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Autore: Alepotterhead    04/02/2014    1 recensioni
Mags è l'adorabile ottantenne che tutti abbiamo conosciuto, ma anche lei è una vincitrice. O meglio una sopravvissuta.
Ecco a voi i Noni Hunger Games. Gli Hunger Games di Mags.
Dal capitolo 9
“Tributi prendete posizione”
La voce mi fa sobbalzare e la pedana si solleva leggermente, le ante del tubo che la circondano si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina. Prendo posizione come mi è stato detto.
“Cinque secondi rimanenti alla partenza”
Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.
Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.
Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.
Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.
È un paesaggio incredibile."
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La prima cosa che penso appena apro gli occhi è che ho dormito troppo e non mi hanno mandato nell’Arena. Poi guardo l’orologio e vedo che sono le sei e un quarto, quindici minuti e sarebbero venuti a svegliarmi. Mi sento molto riposata, quasi indolenzita.

Quindici minuti e sarei stata mandata a prepararmi, poi ci avrebbero caricato su un hovercraft e saremmo giunti all’Arena, considerando che di solito i giochi iniziano verso mezzogiorno, l’Arena era parecchio lontana visto che ci fanno alzare alle sei e mezza.

Decido che la cosa migliore in questo momento è andare a lavarmi i denti, sembra una cosa stupida, ma riesce a tranquillizzarmi. Un’azione normale nel caos. Torno a sdraiarmi sul letto e aspetto…

Alle sei e mezza spaccate la porta della mia camera si apre ed entra Megan con quella che presumo sia la tenuta dell’Arena ordinatamente piegato sul braccio e tra le mani il vassoio della colazione. Non si lamenta per l’orario, mi osserva con sguardo triste e si siede accanto a me, ‘Mi dispiace’ è un sussurro appena udibile, ma lo apprezzo. Mi porge ciò che ha tra le mani, mangio qualcosa e poi mi vesto.

L’abbigliamento è una cosa che mi lascia sconvolta: la giacca termica con cappuccio e gli scarponi che arrivano a metà polpaccio sono neri, ma i calzoncini corti che arrivano a metà coscia e la maglia a maniche corte sono arancioni, non so se mi spiego, a r a n c i o n i.

“La giacca è termica, ma calzoni e maglietta no ed essendo corti, sono abbastanza sicura che sarà un posto caldo, gli scarponi sono impermeabili, quindi sarà caldo e umido”

“Perché arancioni?”

“Non lo so, però fa a pugni coi tuoi capelli biondi”

Sorrido.

“Ti faccio una coda?” il tono è timido.

“Grazie Megan”

Mi pettina e mi raccoglie i capelli in modo ordinato, mi mette un elastico e poi lo copre con il mio spago incrostato di sale.

“Mi è permesso tenerlo?”

“Certo cara” mi sorride “adesso dobbiamo andare”

Camminiamo in silenzio fino a uscire all’esterno, il cielo è ancora scuro, ma si preannuncia una giornata serena. Attraversiamo un piccolo giardino e ci troviamo davanti a due pacificatori, non sono abituata ai pacificatori, nel Quattro ce ne sono pochi, mi chiedono nome e Distretto e una volta registratami mi mandano verso l’hovercraft numero uno, ai piedi del quale sono costretta a salutare la mia stilista, lei ha quasi le lacrime agli occhi, mi abbraccia “Fatti valere, ce la puoi fare”

“Grazie per tutto Megan, davvero. Ringrazia anche Sierra”

“Ce la puoi fare” poi inizia a piangere e mi lascia andare.

Salgo la scaletta e mi fanno sedere in uno dei posti, tutti i tributi in un hovercraft solo non ci sarebbero mai stati quindi siamo divisi, ragazze su uno e ragazzi su un altro, comunque il nostro mezzo di trasporto è abbastanza grande per dodici persone, senza finestre e completamente grigio, tanto che tutto questo grigio fa risaltare le tenute arancioni, chissà perché questo colore tanto vistoso.

