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Autore: holls    04/02/2014    9 recensioni
Un investigatore privato, solo e tormentato; il suo ex fidanzato, in coppia professionale con un tipo un po' sboccato per un lavoro lontano dalla luce del sole; il barista del Naughty Blu, custode dei drammi sentimentali dei suoi clienti; una ragazza, pianista quasi per forza, fotografa per passione; e un poliziotto un po' troppo galante, ma con una bella parlantina.
Personaggi che si incontrano, si dividono, si scontrano, si rincorrono, sullo sfondo di una caotica New York.
Ma proprio quando l'equilibrio sembra raggiunto, dopo incomprensioni, rimorsi, gelosie, silenzi colpevoli e segreti inconfessati, una serie di omicidi sopraggiungerà a sconvolgere la città: nulla di anormale, se non fosse che i delitti sembrano essere legati in qualche modo alle storie dei protagonisti.
Chi sta tentando di mettere a soqquadro le loro vite? Ma soprattutto, perché?
[Attenzione: le recensioni contengono spoiler!]
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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- Questa storia fa parte della serie 'Nathalan'
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25. Apparenze
 
 
22 gennaio 2005.
Arrivarono in ospedale poco prima dell’orario delle visite. Chiesero alla reception quale fosse il numero della stanza e, non appena lo appresero, Alan e Nathan si precipitarono al terzo piano. Lì, seduta e con la testa tra le mani, vi trovarono una Madison praticamente imbambolata, intenta a fissare il nulla. Fu solo quando Alan le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla che la ragazza alzò il capo, rivelando due occhi pesti e contornati da vistose occhiaie. Alan le si sedette accanto e lei, forse provata da tutta quella situazione, adagiò la testa sulla sua spalla.
« Da quanto tempo sei qui? »
« Da quando l’ho saputo. Non sono potuta entrare, però. Ma mi hanno detto che sta bene. »
Madison non disse altro e continuò a fissare il vuoto.
« Niente di grave, quindi. Meno male. Per caso, sai com’è successo? »
Dopo qualche secondo, Madison scosse semplicemente il capo, probabilmente immersa nei suoi pensieri. Alan sospirò, poi alzò lo sguardo verso Nathan.
« Vado a prendere qualcosa da bere, puoi stare tu qui con lei? »
Nathan indicò se stesso, con sguardo stranito.
« Io? »
L’altro si alzò con un sorriso e annuì debolmente. Poi, si avvicinò a Nathan e gli sussurrò qualcosa.
« Almeno vi conoscete. Le farà bene. »
Nathan osservò Alan sparire per le scale, poi, dopo una scrollata di spalle, prese posto accanto a Madison. Continuò a domandarsi perché Alan l’avesse lasciato lì con una perfetta sconosciuta e cominciò a cercare un argomento di conversazione che non fosse il tempo atmosferico.
Si schiarì la gola, poi si voltò verso di lei, che nuovamente si teneva la testa.
« Sei la ragazza di Ash? »
Madison sembrò svegliarsi di colpo; girò la testa verso Nathan, mentre un timido sorriso le spuntò in quel volto spento. Nathan notò le guance appena colorite.
« Sì. Anche se non sono ancora abituata a esser chiamata così. »
Il ragazzo le porse la mano.
« Io, comunque, sono Nathan. »
Un guizzo di eccitazione fece la sua comparsa negli occhi di Madison, che sembrò riacquistare tutta l’energia persa quella notte, tanto da stringergli la mano con fervore.
« Lo so! »
« Ah, la mia fama mi precede, a quanto pare. »
Entrambi scoppiarono a ridere, e Madison si adagiò completamente sullo schienale della sedia.
« Ho sentito molto parlare di te. Non vedevo l’ora di conoscerti! »
« Lo prenderò come un complimento. »
I due si guardarono ancora con un sorriso che però, piano piano, divenne piuttosto imbarazzato. Nathan prese nuovamente la parola.
