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Autore: DaGio    05/02/2014    2 recensioni
"Molte sono le storie che narrano di leggendarie imprese, in mondi ed emisferi inesplorati, riguardanti città incantate e intere civiltà perdute. Nel continente di Beastarh, però, ce n'è una in particolare che sembra essere nota a tutti".
Questo fantasy non mira tanto all'utilizzo della magia, comparsa di creature o personaggi con abilità innate o doti soprannaturali. Si tratta invece di un libro contenente un storia in parte realistica in cui gli umani hanno un modo di pensare simile a quello delle persone che abitavano il mondo nel medioevo. E' un libro fantasy semplicemente perché la storia si svolge in un mondo inventato e le creature ed alcuni fatti narrati sono del tutto frutto dell'immaginazione. Una grande tematica è sicuramente quella riguardante la religione vista da punti di vista differenti ma ora sta al lettore comprendere appieno il significato che si cela all'interno del racconto.
Genere: Fantasy, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 6 - La Marcia –


Irda Giada Tenbri stava avanzando lentamente lungo un portico, avvolta da un abito lungo di seta roseo e bianco che arrivava fino al pavimento, sporcandosi di foglie secche, terriccio e polvere. C'era molto freddo e una leggera nebbia sembrava rendere l'atmosfera ancora più inquietante, mentre la strana quiete che avvolgeva quel cortile sembrava rendere la ragazza irrequieta. Una volta giunta di fronte a uno specchio, le sembrò di vedere come un'altra persona in quell'immagine riflessa e mano a mano che si avvicinava, ne aveva sempre più la certezza. Gli abiti ed i lunghi capelli castano chiari erano indubbiamente i suoi ma passo dopo passo si accorgeva di vedere un viso sempre più diverso, fino a quando decise di accelerare il passo, notando che gli occhi della sua immagine riflessa cominciarono a decomporsi lentamente e la bocca prese ad aprirsi e chiudersi convulsamente, fino a formare un ampio sorriso. Irda Giada corse e corse fino a quando si fermò, presa dai brividi causati dal freddo ma ancor di più dalla paura. Ad un tratto l'immagine riflessa scomparve e per un attimo sembrò che un fantasma avesse attraversato da lato a lato il vetro dello specchio. La ragazza mise le braccia conserte per cercare di tenersi più caldo, cosa che non funzionò affatto, poi indietreggiò di qualche passo, notando che se nemmeno la sua immagine veniva riflessa più, doveva essere accaduto qualcosa di ancora più agghiacciante. Ad un tratto, mentre faceva qualche passo indietro, le sembrò di schiacciare un altro piede e s'irrigidì di colpo.
Si trattava di qualcosa di vivo, forse, che per un attimo le sfiorò la schiena, facendola rabbrividire. Sentiva il suo respiro, la sua presenza.
Irda non aveva il coraggio di voltarsi per guardare quale ostacolo ci fosse, non ce n'era bisogno perché credeva di saperlo già.
Lo fece ugualmente, dopo essere avanzata di qualche passo.
"Aaaaah!" gridò la ragazza, vedendo l'immagine di prima camminare verso di lei, priva di una forma vera e propria, indossando i suoi stessi vestiti.
Irda si girò ancora chiudendo gli occhi, forse per il timore di vivere quella che si presentava come una morte orribile e angosciante.
Nessuna strana creatura però fece del male alla ragazza, mentre un'altra presenza apparve dal nulla, all'improvviso, come per incanto.
"Puoi darmi la mano?" le chiese una voce che sembrava pura.
Giada socchiuse gli occhi, poi li riaprì del tutto all'improvviso, trovandosi davanti un ragazzo piuttosto alto che brandiva una spada, in piedi al posto del fantasma di prima.
"Chi sei?" domandò la ragazza.
"Puoi fidarti, mi chiamo Dave".
I due si avviarono verso un piccolo tempio, dove una statua piuttosto grande, alta circa due metri, sembrava vegliare sul posto con sguardo severo. Si trattava del busto di Mindael, la divinità dalle sembianze di un drago, una figura religiosa legata molto alla natura, secondo gli enneareliani. Pareva quasi una creatura dormiente, pronta a risvegliarsi da un momento all'altro per impedire a intrusi di profanare quel luogo sacro.
"Dove ci stiamo recando?" chiese la ragazza guardandosi attorno.
"Non lo so nemmeno io di preciso. Mindael mi ha guidato fin qua, dove ho incontrato te e il tuo fantasma" rispose il ragazzo dall'aria imperturbabile.
"Di che cosa si tratta? Cos'era quello spettro?" domandò ancora Irda.
"Ah se non lo sai tu... comunque nulla di buono, presumo. L'importante è che sia svanito".
Dopo pochi istanti i ragazzi entrarono nel piccolo edificio, quasi vuoto e spoglio; privo di qualsiasi decoro o riferimento religioso, se non un piccolo santuario composto da una grande lastra in marmo sopra la quale era presente una statuetta e diverse incisioni che formavano scritte e disegni apparentemente astratti, privi di significato. Una candela spenta e completamente integra, mai utilizzata, era posta al centro della lastra.
"Sembra quasi che rappresentino una grande luce e diverse battaglie in sequenza..." disse Dave provando ad interpretare quelle incisioni.
Intanto la ragazza continuava ad osservare stupita l'interno del tempio, retto da cinque colonne bianche sulla destra e altrettante leggermente più scure a sinistra. Si domandava ancora in quale strano sogno o incubo fosse capitata e per quale motivo, nonostante si sentisse più al sicuro da quando il ragazzo l'aveva trovata, salvandola dal suo stesso fantasma, però lui chi era esattamente? Capelli castani e occhi del medesimo colore, un viso ben curato e senza barba ma una leggera marcatura dei corti baffi che si univano a quell'accenno di pizzetto sul mento, sotto alle labbra carnose.