Sono seduta tra la ragazza del Tre e del Cinque, che cercano di stare il più possibile lontano da me, nemmeno avessi una malattia contagiosa, mi chiedo se la realtà non sia che hanno paura di me, ma è assurdità. Ci siamo quasi tutte, mancano solo le ragazze del Dieci e del Dodici, mentre le aspettiamo mi accorgo che esattamente di fronte a me è seduta la dodicenne del Distretto Sei e mi sta fissando, continua a fissarmi anche mentre la osservo a mia volta, non ha paura di me come sembrano avere le ragazze del Tre e del Cinque, sembra solo incuriosita, come se stesse cercando di capire con chi ha a che fare. Per avere solo dodici anni ha del fegato, non si è rassegnata ad essere spacciata, lo leggo nei suoi occhi.

Poco dopo partiamo e mentre ci dirigiamo verso la meta ignota, ci impiantano un localizzatore nel braccio che pizzica molto ed emette una vaga luminescenza, adesso non possiamo far altro che aspettare, aspettare e ancora aspettare.

Il viaggio sembra interminabile e sta trascorrendo del silenzio più assoluto, non è che mi aspettassi chissà che grande conversazione, ma mi sto annoiando, così cerco di sporgermi verso Keri al di là della ragazza del Tre, ma la cintura di sicurezza mi tiene premuta contro il sedile.
Sbuffo.
Questo gesto mi fa guadagnare delle occhiate ostili da parte delle ragazze che mi hanno udito, non è uno sbuffo di impazienza, non ho voglia di andare nell’Arena, è semplicemente insofferenza, non sono una ragazza particolarmente paziente.

Quando finalmente sento che l’hovercraft sta atterrando inizio a sentire l’adrenalina, con un po’ d’ansia, inizio a muovermi sul sedile guadagnandomi altre occhiatacce, ma perché le altre sembrano tutte delle statue di sale?  


Finalmente siamo a terra, ci fanno scendere in modo ordinato a distanza di sicurezza le une dalle altre, ci scortano così in un’enorme stanza e mi accorgo che il tetto si sta chiudendo, che fossimo sotto l’Arena? Era uno squarcio di cielo azzurro quello che ho intravisto?

Ci conducono lungo un corridoio, anch’esso completamente grigio e senza nessuna apertura, che mi fa sentire come una fiaccola al buio, il fatto di essere vestita di arancione ancora non mi va giù. Una volta percorso fino alla fine ognuna viene scortata da un pacificatore in una zona diversa, mi fanno entrare in una stanzetta, questa volta completamente bianca, in cui è presente solo una piattaforma circondata da un tubo trasparente.

“Quando senti il comando all’interfono entra e posizionati sulla pedana” detto ciò il pacificatore si gira e si posiziona davanti all’unica porta, deve controllare che non mi dia alla fuga?

Non ha specificato quanto tempo devo aspettare.
Sono agitata e penso a Dave. Sarà già arrivato? È anche lui di fronte a questo orrendo tubo trasparente? Kyran ha detto anche a lui di puntare agli zaini blu?

Faccio un attimo di riassunto mentale su quello che so e che potrebbe servirmi: Megan mi ha detto che l’Arena probabilmente sarà calda e umida, devo evitare il bagno di sangue, la prima cosa da fare è trovare l’acqua, poi un riparo. Ho deciso di allearmi con i tributi del Due, ma non ci siamo messi d’accordo su niente, spero di non essere infilzata con un pugnale se dovessimo trovarci uno di fronte all’altro, in realtà nemmeno abbiamo espresso ad alta voce la nostra alleanza. La cosa mi preoccupa vagamente.

“Tributi prendete posizione”

La voce mi fa sobbalzare e vedo che la pedana si solleva leggermente  e le ante del tubo si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina.

Prendo posizione.

“Cinque secondi rimanenti alla partenza”

Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.

Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.

Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.

Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.

È un paesaggio incredibile. 
A parte il cielo azzurrissimo, tutto è maledettamente verde.

