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Autore: SheilaUnison    27/01/2014    0 recensioni
Mark è innamoratissimo di Dakota ed un giorno esce con lei ed Erik e sta per rivelarle il suo amore, quando un oscuro personaggio del passato della sua amata spunta fuori e minaccia di rovinare i suoi piani...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non ero mai stata in quella piccola città. Certo, ne avevo sentito parlare da Mark, che vi abitava. Era pittoresca, di periferia, con molti edifici antichi. Numerosi balconi erano agghindati con vasi di fiori dai mille colori. I muri delle case non erano del classico grigio che si può incontrare in città, ma variopinti, e diverse fontane rallegravano la piazza centrale, circondata dagli alberi. Bel posto, cattiva compagnia.

Quel giorno eravamo proprio lì sotto i suoi portici a passeggiare, io, Mark ed Erik.

Non capivo molto la presenza di quest’ultimo a quell’uscita. Non che mi dispiacesse, anzi, ma era palese, quasi scritto sui muri, quasi urlato che Mark avesse organizzato l’uscita solo per rimanere con me ed Erik, evidentemente, non se n’era accorto e si era autoinvitato.

Per quanto mi riguardava, se non ci fosse stato Erik, non sarei mai andata all’uscita. Era un mio amico d’infanzia e lo persi di vista per diversi anni, quando poi me lo sono ritrovata in classe alle superiori. Mi aveva presa sotto la sua ala protettrice e, grazie al suo carattere allegro ed estroverso, ero riuscita a conoscere diversi suoi amici e, insieme, ci eravamo costruiti la nostra compagnia.

Mark, invece, lo avevo conosciuto tramite mio cugino. Ma non mi piaceva.

Era una persona gentile e simpatica, certo, ma mi seguiva come un cagnolino. Era ovunque mi voltassi, sempre, e questo mi soffocava parecchio. Al telefono, se non gli rispondevo dopo qualche minuto, andava in panico e mi chiedeva se fossi arrabbiata con lui. Ascoltava i discorsi perfino quando non erano rivolti a lui e rispondeva sempre, anche se non c’entrava nulla. Era opprimente. Certi giorni non accendevo nemmeno il cellulare, perché non volevo parlare con lui o anche solo leggere un suo messaggio. Inoltre non poteva vantare una particolare bellezza: era alto, ma cicciottello, coi capelli spesso trascurati.

Però gli volevo bene, ma come amica, e non mi osavo dirgli che tutto questo mi dava fastidio, per non offenderlo ,anche perché era da solo una settimana che ci provava con me in modo così evidente.

Ero piuttosto tesa quel giorno, perché sapevo che Mark si sarebbe fatto avanti e il solo pensiero di rifiutarlo e renderlo triste mi dispiaceva. Avevo provato con tutte le mie forse a farmelo piacere, ma era stato tutto inutile.

“Che ne dite di fermarci a questo bar?” chiese Erik all’improvviso, indicando un piccolo locale al fondo del porticato. “Ho un po’ fame.”

“Sì! Va bene!” esclamò Mark, entusiasta.

Fuori dal bar c’erano dei tavolini con delle sedie e ci sedemmo, mentre il mio volto si tingeva di tutti i colori dell’imbarazzo. Mi sentivo come un cervo in trappola. Ero convinta che il momento cruciale si stesse avvicinando. Le gambe mi tremavano dall’agitazione e il mio cuore scalpitava. Afferrai un tovagliolo di carta dal portatovaglioli e iniziai a farmi aria.

“Fa caldo eh, oggi?” dissi nervosamente, ma non ottenni risposta: era sceso un cupo silenzio e Erik mi stava lanciando sguardi interrogativi. Come faceva a non capire quell’idiota!?!

Finalmente arrivò una cameriera con un grazioso grembiule rosso e il taccuino alla mano a porre fine alla tortura.

Ordinai un caffè e un croissant caldo, nonostante la stagione e l’afa che affliggeva le vie in quelle ore, senza contare il sole che splendeva incontrastato nel cielo, mentre le nuvole chissà dov’erano finite.

