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Autore: PandaPlaysFlute    06/02/2014    1 recensioni
Mikoto convinta ad usare la sua anima nuova, e consumarla, raggiungerà Gaya.
Vivrà la sua avventura.
La sua vita si intreccerà con quella di Kuja, di Gidan e del resto del gruppo.
"Loro sono solo dei recipienti. Io parlo di te e di me." (Mikoto, Final Fantasy IX, CD 3)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kuja, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incest, Spoiler!, Violenza
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-Un recipiente-


Concentrati. Senti il potere magico scorrere dentro di te e lascialo uscire.

Erano sintetizzabili  così i passi per eseguire una magia, o almeno, la prima magia.
Dopo sarebbe venuto tutto naturale.
Si specchiò nella lama della sua daga e sospirò, poi la ripose nella fodera.

Concentrati. I jenoma sono fatti per fare questo, proprio come la gente dell'antica Tera.

Mikoto si strinse nella giacca nera, era uno degli oggetti usati dai maghi più potenti per rafforzare il loro potere... Kuja le aveva dato la possibilità di avere il migliore equipaggiamento esistente.

I jenoma sono fatti per usare la magia.

Continuava a ripetersi le parole di Kuja nella testa. Non aveva sentito altro negli ultimi giorni.

Siamo fatti per fare questo!

Guardò per l'ultima volta le sue mani, non c'era traccia di potere magico, non lo sentiva, semplicemente.
Come poteva sfruttare il potere di Alexander che era entrato in lei se nemmeno riusciva ad eseguire una semplice magia?
Quel potere sarebbe rimasto bloccato dentro di lei invece che aiutarla.
Non ne era la padrona, era solo... Un recipiente.

Attraversò il ponticello di legno, soffermandosi a guardare l'acqua del fiume scorrere.
Su Gaya tutto era in movimento, come poteva quel potere rimanere sospeso dentro di lei?
Accennò un sorriso guardando la piccola costruzione oltre al ponte. 
Un mulino, con le pale fatte di robuste piume dorate.
Kuja l'aveva davvero accontentata, in quei giorni di allenamento si erano sempre fermati in quel villaggio per dormire la notte, era convinta che lì ci fosse tutto quello che un jenoma possa desiderare.
Avrebbe voluto godersi ogni particolare e ogni momento, essere una creatura libera qualsiasi, come i gufi che popolavano la  foresta che incorniciava quel villaggio.
L'unica cosa non chiara era il perché il villaggio fosse abbandonato, chi poteva abbandonare un luogo del genere?

-E' il momento, Kupò-

Mikoto tese l'orecchio, era sicura di aver sentito il verso di un moguri.

-Mi sento strano...- Le giunse un'altra voce.

Sembravano provenire da dietro la porta del mulino.
Mikoto esitò, aveva creduto che quel villaggio fosse disabitato.
Si avvicinò al mulino, notando la porta semiaperta. Poteva sentire delle voci borbottare all'interno.
Entrò silenziosamente, cercando di capire cosa stesse succedendo in quella stanza.
Due maghi neri le davano le spalle, troppo occupati a guardare l'oggetto davanti a loro ed un moguri volava nervosamente attorno ai due. Fu piuttosto stupita di vedere i maghi neri nel villaggio, che Kuja li avesse portati senza dirle niente?
Continuò ad osservare la scena, erano tutti e tre incantati da uno strano oggetto, e non era una scena così insolita per lei che era nata e vissuta a Branbal. 
I jenoma passavano il giorno a fissare il blu.
La poca luce era quella lunare che penetrava dalla porta semiaperta, unita a quella e calda di una candela, nella mano di uno dei due maghi.
Mikoto si avvicinò per vedere meglio l'oggetto che li teneva in uno strano stato di agitazione.

Un cristallo?

Lo osservò perplessa, sembrava un cristallo opaco, non era lucente e trasparente come quello nel villaggio Branbal, che permetteva ai jenoma di guardare il flusso di anime di Gaya nutrendo la loro eterna attesa.
Eppure quell'oggetto emanava uno strano calore. 
Immaginò che nel momento in cui il flusso di anime si fosse invertito, tutti i jenoma avrebbero sentito quel particolare calore provenire dai cristalli.
Forse allora i cristalli sarebbero diventati opachi come pietre, proprio come quello dei maghi, chissà.

Si chiese di chi fosse l'anima lì dentro. Guardò i tre, scommettendo su uno dei due maghi neri. 
I servitori di Kuja le erano sembrati privi della vitalità della gente di Gaya.

-Ci siamo quasi!- Disse il moguri.
-Sta Proprio nAscendo!- Esclamarono i maghi con entusiasmo.
Arretrarono leggermente, lasciando intravedere una grossa crepa sulla superficie dell'oggetto. Mikoto si avvicinò a loro per vedere meglio la scena.

