidere per Sauron oggi. Padrone non c’è e noi vediamo elfa, ma poi torni qui.”ordinò indicando Kili e il nano annuì.
Certo come no.
Gui scivolò via con passo caracollante e dopo un tempo che a Kili parve un eternità tornò con le chiavi delle celle indicandole orgoglioso. “Gui può prendere chiavi per pulire le celle quando sono vuote e quindi trova anche tua chiave e di elfa. Indicò un paio di chiavi nel mazzo e Kili le memorizzò prima che l’essere aprisse le celle invitandolo a uscire. “Andiamo da elfa!”strillò eccitato correndo via e Kili lo seguì con il cuore in gola. Ancora non sapeva come avrebbe fatto a scappare da Mordor attraversando gli imponenti cancelli e tutti gli orchi che aveva visto, ma confidò che avrebbe trovato il modo. Con i Nazgul fuori gioco non doveva essere difficile.
Pregando i suoi dei di proteggerlo Kili sgattaiolò dietro a Gui verso la cella di Tauriel. In quel momento desiderava solo stringerla tra le sue braccia.
 
 
~~~
 
 
Il sentiero si interruppe all’improvviso e Gandalf si bloccò assieme ad esso seguito da Aragorn. Davanti a loro uno strapiombo fermava bruscamente la strada, ma sul fianco della montagna si apriva un ingresso perfettamente intagliato nella roccia.
Gandalf diede le spalle al paesaggio che si apriva sotto di loro e si concentrò sull’apertura buia che sfidava la sua figura con la sua oscurità. Delle sbarre di ferro che un tempo avevano sigillato l’ingresso si trovavano ai lati dell’imboccatura, piegate verso l’esterno come se una forza prigioniera le avesse piegate come burro per uscire e lo stregone sapeva bene chi era stato a liberarsi con tanta foga.
I suoi dubbi erano confermati e la sensazione di essere già stato lì divenne intollerabile mentre una visione squarciava la sua mente con forza cogliendolo di sorpresa e impedendogli di reagire.
 
Una fortezza avvolta dal mantello silenzioso della notte, irta di guglie e pietre erose dal tempo impietoso e dalla solitudine.
Ovunque figure si muovevano tra le rovine saltando agilmente ed emettendo versi gutturali mentre la luce lunare ne illuminava i denti aguzzi e le orecchie spropositate: orchi. Migliaia di orchi che si aggiravano tra le macerie di un’antica fortezza un tempo maestosa e potente.
All’improvviso una figura scura emerse sopra di essi. Non aveva contorni e sfumava continuamente in un vortice oscuro, ma la potenza che emetteva sembrava destare di malvagia bellezza quelle pietre spaccate e gli orchi sembrarono triplicare sotto di lei, aumentando di numero e cominciando a sciamare fuori da ogni anfratto come una brulicante distesa di morte e distruzione e milioni di torce cominciarono ad accendersi tra le guglie, come un sinistro risveglio.
 
Gandalf riemerse boccheggiando e la presa di Aragorn si strinse su di lui.
“Cosa succede Gandalf? Cos’hai visto?”
Lo stregone si voltò verso il ramingo e la paura nei suoi occhi accese la sua. “Cose che non comprendo a fondo Aragorn.”
“Raccontamele e forse in due spiegheremo questo mistero.”lo incitò l’uomo sorreggendolo, ma Gandalf lo scostò gentilmente scoccando un’occhiata verso l’ingresso silenzioso. “Ho visto una fortezza a me nota. Si chiama Gol Undur e penso tu la conosca quanto me. Una forza oscura si muoveva su essa e orchi sciamavano tra le sue pietre formando un onda che mi ha travolto prima del risveglio.”
Aragorn lo fissò a lungo, ma lo stregone non ricambiò lo sguardo. “Credi che sia una premonizione?”chiese, ma Gandalf scosse la testa e la luce sulla punta del bastone si illuminò proiettando un fascio verso un corridoio buio all’interno dell’ingresso. Si dibattè se rispondere o no al ramingo e alla fine cedette: “Io credo sia più di una premonizione e se lo temo vuol dire che ciò che non ricordo è grave e spiegherebbe perché Mordor si risveglia ora.”
