Le cinque del mattino, un cielo di pappa d'avena sovrastava Milano, pigro e nebbioso. Non c'era un filo di vento; l'aria era immobile, fredda come il ghiaccio, nonostante fosse solo ottobre.
L'ospedale era silenzioso, solo Pietro e il suo carrello di metallo cigolante percorrevano il corridoio celeste, inseguiti dal ticchettio costante dell' orologio appeso al muro. Ancora dieci minuti, ancora una stanza e sarò libero da questo lavoro..
Aveva ventitre' anni, Pietro. Frequentava l'università di medicina durante l'inverno; per pagare l'affitto del suo monolocale cercava vari lavoretti estivi, e quell'estate aveva fatto l'infermiere nell'ospedale di Niguarda. Era stanco, Pietro. Non ce la faceva più; quella era stato il suo primo (e ultimo) turno di notte. Come cazzo è inquietante questo posto..!
Arrivò di fronte alla stanza numero quindici, la porta era aperta. C'era una bambina sdraiata nel letto; aveva la testa fasciata con delle garze bianche, che Pietro conosceva bene. Seduta sulla poltrona di stoffa blu, accanto a lei, una donna si teneva il viso con le mani. I capelli biondo miele le cadevano in avanti, sul viso; piangeva piano, si dondolava impercettibilmente avanti e indietro. Appena Pietro entrò nella stanza la donna ebbe un sussulto e si tirò su di scatto. Aveva gli occhi rossi, intorno alle iridi chiare, occhi di una persona che ha pianto anche l'anima, occhi di chi l'anima l'aveva proprio persa. Cercò di ricomporsi, schizzando verso l'attaccapanni nel fondo della stanza e afferrando una borsetta color nocciola.
_Mi scusi, torno subito, vado a prendermi un caffè.._ disse debolmente, quasi correndo fuori nel corridoio silenzioso.
Pietro osservò stupito la donna, per poi tornare al suo lavoro; doveva semplicemente cambiare due flebo e andarsene di lì... Si fermò un attimo a guardare il viso della bambina. Dormiva tranquilla, con le palpebre rilassate e le labbra chiare increspate in un leggero sorriso. La pelle rosa pallido era macchiata di rosso chiaro sulle gote. Avrà al massimo otto anni.. pensò il ragazzo, cambiando distrattamente le flebo.
Era incredibilmente bella, a discapito delle fasce bianche che le avvolgevano la testa e la nuca, fin sotto il cervelletto. Incuriosito, prese in mano la cartella clinica della bambina, poggiata sul fondo del letto. Gli occhi scuri si svegliarono dal loro torpore dovuto alla notte insonne, spalancandosi uno sguardo tanto terrorizzato, quanto malinconico. Rimise la cartella al suo posto nello stesso istante in cui la madre tornò in camera. Lei lo salutò con un filo di voce; lui rispose appena con un cenno, lasciò dov'era il carrello e si avvicinò alla donna. Lei probabilmente notò il suo sguardo, e i suoi occhi che si spostavano freneticamente da lei alla bambina; intuì cosa aveva fatto, cosa aveva letto..
Sorrise debolmente, un sorriso spento, vuoto, mentre l'ennesima lacrima solcava le sue guance pallide. Si sedette di nuovo sull'orlo della poltrona, accanto al letto, ed osservò la bimba dormire, come fosse una bambola di porcellana, o un fiore di cristallo.
_Lo so, lo so_ sospirò, le tremavano le labbra _non puoi salvarli, puoi soltanto amarli..






Cartella Clinica :
Simonini, Bianca
Sesso: Femmina
Nata il: 27-07-2007
Presso: comune di Lecco, regione Lombardia, Italia
Diagnosi: cancro terminale ipofisi cerebrale, inoperabile, ultimo stadio