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Autore: SheilaUnison    06/02/2014    0 recensioni
Mark è innamoratissimo di Dakota ed un giorno esce con lei ed Erik e sta per rivelarle il suo amore, quando un oscuro personaggio del passato della sua amata spunta fuori e minaccia di rovinare i suoi piani...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Malgrado la situazione, non potei rifiutare l'offerta perché Sandra mi stava guardando speranzosa. Accettando, magari Mark, in compagnia di uno sconosciuto, mi avrebbe fatto meno avances, quindi rassicurai madre e figlio con un cenno del capo e chiesi via messaggio ai miei amici se ci avessero potuti raggiungere al bar e se Daniel avrebbe potuto aggregarsi a noi. Le risposte furono entrambe affermative.

Qualche minuto dopo, finito di rispondere alle mille domande di Sandra su come stesse andando la mia vita, Mark ed Erik si presentarono all'entrata, pronti e scattanti come soldatini che attendono di ricevere un ordine. Daniel ed io ci dirigemmo verso di loro. Le mie mani sudate stavano vistosamente tremando. Insomma, avrei potuto essere aggredita da Mark e poi il mio ex migliore amico aveva voglia di stare con me dopo mesi di silenzio e indifferenza assoluti: non ci capivo più niente.

Mark, vedendomi, s'illuminò e corse verso di me, poi spalancò le braccia e m'imprigionò in un abbraccio. Daniel mi lanciò un'occhiata torva. Dopo essermi liberata, sorrisi ad Erik che si era semplicemente limitato a sventolare la mano per salutarmi. Il mio ''corteggiatore'' mi guardava, felice.

“Sono contento che...”, ma fu interrotto:

“Perchè non mi presenti i tuoi amici?”

“Uhm, sì. Lui è Erik – e lo indicai, mentre Daniel gli stringeva vigorosamente la mano, presentandosi. - e lui è Mark.”

La mia voce dovette uscire parecchio distorta, perchè Daniel lo notò, il suo volto si contrasse in una smorfia, che mantenne anche mentre porgeva la mano a Mark.

“Quindi che facciamo?” chiesi.

“Bene! Lasciate che vi guidi verso il parco. È un bel posto.” propose il mio ex migliore amico. Gli altri annuirono e c'incamminammo sulla strada. Persa nei miei pensieri, non badai molto a dove stessi mettendo i piedi. Ad un tratto sentii un peso sulla mia spalla, così mi voltai: era la mano di Daniel.

“Per di qua, sciocchina. Stavi andando fuori strada.” mi disse, correggendo col braccio la mia andatura. Non mi guardava in faccia, ma avanti, meditabondo.

“Ti dà fastidio la mano?” mi chiese, continuando a fissare il vuoto. La stava tenendo lì dov'era prima. Notai con sorpresa che quel contatto era piacevole.

“No, tranquillo.”

Il suo volto si distese a quella risposta.

Una voce dietro di me mi fece sobbalzare:

“Voi due come vi siete conosciuti?” chiese il mio spasimante, spuntato dal nulla. Il suo sguardo balzava istericamente da me al mio vicino. Sembrava in preda al panico.

“I nostri genitori si conoscevano e, un bel giorno, siamo finiti in classe insieme alla scuola elementare. Da allora siamo inseparabili.” rispose, marcando l'ultima parola. Stavolta fu il mio turno di guardarlo male.

“Oh, che bello.- Mark non sembrava molto convinto – Invece a me l'ha presentata suo cugino. Ho pensato subito che fosse una persona piacevole.”

Sì, era vero, anche per me era una bella persona, ma in un modo totalmente diverso da come lo intendeva lui. I profili delle case scorrevano distrattamente davanti a me mentre tentai più volte di richiamare l'attenzione di Erik, perché volevo un po' di pace, ma lui non colse la mia muta richiesta d'aiuto.

