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I love you totally.
La luce del tramonto
filtrava fra le tende, colorando di un tenue arancione le pallide spalle del
corpo steso accanto a lui. La stanza portava ancora quell’odore di hashish
misto a sesso e sudore, così come il lenzuolo dal motivo a righe che lo copriva
fino alla vita, celando in parte quello che avevano fatto, quello che si
ostinavano a nascondere entrambi.
In un impulso
incontrollato passò l’indice sulla clavicola del ragazzo, sfiorando l’ematoma
di una vecchia botta – avrebbe voluto poterlo cancellare con una gomma, avere
il potere di far scomparire i lividi e le ferite che sporcavano quella pelle
bianchissima. E lo faceva: ci provava ogni volta con la punta del dito,
strofinando appena il polpastrello come a voler sbiadire un segno di graffite
sopra un foglio di carta. Lo osservò mentre dormiva, sonnecchiando piano con la
guancia posata sul cuscino – stanco, con il fantasma del sudore che gli
inumidiva ancora i capelli biondissimi –, riscoprendosi a sorridere come un
idiota. Kenny aveva la fama dello sciupa femmine, e di certo non si poteva non
biasimare le ragazze che ci provavano con lui, anche solo per poter dire di
essere andate a letto con Kenneth McCormick. Era
bello, bello in un modo che faceva male, e il pensiero che potesse avere tutte
le donne e gli uomini che voleva lo distruggeva – anche se non ne capiva il
motivo. Alla fine il loro era solo sesso, lo era sempre stato dall’inizio, e
niente avrebbe potuto cambiare le cose.
Si morse appena il
labbro facendo scivolare la mano in quel mare di ciocche spettinate,
scompigliate dalle sue dita solo qualche minuto prima: non voleva svegliarlo,
ma nemmeno farsi trovare in quello stato – con Kenny nudo nel letto – dai suoi
genitori. Lo sentì mugolare piano prima di aprire gli occhi celesti, chiari
come il cielo di South Park durante le giornate di primavera, quando neanche le
nuvole osavano macchiare di candido tanta bellezza. Non disse niente, Stan, lo guardò mentre si stiracchiava con un sorrisino
idiota sulle labbra, borbottando poi un «Quanto cazzo ho dormito?» con la voce
ancora impastata dal sonno.
«Non molto, ma fra un
po’ torneranno i miei…» mormorò in risposta,
«Dovremmo rivestirci» aggiunse poi, come a voler spiegare la sua frase
precedente. Ma nel profondo avrebbe voluto restare lì in eterno, fermare il
tempo e godersi quell’attimo ancora per un po’. Era andata come ogni volta: lo
aveva invitato a casa sua, avevano bevuto qualche birra davanti ad un film
porno, e poi, complice la passione – ammesso e non concesso che fosse stata
quella a muoverli – , erano finiti a toccarsi e a baciarsi, fino a quando Kenny
non lo aveva trascinato sul letto con una strana urgenza nella voce, la stessa
che lui aveva tentato di nascondere.
Erano finiti a fare
sesso come sempre, e – come sempre – appena avevano finito, ognuno si era preso
i propri frammenti di anima, cercando di ricomporre un puzzle incompleto –
Kenny si prendeva il meglio di lui, lo faceva tutte le volte.
Era come se la loro pelle
si fondesse per quel quarto d’ora, come se le abili mani di un medico li
avessero suturati assieme, ed era per questo che ogni volta che si separavano,
ogni volta che Kenny scivolava lontano da lui, dal suo corpo e dalle sue
braccia, Stan sentiva un dolore tremendo, come un
vuoto interiore: mancava sempre un pezzo, o forse gli mancava il cuore.
Lo osservò mentre
scivolava fuori dalle lenzuola, nudo come sua madre lo aveva fatto, come lo
aveva già visto tante volte, ma si riscoprì comunque ad arrossire, non tanto
per la vista della sua pelle pallida, quanto per i pensieri volgari che gli
infestavano la mente: lo voleva, lo voleva di nuovo, e non era normale – non sono frocio. Eppure Kenny gli
piaceva: perché? Forse perché si può amare una persona indipendentemente dal
suo sesso, o forse perché Kenny era semplicemente Kenny, ed essere contagiati
dal suo sorriso e dalla sua apparentemente immotivata allegria non era poi così
difficile.
Si passò una mano fra i
capelli umidi, sforzandosi a distogliere lo sguardo dal quel fisico giusto – né
troppo magro, né troppo in forma – , «Dove hai messo il preservativo?».
«Sul pavimento, il
cestino era troppo lontano» ammise l’altro con un sorrisino idiota, infilandosi
i jeans scuri, strappati all’altezza del ginocchio, e Stan
si strinse appena il setto nasale fra le dita – che testa di cazzo!
