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Autore: _fedss    05/02/2014    9 recensioni
"Era stanco di tutto. Stufo di ogni cosa.
Di se stesso. Del suo carattere. Di quello che la gente pensava di lui. Di Stana. Di Castle. Dei fan.
Era stanco di tutto."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3


 
Aveva paura ad aprire gli occhi.
Si era accorta di essere sola su quell’enorme letto da quando si era svegliata pochi minuti prima. Ma non accennava a muoversi.
Sapeva che non l’avrebbe trovato lì, nella sua cucina, a prepararle una romantica colazione.
Sapeva che non l’avrebbe trovato neanche in bagno a farsi una doccia.
Sapeva che i suoi vestiti non erano più buttati alla rinfusa sul pavimento e che la sua macchina non era più parcheggiata nel suo vialetto.
Sapeva che se ne era andato.
 
Fu il suono del suo cellulare a convincerla ad alzarsi. Non poteva rimanere in posizione fetale sul letto, abbracciata al cuscino che sapeva ancora di lui.
Aprì prima un occhio, poi l’altro. Le serrande erano ancora abbassate e la luce nella stanza davvero poca. Solo il display del suo cellulare ad illuminare l’ambiente.
Malvolentieri, allungò un braccio per afferrare l’iPhone. Mezzogiorno e dieci. Quanto aveva dormito?
Fece scorrere il dito sullo schermo e rispose alla chiamata.
Tam.
“Pronto?”
“Dio santo, ti ho svegliata?”. Tamala era allibita. Da quando la sua amica dormiva fino a quell’ora? “E’ mezzogiorno! Non sei venuta a lavoro, ti abbiamo cercata per ore! Perché non hai risposto al telefono?!”
“Stavo…”, provò a giustificarsi ma venne interrotta.
“E  che diamine di fine hai fatto ieri sera?! Te ne sei andata senza salutare!”
“Sono andata via con Nathan, pensavo ve lo avesse detto”.
Silenzio.
“Potevate chiederlo a lui questa mattina”, si mise a sedere appoggiando le spalle alla testiera del letto. “Vi avrebbe detto che mi ha accompagnata lui a casa”.
“Tesoro… Nathan non è qui agli Studios”.
Stana chiuse la bocca, pensierosa. Cosa..? Poi Tamala rispose a tutte le sue domande che le giravano per la testa.
“Stana, Nathan è partito stamattina presto. Te ne eri dimenticata?”.
 
 
 
Non aveva mai amato volare. Fin da piccolo aveva avuto paura degli aerei. Ma per il mestiere che faceva e che lo costringeva a viaggiare continuamente, non poteva lasciarsi frenare da quella stupida paura.
Guardava fuori dal finestrino per distrarsi. L’oceano sotto di lui sembrava non finire mai.
Ogni tanto sfogliava distrattamente la rivista che una hostess gli aveva dato, poi accendeva l’ipod, ascoltava una o due canzoni prima di spegnerlo. Non si dava pace.
Il passeggero seduto accanto a lui era fastidiosamente silenzioso.
Il volo sembrava non finire mai.
Chiuse gli occhi ed appoggiò la testa al sedile.
Tutto, ogni singola cosa su quel dannato aereo, lo portava a pensare a lei. Le forti emozioni provate quella notte non lo lasciavano ancora in pace. Come avevano potuto essere così stupidi? Fare l’amore prima della sua partenza. Perché?
Entrambi sapevano a cosa sarebbero andati incontro. O almeno lui.
Che Stana avesse pensato che non sarebbe partito più per l’Australia dopo aver trascorso la notte con lei?
Avrebbe dovuto capirlo dopo quel ti amo che lei gli aveva sussurrato prima di addormentarsi. Anche lui l’amava, diamine! Ma sarebbe stato giusto dirglielo prima di partire per un viaggio di sei mesi?
 
La voce metallica del capitano lo svegliò poco prima di atterrare.
 Quando si era addormentato?
Fu un atterraggio tranquillo e Nathan poté tirare un sospiro di sollievo. Si slacciò la cintura di sicurezza prima di prendere i suo piccolo bagaglio a mano e salutare le gentili hostess.
Una volta messo piede fuori dall’aereo, l’aria calda lo investì.
 