Mark iniziò a parlare dell’estate, di come si stesse divertendo in quel momento, lanciandomi occhiate e complimenti appena se ne presentava l’occasione. Non riuscivo nemmeno a rispondere, se non balbettando un “grazie” ogni tanto. Non dovevo incoraggiarlo. Speravo capisse da solo ciò che non mi osavo dirgli. Con tutto il cuore.

Quando arrivò il cibo mi ci gettai sopra, sperando che così, col cioccolato del croissant sui denti, sarei apparsa meno attraente per Mark.

Risultato: mi sporcai, sì, ma la guancia, non i denti, così il mio ammiratore, in un’azione eroica per lui e tragica per me, afferrò il suo tovagliolo e si precipitò in picchiata a pulirmi il volto con una specie di carezza, le pupille che si dilatavano a vista d’occhio.

Mi si gelò il sangue. Non riuscivo più a muovermi.

“Vado in bagno.” saltò su Erik, interrompendo quel momento romantico/drammatico, a seconda dei punti di vista.

No, idiota, non adesso! pensai.

Fece per andarsene, quando colsi al volo l’occasione e dissi:

“Vengo anche io, aspetta!”

Così c’incamminammo verso l’entrata del bar, mentre i miei muscoli tesi iniziavano a rilassarsi…fin troppo: le mie gambe stavano per collassare. Una volta entrati, Erik chiese ad un uomo baffuto dietro al bancone dove si trovasse il bagno e questi glielo indicò. Ci dirigemmo verso la porta dei servizi, quando il mio amico si voltò e mi disse, con fare molto convinto:

“Secondo me tu piaci a Mark!”

BUM! I miei nervi crollarono.

“Davvero!?! Non l’avrei mai detto!” gli urlai istericamente contro e me ne corsi nel bagno delle femmine, che, per fortuna, era vuoto, sbattendo la porta.

Mi aggrappai al lavandino, aprii il rubinetto e mi sciacquai il viso. Trassi un profondo respiro e mi specchiai. Purtroppo ero nata con quello che all’inizio mi sembrava un pregio, ma ora mi si era ritorto contro: l’emotività. Qualsiasi emozione che provavo si rifletteva sempre sul mio corpo: mancanza di respiro, tremare di gambe e debolezza fisica erano all’ordine del giorno se mi accadeva qualche evento particolare. In quel momento, infatti, ero bianca come un lenzuolo.

Rimasi un po’ lì a fissarmi nello specchio, finché mi fui calmata, e decisi di uscire e chiedere scusa ad Eric.

Aprii la porta e notai qualcosa a cui non avevo fatto caso: una porta aperta davanti a quella dei servizi rivelò una saletta intima con tre tavoli e delle poltrone, su una delle quali era seduta proprio la mia vicina di casa.

La voce di Erik alla mia sinistra mi sorprese:

“Ehi, ma che ti è preso?”chiese con espressione preoccupata. Ne approfittai, mentendo:

“Scusa, ero un po’ nervosa! Mi spiace…senti, mi fermo qualche minuto a parlare con la mia vicina di casa che mi ha appena chiamata, voi fate pure un giretto se volete, tanto questa qua parla un sacco e non vorrei mai che vi annoiaste ad aspettarmi!”

Spiazzato, Erik annuì semplicemente e mi diede una pacca amichevole sulla spalla, poi se ne andò: mi aveva perdonata.

Dopodiché sfornai il mio migliore sorriso dirigendomi verso la mia vicina, o, meglio, il mio diversivo.

“Salve, signora Brown! Come sta?” chiesi prendendo posto davanti all’anziana signora dall’aria pacifica.

“Oh, signorina Dale! Sto molto bene! Che piacere vederti qui! Vieni, vieni, mia cara! Dimmi, vieni spesso qui?” mi chiese con tono pacato.

“A dire la verità è la prima volta che ci entro. È un posto carino.’’risposi, mentre tiravo fuori il cellulare, che stava trillando allegramente.

Mi era arrivato un messaggio da Erik. Lo lessi: “Ciao! Noi andiamo a farci un giro mentre parli con la tua vicina. Mark ti saluta(è triste). Ci sentiamo magari dopo, quando avete finito di parlare!”