"Ehi, forse ho capito di cosa si tratta! Ascolta: sembrerebbe raffigurare la storia del mondo dalla creazione fino ad ora! Guarda, alla fine puoi anche notare la guerra e..." fece Dave, indicando diversi punti sulla lastra, quando ad un tratto si interruppe, come sconcertato.
"Cosa c'è?" chiese la ragazza quasi spaventata.
"Ma questo è il futuro..." mormorò il ragazzo con irrequietezza.
Le incisioni formavano strane figure, illustrando passo dopo passo come la guerra sarebbe proseguita, spostandosi da sud a tutto il centro e il nord di Ennearel, dove comparivano scritte e nomi come Darren, Fendaron o Temphol, affiancati da piccole spirali, simboli che solitamente venivano utilizzati per indicare il passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti.
"Non è possibile! Vuol forse indicare la guerra tra feudi? Qui a Ennearel?!" esclamò indietreggiando.
"Ma c'è scritto anche il nome di mio zio!" disse Irda Giada, scossa.
Poi un grande vortice prese a risucchiare ogni cosa, fuori e dentro il tempio, dalla statua di Mindael alle colonne che reggevano la struttura stessa, poi anche la lastra e la candela.
"Tuo zio? Presto, dimmi come ti chiami, chi sei?" gridò Dave assordato dal frastuono provocato dal vortice.
"Io sono Irda Giada Tenbri!" rispose lei tentando di resistere alla forza del vento che la strappava da terra.
"Dave Lubers!" rispose l'altro, cercando di tendere una mano alla ragazza per non separarsi.
Due urla si mescolarono quando tutto sparì dentro a quell'enorme varco che si era aperto proprio sopra di loro. I due non erano riusciti a rimanere uniti ma forse avrebbero creduto a quella visione, una volta svegli e pienamente coscienti. Il problema stava nel riuscire ad accettare tutto ciò e nel tentare di spiegarlo ai propri familiari.

Quello stesso giorno il capitano Rart Tenbri si era messo in marcia insieme al cugino Rion, Jirk Lubers e al cavaliere Derath, con la scorta di nove prodi capeggiati da Norren in persona, nel tentativo di rendere il viaggio più sicuro possibile. Non sarebbe stato facile di certo riuscire a raggiungere Foraz-Dor senza incombere in qualche minaccia, però dovevano sperare di agire meglio dei loro nemici, anche se i reietti presenti in zona non potevano proprio dirsi prevedibili ed evitare le strade per paura di incrociare i Pemry poteva significare andare incontro ai briganti o peggio.
"Cerchiamo di mantenere costante questa velocità, così raggiungeremo Foraz-Dor entro due giorni!" esclamò Rart, contando su uno strano e forse insolito ottimismo, cosa non da lui. Forse credeva davvero di potercela fare in così poco tempo: dopotutto si trattava di un piccolo gruppo di soldati e non di un intero contingente come quello guidato la prima volta all'andata; oppure diceva così solo nel tentativo di far crescere la speranza nelle truppe? Ma in fondo non serviva nessun incoraggiamento, nessuna frase colma di ottimismo, per infondere coraggio e fiducia nell'animo dei prodi che lo seguivano, perché loro avevano lo scopo di combattere per la loro città e per i Tenbri, essendo in origine parte del nobile feudo. Quei cavalieri, quei soldati dall'atteggiamento quasi passivo e dallo sguardo torvo, vivevano al Vallo, un luogo creato per la difesa della casata da tutti i nemici e oppositori, quindi erano nati per resistere fino alla morte per fare in modo che nessuno giungesse con intenzioni ostili sino alla capitale del feudo. Ora che gli avversari si trovavano dalla parte opposta, non potevano di certo ignorare quella minaccia, anche se la priorità, per i prodi, era sempre quella di rimanere al Vallo e lì resistervi.
Il capitano non avrebbe potuto chiedere di meglio e ora che il cugino aveva finalmente rimosso ogni segno di rancore e gelosia nei suoi confronti, sapeva di essere circondato da uomini fidati, forse proprio per questo motivo era arrivato al punto di dichiarare così tanto ottimismo.
"Si, arriveremo presto, tutti" aggiunse poi.
Cinque ore. Cinque lunghissime ore di marcia passarono in attesa di qualche minaccia, mostrandosi guardinghi verso qualsiasi rumore proveniente da infondo la strada; dietro agli alberi o sul fianco di una collina. Sempre più spesso capitava che balenassero nella testa del capitano idee come quella di proseguire la via camminando lontani dal sentiero principale, dove si sarebbero potuti aspettare un'agguato. Non che fosse una grande pensata ma il viaggiare in mezzo alla strada come aveva fatto all'andata non gli sembrava una trovata lodevole: forse avrebbero dovuto accorciare la via passando per i boschi. Il problema però era la presenza certa di reietti sul vasto territorio a soli quattro chilometri dal Lago dei Gyrri, per non parlare della costante presenza di lupi férali nell'intero feudo.
"Signori, proseguiremo per una via alternativa che non sia il sentiero" ordinò comunque Rart.
"Ehi ma che dici?!" si affrettò a domandare il cugino, il quale sapeva benissimo cosa si celava in quei boschi.
"Sempre meglio i reietti disorganizzati e morti di fame, che un battaglione disciplinato e bene armato dei Pemry" rispose il capitano.
Derath sembrava non essere molto d'accordo, Norren non disse una parola così come il resto dei prodi, mentre un vento forte cominciò a spirare, facendo frusciare rumorosamente le foglie dei cespugli e sui rami degli alberi.
Il sole stava cominciando il suo declivio che indicava la prevalenza sempre maggiore delle tenebre, nonché il tramonto stesso, momento dal quale cominciava la cautela più assoluta per via dei branchi di lupi che si aggiravano in cerca di possibili prede.
Quando il vento cessò, un rumore molto più innaturale, metallico e quasi impercettibile, riuscì ad essere captato da uno dei prodi.
"Ehi, lo avete sentito anche voi?" chiese il soldato della scorta.
