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Autore: Raya_Cap_Fee    06/02/2014    5 recensioni
• Sequel di "Alla fine non hai scelta"• Dopo la morte di Turno per mano di Dubhe, Cormia si ritrova da sola nelle mura della Gilda. La sua vita è cambiata, è stata nuovamente stravolta da un ciclone. Sa di aspettare un figlio e sa di non poterlo partorire senza che nessuno se ne accorga. La Gilda è stata la sua casa per tredici anni ma ormai, per lei, non rappresenta più nulla. Inseguita da un sogno ricorrente in cui il suo compagno le grida di uccidere qualcuno, la nostra protagonista affronterà nuove prove, farà nuovi e vecchi incontri e infine affronterà la sfida più grande: essere madre.
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Ebbene sì, eccomi qui che ho deciso di torturarvi con un sequel ahahahaah. Buona lettura!
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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YOU LEFT ME IN THE DARK



 
CAPITOLO SEI: PLEASE, TELL ME WHO YOU ARE
 
Fuori dalla sua stanza, alla Locanda del Drago, il soldato che aveva soccorso Cormia nel vicolo attendeva a braccia incrociate l’uscita dalla sacerdotessa. Ricordava lo sguardo della ragazza bionda, spaventato ma allo stesso tempo freddo, quando gli aveva chiesto di portarla da qualcuno. Era svenuta subito dopo e lui aveva dovuto trascinarla in braccio.

Emise un lieve sospiro scuotendo la testa. Horson faceva sempre casini ai quali lui poi, appena più che un soldato semplice, doveva porre rimedio. Lo scricchiolìo della porta lo distrasse dai suoi pensieri e sollevò lo sguardo verso la donna di mezz’età che gli si faceva incontro.

Si raddrizzò mentre quella gli si fermava di fronte “Sembra che qualcuno l’abbia avvelenata” disse, il tono serio da professionista. Era andato a svegliarla nel cuore della notte per trascinarla alla locanda.

“Avvelenata?” chiese lui, non era da Horson. La donna annuì sistemandosi lo scialle di lana sulle spalle gracili “E’ probabile che l’acqua che beveva fosse stata avvelenata con qualche pianta. Belladonna forse.”

Non doveva essere molto amata quella ragazza. Il soldato aggrottò la fronte ma la donna lo anticipò “In piccole quantità l’ha avvelenata poco alla volta ma fortunatamente prima che le fosse fatale ha trovato aiuto”. La donna si voltò appena verso la porta della sua stanza e tirò un sospiro “Ti ho lasciato un antidoto da farle bere all’incirca ogni tre ore. Dovrebbe scongiurare guai anche al bambino”.

Il soldato alzò di scatto la testa “Bambino?” chiese sorpreso. La donna stirò le labbra in un sorriso “Oh, non te lo aveva detto? E’ incinta, direi quasi quattro mesi ormai. Voi soldati non avete occhio che per le vostre spade”
“Lei non è mia moglie” rispose il soldato “L’ho solo soccorsa, non so nemmeno chi sia”.

La sacerdotessa annuì “Beh, io passerò domani verso ora di pranzo. Farò  qualche esame” disse per poi allontanarsi.

Erowyn seguì con lo sguardo la sacedotessa fin quando non scomparve oltre le scale poi, si avvicinò alla porta della sua stanza. Sapeva di non poterci dormire, essendo il letto singolo occupato dalla ragazza ma tant’è che non poteva lasciarla sola dopo averla salvata.
Rientrò quindi nella sua camera e incrociò subito gli occhi della ragazza. Al contrario del vicolo, dove aveva potuto scorgere i suoi lineamenti a malapena, tutto ora gli era ben visibile. Era seduta sul letto, la schiena a poggiare contro la parete e la coperta a coprirle le gambe. Non doveva essere molto più giovane di lui, eppure c’era qualcosa nei suoi lineamenti che la faceva sembrare una bambina.

“Hai parlato con la sacerdotessa?” chiese lui sistemandosi a sedere sulla sedia di legno di fianco al letto. Gli occhi della ragazza erano ancora fissi nei suoi e all’improvviso sentì una sorta di disagio farsi largo dentro di sé.

“Sì” rispose lei semplicemente scostandosi dal volto i capelli sottili e biondi, quasi da sembrare bianchi. Era bella su questo non aveva alcun dubbio.

“Perché eri in giro di notte? Nella tua condizione…”

“So difendermi”

“Beh…a quanto pare non ne sei stata in grado” ribattè lui in tono ovvio. Lei assottigliò le labbra in una smorfia poi, con una mano si sfiorò la pancia.

Erowyn la osservò in silenzio. Non sembrava felice, non sembrava una delle ragazze dei villaggi o delle città.
“Da dove vieni?” gli venne naturale chiederle. Lei lo guardò, l’espressione indecifrabile “Terra della Notte” rispose. Sì, i lineamenti potevano essere di quella zona.

“Sei scappata?”

Lei sembrò stirare le labbra in un sorriso, ma fu solo per un attimo “Forse” disse. Non sembrava voler dire nient’altro perciò non insistette.


 
Vi fu qualche minuto di silenzio “Il soldato nel vicolo…” cominciò lei “…è un tuo amico?” chiese guardandolo. Il tono era strano, non spaventato.

“Non lo definirei amico, più un superiore”

“Alloggia qui?”