E forse non abbiamo più tempo pensò, ma evitò di aggiungerlo ad alta voce. Si inoltrò nel buio e Aragorn lo seguì silenzioso. Il pavimento umido era leggermente inclinato verso il basso e rendeva impervio il cammino, ma alla fine i due riuscirono a sbucare davanti un immensa voragine oscura. Dalla parte opposta ad essa si aprivano sulla parete a intervalli regolari altri ingressi che scendevano in fila verso il basso; ognuno aveva la stessa porta di sbarre di ferro spalancata e contorta verso l’esterno, come piegata da una forza straordinaria. Un camminamento di pietre pericolanti sospese nel vuoto portava in una spirale verso il basso passando davanti ad ognuno dei nove ingressi scavati nella roccia.
Aragorn li fissò mentre il numero nove lampeggiava come un segnale nella sua testa. Nove re, nove spettri, nove forze di nuovo libere canticchiava una voce nella sua testa e un brivido percorse la sua schiena coperta di sudore gelido. Gandalf si mosse sulle pietre pericolanti fino alla prima apertura ed entrò illuminando un piccolo spazio con un sepolcro di pietra intagliato nel fondo. Si avvicinò osservando il coperchio distrutto dove una tunica scura ne usciva fuori per un pezzo e infilò il bastone all’interno portando alla luce uno scheletro: le ossa gialle mezze polverizzate erano strette attorno alla veste e una corona argentata era posta sul cranio ancora intatto. Aragorn si avvicinò sopra la sua spalla per sbirciare e gli parve che quelle orbite vuote si accendessero e lo fissassero. Si immerse in esse e un debole richiamo risuonò nella sua testa a malapena udibile e il ramingo si concentrò tentando di decifrarlo mentre questi si faceva forte e melodico, quasi...
“Aragorn!”. Il ramingo sussultò e le orbite tornarono a fissarlo indifferenti dal cranio ingiallito.
Gandalf lo afferrò e l’uomo sussultò fissandolo confuso. “Cosa? Hai sentito quella voce?”chiese dando una rapida occhiata al teschio.
Gandalf lo fissò un istante con gli occhi grigi. “No, perché sentivi una voce?”indagò e Aragorn  si accorse della sua occhiata. “No, me la sono immaginata.”si difese e lo stregone addolcì lo sguardo posandogli una mano sulla spalla. “Lo so che hai sentito, questo posto è intriso di male e il tuo sangue è come un catalizzatore, ma non devi temere nulla fino a quando ci sono io intesi?”
Aragorn sorrise debolmente e di nuovo gli parve che qualcosa lo fissasse dalla tomba, ma Gandalf parve accorgersene perché sua presa si strinse sulla sua spalla e il grigio dei suoi occhi si indurì. “Meglio se c’è ne andiamo, non è prudente rimanere qui.”
Il ramingo annuì grato e insieme uscirono verso il camminamento di pietra.
“Aragooooorrrn”. L’uomo si irrigidì e la voce tacque alle sue spalle. Il ramingo mosse un nuovo passo per seguire lo stregone, ma appena uscì dalla tomba la voce moltiplicò all’improvviso risuonando dal baratro di fronte a lui.
“Aragoorn.”
“Aragorn.”
“Aragooooorn.”
Il suo nome risuonava come un eco e l’uomo si bloccò cercando con la mano la parete dietro di sé. Si appiattì su essa sentendo la fronte imperlarsi di sudore e le voci crebbero risuonando dappertutto nel buio di quella voragine.
“Gandalf.”chiamò, ma nessuno rispose e anche le voci tacquero. Aragorn si voltò di lato, ma nessuno traccia dello stregone. Era solo.
Scrutò freneticamente intorno e vide che le pietre che portavano all’uscita erano scomparse e la luce invitante del sole si trovava davanti a lui, irraggiungibile e separata da una voragine in cui le voci avevano ripreso a sussurrare il suo nome.
Il ramingo chiuse gli occhi tentando di concentrarsi e le dita si strinsero sulla spada trasmettendogli con il contatto freddo dell’elsa sicurezza. Il battito del suo cuore rallentò e per un istante le voci parvero diminuire dandogli speranza, ma fu questione di pochi istanti e una di esse si librò sopra di tutte come un rapace sulla preda sussurrando il suo nome con un odio tale che l’uomo barcollò sentendo la fronte inumidirsi di sudore gelido.