Dopo aver ascoltato l'uomo, tutti gli altri tentarono di aguzzare l'udito in cerca di qualche suono.
"No. Il vento ha solo smesso di soffiare ma..." replicò un altro soldato, non facendo in tempo a concludere la frase, però, che una freccia lo colpì al braccio sinistro.
Immediatamente i cavalieri e le guardie si misero in guardia formando un cerchio, quindi chi possedeva uno scudo si affrettò ad impugnarlo.
Subito dopo una banda composta da circa una ventina di uomini armati si parò davanti e attorno alle vittime dell'imboscata, emettendo grida e versi volti a terrorizzare.
"Briganti!" esclamò Rart cingendosi ad afferrare il piccolo scudo da dietro la schiena.
Non sembravano una minaccia così temibile e soprattutto erano composti da vecchi o da persone in pessime condizioni, dalla barba grigia o nera molto folta e incurata, così come il resto del corpo a partire dagli stracci indossati.
"Svestitevi e gettate a suolo ogni cosa!" doveva aver urlato un vecchio biascicando non poco le parole.
"Che facciamo? Questi qui non accetteranno accordi e la diplomazia non farebbe altro che ritardare il nostro arrivo per Foraz-Dor" bisbigliò Rion rivolto al cugino, mantenendosi in guardia.
"Sempre di fretta tu eh?" rispose Rart asciugandosi le guance dal sudore, provocato dalla camminata sotto il sole... e forse anche dallo spavento iniziale.
"Penso di dover concordare. Non abbiamo tempo!" aggiunse Norren sottovoce.
Il capitano diede uno sguardo anche all'amico e pareva che non ci fosse altra scelta, quindi fece un cenno col capo per indicare il consenso all'azione di contrattacco.
Derath si fece coraggio e diede inizio allo scontro vero e proprio, quindi lanciò un pugnale contro uno degli assalitori, colpendolo però con il manico e senza procurargli danni fatali. Quella mossa era stata fatta per distrarre gli avversari che si erano concentrati sul giovane cavaliere, mentre quest'ultimo si lanciò di corsa verso i nemici, gridando a squarciagola.
Nel frattempo Rion aveva scagliato un piccolo giavellotto contro uno dei briganti, trapassandogli il petto e spingendolo addosso ad altri uomini.
Gli aggressori reagirono ma da com'era incominciato il combattimento non potevano certo dirsi in vantaggio e quando anche tutti gli altri soldati e cavalieri presero a caricare gli avversari, comandati abilmente da Rart e Norren, sembrò quasi che non ci fossero speranze per i briganti che iniziarono a retrocedere inesorabilmente, fino ad essere costretti alla fuga senza aver inferto un solo colpo fatale al gruppo meglio addestrato ed equipaggiato. Rart combatteva contro due uomini mettendoli seriamente in difficoltà, quando uno di questi tentò un fendente dall'alto ma il capitano lo deviò spazzando via la spada con un calcio, poi roteò su sé stesso per usufruire del movimento causato dal calcio e tagliò lo stomaco al nemico, mentre l'altro voleva approfittare del momento ma si mostrò decisamente troppo lento.
Rart parò un affondo esageratamente mal fatto e con lo scudo spinse giù da un tronco anche quel brigante. Norr stava agendo quasi d'impeto, lanciandosi da un'avversario all'altro e mettendoli a terra a pugni, gomitate e calci, anche se nessun soldato qualunque avrebbe potuto mai sperare di avere la meglio su tutti quegli uomini solo con la ferocia e l'impeto ma il prode poteva dirsi sufficientemente esperto e agile da poterselo permettere. Ciò che li metteva in difficoltà erano, invece, quei pochi arcieri che si spostavano di continuo e scagliavano quante più frecce possibili. Lo scontro non durò molto in ogni caso, perché due prodi armati di arco avevano provveduto ad eliminare anche quegli arcieri che tanto li infastidivano e rischiavano di colpirli nonostante la scarsa mira. Rart aveva cominciato a inseguire uno degli avversari armato di ascia ma non si era accorto che un brigante lo stava prendendo di mira e con ogni probabilità avrebbe centrato il bersaglio, se Norren non si fosse messo in mezzo deviando la freccia che comunque si conficcò tra le costole dell'uomo, seppur entrando di poco nella carne. Il prode gemette e si estrasse da solo il dardo dal corpo, spezzandolo e gettandolo a terra con vigore, mentre il capitano dei Tenbri aveva assistito sconcertato alla scena. Quell'arciere morì un attimo dopo, trafitto da una lancia da dietro la schiena fino a uscire dal petto. Era stato Rion che si era lanciato all'inseguimento dei briganti, ormai in fuga.
"Restate uniti! Rimaniamo uniti qui, non inseguiteli!" ordinò Rart.
Il primo attacco del loro viaggio dal Vallo si era concluso più che bene, considerando lo svantaggio numerico del gruppo capeggiato dal capitano, inoltre non avevano subito perdite mentre gli aggressori erano stati più che decimati. Ora regnava la quiete lungo il sentiero e si decise di riprendere la marcia, nonostante Rart volesse constatare la gravità della ferita inferta all'amico Norr, il quale si mostrò troppo orgoglioso per farsi medicare per bene da qualcuno.
Ma le cose erano destinate a peggiorare presto e notevolmente, poiché il cielo si stava oscurando e l'aria si era fatta più gelida e pungente: tutte condizioni non proprio favorevoli a quei guerrieri, sopratutto per i due prodi feriti da lame troppo scure e viscide per essere solo sporche.
Si era fatta sera ormai, quando il prode colpito al braccio sembrò sentirsi mancare il fiato e si accasciò a terra con un tonfo.
"Ehi! Che ti succede?! Capitano Rart aiuto!" gridò Derath che stava viaggiando proprio affianco all'uomo svenuto.