“Non ti farà del male se è questo che tem…”

“Alloggia qui?” lo interruppe lei nuovamente.
Erowyn annuì e la ragazza prese a guardare la porta. Sembrava essere smaniosa di alzarsi.

“Come ti chiami?” chiese il soldato.Il comportamento di quella ragazza cominciava  a inquietarlo.

“Cormia” rispose fissando nuovamente gli occhi su di lui “Erowyn” si presentò a sua volta chinando leggermente il capo biondo.

Lei non ne sembrò interessata “Hai idea di chi ti abbia avvelenata, Cormia?” chiese. Lei annuì appena “Qualcuna” rispose.

“E hai intenzione di dirmelo? Potremmo prendere qualche provvedimen…”

“No” lo interruppe “Me ne occuperò a tempo debito”.

La ragazza scostò le coperte per mettersi seduta, i piedi a poggiare per terra. Indossava una casacca larga e grigia, probabilmente da uomo che arrivava a coprirle metà coscia. Non sembrava turbata dal fatto che in quella stanza ci fosse un uomo sconosciuto, un ragazzo che malgrado tutto, si ritrovò a guardarla dalla testa ai piedi.
“Dove sono i miei pugnali?” chiese lei, una nota d’allarme nella voce. Erowyn si riscosse e le indicò la cassa ai piedi del letto, sopra alla quale era appoggiato un pugnale. Lei sembrò confusa “Erano due”.

“No…Era uno”

Cormia si mise in piedi di scatto e per poco non cadde a terra. Fortunatamente i riflessi del soldato erano buoni “Non puoi fare questi movimenti, sei debole” mormorò lui con le mani ancorate ai fianchi della ragazza.

“Erano due. I pugnali erano due. L’altro sarà caduto nel vicolo” disse lei, incurante. Perché era tanto importante un pugnale?

“Devi andare a recuperarlo” disse Cormia, le mani a stringere le sue braccia per rimanere in piedi. Il soldato chinò gli occhi scuri su di lei, un sopracciglio biondo inarcato “Devo?” ripetè.

“Io non posso andarci”

Erowyn sospirò e aiutò la ragazza a mettersi seduta nuovamente sul letto. Si passò una mano tra i capelli corti. Tanto la sua notte sarebbe stata in bianco comunque “Va bene. Vado a recuperarlo  ma tu rimani a letto” disse. Era più forte di lui, non poteva non preoccuparsi degli altri.
Lei lo guardò in silenzio per qualche secondo poi annuì “Fa presto”.
 
Erowyn uscì nuovamente nella notte, il vicolo nel quale aveva trovato Cormia era quello al fianco del Topo Rampante. Si incamminò in quella direzione, gli stivali che risuonavano sul selciato e il lieve tintinnìo della spada appesa al fianco sinistro.
Quella ragazza aveva qualcosa di strano, ne era certo.
Giunse nel vicolo vuoto e con l’aiuto di una lanterna recuperata in piazza lo passò al setaccio. La luce aranciata fece baluginare qualcosa in un angolo vicino ad una botte vuota e Erowyn seppe di averlo trovato. Recuperò il pugnale e lo osservò. Erano pochissime le ragazze che sapeva sapessero usare un pugnale e ancora meno quelle che ci andavano in giro e nessuna che ne avesse addirittura due. Osservò la lama che non recava che qualche graffietto e poi si concentrò sull’elsa. Era un’elsa strana,non naturale per quel tipo di pugnale. Strinse tra le dita il laccio che l’ avvolgeva e tirò. La pelle cadde a terra e ad Erowyn si bloccò il respiro in gola.

Due serpenti si intrecciavano sull’elsa in un segno che, almeno tra i soldati di Dohor, era ben conosciuto. La Gilda.
Assicurò il pugnale al fianco e fece dietrofront. Cormia apparteneva alla Gilda? O quel pugnale era stato rubato?
Aveva detto di venire dalla Terra della Notte….
La Gilda era una setta di Assassini, criminali di prim’ordine secondo il suo parere. Tutti ne erano intimoriti, tranne il re e qualche suo fedele scagnozzo come Forra.


Rientrò alla locanda e senza preoccuparsi di fare rumore rientrò nella stanza. Rimase interdetto nel trovare il letto vuoto ma subito dopo sentì il freddo di una lama premergli contro la giugulare. Il respiro dietro di sé era lievemente affannato. Una mano della ragazza frugò contro il suo fianco fino a recuperare il pugnale “Ora sono costretta a ucciderti” mormorò lei al suo orecchio. Erowyn sapeva che nelle condizioni in cui versava la donna sarebbe stato facile sbarazzarsi di lei ma non si mosse.

“Chi sei?” disse

“Non quello che pensi, soldato” rispose lei. La lama premette ancora di più sulla sua gola “Perché dovresti uccidermi? Ti ho salvato la vita ricordi?”

“Non posso permettere che qualcuno sappia chi sono”

“Sei un’Assassina”
La lama che premeva contro la sua gola era già macchiata di sangue non suo.

“Il tuo amico meritava di morire”




ANGOLO AUTRICE
Ecco a voi il capitolo sei. Ammetto di non essere tanto convinta del nome Erowyn, ma non mi veniva in mente niente di meglio xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi ha commentato lo scorso. Un bacione!

Raya_Cap_Fee

 
 
   
 
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