Verde ovunque.
Il prato, i tronchi degli alberi, anche la luce sembra verdognola.

E adesso capisco perché siamo tutti vestiti di arancione, rende impossibile nascondersi.
Il punto cin cui ci troviamo è una piccola radura, siamo disposti in cerchio attorno alla cornucopia dorata, mi guardo attorno, ma Dave non c’è, non riesco a scorgere nemmeno Keri o Aiden … devono essere dall’altro lato della cornucopia, sulla quale campeggia il conto alla rovescia.

Trenta secondi…

Attorno a me tutto è verde. Come un esplosione di piante.

Ventinove.

Ma le piante sono enormi, le radici spuntano gigantesche dal terreno quasi creando un tappeto, senza contare che appare come una fittissima foresta che si estende tutt’attorno alla cornucopia.

Ventotto.

Se dovessi usare una delle parole che ho imparato per descrivere il territorio direi foresta pluviale e mangrovie. Inoltre fa davvero caldo.

Ventisette.

La cornucopia scintilla e vedo che ci sono zaini sparsi ovunque, un po’ di armi, alcune casse contenenti del cibo… sul lato alla mia destra vedo uno zaino blu appena fuori dal centro.

Ventisei.

So dove dirigermi, bene.

Venticinque.

Guardo la pedana su cui sono sospesa, si alza per più di mezzo metro dal suolo.

Ventiquattro.

Perché la pedana è così alta? Nelle scorse edizioni non era così, era appena un gradino. Qualcosa non va.

Ventitré.

Il terreno è regolare, piano e coperto di erba. Forse troppo piano. Non c’è nemmeno un sasso nei dintorni.

Ventidue.

Perché la pedana è così alta? Perché non ci sono sassi? Inizio a sentire il panico.

Ventuno.

Osservo bene gli oggetti sparsi fuori dalla cornucopia.

Venti.

Alcuni sembrano come… non lo so… troppo piccoli? Come se mancassero delle parti, come se fossero rotti.

Diciannove.

Poi capisco e trattengo il fiato.

Diciotto.

Non sono più piccoli, stanno sprofondando lentamente.

Diciassette.

Più sono lontani dalla cornucopia, più sono immersi nell’erba. Che a questo punto credo essere fango.

Sedici.

Abbiamo stivali alti impermeabili.

Quindici.

Appena saltati giù da mezzo metro di pedana, saremmo sprofondati come sassi.

Quattordici.

Devo scendere lentamente, ma una volta giù correre come se non ci fosse un domani. E forse davvero potrebbe non esserci. Devo muovermi alla svelta.

Tredici.

Devo dirigermi sulla destra, stando più all’esterno possibile, per raggiungere lo zaino blu.

Dodici.

Il mio obiettivo è appena diventato non morire affogata nel terreno. Bello.

Undici.

Poi devo infilarmi in quella foresta alla velocità della luce. Sempre se riesco a entrarci in quell’intrico di rami e radici.

Dieci.

I tributi che ho ai lati sono il ragazzo dell’Otto e il ragazzo del Sette. Ricordo che il ragazzo del Sette ha preso dieci alle Sessioni Private, devo tenerlo d’occhio.

Nove.

Però scommetto che il loro obbiettivo è lanciarsi nel bel mezzo della cornucopia. E se sono fortunata, non si sono accorti dell’insidia del terreno.

Otto.

Rimane ancora un grosso problema: il fatto che sono vestita di arancione.

Sette.

Mi chiudo la zip della giacca per coprire almeno la maglietta e inizio a sudare.

Sei.

Alzo anche il cappuccio per coprire i capelli biondi.

Cinque.

Scendere piano. Correre. Zaino. Correre.

Quattro.

Scendere piano. Correre. Zaino. Correre.

Tre.

Prendo un respiro profondo. Ce la posso fare.

Due.

Devo stare calma, niente crisi di nervi proprio ora.

Uno.

Bum.


Che i Noni Hunger Games abbiano inizio.
















 
 
 
 
 
  
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