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Autore: metaldolphin    04/02/2014    7 recensioni
Dopo due anni la Ciurma si riunisce, ma non tutti sono davvero contenti.
Cosa deve accadere, affinchè qualcuno si renda conto che sta accadendo qualcosa di importante?
Possibile che solo le difficoltà più grandi facciano prendere coscienza di cosa importa per davvero?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il vento a favore gonfiava allegro le vele spiegate della Sunny e mi godevo sul viso il fresco e gli spruzzi densi di salsedine.
Le onde non erano alte, ma si avvertiva chiaramente il ritmico alzarsi e abbassarsi della prora che fendeva sicura la loro superficie.
Le cime che assicuravano alberi e vele si tendevano sotto lo sforzo, ma reggevano sicure, non dovevamo preoccuparci.
Ci eravamo riuniti e il mondo mi era sembrato più bello… sicuramente era così, la cosa non poteva non avere il suo peso: dopo due anni di solitudine, allenamento ed attesa, essere tornata con questa pazza famiglia d’adozione era quasi un sogno.

Certo, non tutto quello che mi ero aspettata era accaduto, ma nella vita avevo imparato che bisognava ridurre le aspettative, si restava meno delusi; questa volta non c’ero riuscita e ci ero rimasta davvero male.
Ma ormai non potevo farci nulla, il passato è passato....
Mi ero figurata un esplosivo incontro con quello che, negli ultimi due anni, era diventato l’oggetto dei miei pensieri e desideri, ma nulla era accaduto, nemmeno lontanamente, di quanto sognato…

Avevo anche imparato che ti accorgi che qualcosa ti manca solo quando l’hai persa; si danno per scontate troppe cose, nella vita, specialmente gli affetti: come quando si ammettono con difficoltà i propri errori, avevo dovuto affrontare la dura realtà che mi portava a riflettere sul fatto che, più di tutti, mi pesava l’assenza di Zoro.

Il pigrone, rozzo, antipatico, testardo e dormiglione spadaccino della Ciurma.
L’atletico, forte, coraggioso, leale e bellissimo spadaccino della Ciurma.

Ci voleva che lo perdessi per tutto quel tempo, per capirlo?

Avevo sognato di corrergli incontro, saltargli addosso, stringerlo forte a me, quando ci saremmo rivisti, ma nulla ti tutto ciò era accaduto.

L’avevo guardato con emozione, con uno strano vuoto che sussultava nel ventre, nel constatare che le sue forme si erano fatte più mature, il corpo ancora più possente, l’inquietante cicatrice che gli sfregiava il viso, accecandogli l’occhio sinistro.

Avevo sperato di essergli mancata tanto quanto lui era mancato a me, ma era evidente che la realtà era diversa… delusa, avevo dissimulato e annegato il dolore nell’abbraccio fraterno che scambiai con gli altri, diluendolo con la gioia di rivederli, sani e salvi, così migliorati nel corpo e nello spirito.

Adesso che avevamo ripreso la nostra comune avventura, facevo fatica ad ignorare la sua presenza: fino a che non mi ero resa conto dei miei sentimenti era stato naturale averci a che fare, ma adesso, anche il semplice sedergli vicino a tavola, acquistava per me una valenza del tutto diversa… persino i nostri battibecchi non mi riusciva di sostenerli come una volta: mi ferivano di più le sue parole e le mie risposte risultavano più velenose del necessario.

Gli altri iniziavano a notare qualcosa, ma lui sembrava impermeabile: o era il solito tontolone o mascherava bene i suoi sentimenti, negativi o positivi che fossero.
Fatto sta che, nei miei confronti, il suo comportamento non era cambiato di una virgola, come se quel tempo lontani non ci fosse stato.

Fu allora che iniziai a deprimermi.

Quella mattina mi svegliai di malumore e, nel tepore che mi davano le coperte, realizzai che non volevo alzarmi, che non avevo un motivo valido per farlo… “per oggi al diavolo tutti, la navigazione e sì, anche il mio sogno” pensai ”per oggi non voglio fare nulla”.

Così mi raggomitolai sul materasso e bagnai i capelli, sciolti sul cuscino, di lacrime.

Non mi andava di fare nulla, tanto meno cibarmi o lavarmi.
Dovetti alzarmi, scarmigliata e sfatta, qualche minuto, perché la mio vescica protestava e non era ancora in mio potere vincere diversamente quella battaglia… "se solo fossi stata un uomo, mi sarebbe bastato tenere vicine un paio di bottiglie" riflettei, tornando al guscio protettivo del mio letto.

Girai dall’altra parte il cuscino umido e mi apprestai a bagnarne l’altro lato.

Quel giorno mi lasciarono in pace, ma il giorno dopo no e anche la sera seguente cercarono di farmi alzare.

Rimasi a letto, con le coperte tirate fin sulla testa.
 
   
 
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