« Sono felice che Ash stia bene, tutto sommato. »
« Non dirlo a me. Non sai che spavento mi sono presa! Mi hanno chiamata, nel cuore della notte, ma hanno potuto darmi pochissime informazioni. »
Gli sembrò che il viso di Madison si stesse distendendo, come se l’aver finalmente parlato con qualcuno l’avesse fatta sentire meno tesa. Poi, però, sembrò rabbuiarsi improvvisamente. Il sorriso scomparve e una serie di rughe d’espressione fecero la loro comparsa su quel volto provato.
« Non so cosa avrei fatto, se fosse morto. »
Nathan si avvicinò a lei, senza dire niente. Madison proseguì.
« Sai, ieri abbiamo discusso. Non avrei mai accettato di non averlo salutato come si deve o avergli detto nero su bianco ciò che provo per lui. Sarebbe potuto morire con quella discussione in testa, capisci? Non riesco a pensare ad altro. »
Nathan annuì, ma la sua testa si riempì presto di altri pensieri. Sapeva bene come si sentiva Madison, perché anche lui, nel suo piccolo, provava gli stessi sentimenti per qualcun altro.
« A cosa pensi? »
Nathan appoggiò gli avambracci sulle cosce, incrociando le mani.
« Penso che a volte dovremmo avere più coraggio. Dovremmo cercare di dire sempre ciò che proviamo, senza aspettare che accada qualcosa di drammatico. Ma finché non succede qualcosa del genere, non riusciamo a capire quanto certe persone siano importanti per noi. »
« Parli di Alan? »
Nathan scosse il capo, in segno di diniego.
Madison lo fissava con sguardo interrogativo. Nathan sospirò, perché, si rese conto, era la prima volta che traduceva in parole quel dolore che aveva albergato in lui per tanti anni, senza che se ne rendesse conto.
« Parlo di mio padre. Da quando ha scoperto la mia omosessualità, mi disconosce come figlio. »
Madison si lasciò sfuggire un “Oh!” sinceramente sorpreso; poi, dopo che il momento di stupore fu passato, riassunse la sua aria incuriosita.
« Non vi parlate più? »
« Praticamente no. »
« Mi dispiace. Davvero. »
« Ogni volta che gli rivolgo la parola, mi infiammo e non capisco più niente. Non penso che potremmo mai avere un rapporto civile. »
L’espressione di Nathan si velò di una tristezza quasi sconosciuta, come se provasse quei sentimenti per la prima volta.
« Ti piacerebbe riappacificarti con lui? »
Madison gli fece quella domanda sussurrando appena, forse per mantenere un senso di intimità.
« Mio fratello mi adora e vorrebbe vedere la famiglia unita. Credo che soffra molto per questa situazione. »
« Ho come la sensazione che non sia l’unico. »
Di fronte a quelle parole, Nathan si sentì nudo. Per tutti quegli anni, aveva creduto che di suo padre non gli importasse niente, lo aveva sempre apostrofato con i peggiori epiteti e si era rivolto a lui sempre con tono duro e rancoroso. Bastò quella semplice frase per far crollare le sue convinzioni in un attimo, per risvegliare in lui sentimenti ormai assopiti da tempo. Gli tornarono in mente i lunghi e silenziosi pianti dopo che era stato cacciato via di casa, e anche il giorno che, esausto, aveva deciso di non pensarci più.
Davvero gli mancavano suo padre e la sua famiglia?
« Perché non provi a dirgli quello che senti? »
Madison pronunciò quelle parole con naturale spontaneità, che strappò a Nathan un sorriso amaro.
« Sarebbe inutile, mi odia. »
« E se anche lui pensasse lo stesso nei tuoi riguardi? »
Nathan sbuffò, a metà tra il divertito e il canzonatorio.
« Dici così perché non lo conosci. Secondo me, non si dispiacerebbe per me nemmeno se fossi in punto di morte. »
Proprio in quel momento, Alan sbucò dalle scale con un bicchiere in mano e, a passo svelto, si diresse verso di loro.