Rart accorse subito allarmato, così come il resto dei soldati che avevano immediatamente formato un cerchio intorno all'infortunato, il quale sembrava stesse sudando e aveva un colorito paonazzo sulle palpebre e rossiccio sulle guance. Come se non bastasse aveva cominciato a nevicare intensamente e un freddo vento iniziò a soffiare e urlare tra gli alberi del posto, distante circa un chilometro dal sentiero principale.
"Non conosco questi sintomi. Parrebbe quasi una sorta di febbre ma è strano che abbia colpito così all'improvviso" commentò il capitano.
"Fino a un attimo fa camminava normalmente..."aggiunse Derath con tono preoccupato.
Ad un tratto anche un'altra voce gridò aiuto, poco più avanti dove era rimasto il comandante dei prodi.
"Oh no..." mormorò Rart disperato.
L'amico Norren era a terra e pareva muovere appena la testa ma le palpebre erano completamente chiuse e ogni tanto dava un colpo di tosse molto forte. Il capitano sospettava già cosa potesse essere accaduto ai due uomini e dall'espressione del suo viso non pareva si trattasse di una faccenda da poco.
"Cosa gli è capitato?!" domandò il ragazzo, disperato.
"Dobbiamo subito fermarci e allestire un accampamento, presto!" ordinò il capitano.
"Ma non siamo ancora in un luogo sicuro. C'è il rischio che..." replicò un prode, venendo poi interrotto.
"Il rischio era contemplato fin dall'inizio ma la morte di due dei nostri diverrà una certezza se non provvediamo all'istante!" esclamò Rart, mentre il vento gelido cominciava a soffiare con sempre più forza tra loro.
I cavalieri annuirono dopo qualche attimo di perplessità, poi cominciarono a darsi da fare e prepararono lo scarso materiale per la realizzazione di un piccolo accampamento. La neve era ormai ovunque, per terra, sugli alberi e negli indumenti di quei pochi uomini che si affrettavano a preparare la postazione al riparo di eventuali minacce. Norren era un tipo ostico e questo il capitano lo sapeva bene ma ciò che lo aveva colpito era ben più temibile di una semplice freccia.
"Di cosa si tratta?" chiese Derath avvicinandosi di più al comandante.
"È stato avvelenato, così come è successo all'altro prode" rispose Rart in tono sconsolato.
La giornata si concluse in quel modo e le tenebre inghiottirono ogni cosa col calare della notte, mentre il freddo aumentava ed il vento urlava tra gli alberi. Solo un piccolo braciere lasciava spazio a un po' di luce e calore, attorno al quale si erano riuniti gli uomini della spedizione per raggiungere la città dei Tenbri.
I due malati si trovavano all'interno di una tenda vicina al falò che li riscaldava quanto più possibile. Il capitano si guardava attorno, contemplando quello che poteva definirsi un paesaggio superbo, nonostante la situazione in cui si trovavano lo rendesse un luogo pericoloso. La neve candida splendeva sotto la luce lunare, tanto da allontanare l'oscurità e portando uno stato di quiete generale nell'aria, mentre i pochi fiocchi di neve fluttuavano più lentamente rispetto a qualche minuto prima, posandosi delicatamente sul suolo già innevato. Sembrava che ogni cosa nella foresta si muovesse a rallentatore, apparendo magicamente affascinante sotto gli occhi dell'uomo.
Solo un fruscio appena percettibile fece allarmare Rart, suscitando in lui un stato d'ansia considerevole.
D'un tratto un muso apparve in mezzo al fogliame secco, a una ventina di metri dal capitano, mostrando occhi giallognoli con sfumature marroni chiaro.
"Un férale..." bisbigliò l'uomo.
L'animale non si mosse, fissando dritto negli occhi l'umano che aveva di fronte, scrutandolo come per cercare di comprenderne le intenzioni. Dal canto suo, Rart sembrava meravigliato dall'atteggiamento di quel lupo che aveva la pelliccia di colori e sfumature differenti: blu scuro sulla schiena che andava a schiarirsi lungo i fianchi e bianco sull'addome e sulle zampe che si confondevano con la neve. Pareva quasi che quella bestia facesse parte del terreno proprio per via di quelle zampe bianche. La coda non si riusciva ad intravvedere, poiché nascosta dietro i rami, però doveva essere scura almeno quanto i fianchi perché se fosse stata chiara, il capitano l'avrebbe certamente notata almeno parzialmente. Il lupo non avanzò né si decise ad arretrare, fino a quando una voce chiamò l'umano, portando l'animale a scomparire tra gli alberi, per istinto.
"Capitano, capitano! Accorri immediatamente! I feriti si stanno aggravando"
Quando Rart giunse dentro la tenda del prode ferito alla spalla dalla freccia avvelenata, dovette trattenere a forza un conato di vomito per via del tanfo e di ciò che vedeva.
Il malato aveva la bava alla bocca e doveva aver rigettato tutto ciò che aveva nello stomaco e anche più, a giudicare dalla saliva che rivestiva la pelliccia sopra la quale si trovava sdraiato. "Ha cominciato a tremare pochi secondi fa e ora ha smesso. Deve essergli venuta una terribile febbre che ha peggiorato la situazione. Siamo disperati!" ansimò Rion con il viso stravolto e colante di sudore.
"Ora vai a riposarti, prima che venga anche a te la febbre. Qui ci penso io" rispose il cugino avvicinandosi al ferito.
"Norren sembra essere stabile. Non ha dato segni di cedimento però continua a tremare lievemente" aggiunse Rion, informando il capitano riguardo lo stato di salute del prode cui si era affezionato.
"È normale che tremi. Fa freddo..."
La risposta che Rart pensava realmente era ben più drammatica e sconfortante rispetto a quella che aveva dato realmente al cugino, però non poteva rassegnarsi e perdere la speranza così facilmente. Dopo tutto ne avevano passate tante e l'avevano sempre spuntata, quindi avrebbero continuato ad andare avanti con tutte le loro forze fino a quando la meta fosse stata raggiunta.