 
 
"Come hai fatto a dimenticartene?", le chiese dolcemente Tamala, mentre le passava un fazzoletto.
Stana si asciugò gli occhi e pulì un po' del trucco colato. "Io... Io non me ne sono dimenticata. Solo che... Non ci stavo pensando, ecco".
"Tu non me la racconti giusta".
"Abbiamo passato la notte insieme", disse, di getto.
Tamala la guardò allibita per un attimo, poi scosse la testa. "Che cosa?".
Stana sbuffò, scocciata. "Hai capito benissimo. Siamo andati a letto insieme, questa notte".
"Dio santo", esclamò prima di passarsi le mani tra i capelli. "Come vi è saltato in mente?".
Stana non rispose.
"Voglio dire, sapevate entrambi che lui sarebbe ripartito questa mattina, che avrebbe passato tantissimo tempo lontano da qui! Cosa diavolo vi è saltato in mente?". Era sconcertata.
Stana nascose il viso tra le mani, singhiozzando. "Lo so, lo so che abbiamo fatto una grande stronzata... Ma lui era qui, sul mio divano e voleva la sua giacca e io...".
"Quale giacca? Di cosa stai parlando?".
L'attrice prese un profondo respiro e tirò su con il naso. "Mi ha riaccompagnata a casa, ieri sera. Ha insistito lui, non ho potuto obiettare. E poi, arrivati qui fuori, mi dice che rivuole la sua giacca! Così l'ho fatto entrare, e ci siamo letteralmente saltati addosso in un attimo! Non abbiamo potuto farci niente, è successo". Ci furono diversi minuti di silenzio in cui nessuna delle due sapeva cosa dire. “Come ho fatto! Come ho fatto ad essere così stupida?!”.
Si alzò dal letto portandosi dietro il lenzuolo bianco. Guardò fuori la finestra.
Torna a casa, Nathan.
“Sapevate entrambi a cosa stavate andando incontro. Cosa pensavate, che passare la notte insieme prima di stare sei mesi separati avrebbe migliorato la vostra situazione?”.
“No, certo che no, solo che…”.
“Solo, cosa?”.
“Non lo so”, sospirò. Si girò verso l’amica. “Gli ho detto di amarlo, sai? Glielo ho detto, finalmente. Glielo ho detto prima che ci addormentassimo. Lui non ha risposto, è rimasto in silenzio, ma ha sorriso, l’ho visto. E Dio, quanto amo quei sorrisi”.
“Cosa hai intenzione di fare?”, le chiese preoccupata.
“Cosa ho…”, la guardò spalancando gli occhi e camminando nervosamente per la stanza. “Tam, se ne è andato. Nonostante abbiamo fatto l’amore, lui è partito lo stesso. Non c’è più niente da fare, Tamala. È finita. Ognuno per la sua strada”.
Guardò l’amica un’ultima volta prima di chiudersi in bagno, entrare nella doccia ed iniziare a piangere.
 
 
 
“Mi stanno guardando tutti”, sussurrò Stana all’amica.
“Certo, tesoro, sembri un cadavere!”.
“Grazie del conforto”, le disse, stizzita.
Tamala le fece una linguaccia e Stana sorrise, debolmente. “Vuoi che ti accompagno fino al camerino? Non hai una bella cera”.
“Ti ringrazio, Tam, ma non sono malata. Ce la faccio. Ci vediamo tra poco”. Le diede un bacio sulla guancia e si allontanò, sotto lo sguardo preoccupato dell’amica.
Una volta entrata nel suo camerino, lanciò la borsa sul divanetto, prima di sedersi stancamente sulla sedia davanti al grande specchio.
Prese il telefono dalla tasca della giacca e guardò pensierosa lo schermo nero.
Doveva provarci, almeno un’ultima volta.
 
Digitò un numero velocemente, si portò il cellulare all’orecchio ed attese.
Di nuovo quella dannata segreteria telefonica.
Attese pazientemente il suono metallico, prima di lasciare l’ennesimo messaggio. L’ultimo, si disse.
 
Nathan, sono sempre io. Non mi hai risposto agli altri messaggi e… beh, forse hai cambiato numero, non so… o almeno lo spero”, rise nervosamente. “Comunque, volevo sapere come… ehm, come te la passi laggiù. Qui si sente la tua mancanza, di già. Io spero di rivederti presto… Cioè…”, un sospiro. “Torna a casa, Nathan. Ti prego”.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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