« È orario di visite, mi sa. »
Gli occhi di Madison si illuminarono e le sue labbra si schiusero lentamente in un grande sorriso. Si voltò indietro verso la camera di Ashton, poi riportò lo sguardo sui due ragazzi. Si capiva che era impaziente.
Alan le sorrise.
« Vai prima tu. Noi aspettiamo qui, per ora. »
La ragazza sorrise ancora di più, per quanto fosse possibile, e lanciò un’ultima occhiata ai due, prima di fiondarsi in camera di Ashton.
 
Come entrò e lo vide, si fermò. Lui era lì, a letto, con lo sguardo rivolto alla finestra. Si voltò subito, non appena udì il rumore dei passi di Madison; e, come la vide, le sorrise.
Non poté esserci regalo più grande per lei, che, d’istinto, si precipitò verso il letto di Ashton. Cinse il suo corpo in un abbraccio irruento, che Ashton ricambiò dopo un primo gemito di stupore.
Il tenerlo lì, tra le sue braccia, le provocò un’emozione troppo intensa per poter essere contenuta; e così, sentì il viso rigarsi di calde lacrime, che non riuscì a tenere sotto controllo.
Ashton le prese il volto tra le mani, scostandolo dalla sua spalla, e lo portò davanti al suo.
« Dai, non piangere. Sono ancora vivo, eh! »
Quella battuta gli costò un pugnetto affettuoso, ma che fu felice di ricevere.
« Ah, è così che mi dai il bentornato? E io che mi aspettavo-- »
Le labbra di Madison si poggiarono sulle sue, impedendogli di finire la frase. Da un semplice bacio a stampo passarono a qualcosa di più profondo, che si interruppe solo quando Madison fu invasa da un singhiozzo di gioia.
Ashton le diede un buffetto.
« Però! Forse dovrei farmi male più spesso. Che ne dici? »
« Non fai ridere! »
Cercò di apparire offesa, ma non le riuscì troppo bene. Chiuse gli occhi, cercando di trattenere nuove lacrime; poi li riaprì, per godersi quel sorriso che aveva temuto di perdere per sempre.
« Mi hai fatto preoccupare da morire, sai? Non farti investire mai più! »
« Agli ordini, principessa. »
Quella frase le suscitò un timido sorriso, che presto sparì, per far largo a pensieri più cupi.
Il suo sguardo si perse al di là della finestra, che offriva uno scorcio sul cielo attraverso le tendine socchiuse. Intravide gli alberi più fragili piegarsi a quel vento che ululava senza sosta, accompagnato da un esercito di nuvole color pece che marciava verso ovest.
Il cielo era tetro.
« Mi dispiace, Ash. »
« Per cosa? »
« Lo sai. E voglio che tu sappia che sei la cosa più importante che ho e che non voglio perderti per nulla al mondo. »
Ashton si tirò su e tese, per quanto possibile, le sue braccia verso la ragazza, che vi si buttò senza indugio. Cominciò ad coccolarle la testa, ad occhi chiusi, perché voleva sentire Madison con tutti i sensi che aveva a disposizione. Le accarezzò i capelli, le baciò la nuca e infilò le dita in quelle ciocche bionde, spettinandola un po’.
« Anche per me è così, Mad. Anche per me. »
« Mi hai fatto preoccupare da morire. »
« Lo so. »
Rimasero avvolti in quell’abbraccio per qualche altro minuto, il tempo di realizzare che quello davanti a lei era Ashton in carne e ossa. Si sciolsero da quel contatto rassicurante e Madison si sedette sul lettino.
« Quindi è solo una spalla lussata? »
Ashton picchiettò il palmo della mano sul gesso.
« In poco tempo tornerà come nuova, non temere. »
Le infilò una ciocca dietro l’orecchio.