Disperata, mi guardai intorno. Una macchia marrone e verde spiccava in lontananza nell'indistinta marmaglia di sfumature della città. Era il parco.

“Hey, tutto bene?” mi chiese Daniel, preoccupato. Erik e Mark confabulavano insieme.

“No.”Non andava un corno bene.

“Perché?”

“Perché ti ripresenti così, all'improvviso, come se tutto fosse normale.”

“Mi dispiace. Io...possiamo parlarne stasera? Adesso non mi sento a mio agio con i tuoi amici”.

“Cos'è, un'altra scusa per poi scappare?” gli chiesi con ironia.

“No. - mi prese di nuovo il polso e lo strinse con fermezza, ma senza farmi male. - Te lo prometto. Ti spiegherò ogni cosa. Non serbarmi rancore. Io ti ho sempre voluto bene, ricordalo.”

Anche se avevo ancora molti dubbi, sembrava sincero. Gli dissi di non preoccuparsi, ne avremmo parlato dopo.

Arrivati al parco, cercai una panchina e mi ci precipitai, lasciando gli altri indietro. Ripresi fiato, mentre i miei amici mi raggiungevano. Mark stava per sedersi vicino a me, così saettai verso Erik. A quel punto Daniel occupò l'altro posto al mio fianco.

Erik attaccò con l'argomento calcio, e, visto che non mi interessava particolarmente, decisi di rilassarmi e pensare ai fatti miei, anche se ogni tanto Mark mi chiamava in causa per commentare qualche partita che avevo visto anche io. Daniel partecipava attivamente al discorso, ma talvolta mi lanciava delle occhiate di sbieco.

“Da quando ti interessi di calcio?”mi chiese Daniel, beffardo.

“Da quando Mark mi ha obbligata a guardare delle partite a casa sua” risposi sorridendo.

“Non sembravi “obbligata” mentre urlavi insulti contro la squadra avversaria.” scherzò Mark.

“Passioni momentanee. - ribattei. - Le società si scambiano calciatori in continuazione. È inutile seguire la stessa squadra per più tempo. Avrà formazioni sempre diverse. Piuttosto, seguire un calciatore è più utile, se ti piace lo stile con cui gioca...”

E non solo quello. pensai. Certi calciatori erano davvero belli.

“Quindi voi due vi divertite a guardare partite da soli?” chiese ancora Daniel.

“No, non da soli – Non lo permetterei mai. - Con mio cugino ed Erik.”

“Non guardiamo mai partite da soli. Dice che è più divertente tutti in gruppo. Io sono d'accordo, ma qualche volta mi piacerebbe, non so, provare a fare qualcosa con lei.” aggiunse Mark.

“Oh, ma davvero? Questo è strano! Io e lei usciamo spesso da soli, tanto che la gente ci chiede se siamo fidanzati!” esclamò Daniel.

Arrossii violentemente. Non doveva proprio dirlo.

“Su, dai, non esagerare...”

“Eh, dai, lo sai che è vero.”

“Sì, ma...”

Mark era spaesato. Stava perdendo il controllo della situazione. Da una parte ero contenta che Daniel lo stava allontanando al posto mio, ma dall'altra avrei preferito farlo io, certamente con più delicatezza di quella che stava usando il mio amico.

“Oh, scusate, io vado in bagno! Arrivo subito, ragazzi!”saltò su Mark. L'espressione sul suo volto faceva trapelare la sua tristezza interiore. Avrei voluto inseguirlo, ma si alzò troppo in fretta e corse via. Daniel lo guardò finchè non fu entrato nei servizi pubblici che stavano a qualche metro da noi.

“Sei stato un po' brusco.”gli feci notare.

“Scusa. È che il tuo amico ti sta col fiato sul collo.”

“Sì!” intervenne Erik, tutto eccitato, come una donna che ha letto un gossip succulento su una qualche rivista. “Credo che Mark abbia una cotta per Dakota! Non è divertente?”

No.

“Davvero, Dakota?”