“Aragoooorn.”
“Che cosa vuoi?” urlò il ramingo e una risata echeggiò dal baratro seguita dal frusciare di una veste, come se qualcuno salisse con lentezza i gradini verso di lui. Aragorn scrutò il buio cercando di calmarsi, ma il rumore sembrò moltiplicare e il ramingo strisciò a tentoni all’interno della tomba alle sue spalle sguainando la lama.
Il battito traditore del cuore gli rimbombava nelle orecchie e brividi di paura percorrevano in tremiti incontrollati il suo corpo. Scrutò con gli occhi scuri l’ingresso della tomba e una figura alta e scura comparve al suo ingresso fermandosi assieme al frusciare della veste. Un volto senza luce si voltò a fissarlo e Aragorn sentì la spada cadere davanti a lui quando riconobbe la figura imponente dello Stregone di Angmar.
Raccogli la spada! si intimò, ma le sue gambe non risposero e per la prima volta Aragorn si sentì inerme. La potenza dello stregone vibrava come un’aura attorno a lui paralizzandolo come un topolino di fronte al serpente.
Il Nazgul percorse con la mano metallica la parete fissando la tomba e un sibilo divertito proruppe dal cappuccio senza volto. “Sei venuto a farmi visita, ma che nobile gesto Aragorn.”sussurrò gelido come un respiro morente. Si avvicinò al ramingo fino a che la veste nera non sfiorò il petto dell’uomo e inspirò avido la sua paura; era quella che gli dava vita assieme al battito di un cuore poco prima di morire, quando una preda sa che sei lì per ucciderla e quel piccolo organo sembra pompare più sangue, come se sperasse di salvarsi continuando a irrorare di vita i tessuti.
Aragorn arretrò sbattendo contro la pietra. La spada era a pochi centimetri dal suo piede, ma anche lo stregone parve accorgersi di lei e con cenno la fece levitare fino alla sua mano. Ne studiò la lama in silenzio saggiandone il taglio e una risata gelida percorse la tomba. “Non è la Lama Spezzata, vedo che non hai deciso di riscattare la corona. Che peccato, avrei volentieri trafitto il tuo nobile cuore con una lama di tale pregio”. La passò di piatto sul collo del ramingo e Aragorn ne avvertì il tocco freddo sulla carotide pulsante. Ignorando la paura affondò con sfida gli occhi scuri nel buio del cappuccio.
Falla finita e ammazzami!
Lo Stregone fece scivolare la spada all’altezza del cuore che batteva rapido nel suo nido di carne e ossa e la sua voce sibilante risuonò ancora più gelida della lama sulla pelle: “Ti accontento subito.”sibilò e con un gesto crudele affondò la spada fino all’elsa nel petto di Aragorn.
 
 
 
Zu zuuuum...Salve EFP lettori, vi state strappando la carne dalla faccia per questo finale da fiction del livello Beatiful? Se è così ho raggiunto lo scopo prefissato in questo alquanto macabro capitolo.
Che ne dite, tinte cupe qui eh? Che volete farci a me i capitoli vengono bene se sono il più possibile dark, sono fatta così=)
Come vedete qui regnano incontrastati ben due momenti della fic. Passiamo da Gandalf e Aragorn a Kili che tenta di scappare per salvare Tauriel e di nuovo Aragorn e come vedete tutti in sospeso per farvi morire lentamente in agonia...dovete bollire! Come sapete bene io stravolgo il Signore degli Anelli quindi non saprete mai se farò morire Aragorn fino al prossimo capitolo o cosa succederà se soppravvive e sappiate che io cambio idea fino alla fine, quando la verità si presenta a me con la decisione perciò fan di Aragorn, morite lentamente nell’attesa XDXDXD
Per quanto riguarda Gandalf saprete presto cos’è successo nelle tombe anche a lui e se vi chiedete chi cavolo sia Gui, è un personaggio inventato che ho aggiunto per bisogno, saprete di più di lui più avanti non temete, per i curiosi=)
Bene, vi saluto per ora e al prossimo capitolo. U...U
Fraviaggiaincubi
 
 
 
  
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