« Hai passato tutta la notte qui, da sola? »
« Sì, anche se, poco fa, sono arrivati Alan e Nathan. »
Ashton spalancò la bocca, stupito.
« Sono insieme? Alleluia! »
Entrambi scoppiarono a ridere.
« Dai, non essere così cattivo. Finalmente sono una coppia! E poi, dopo tanto, ho conosciuto Nathan! »
« Guarda che mi ingelosisco. »
Madison rise di gusto, come non faceva ormai da troppe ore. Spintonò appena Ashton, che le rispose con un sorrisetto malizioso.
« Non ne hai motivo, sciocco. Ti ricordi cosa ti dissi, no? Per me è come l’oscuro protagonista di una storia del mistero. E poi ne avevamo parlato così tanto, è stato come incontrare un personaggio famoso! »
« Spero che tu non gli abbia detto perché è così conosciuto. »
Madison alzò gli occhi al cielo e sbuffò, poi arricciò le labbra in qualcosa che assomigliava a un sorriso, mentre Ashton sghignazzava divertito.
« Dai, falli entrare. »
La ragazza esaudì il suo desiderio e uscì fuori a chiamare Alan e Nathan. Come entrarono, Ashton alzò il braccio sano in segno di saluto, poi buttò un’occhiata alla coppia.
« Vedo che il miracolo è avvenuto! »
Madison incrociò le braccia e scosse il capo.
« Scusate, fa così da quando sono entrata! È in vena di battute, oggi. »
Alan ridacchiò.
« Sarà felice di vederci. »
I tre presero posto accanto al letto di Ashton, sedendosi su dei panchetti trovati in stanza. Alan gli batté una mano sul gesso, scherzoso.
« Allora? Come va? »
Ashton scrollò la spalla sana.
« Per fortuna è andata bene. Penso che mi dimetteranno presto, in fondo non è niente. »
« Già, potevi farti male davvero. Ma come è successo? »
Ashton si grattò la fronte e sbuffò.
« Un cretino. Stavo tornando alla macchina ed è sbucato all’improvviso. Probabilmente era ubriaco, non riusciva nemmeno a guidare dritto. Io mi sono solo trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, tutto qua. Per fortuna sono riuscito a scansarmi, buttandomi di lato, ma sono atterrato sulla spalla, » Ashton indicò la sua ingessatura « e questo è il risultato. »
Alan annuì, pensoso.
« Speriamo che qualche telecamera abbia ripreso l’incidente. Non si è fermato, vero? »
L’altro scosse il capo, gesto che fece sbuffare Alan piuttosto sonoramente. Si immerse nei suoi pensieri e cominciò a riflettere su come scovare il pirata della strada che aveva investito Ashton, ammutolendosi per diversi istanti.
Poco prima che quel silenzio passasse da fisiologico a imbarazzante, il suo collega prese parola.
« Voi due, invece? Vedo che siete insieme! »
Nathan mostrò un enorme sorriso, condito da un pizzico di imbarazzo.
« Eh già! Stento quasi a crederci io stesso. »
« Potreste dare una festa per celebrare questo grande evento, magari quando mi sarò rimesso. »
Alan increspò le labbra in un sorriso ironico.
« Cos’è, mi prendi in giro? »
Nathan incrociò le braccia ed emise un mugolo pensieroso.
« Però non sarebbe una cattiva idea. »
« Non gli starai dando corda? »
Nathan ridacchiò sotto i baffi, mentre Alan scuoteva la testa, osservando Ashton.
« Vedo che l’incidente ha mantenuto intatta la tua verve. » Alla fine, trattenne a stento una risata. « Sei sempre il solito! »
 
Il tempo volò in un baleno e, in men che non si dicesse, rimasero solo una decina di minuti, prima che le visite venissero interdette.
Alan buttò un’occhiata al suo orologio da polso.