Trassi un sospiro di sollievo e gli risposi “Ok, a dopo!”. Per il momento ero al sicuro. La signora Brown, intanto, continuava il suo discorso:

“Sì, è così bello qui! Ci vengo spesso…poi la proprietaria è così gentile!”

“Non so chi sia.”

“Oh, ma te la presento subito! Eccola che arriva!”

L’anziana mi indicò una persona che si stava avvicinando, ma non la riconobbi subito, poi la identificai e fui colta dalla sorpresa:

“Ciao, Dakota! Quanto tempo!” disse e mi abbracciò.

È la mamma di Daniel! realizzai in quel momento, sopraffatta dall’emozione.

Quella donna era la madre di quello che, fino a qualche mese prima, era stato il mio migliore amico.

“Salve, signora Lucas.”

Le mie mani si agitavano sotto al tavolo in cui ero seduta. Mi rispose:

“Oh, cara, quante volte ti dovrò ripetere di chiamarmi Sandra?” poi si rivolse alla mia vicina: “Signora Brown, ma anche lei conosce Dakota? È una ragazza deliziosa, vero?”

La donna si sedette al tavolino. I lunghi capelli biondi che aveva un tempo si erano leggermente schiariti, fino a sembrare quasi bianchi. Per il resto, era sempre la stessa.

“Sì, abita vicino a casa mia, è una ragazza di compagnia e a modo. Chissà quanti giovanotti le fanno la corte!”

Le due mi guardarono. Avvampai: non sapevo cosa dire, perché ero imbarazzata. Per fortuna, poi, la signora Lucas prese la parola:

“A proposito! – A proposito!?! mi chiesi. – non sei più venuta a trovare Daniel! Come mai? Sono sicura che gli farebbe piacere vederti. Anzi, sai cosa? Che ne dici di fermarti a cena da noi stasera?”

“Beh, ecco…ci devo pensare. Devo chiedere ai miei genitori il permesso.” risposi gesticolando nervosamente con le mani.

“Sono sicura che te lo accorderanno....guarda! Ecco che arriva Daniel!”

Il mio cuore saltò un battito. Lui era lì, stava arrivando, con la sua solita camicia bianca e i suoi jeans blu.

Tutto sembrava procedere al rallentatore, mentre la sua familiare silhouette si avvicinava al tavolo.

Ero così agitata che, ad un certo punto, non potei più sopportare la tensione e mi tuffai:

“Ciao.”

“Ciao, Dakota. Che ci fai qui?”

Non suonava come un'accusa, ma come una semplice curiosità. Tentai di restare sul vago. Dopotutto non erano affari suoi. Non più.

“Ero in giro con amici e siamo capitati qui...non sapevo che aveste aperto un bar.”

Intervenne sua mamma:

“Sì, era il mio sogno! L'officina di mio marito non andava più, allora l'abbiamo trasformata in un bar.”

Daniel aggiunse:

“Io dò una mano nel tempo libero.”

“Ah, giusto, perché poi vai a scuola. A proposito...”

“Ho chiesto a Dakota di cenare con noi stasera! - m'interruppe Sandra. - Ho fatto bene?”

Daniel sembrò seriamente pensarci su , poi, con mia enorme sorpresa, rispose di sì.

Sospirando, presi il cellulare e chiamai casa. Un po' stupiti, i miei mi accordarono il permesso. Durante la chiamata il mio ex migliore amico ascoltava attento la conversazione, fissandomi con i suoi occhi verdi in uno sguardo indecifrabile.

“Allora?” chiese la signora Lucas.

“Sì, posso rimanere per cena stasera, ma prima vorrei avvisare gli amici che erano con me che torno da loro e poi mi faccio ritrovare qui per mangiare.” risposi distrattamente.

Feci per digitare il numero di Erik, quando un braccio mi bloccò. I miei occhi salirono su per il profilo della mano, fino a vedere il volto di Daniel.

“Aspetta! Se ti va possiamo ancora fare un giro con loro, tanto sono le quattro e io ho finito il mio turno...”

Feci un balzo a causa della reazione inattesa del mio ex amico, poi gli risposi di sì, anche se non riuscivo a capire le sue intenzioni. Prima non mi parlava per mesi, poi voleva passare un intero pomeriggio con me?

Che diavolo stava succedendo?

 

  
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