Il tempo trascorse e anche quella giornata giunse al termine, portando i cavalieri ad assopirsi per via della stanchezza e del viaggio che aveva prosciugato loro le forze. Quando il capitano si destò a causa del freddo, vide che il tempo era notevolmente migliorato ma una triste sorpresa lo aspettava, perché il soldato ferito era morto per via del veleno e della febbre causata da freddo, che ne faceva un cadavere rigido e dalla colorazione bluastra.
"No..." mormorò Rart.
Quando anche gli altri soldati arrivarono sul posto, non gli rimase che decidere di seppellirlo lì vicino.
Non si trattò di una cerimonia funebre lunga e particolarmente commovente ma sicuramente poteva dirsi molto significativa, così come il breve discorso del capitano dei Tenbri.
"Non farò un lungo discorso, perché non conoscevo bene quel prode. Posso dire però di sapere chi era in realtà. Non si trattava di un soldato qualunque, di una persona priva di valori o di un mercenario"
Tutti i presenti ascoltavano affranti quelle parole, sapendo che anche loro sarebbero potuti finire così da un momento all'altro ma quando l'uomo proseguì il discorso, qualcosa cambiò, anche se di poco, nei loro volti.
"Posso dire, con certezza..." continuò Rart alzando la voce, "...che non era una persona malvagia, perché se ha scelto di partecipare a questa impresa e se ha dato la sua stessa vita per condurci a Foraz-Dor; se ha combattuto con coraggio e onore, con tenacia e possanza, come un vero prode, lo ha fatto perché aveva un cuore puro! Perché ha preferito lottare per quel poco di bene che ancora è rimasto su questo mondo! Ha visto un nitido barlume di vittoria, di pace e di gioia nella svolta della nostra missione! Che Mindael e Astorx possano tendergli le mani e accoglierlo con bontà nella terra infinita delle divinità! Che possano proteggerci perché il suo sacrificio non sia stato vano!"
Fu così, con quelle parole che lui stesso avrebbe considerato ridicole, che riuscì a rinvigorire tutti i cavalieri e sé stesso, non sapendo bene dove avesse trovato frasi del genere così all'improvviso.
Il gruppo di prodi non si sarebbe certo scoraggiato facilmente in ogni caso, proprio perché loro stessi avevano un carattere generalmente forte e imperturbabile, che faceva di loro ottimi guerrieri in grado di affrontare pericoli e insidie senza arretrare o arrendersi con facilità. Non per tutti era così, naturalmente, trattandosi comunque di qualche centinaio di individui e alcuni potevano ritenersi diversi ma i soldati scelti da Norren erano sicuramente i migliori.
Il comandante ferito, intanto, stava lottando strenuamente contro la morte, nonostante i segni di miglioramento fossero ancora del tutto impercettibili, nel caso ve ne fossero. Un'altra giornata stava passando e tutti loro erano bloccati in quel punto della foresta.
Rart si recò nella tenda dove era stato coricato Norren, tanto per verificare in che condizioni fosse ma il colore della pelle e le gocce di sudore presenti sul volto dell'uomo, non potevano dirsi certo sintomi di guarigione e il capitano cominciava a pensare di dover riprendere il viaggio a tutti i costi, perché quel posto era troppo pericoloso per restarvi. Fu così che dopo pranzo il gruppo di uomini smontò le tende e occultò tutte le possibili tracce lasciate nella zona dov'erano accampati, poiché il nemico poteva essere ovunque e Rart avrebbe preferito evitare scontri inutili.
"Derath, portarmi il cavallo!" ordinò al cavaliere che stava aiutando Rion a sotterrare i tizzoni ardenti di un braciere.
"Ehi!" si lamentò il cugino, vedendo andar via l'aiutante.
Ecco però che il vento cominciò a spirare più forte d'un tratto e fiocchi di neve si mescolarono all'aria gelida che sembrava soffiare in più direzioni e dopo pochi istanti si decise a prendere un unico verso. Era una bufera di neve che si dirigeva a ovest.
Un evento più unico che raro in quella zona boscosa e Rart pensò che dovevano essere proprio sfortunati per capitare in un momento simile.
"Jirk, dì ai prodi che dobbiamo sbrigarci!" gridò l'uomo per farsi sentire.
Il vento sopprimeva molti rumori e tra questi vi erano anche quelli di rami spezzati, foglie secche calpestate e un rumore metallico simile a quello provocato da pezzi di ferro arrugginito.
Una moltitudine di voci e grida coperte dal vento giunsero miracolosamente fino alle orecchie del capitano che decise di andare a controllare, estraendo la spada per sicurezza, nonostante l'arma fosse incastrata al fodero per via del freddo che l'aveva congelata.
In lontananza, seminascosti dalla bufera, si intravedevano quattro prodi isolati combattere disperatamente contro degli esseri scheletrici e pallidi. Uno dei soldati venne trafitto alla schiena da un pugnale seghettato e stramazzò a terra agonizzante.
"Diamine!" imprecò Rart, accorrendo sul posto, "allarme! Serve aiuto, ci attaccano!" gridò con voce colma di rabbia e disperazione. Con la fronte aggrottata e lo sguardo che incuteva timore, l'uomo avanzò a passo deciso, pensando solo a farla finita con tutte quelle perdite che stavano subendo. Basta, doveva fare qualcosa e fra sé e sé giurava vendetta per ogni soldato colpito. Scattò la furia dentro lui, accecato dalla rabbia e allora non ci fu più nulla cui pensare.
I reietti che aveva di fronte esitarono per qualche secondo ad attaccare, cosa assolutamente strana per degli esseri assetati di sangue e famelici quali erano. Un falcetto a mezza luna roteò verso il capitano, lanciato da uno degli assalitori, ma Rart lo deviò con la spada senza alcuna difficoltà.
Nel frattempo anche Rion, Derath e Jirk avevano sentito le urla e si affrettarono a giungere sul campo di battaglia, dove videro sconcertati il massacro che il capitano aveva iniziato, aiutato da tre prodi.
