Come back, when it’s over
( will you? )
It started out as a feeling, which then turned into a
hope.
Sul
villino nel cuore del nulla era piovuto il silenzio, uno diverso da tutti
quelli che Reera la Rossa aveva sempre voluto e
cercato e riempito solo dei versi delle sue compagne creature dalle mille
forme. Non era intimo, non era confortevole. Reera la
Rossa avrebbe potuto fingere che lo fosse, riprendere il ricamo, scacciare il
vuoto di pensieri dedicandosi a nuove trasformazioni – era stanca di vestire i
panni di una Scimmia Grigia; per una volta poteva essere una Tigre Argentata, o
una Lupa Azzurra, o magari un’Aquila Nera – ma Reera
la Rossa era una strega intelligente, e sapeva bene che è proprio a se stessi
che fingere è inutile, oltre che impossibile.
Quel silenzio tutto nuovo, il silenzio che era
mancanza e perdita, non si era protratto poi così a lungo quando quasi
inconsciamente Reera la Rossa si alzò dalla sua
tavola imbandita e si avvicinò allo specchio. Era solo curiosità, si disse in
tutta sincerità; dopotutto una guerra era nell’aria, e la guerra è forse l’unica
cosa in grado di arrivare a toccare coloro che stanno fuori, quelli che non
desiderano altro che rimanere al di sopra delle parti, soli – almeno finché la
solitudine non pesa.
Reera la Rossa cosparse lo
specchio di una polvere diversa da quella che teneva nel cassetto, poi lo pulì
con un panno morbido.
L’immagine riflessa dalla superficie – i gatti
che erano ratti, i ragni nascosti dalle tele, e lei stessa, nella sua vera
forma: nulla era più cambiato, da quando il silenzio nuovo era piovuto – si trasformò:
ora c’era la montagna e poi c’era il lago e là, sul lago, c’era l’isola
riemersa. Forse la guerra sarebbe arrivata, ma oggi l’isola era in pace e in
festa, asciutta nella luce del sole, unita dal lunghissimo ponte alla
terraferma; su entrambe le sponde c’erano figure che ballavano e ridevano – ed
erano figure ben strane – delle bambine sorridenti si abbracciavano, una
Ragazza di Pezza volteggiava tra loro, c’erano uomini di carne e di latta e di
rame e di legno e poi laggiù, nel centro esatto del ponte, come a metà di un
percorso, una ragazzina e uno Spaventapasseri si stringevano come per non
lasciarsi andare mai più. Ed ecco, nel villaggio, le tre Adepte alla Magia, che
sotto gli sguardi di una nobile Strega e una giovane fata ponevano una corona
sul capo di una donna – e fu in quell’immagine di inizio nuovo che Reera la Rossa infine lo trovò, con quei suoi vestiti a
festa, con quella sua faccia di brav’uomo, lui che era venuto da lei con tre
pesci in un paiolo ed era stato diverso da chiunque altro perché, a differenza
di chiunque altro, l’aveva ingannata. Lei, Reera la
Rossa. Che ora sorrideva non vista all’uomo che non aveva voluto andarsene.
L’immagine nello specchio si oscurò, il riflesso
tornò quello che era sempre stato – lei stessa, i ragni che sbirciavano dalle
tele, i ratti camuffati da gatti. Reera la Rossa tornò
a sedersi alla sua tavola solitaria e, senza toccare cibo, rimase a lungo ad
intrecciarsi tra le dita i capelli rossi che le davano il nome e che a lui
sembravano piacere tanto, e a cercare di riempire il silenzio fantasticando su
quella che poteva essere la storia della donna incoronata, della Ragazza di Pezza,
dello Spaventapasseri e della ragazzina.
Nello stesso silenzio, trovò il tempo e il modo
di domandarsi se lui non l’avrebbe magari ingannata di nuovo. E lo immaginò
spezzare una promessa, tornare,
sedere alla sua tavola e renderla così più ricca.
Una cosa il silenzio nuovo, di perdita e
mancanza, non l’aveva cambiata: Reera la Rossa era felice
di non avere nessuno con cui fingere.