Kueh

Faticò a credere ai suoi occhi, dall'uovo crepato s'intravedevano delle piume gialle,  poi la piccola testa di un nuovo essere dagli occhi neri e vivaci. Un piccolo... Mostro?
Senza distinguerla provò una forte emozione.
-è PropRio naTo!- 
Uno dei due maghi si girò verso la jenoma.
L'altro si voltò a guardarla. - Sei La ragaZza... che in questi giorni vieNe sempre nel viLlaggio con Kuja!- 
Li guardò perplessa.
I maghi si prepararono a combatterla, facendo risplendere delle piccole sfere infuocate tra le loro mani.
-Aspettate! Non siamo qui per farvi del male...- Provò, arretrando verso l'uscita del mulino.

Si ritrovò a parlare con i due riguardo al passato dei maghi neri e la loro sorte. Scoprì che erano stati creati da Kuja per essere macchine di distruzione.
-Allora perché alcuni di voi lo stanno servendo?- Chiese.
-Vedi...- Numero Centounidici le indicò il campo davanti a loro, erano giunti davanti ad oggetti simili a spaventapasseri, ma vestiti da maghi neri.
-AlcUni di nOi si sono già fErmAti, e suCcederà a tUtti noi.- Si prese una pausa. -Ma Kuja ha promesso che allungherà loro la Vita se lo sErviranno.- Centounindici si incupì.
Mikoto capì che gli abiti che vedeva appesi al legno davanti a loro dovevano essere appartenuti a maghi neri non più in vita.
Si sentì strana, proprio come quando poco prima aveva visto nascere la piccola creatura dall'uovo. Non le era familiare la nascita, quanto la morte. 
-VolevAmo anDare anche nOi con gli altri, ma dovevamo cUrare l'uovo di ChocObo.-
-L'abBiamo covato Noi.- Aggiunse numero Trentatrè con orgoglio.
Mikoto ascoltò in silenzio. 
Forse se lei fosse riuscita ad essere abbastanza forte per aiutare Kuja nella lotta contro Garland, tutte le ingiustizie sarebbero finite, per loro due, per il futuro dei jenoma e anche per i maghi neri. Kuja non avrebbe avuto più bisogno di loro ne come armi, ne come servi.
I maghi tornarono all'interno del mulino, Mikoto li vide abbracciare il piccolo chocobo, mentre lo guardavano compiaciuti. 
Era così che gli abitanti di Gaya trasmettevano la propria vicinanza, lo aveva realizzato solo in quel momento, nonostante non fosse la prima volta che vedeva la gente di quel mondo cercare contatto in quel modo.

-è PropRio Nato!- Sentì l'entusiasmo nella loro voce un'ultima volta chiudendo la porta del mulino.
I maghi neri, una volta liberati dal loro ruolo di armi, si dimostravano creature semplici e in grado di apprezzare la vita. Forse Kuja non aveva fatto un cattivo lavoro creandoli, pensò la jenoma.

Guardò la Luna rossa nel cielo.
L'antica Luna di Tera, era rimasta lì sospesa nel cielo di Gaya quando Garland aveva fallito la fusione. 
Glielo aveva spiegato Kuja qualche giorno prima.
E così i jenoma avevano perso l'unica cosa che brillava debolmente di rosso, e comunque, quando Mikoto provava ad immaginarla nel freddo blu di Tera le vedeva fuori luogo, come un jenoma con l'anima.

Si guardò i palmi delle mani sperando per l'ultima volta in quella notte di sentire il potere intrappolato in lei.
Sospirò, poi cercò la via per sentire più vicina quella Luna rossa.

***
 

La pietra rossa al centro dell'armatura di Garland cominciò a risplendere.
Era lo stesso bagliore dell'occhio dell'Invincible.
Kuja rimase sconvolto a guardare Bahamut cercare di divincolarsi  da una forza invisibile che lo teneva imprigionato.
Quando Bahamut si girò non era più lo stesso. Non gli apparteneva più. 
Garland gli aveva rivoltato contro il Re dei Draghi.
Fece appello a tutto il suo potere magico per creare una barriera magica, conspevole che non avrebbe tenuto a bada a  lungo il potente Bahamut, si aggrappò a Silver Dragon, presero il volo.
Un folle volo verso l'alto.

Quando si girò per controllare la distanza da Bahamut, se lo ritrovò davanti  e venne investito dalla luce.
Si aspettava di sentire dolore, invece si sentì cadere dal drago.
Sentì la risata di Garland. Non era sicuro che Garland gli avesse mai riso in faccia, prima d'ora.
La caduta gli sembrò infinita, non sembrava così alto quel posto quando l'aveva guardato da terra.
Quel posto?
Non sapeva nemmeno dove stavano combattendo. Non era né rosso come il Pandemonium né blu come Tera.
Era buio.
Non fu sicuro di aver raggiunto il fondo,  l'unica cosa che percepiva era una strana sensazione di calore. 
Cercò di mettere a fuoco la figura al suo fianco. Aveva la sensazione che non dovesse essere lì  in quel momento.
Bahamut stava arrivando, pronto ad attaccare. 
Ci provò ad avvisarla, ma non pensava che potesse fare qualcosa. Non fu nemmeno sicuro che la sua voce fosse uscita per pronunciare il suo nome.

Mikoto...