Rart avanzava e si faceva largo tra la miriade di reietti che spaventati vedevano in quella figura una sorta di demone, il quale li avrebbe massacrati senza pietà. Un fendente ne trapassò due in una volta, poi un calcio dritto sulle costole più deboli, spezzandole ad un altro nemico che venne soppresso definitivamente con un pugnale conficcato nell'occhio destro e poi in bocca.
I nemici erano moltissimi e tentennavano ad attaccare, perché si erano resi conto dell'abilità dell'avversario, molto più abile. Dal canto suo, il capitano cominciava ad essere stanco e tutta quella rabbia e quella tenacia si stavano man mano affievolendo, rallentandolo nei movimenti.
I rinforzi si affrettarono ad affiancare il loro comandante, rendendo più semplice e veloce la decisione che i reietti stavano valutando da tempo: una ritirata.
La cinquantina di nemici era in fuga, anche se sarebbero tornati più tardi, poiché il vento spirava proprio dalla direzione opposta e gettarsi nel vertice della bufera non era tra i loro interessi più ambiti.
"Allontaniamoci in fretta!" gridò Rion.
"No! Uccidiamoli tutti!!" replicò Rart senza ragionare.
Era evidente che tutti quegli avvenimenti lo avevano portato al delirio e proprio in un momento delicato come quello.
"Dobbiamo sfruttare la situazione a nostro vantaggio! Il vento ci spinge proprio sul sentiero per Foraz-Dor!" aggiunse Derath, trattenendo il capitano che aveva preso a menar colpi di spada al vento, non rendendosi conto che il nemico era già scappato da un pezzo.
I prodi avevano già sistemato le sacche di viveri rimasti ed il resto dell'equipaggiamento, quindi si misero subito in marcia non appena ricevettero l'ordine di muoversi sul passo per la roccaforte dei Tenbri. I guerrieri di Norren ancora in grado di combattere erano rimasti in sette.
Il piccolo gruppo, sempre più ristretto, continuava ad avanzare nella speranza di giungere a Foraz-Dor in tempo ma le probabilità di arrivarci diminuivano ogni giorno sempre più e il cibo cominciava a scarseggiare, mentre le condizioni igienico-sanitarie peggioravano vistosamente, senza contare il freddo che divorava i loro corpi facendoli rallentare di molto. I cavalli sarebbero stati i prossimi a cadere se non avessero trovato riparo entro quella notte.
Dopo quattro ore di marcia ininterrotta, il cielo prese già ad oscurarsi e il gelo si intensificò fino a raggiungere livelli insopportabili.
"Al... allora? Perché siamo sul sentiero principale?" domandò Rart con voce rauca, battendo poi qualche colpo di tosse.
Nessuno gli rispose, o forse era lui a non aver sentito la risposta poiché ancora stordito, così provò a riformulare la domanda con più convinzione.
"Si può sapere che diamine ci facciamo qui noi? Il sentiero non è sicuro! Cosa ci faccio io qui?!" sbraitò l'uomo in un crescendo di tono, alzando la voce così tanto da far imbizzarrire il cavallo che s'impennò bruscamente.
"Woooh buono bello!" gridò il capitano, rintontito.
Ad un tratto, ecco che Rart udì delle voci familiari: si trattava di Jirk ma si aggiunsero anche Rion e Derath, finendo col mescolarsi in un unico schiamazzo che prese a vorticare incomprensibile nella mente del capitano, il quale si accorse a malapena che stava inevitabilmente andando contro una perdita di coscienza.
Poco dopo, quando riaprì entrambi gli occhi, l'uomo riuscì a distinguere subito le figure che lo circondavano.
"Buon giorno capitano Rart" lo salutò Derath, provando a mostrare un leggero sorriso.
Il ragazzo sembrava dondolare davanti a lui, come qualsiasi altra cosa in effetti, poiché i cavalli erano ancora vivi e l'uomo si trovava proprio sul dorso di uno di essi.
"Ho fame" mormorò.
Il ragazzo si affrettò a porgergli una ciotola con della carne bollita in un brodino di verdure e spezie.
"Sapevo che avresti voluto mangiare qualcosa e così ti ho preparato questo"
Dopo aver dato un morso allo spezzatino il capitano si rese subito conto che era davvero troppo gustoso per essere semplice carne di maiale speziata come quella che conservavano da giorni ormai e si trascinavano in un sacco di cuoio.
"Derath ma questa..." disse l'uomo con un filo di voce, ancora confuso e senza riuscire a concludere la frase, che il ragazzo lo precedette.
"Vuoi prima la notizia buona o quella cattiva?"
"I cavalli?"
"Esatto, tranne il mio, il tuo e quelli di tuo cugino e del principe Jirk. I prodi volevano mangiare di più per non farsi trovare deboli e affamati di fronte ad altre minacce".
Rart aveva mal di testa ed era preoccupato già per troppe cose e l'uccisione dei cavalli li avrebbe anche rallentati. La città distava ancora diversi chilometri ed il sentiero che percorrevano era troppo pericoloso, senza contare che era mattina e ciò significava che dopo essere svenuto, il capitano aveva passato la notte a dormire ancora incosciente, mentre Norren era ancora in gravi condizioni. L'unica cosa positiva pareva essere la fine della tormenta di neve, cessata durante la nottata.
"Ora vuoi sentire la buona notizia?"gli domandò Derath apparentemente allegro.
"Più cibo per tutti?" azzardò Rart indifferente.
"Non solo! Norren sta migliorando visibilmente!" annunciò il ragazzo ridacchiando.
Il capitano tirò un sospiro di sollievo. Almeno una buona notizia che avrebbe significato molto: un combattente in più; maggiore velocità; nessun ferito cui prestare attenzioni e forse più probabilità di giungere vivi a Foraz-Dor. Sicuramente i guai non erano scomparsi ma il giorno dopo sarebbero giunti sicuramente a destinazione, probabilmente verso sera.