« È quasi ora di andare, Ash. »
« Ah, davvero? »
Ashton aggrottò la fronte e fissò Alan per un breve momento. L’altro non capì, almeno non subito; poi vide Ashton scoccare un’occhiata a Nathan e Madison, che, intanto, ridacchiavano tra loro. Alan realizzò che il collega voleva parlargli a tu per tu, senza destare troppi sospetti. Finse quindi di essersi improvvisamente ricordato di qualcosa ed emise un gemito sorpreso.
« Ragazzi, dovrei parlare in privato con Ash. Potete lasciarci soli un momento? »
Madison inarcò le sopracciglia, sorpresa.
« Perché? »
Ashton le sorrise.
« Lavoro, Mad. Niente di speciale, ma deve rimanere privato. Dai, non fare quella faccia; approfittane per conoscere meglio il tuo eroe! »
La ragazza sbuffò contrariata, ma non si oppose; fece cenno a Nathan di seguirla, dopo aver salutato Ashton.
 
I due colleghi rimasero soli in quella stanza illuminata solo artificialmente, perché le nubi plumbee avevano accerchiato il sole, ancora una volta.
Soltanto allora, Ashton parlò.
« Alan, devo chiederti un favore. »
« Ma certo. Dimmi tutto. »
Ashton emise un respiro profondo; spostò lo sguardo ora sulla finestra, ora sul letto, per poi tornare a scrutare Alan, accanto a lui.
« Devi continuare l’indagine al posto mio. Ufficialmente o no, ma devi farlo. »
« Perché lo stai chiedendo proprio a me? Voglio dire, abbiamo molti altri colleghi in gamba. »
Ashton si portò una mano alla fronte e scosse il capo. La sua espressione si fece seria.
« Tu lo sei più di tutti gli altri, Alan, e di te mi fido. E poi, dovrei chiederti un’altra cosa. »
Alan non capiva: lo sguardo assottigliato e la fronte aggrottata non gli permisero di arrivare al nocciolo della questione, che gli appariva ancora oscuro.
« Be’, dimmi. »
« Prenditi cura di Madison. E anche di Nathan. Tienili d’occhio, cerca di non lasciarli mai soli. »
Alan sentì un brivido corrergli per tutta la schiena. Non capiva, non ancora. Ashton era terribilmente serio e sembrava davvero preoccupato.
« Cosa sta succedendo, Ash? »
L’altro lo fissò, silenzioso.
« Ho paura che siano in pericolo, Alan. Credo che lo siamo tutti. Non mi sento tranquillo. »
« Ash, ti prego, dimmi cosa sta succedendo. »
« Non volevo dirlo a Madison, perché sicuramente si sarebbe preoccupata. Ma a te devo dirlo, perché ho paura che non si tratti solo di una coincidenza. »
Ashton strinse il bianco lenzuolo del suo letto, serrò le labbra per un momento e schioccò la lingua. Fissò vacuo la scena oltre la finestra, senza dire niente. Dopodiché deglutì e si voltò verso Alan.
« Le cose non sono andate come ho raccontato prima. Non è stato un incidente. Quella persona puntava dritta su di me, mi voleva morto, ne sono quasi certo. »
Si fermò qualche secondo. Poi guardò Alan dritto negli occhi.
« L’auto che mi ha investito è la stessa di chi ha ucciso Sánchez. »

 

Salve a tutti u.u Alla fine sono riuscita a pubblicare in tempo, ma per il prossimo capitolo non posso assicurarvi niente :( L'ho quasi terminato, ma non sono certa della sua bontà. Vi terrò informati!
Passando al capitolo... le cose si fanno interessanti, eh? XD Chi si cela dietro al guidatore della misteriosa auto? E perché proprio Ashton? Chissà quando lo scoprirete... 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Ringrazio, come sempre, Silvia per il suo lavoro rapidissimo e preciso e, per questo capitolo, anche orny e ladysyria che mi hanno aiutata con alcune frasi rognose XD Ovviamente ringrazio anche tutti i lettori e coloro che recensiscono *___*
Alla prossima!
   
 
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