“Penso proprio di sì”. Il volto di Daniel si rabbuiò e si avvicinò pericolosamente al mio, tanto che riuscivo a sentire il suo respiro accarezzarmi le labbra.

Il mio corpo fu paralizzato all'istante dalla tensione. Le sue spalle si sollevarono. Che cosa aveva intenzione di fare? Timidamente mi chiese:

“E lui ti piace?”

“No.”

Semplice. Chiaro. Liberatorio. Erik spalancò la bocca dallo stupore.

Le spalle di Daniel si rilassarono e lui indietreggiò fino ad appoggiarsi allo schienale della panchina.

“Ho qualcosa per te.”

Frugò nelle tasche dei pantaloni e ne estrasse un piccolo pacchetto rosso e me lo porse.

“Avrei dovuto dartelo tanto tempo fa. Spero che questo mi aiuti a farmi perdonare.”

Lo aprii. Conteneva una graziosa collana di metallo con un ciondolo a forma di cuore. Lo osservai attentamente.

“E' d'argento...il mio...”

“...metallo preferito, sì. L'ho presa apposta. Posso aiutarti a metterla?”

“Sì, grazie.”

Prese la collana e me la mise attorno al collo. Il tocco delle sue dita delicate fece scaturire un'ondata di calore in me. Erik, intanto, ci osservava come se fossimo una razza animale sconosciuta.

Lo guardai, grata e lui ricambiò lo sguardo, felice. Stemmo in silenzio per qualche minuto, poi, ad un certo punto, puntai gli occhi verso il bagno e vidi Mark uscire e avvicinarsi a noi.

“Scommetto che vi siete divertiti senza di me!” la buttò lì Mark, scherzando, ma la domanda tradiva una sua reale insicurezza.

“No, abbiamo solo ammirato il paesaggio.” risposi, prima che qualcun altro potesse aprir bocca.

In effetti gli alberi verdi e rigogliosi e la delicata erba avevano un effetto tranquillante su di me.

Lo scrosciare dell'acqua dal vicino laghetto artificiale e il canto delle cicale distraevano dall'intensa afa che incombeva quel giorno.

Daniel sembrava essere tornato quello di una volta, come se quei mesi di assoluto silenzio non fossero esistiti. Non riuscivo a capire a che gioco stesse giocando.

“Che ne dite, andiamo dalle altalene?” propose Mark e, senza attendere risposta, vi si diresse.

Sembra divertente. pensai e lo raggiunsi in un batter d'occhio, mentre gli altri due si trascinarono come bradipi verso di noi. Mi sedetti su una delle altalene, perchè l'altra era già occupata dal mio amico.

Iniziammo a dondolarsi e a sorridere come bambini. Era bello stare così, senza complicazioni in mezzo. Solo come amici.

Più andavamo avanti, più l'adrenalina prendeva il sopravvento.

“Erik, Daniel, spostatevi!” ordinai agli amici davanti a me, poi mi preparai. L'altalena stava per raggiungere il picco di altezza e...bum! Mollai le catene e saltai dal seggiolino. Qualche istante in volo, urlando di gioia, mentre guardavo le facce scioccate dei miei amici, ed atterrai in piedi sul prato, piegando leggermente le gambe per il peso del mio corpo.

Daniel batté le mani, impressionato, poi disse:

“Brava, davvero. Ma ora è il mio turno! Mi spingi, vero?”

“Ok.”

Daniel si sedette e attese che io mi posizionassi dietro di lui, poi si voltò e mi sorrise.

Un'improvvisa vampata di calore accompagnò l'accelerare del mio battito.

Che bel sorriso.

Turbata da quel pensiero, scossi la testa e iniziai a spingerlo, ma c'era qualcosa che non andava: le mie braccia erano diventate debolissime e tremavano, mentre l'immagine della persona davanti a me rimbombava nella testa.

“No. Questo è sbagliato. Devo smetterla. Che mi prende?”

  
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