Capitolo
4
Quella domenica non era iniziata esattamente come
l’aveva immaginata… avrei evitato volentieri l’incontro con il fidanzato di
Jenny ad essere sincero, ma ormai era andata.
Dopo pranzo mi sedetti sul divano ed accesi il
televisore per guardare il TG, com’ero solito fare; mentre Jenny e Randy
prendevano il caffè in cucina. Non ho mai capito cosa ci trovassero in quella
bevanda. A me dava la gastrite.
La presentatrice annunciò le notizie di apertura.
Come al solito: politica interna ed estera, cronaca nera e mondana…
Una notizia in particolare attirò la mia attenzione:
una nota star, dopo essersi sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica
additiva al seno, aveva esposto denuncia al chirurgo per non aver effettuato
bene l’operazione. Indignato presi il telecomando e spensi la TV.
-Possibile che con tutto quello che accade al mondo
questi pensino a queste sciocchezze!? – sbottai
-Suvvia calmati! Sembri papà! – mi voltai, e vidi
Randy appoggiato allo schienale del divano, e dietro Jenny che rideva sotto i
baffi. –Inizi davvero ad essere vecchio, sai? –
-Ma ti sembra una cosa normale? Invece di darci
notizie importanti, iniziano con un’operazione al seno? Nemmeno si fosse
trattato di vita o di morte! –
-Per questo non guardo mai i telegiornali. Non si
vive tanto male disinformati, sai? –
Alzai gli occhi al cielo, poi li spostai si Jennifer
che non smetteva di ridere. –Cosa c’è di così divertente? –
-Oh, nulla… - disse, prima di continuare a ridere.
Il discorso venne interrotto dal telefono di Jennifer,
che iniziò a squillare. Si avvicinò all’apparecchio e rispose.
-Pronto? – attese qualche secondo, poi sgranò gli
occhi – Oh, mamma… sei tu. Come stai? Ah, bene mi fa piacere e … - ma non
riuscì a terminare la frase che si voltò verso di me allarmata. –Ah… v…vuoi
parlare con Erik? –
In quel momento mi allarmai anch’io. Con tutto quel
che era successo mi ero scordato di chiamare mia madre per avvisarla. Una domanda
mi passò per la mente: come aveva fatto a venirlo a sapere?
Lanciai uno sguardo di intesa a mia sorella e,
istintivamente, guardammo Randy che alzò i palmi e sorrise. Lo fulminammo
entrambi con lo sguardo.
-Un attimo solo mamma… - Jennifer mi guardò.
Mimai un “Dì che non ci sono” con le labbra. Non avevo
proprio voglia in quel momento di sentire le sue ramanzine.
-È uscito pochi minuti fa… gli dico di richiamarti? –
Presi Randy per un braccio e lasciammo Jennifer sola
con la mamma. Mi diressi in cucina. Mi bloccai davanti a lui piantando le gambe
e incrociando le braccia al petto, in attesa di una spiegazione.
-Quando hai quello sguardo non si preannuncia nulla
di buono… - disse.
-Perché lo hai detto alla mamma!? – sibilai. Se non
mi fossi trattenuto le mani nella stretta lo avrei strozzato.
-Mi è scappato! Sai che con lei non ho segreti…
piuttosto perché tu non le hai detto nulla? – cercò di ribaltare la frittata,
ma questa volta non glielo avrei permesso.
-Perché volevo aspettare il momento opportuno. E non
cercare di far passare me dal torto rana dalla bocca larga! –
-O, suvvia… solo perché da piccolo sembravo un po’
un ranocchio… ti sembra il caso di affibbiarmi questo soprannome? Non sarebbe
meglio pappagallo ripetente, o…-
-No! E non cercare di cambiare discorso! – urlai.
In quel momento apparve Jennifer dalla porta, con
ancora il cordless in mano, e mi guardo esasperata. – Mamma ti ha sentito
urlare. Ti vuole al telefono. Ora. –
Sbuffai e gli strappai di mano quell’aggeggio. Con Randy
non sarebbe finita lì, e lo sapeva anche lui.
-Pronto? –
-Erik! Cosa ti
è passato per la testa! Perché non hai detto alla tua mamma cosa ti era
successo tesoro mio! Non sai quanto sono stata in pena per non aver ricevuto
nessuna chiamata. Avevi intenzione di farmi morire prima del tempo? Promettimi che
non farai mai più una cosa del genere!...- continuò con quella storia per
un quarto d’ora buono. Le uniche cose che riuscii a dire furono “Sì mamma” “Hai
ragione mamma” “Lo so mamma”. Erano così prive di tono che sembravano frasi
preregistrate.
Ad un certo punto si bloccò. –Ah… certo… - disse a qualcuno. –Tesoro,
tuo padre ti vuole parlare…-
-Erik- -la
voce bassa di mio padre mi risuonò nelle orecchie. Nonostante fossi un uomo
finito mi metteva ancora soggezione come quando ero un bambino.
-Ciao papà… tutto bene? – di solito non parlava mai
direttamente al telefono con noi. Si informava su come stessimo e ci mandava i
saluti tramite la mamma. Non che non ci volesse bene, ma il suo carattere così
chiuso non gli faceva esprimere molto il suo affetto.
-Figliolo, c’è
una cosa importante che devo dirti… -