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Autore: Aka_Yuki    04/02/2014    1 recensioni
Un daimyo maledetto. Una figlia devota. Sakè, katane, demoni e violenza.
La giovane miko Kagome dovrà districarsi da segreti ed apparenze illusorie, in un mondo dove l'apparenza e la sostanza raramente si corrispondono.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XIX: Kirara

Sango guardò circospetta fuori poi entrò silenziosamente. Non camminava con la solita fluidità e il kimono era tutto disordinato.

“Cosa ti hanno fatto?” domandò immediatamente Miroku, posandole una mano sulla schiena. Lei rabbrividì e lo allontanò.

“Niente.” sibilò a denti stretti. Lui lasciò cadere le mani lungo i fianchi e le si allontanò, tenendole però gli occhi posati addosso.

“Allora?” domandò Kagome guardandola seriamente. Sango si voltò verso di lei.

“Allora vi faccio scappare.” 

“E come possiamo fidarci di te al momento?” Lei sospirò.

“Non vi dovete fidare. Se mi aiuterete con una certa faccenda, io vi aiuterò con la vostra certa faccenda.” rispose appoggiandosi con una spalla alle pareti della grotta. Lanciò uno sguardo panoramico, poi sollevò nuovamente il mento in direzione di Inuyasha.

“So anche dove hanno messo la tua katana.” Gli occhi dell’hanjō si illuminarono per un attimo, senza però cambiare espressione. Sango rimase appoggiata al muro con un’espressione sempre più impassibile e quasi altezzosa. Nervosamente però tamburellava le dita sul suo braccio, mentre teneva le braccia incrociate.

“E cosa sarebbe questa faccenda?” domandò Miroku. Lei lo guardò senza vederlo, poi abbassò lo sguardo e deglutì.

“Hanno qualcosa di mio...” mormorò. Kagome voleva chiederli cos’aveva, cosa stava succedendo, perché lei si comportasse così e, soprattutto, perché avesse sempre quello sguardo triste sul viso. Ma fu proprio questo a farle desistere da porle qualsiasi domanda. Si avvicinò lentamente a lei, mettendo un piede davanti all’altro con molta cautela, come se di fronte a sé ci fosse una fiera spaventata e, forse, anche ferita. Alla fine quell’immagine non le pareva troppo lontano dal vero. Sango era ferita e spaventata e ruggiva a più non posso per tenere lontani tutti, ma sapeva che l’unica cosa che voleva, alla fine di tutto, era proprio che le stessero vicini.

“Ci dirai tutto una volta finito?” le domandò, una volta che le fu davanti. Sango la guardò di sottecchi, quasi fosse al contempo impaurita e arrabbiata, poi si limitò ad annuire, senza mai spezzare il contatto visivo. Allora, senza preavviso, Kagome sorrise dolcemente, lasciando l’altra senza parole.

“Ok, spiegateci questo piano!” La ragazza la guardò perplessa poi sorrise timidamente, poi prese a disegnare sulla polvere, spiegando rapidamente. 

 

“Dov’eri finita, Sango?” gorgogliò un uomo, basso e volgare, ondeggiando per indicarla. Puzzava di sakè a metri di distanza. Lei arricciò il naso disgustata, strizzandosi i capelli.

“A lavarmi. Puzzavo di demone dopo essere stata così a lungo con quelli.” sibilò. L’uomo si alzò in piedi incespicando con un sorriso storto sul grugno. Lei lo guardò schifata, ma rimase immobile. Lui le mise vogliosa un braccio intorno alla vita, palpandola con la mano calda e sudata, mentre lei rabbrividiva disgustata.

“E perché non mi hai chiamata? Potevamo fare il bagno insieme!” Lei sorrise, vibrando visibilmente di rabbia e ripugnanza.

“Mi dispiace, ma ero già in ottima compagnia.” Mentre sul volto dell’uomo compariva un’espressione sorpresa, lei gli diede qualcosa di cui sorprendersi ancora di più. Sorrise con cattiveria, mentre estraeva lentamente la sottile spada dal suo ventre.

“Quanto desideravo farlo...” mormorò, facendo cadere il corpo dell’uomo che, prima di chiudere gli occhi per sempre, biascicò un “Puttana” che Sango sentì come il miglior complimento che le avessero mai fatto. Ma non aveva tempo per crogiolarsi, ne atterrò altri due e si girò giusto in tempo per vedere crollare davanti a sé un’altro, che stava per infilzarla. Con gli occhi spalancati fissò il ragazzo dietro, che le sorrise teneramente.

“In due si fa prima.” Lei annuì, ancora troppo preoccupata e sconvolta, per avere il fiato sufficiente a risponderle. Senza quasi che se ne accorgessero, i quattro uomini che stavano di guardia erano sistemati. Sango tremava, non certo per la fatica, ma più per un misto di euforia e terrore. Finalmente sarebbe stata libera, ma faceva anche paura da morire, perché da quel momento avrebbe sbagliato ancora, ma senza più scuse. Però il terrore, il terrore, era tutto per Kirara.

“Andrà tutto bene.” le disse Miroku, avvicinandosi a lei e posandole una mano sulla spalla. Lei sospirò, non riuscendo ad impedire al suo corpo di tremare.

“Perché dovrebbe andare tutto bene?” mormorò.

“Ci siamo fidati, prova a fidarti tu.” sorrise il monaco, strappando anche a lei un sorriso e uno sguardo grato per quella gentilezza che lei, sinceramente, sentiva con dovuta. Immediatamente si rabbuiò.

“Togli subito quella mano dal mio sedere, stupido bonzo.”

 
  
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