L'unico rumore era quello del suo respiro affannato, ma lui poteva sentire anche quello frenetico del suo cuore rimbombargli tra le orecchie.
E con uno sforzo aprì gli occhi, sbarrandoli. 
Sperò di non aver parlato ad alta voce.
Era  nella locanda dei maghi neri, al secondo piano del letto a castello, sopra di lui riposava Mikoto. Era tutto come le notti precedenti. Era tutto sotto controllo.

Era stato ...solo un incubo.

Lo ripeté qualche volta nella sua mente, fino a convincersene.
Sognava spesso Garland. Qualche volta riusciva ad annientarlo e si risvegliava sempre prima di sentirsi felice, altre volte erano incubi, incubi e basta.
Questa era la prima volta che c'era anche Mikoto nei suoi sogni.
Sicuro del fatto che non avrebbe dormito oltre, si alzò, accorgendosi che anche Mikoto aveva abbandonato il letto e la locanda. Uscì in cerca di aria fresca per liberare la mente dagli incubi della notte.

"The world that we now live in
the world inside my dreams
i thought that they'd be different 
but nothing is to be seen"


La voce di Mikoto proveniva dall'alto.
Le note gli erano familiari, era qualcosa che aveva a che fare con l'antica civiltà di Tera.
Purtroppo, una parte della cultura dell'antico popolo era andata persa per sempre, anche se Garland fosse riuscito nella sua impresa di prendere le anime di Gaya.
C'erano cose che solo le anime di Tera sapevano, e Garland era riuscito a salvarne solo tre.
Nonostante gli scocciasse non essere unico nemmeno in questo, Kuja si era sempre consolato nel sapere che la migliore fosse la sua, anche se Garland gli aveva sempre detto il contrario.
Salì un piccola scaletta, e giunto sul tetto  si accorse  che i tetti e le piccole finestre tonde del villaggio ricordavano il cappello e gli occhi luminosi dei maghi neri. Forse ognuno cerca di creare cose simili a sé.
E lui cosa aveva creato?

Patetiche marionette fatte di avanzi di anime.

Si passò una mano sulla fronte, tirando indietro i capelli, e sbuffò, forse scambiare qualche parola non era una cattiva idea.

-Kuja!- Mikoto fu sorpresa di vedere il jenoma raggiungerla sul tetto della locanda.
Si mise seduto vicino a lei.
-Nemmeno tu riesci a dormire stanotte?- Gli chiese.
Lui annuì portando lo sguardo alla Luna rossa. 
-Cosa stavi facendo?-
-Pensavo... Kuja ti è mai capitato di non riuscire a fare qualcosa? Di non riuscirci proprio anche se lo vuoi davvero?-
-No.- Rispose lui, senza pensarci due volte. A dir la verità, poche cose erano riuscite come le desiderava, ma non l'avrebbe ammesso così facilmente. -è per la magia, vero?-
Mikoto annuì, intristita.
-Non c'è nessun modo con cui io possa aiutarti? Un modo per cederti il potere di Alexander, magari...-
Puntò su di lui gli occhi pieni di speranza.
La guardò turbato.
-Non lo so.- Mentì, sembrando improvvisamente  insicuro.
Mikoto sospirò -Mi dispiace.-
Si avvicinò appoggiandosi a lui, senza curarsi della sua mancanza di reazioni, lei aveva appena imparato che è così che gli abitanti di Gaya dimostrano la loro vicinanza.
E per il momento era l'unica cosa che poteva offrirgli. 
Poi restarono in silenzio.

Kuja sentì il respiro di Mikoto farsi sempre più lento  e profondo, quando si addormentò si sentì più libero di guardarla, senza quegli occhi pieni di fiducia puntati nei suoi era tutto più facile.
La coda della jenoma era coperta dalla lunga giacca nera. Il viso con le ciocche legate dai due piccoli fermagli era più dolce di quello apatico dei jenoma recipienti, così come l'espressione serena che aveva durante il sonno.
Notò che il calore di Mikoto era proprio come lo aveva sentito in sogno.
Alzò gli occhi sulla Luna rossa, poi sulle stelle e poi nella parte più buia del cielo, si perse a guardare  gli spazi neri una stella e l'altra, e poi di nuovo tra i suoi pensieri.

La gente di Tera non voleva morire, voleva continuare a vivere. Per questo fu creato Garland.
Come si permetteva adesso di sottomettere la voglia di vivere delle loro anime?





Non mi sono dimenticata di questa storia :)
Ci tenevo ad ambientare un capitolo di notte nel villaggio dei maghi neri, perchè lì avviene uno dei momenti più belli del gioco, almeno per me. Sto parlando della scena in cui Gidan ipotizza che Vivi voglia restare con i suoi simili, che abbia trovato la sua casa e poi comincia a parlare dei ricordi della sua origine, della luce blu. E' l'immagine che ho da qualche mese nel mio profilo. Il fatto che abbiano utilizzato una ambientazione così... magica solo per qualche istante probabilmente contribuisce a renderla speciale, così come a rendere speciale quel momento.
comunque *_*.

Ehm.. Intendo che quel passaggio mi incanta ogni volta.
Prevedo un po' più di azione nei prossimi capitoli... A presto :)
  
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