«Kenny, sei un cazzone, raccogli quella merda!» sbottò mettendosi seduto,
rimirando con disgusto l’oggetto che l’altro stringeva fra le dita – si era
chinato a raccoglierlo, e ora lo faceva oscillare a mezz’aria fra l’indice e il
pollice. «Non fare stronzate e butta quel coso!» gli ordinò poi, recuperando le
mutande che Kenny aveva distrattamente lanciato da qualche parte.
Si rivestì in fretta,
sentendolo ridacchiare come uno scemo – forse lo stava prendendo per il culo,
oppure stava semplicemente ripensando ai suoi commenti acidi sul preservativo
usato: in qualsiasi caso non voleva saperlo.
Lo sentì avvicinarsi
piano alle sue spalle, strisciare i piedi sul pavimento prima di stringergli
appena i fianchi e stampargli un piccolo bacio dietro l’orecchio, un leggero
contatto che lo fece rabbrividire. Era così tutte le volte: Kenny lo sfiorava
con quella delicatezza maniacale – lo costringeva a sciogliersi, lo mangiava
con gli occhi, e poi lo trascinava verso l’abisso, come uno squalo con la sua
preda. E Stan non riusciva ad opporre resistenza, non
riusciva a nuotare abbastanza forte e scappare, fuggire da lui, dalle sue
labbra e da quelle mani, quelle dita che ora gli accarezzavano la schiena,
pugnalandogli il torace e rubandogli il cuore.
«Prima hai detto una cosa…» – la frase gli accarezzò il collo, facendolo vibrare
appena – aveva detto tante cose, farneticato un sacco mentre fumavano quello
spinello, mentre le mani di Kenny gli disegnavano dei cerchi invisibili
all’altezza della clavicola. Aveva detto troppe cose, più di quante avesse
voluto, e lo aveva fatto con una bottiglia di birra in mano e un posacenere
poggiato sul petto. «Cosa?» gli domandò, cercando di liberarsi da quella presa
mortale, dal fantasma del suo respiro caldo sulla pelle.
Seguì un attimo
sconcertante di silenzio, un minuto interminabile in cui lui cosa palpabile era
la mano di Kenny fra le sue ciocche scure e spettinate, e poi la voce di Sharon
arrivò lontana, come un soffio di vento che ulula piano lungo la tromba delle
scale: «Stanley, sono tornata!» disse, portandosi via il tocco fra i suoi
capelli, e lo spettro delle carezze sulla sua pelle.
«Vado a casa, ho
promesso a Karen che l’avrei accompagna da una sua amica», e mentre le labbra
di Kenny si posavano sulle sue, mentre lo guardava infilarsi la giacca e
sollevare il cappuccio, il pensiero di quello che aveva detto, di quello che
lui voleva sentirsi ripetere, gli gravò sul petto.
Voglio amarti, Kenny – gli aveva detto. Totalmente.
Ma non glielo disse, non
di nuovo.
“Amami, anche se
io non ti amo.
Amami,
anche se non merito l’amore.
Amami,
anche se io non so amare,
e
amami anche se non esiste l’amore.
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La Nave dei Folli |
• NdA;
Ce l’ho fatta, è stato un altro parto, ma ce l’ho fatta.
Il pov di Stan non
mi è familiare, ma volevo evitare di usare sempre quello di Kenny, quindi
eccoci qua. Già.
Mi piace pensare che Stan sia ancora con Wendy – io ho delle mie teorie per cui il loro rapporto non
può funzionare, ma non importa, non voglio offendere le ship
di nessuno, ecco tutto. Vedetela come volete, insomma: Stan
con Wendy che fa sesso con Kenny, o Stan con Kenny e basta. Per il resto non ho nulla da dire,
ho dovuto alzare il rating per via del tema “sesso” e del linguaggio forte che,
però, è proprio dei personaggi.
Come sempre motivo il mio solito OOC con il “non ho idea di come siano diventati a diciotto anni”, e questa è
la mia personalissima versione dei fatti, se la vostra è diversa: mi dispiace,
non so che dirvi.
Chiedo perdono per il finale aperto, ma me la sono sentita troppo(?).
Ecco tutto. Mea culpa.
Al solito se volete insultarmi o sputarmi sono qui, se vi ha fatto
schifo: ditelo. Se vi è piaciuta: ditelo comunque.
Tornerò – un giorno. Ne ho ancora tre, in mente. ;u;
~yingsu.
ps. Il banner appartiene a radioactive che
ringrazio per la grafica e il betaggio, e anche per
avermi spronata a lanciarmi nella scrittura di questa raccolta che sarà un
parto. Ma spero ne varrà la pena. ~
Grazie mille. ♡