[ 610 parole ]
Spazio dell’autrice
E finalmente sono riuscita a leggere l’ultimo
libro di Oz firmato Baum, Glinda of Oz. La sua
pubblicazione in pratica coincide con la morte dell’autore, e forse anche per questo
il quattordicesimo volume è piuttosto cupo e tocca argomenti che tutti gli ‘alleggerimenti’
postumi da parte degli editori non sono riusciti a rendere meno negativi: la
guerra che non si può in alcun modo prevenire, i regnanti corrotti, e in parte la
solitudine. Spoiler!
I Testapiatta e gli Skeezer (che
non saprei proprio come rendervi in italiano!) sono in guerra per questioni che
non sto a raccontarvi. Coo-ee-oh,
sovrana degli Skeezer, per mezzo di un connubio tra
stregoneria e tecnologia ha assicurato la sua isola sul fondo di un lago, ma
viene trasformata dal Dittatore Supremo dei Testapiatta
in un cigno e, trovandosi così bella e maestosa, dimentica tutti i suoi
problemi umani e abbandona il suo popolo inerme nella cupola di vetro là sotto.
Ozma e Dorothy, sopraggiunte per cercare di
fermare la guerra, ma senza successo, si ritrovano incastrate nel villaggio
sommerso degli Skeezer e non possono fare altro che
aspettare i soccorsi di Glinda la Buona e tutta la
compagnia. In tutto ciò, Ervic, uno Skeezer furbo quanto fortunato, trova tre pesci che poi
sono in realtà tre streghe (Adepts of Magic)
sotto maledizione della stessa Coo-ee-oh, e su loro suggerimento le porta da Reera la Rossa, una creatura magica che non si mescola mai
con niente e con nessuno e che non aiuta né ostacola gli altri per alcun
motivo. Reera è in grado di riportare i tre pesci alla
loro forma originale, e loro potranno poi aiutare Glinda
a salvare l’isola sommersa, ma Ervic deve ricorrere
all’inganno per convincerla a fare ciò di cui ha bisogno... Questo è il
contesto generale, insomma.
Mi
è piaciuto molto il personaggio di Reera la Rossa. È veramente
quel tipo di figura né bianca né nera, insieme macabra e simpatica (l’idea
originale di Baum la presentava al lettore nell’aspetto
di scheletro! Poi si è ricorsi alla Scimmia Grigia per darle una connotazione
più divertente, motivo per cui ho mantenuto questa mia/sua riflessione più
fluff che dark, anche se lei è esattamente a metà strada tra le due cose), che
prima tenta con le intimidazioni di allontanare Ervic
da casa sua, ma poi non si risente affatto quando scopre di essere stata usata
e abbindolata per il tornaconto altrui. L’ho adorata soprattutto perché, in
quel suo continuo trasformare l’aspetto suo e di tutto ciò che la circonda, mascherando letteralmente la sua
esistenza, ho letto una metafora di solitudine che a volte è voluta e a volte è
odiata, in particolare forse all’entrata in scena di Ervic...
E non nascondo di averli shippati da morire, quei due.
;w;
Questa
shot si ambienta in un momento posteriore alla
ripartenza di Ervic per l’isola degli Skeezer: Reera si fa promettere
che né lui né le tre Adepte verranno mai più a cercarla, ma io immagino che
quell’esserino insolente l’abbia colpita a tal punto da farle in realtà sperare
in una rottura della promessa, in un suo secondo inganno. Dopo la riemersione
dell’isola dal fondo del lago, la nuova regina degli Skeezer,
Lady Aurex, nomina Ervic primo
ministro, ma chissà che lui non decida effettivamente di tornare a trovare Reera... Oh, e in una tale atmosfera di riunione e
salvataggio l’accenno Spaventapasseri/Dorothy non poteva mancare, SUVVIA.
La citazione
iniziale è tratta da The call di
Regina Spektor, così come il titolo vuole essere una
rivisitazione del refrain della stessa.
Aya ~