Il sole li sovrastava pallido nel cielo, troppo debole per riuscire a scaldare l'atmosfera del gelido inverno che si affacciava lungo tutta Ennearel, dove la neve aveva ormai ricoperto gran parte del terreno.
Strano quanto il destino potesse rivelare ancora sorprese a quel pugno di uomini in cerca di salvezza, perché effettivamente la sventura non aveva finito di perseguirli. Non ancora. Un fischiettìo e il nitrito di più cavalli misero subito in allerta la dozzina di cavalieri e soldati che fiutarono immediatamente l'inconfondibile odore di pericolo. Il capitano fece subito cenno di silenzio con l'indice e diede a bassa voce l'ordine di ritirarsi verso il lato destro del bosco, poiché gli eventuali aggressori facevano rumore proprio sul tratto di curva dove conduceva la via principale.
"Eccoli! Abbiamo trovato i Tenbri!" gridò una voce proveniente dalla sommità di un grosso albero nel bosco.
Non c'era altra scelta, Rart avrebbe forzato il blocco a qualunque costo, anche perché ormai non avevano più molte alternative, senza contare che c'erano ancora i reietti sulle loro tracce e presto li avrebbero raggiunti chiudendogli la strada del tutto.
"Attenzione! Sono armati di balestre quindi tenetevi pronti con gli scudi!" urlò il capitano, facendo la conta degli avversari di fronte a lui. Anche dal lato opposto del sentiero giungevano dardi ma si trattava solo di un paio di uomini. I prodi caricarono verso i soldati nemici che si preparavano a riceverli. Inaspettatamente il gruppo di fuggiaschi riuscì ad eludere con facilità e senza perdite il posto di blocco. Forse la sfortuna era passata dalla parte opposta.
Una volta superati quei soldati dalle insegne dei Pemry, i cavalieri Tenbri e prodi giunsero davanti ad un altro convoglio ben diverso. Sopra i carri e legate alle aste degli uomini armati, infatti, sventolava il vessillo del casato Tenbri.
Rart non riusciva a comprendere come fosse possibile che si fossero imbattuti in ben due blocchi di fazioni opposte, a distanza di solo un centinaio di metri gli uni dagli altri.
"Woh" fece il capitano, arrestando il cavallo e facendo gesto con la mano di fermarsi.
"Mio signore! Mio signore sei davvero tu? Non ci aspettavamo di vederti proprio qui. Non immagini quanti gravi problemi mettono a rischio l'incolumità vostra e del feudo intero" annunciò uno dei soldati del convoglio, inchinandosi per salutare il capitano.
"Che cosa ci fate qui? Avete visto che ci sono dei Pemry lungo il sentiero?" domandò Rart aggrottando la fronte.
"Ma capitano, gli uomini di cui parlate dovrebbero distare centinaia di miglia da qui, se non vado errato" rispose l'uomo con aria innocente.
Il capitano però notò dopo qualche minuto che qualcosa non andava affatto bene e soprattutto le uniformi di quei soldati non lo convincevano. Pareva quasi che fossero bucate in alcuni punti e fin troppo logorate; perfino sporche di sangue in zone che stavano a coprire organi vitali. Anche Rion e gli altri avvertivano la stessa sensazione di Rart, il quale non era certo che si trattasse di un inganno ma per sicurezza portò lo scudo a coprirgli ben bene il busto, mentre aggirava lentamente il convoglio mantenendo una distanza quasi esagerata.
"Mio signore, non ti sentì bene? Sembri preoccupato" gli rivolse la parola un soldato armato di ascia.
"Fateci largo! Vi ordino di restare qui per impedire ai Pemry di raggiungerci! Dobbiamo arrivare a Foraz-Dor il prima possibile".
Gli uomini non reagivano e pareva fossero rimasti indifferenti a quell'ordine, nonostante si trovassero proprio di fronte al nobile Rart Tenbri di Foraz Dor e protettore del Centro di Ennearel.
"Non mi sembra che tu abbia in serbo grandi piani per noi, mio signore. Si direbbe, anzi, che tu voglia farti scudo con i nostri corpi. Magari dobbiamo starcene qui fino a quando il freddo non ci ammazzerà tutti, oppure i lupi o i nemici. Prima che giungano notizie dalla fortezza, avrò fatto in tempo a scavare la fossa a me ed ai miei uomini!" si lamentò quello che doveva essere il comandante del convoglio.
"Ah si?" fece Rart, stringendo le redini del cavallo che girò su sé stesso, "ebbene state tranquillo, perché quando tornerò vi ci ficcherò io stesso in quelle fosse! Vendicherò i veri soldati ai quali avete rubato indumenti e armature, quindi cominciate pure a scavare!" gridò sguainando la spada e tagliando la testa di netto al soldato che brandiva la scure, lì vicino.
D'un tratto anche i Pemry che li stavano inseguendo avevano ormai raggiunto la posizione dove si trovava il capitano, mentre uno dei soldati travestiti da Tenbri fece partire un dardo di balestra contro uno dei prodi, trafiggendolo in pieno petto.
"Correte via, dobbiamo evitare lo scontro ora!" gridò Rion.
Derath stava fronteggiando un cavaliere nemico armato di spadone a due mani, quando una lama trafisse da dietro l'avversario, disarcionandolo da cavallo.
"Norr!" esclamò il ragazzo incredulo.
"Sempre a disposizione figliolo" rispose il prode con aria ancora stravolta.
Il piccolo gruppo si diresse velocemente verso nord, continuando la strada lungo il sentiero principale, ormai disperati.
I prodi si dispersero correndo il più velocemente possibile o cavalcando su destrieri catturati agli assalitori, anche se non ci volle molto prima che due di loro si decisero a sacrificarsi perché rallentando gli inseguitori, forse, gli altri avrebbero goduto di qualche minuto di vantaggio. Un gesto che permise a Rart di galoppare verso la salvezza con la speranza di riuscire a portare a termine la missione, ma sfortunatamente uno dei cavalieri Pemry lo stava raggiungendo a cavallo, senza contare che quello che stava cavalcando il capitano Rart era un animale troppo debole e affamato per riuscire a muoversi ancora. Jirk e Derath erano troppo lontani da lui e l'unico modo per riunirsi era superare il bosco.
"Sei già morto, idiota!" sentenziò inferocito l'inseguitore.
Quando i due cavalli furono abbastanza vicini, il cavaliere dei Pemry disarcionò Rart, facendolo cadere a terra, sulla neve al bordo del sentiero.
Schizzi di fango e ghiaccio accecarono il capitano che tentò di pulirsi il viso, rialzandosi da terra in tuta fretta per affrontare l'avversario, il quale stava caricando proprio in sua direzione. L'aggressore cercò di colpire il suo bersaglio con un fendente, approfittando della velocità e l'altezza maggiore grazie al cavallo che ancora galoppava.
Rart dovette schivare immediatamente l'attacco effettuando un rotolamento laterale, nonostante lo scudo impacciasse di molto i suoi movimenti, cosa di cui il nemico si era accorto fin dal principio.
A parte una rauca risata, in quello scontro non si udirono altre parole, forse perché entrambi sapevano già chi in teoria avrebbe portato a casa la pelle e chi no.
Quando il cavaliere Pemry galoppò con ancor più foga contro l'avversario, impassibile e decisamente troppo stanco per azzardare mosse che richiedessero agilità, qualcosa interferì. Un'ombra si scaraventò con un ruggito dal piccolo rilievo fuori sentiero, addosso all'uomo a cavallo che vide la morte in faccia: essa aveva una folta pelliccia blu e due occhi giallognoli; zanne acuminate ed una schiera di artigli affilati. Il férale che Rart aveva già visto una volta e che lo aveva seguito, fu la salvezza del capitano.
L'animale azzannò il cavaliere dritto alla gola, facendo sgorgare un consistente rivolo di sangue rosso chiaro che andò a colorare la candida neve sottostante, mentre il corpo dell'uomo ancora agonizzante cadde lentamente al suolo. Il lupo che ancora lo strattona a e mordeva sempre con più forza, lacerando e tirando a sé la carne della sua vittima, come se lo avesse ucciso proprio per via della fame. Era ovvio che un qualsiasi férale avrebbe preferito cibarsi di una preda già morta o della più debole, ma qualcosa fece pensare a Rart che quel lupo non avrebbe mostrato odio nei suoi confronti.
"Grazie, grazie amico mio" biascicò l'uomo con affanno.
Quella forse fu l'ultima delle disavventure del capitano, o almeno così sembrava, dato che la boscaglia era quasi finita e solo un paio di chilometri lo separavano dal Lago dei Gyrri, raggiungibile in circa una ventina di minuti o anche meno.
Il férale seguì Rart ancora fino a pochi metri, dove gli alberi non erano più presenti ed incominciavano le distese di praterie e campi.
"Mi lasci di già?" domandò l'uomo, in attesa di una qualche risposta da parte dell'animale.
Il lupo, dal canto suo, emise un lieve ululato e guaì mostrando il rostro di zanne giallognole, poi si voltò e ritornò tra la fitta boscaglia.
"Ci vedremo ancora, grazie!"
In lontananza un piccolo gruppo di persone sembrava avvicinarsi al capitando, mulinando lance e spade, come per farsi notare: si trattava di Rion, Jirk e quattro prodi al seguito di Norren.
Rart emise un unico sospiro che poteva significare molte cose, comprese stanchezza e sollievo, ma anche tristezza nel vedere che solo in pochi erano riusciti a sopravvivere al viaggio. Un sospiro che significava anche vendetta.

In quello stesso momento, molto più a est e, precisamente, nella roccaforte situata lungo la catena montuosa dei Monti Folli, il signore della casata Lubers si affrettava a percorrere il lungo corridoio che lo avrebbe portato alla camera del figlio primogenito.
"Dave!" esclamò l'uomo, spalancando la porta della stanza.
"Padre, dimmi è successo qualcosa?"domandò il ragazzo allarmato da quell'entrata.
"Devi subito recarti in fucina per indossare la tua armatura. Stiamo per entrare in guerra!" rispose in tono secco il padre.
"È da qualche giorno ormai che te ne stai rinchiuso nei sotterranei ed ora te ne esci che devo partire per invadere Sikowalth?" replicò il giovane, allargando le braccia in segno di incomprensione.
"Non marciamo contro quei nemici" spiegò Darren Lubers, voltandosi, "i Tenbri hanno ucciso tuo fratello Jirk. Mi è stato riferito da Temphol Pemry in persona". Il ragazzo rimase a bocca aperta, scioccato e confuso per aver ricevuto una simile notizia e per il fatto che il padre ne era già a conoscenza da giorni. Poi si ricordò del sogno.
"Te lo ha riferito la persona sbagliata, Jirk non può essere morto e comunque di sicuro non a causa di..." si apprestò ad obiettare Dave ma l'uomo intervenne prima che egli riuscisse a finire la frase.
"Cosa?! Che diamine ti prende, si può sapere? Tuo fratello è morto assassinato da quei traditori dei Tenbri".
"Io ho avuto una visione... ho fatto un sogno nel quale scoprivo cosa sta veramente accadendo in questa regione. Ero insieme a Giada Tenbri" confessò i ragazzo arrossendo.
Il padre spalancò gli occhi, incredulo, come se volesse fulminare con lo sguardo il figlio, senza emettere parola, perché non c'era altro da dichiarare. Quel che Dave avrebbe voluto far capire all'uomo era decisamente troppo complicato, forse anche lui stesso cominciava a rendersi conto che quel sogno, probabilmente, non stava a significare nulla e lui stesso non aveva abbastanza volontà da voler affrontare la situazione come avrebbe desiderato.
"Andrò a ritirare la mia armatura" disse infine.
   
 
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