Edgeworth:
Wright. Devo dire che non mi aspettavo di incontrarti di nuovo, dopo tutti questi anni.
Maya:
Incontrarti di nuovo?
Edgeworth:
Comunque... a ripensarci, sarebbe stato meglio se non ci fossimo ritrovati! Per colpa tua sono tormentato da... spiacevoli sentimenti!
Phoenix:
Spiacevoli sentimenti?
Edgeworth:
Si. Disagio e... incertezza!
Phoenix:
Saranno spiacevoli, ma li definirei necessari!
Edgeworth:
Servono soltanto a ostacolare il mio lavoro. Ascoltami, Phoenix Wright: non osare mai più comparire di nuovo dinanzi a me! Sono venuto qui soltanto per dirti questo.
Wright
percepì quelle parole come un pugno in pieno volto.
Dopo averlo
cercato per mari e per monti per molti anni senza ricevere alcuna
risposta, Edgeworth lo stava minacciando di smetterla, come se fosse
uno stalker indesiderato e non un amico di vecchia data che stava
cercando di riallacciare i rapporti con lui.
Phoenix rimase a
osservarlo incredulo mentre il procuratore gli voltava le spalle e si
allontanava a passo svelto percorrendo il corridoio del tribunale con
poche, grandi falcate.
Sia
Maya sia l'attore Will Powers rimasero stupiti a quelle parole tanto
quanto l'avvocato.
Dopo qualche istante l'attore cercò di rompere
quel silenzio imbarazzante appena creatosi con qualche
domandina di circostanza a cui rispose con veemenza la sensitiva.
Phoenix apprezzò molto il suo gesto, ma ormai era troppo
tardi per
risollevargli il morale.
Edgeworth era stato molto chiaro a riguardo:
non lo voleva tra i piedi e sopratutto non gli era mai interessato
riallacciare i rapporti con lui (e con Larry).
Ma l'avvocato era
riuscito a leggere tra le righe dell'intero discorso osservando
l'espressione rabbiosa del suo “rivale” e
confermando il suo
timore più grande.
-Edgeworth mi odia...?- Mormorò senza che nessuno dei due lo sentisse.
Non poteva crederci, non dopo tutto quello che avevano passato da giovani, non dopo che si erano promessi amicizia eterna tra i banchi di scuola, non dopo aver condiviso tutti quei giochi e quelle avventure al parco, non dopo aver ricevuto quel suo primo bacio innocente ed inaspettato il giorno prima di quel famoso quanto triste caso DL-6.
Uno
strattone alla sua manica da parte di Maya lo distolse da quella
triste rivelazione e gli fece notare che l'aula del tribunale in cui
aveva appena disputato e vinto la causa si era svuotata, riversando
il suo contenuto nel corridoio in cui si trovavano.
Will Powers ne
approfittò per congedarsi e raggiungere i suoi colleghi che
lo
circondarono per congratularsi con lui. Wright e Maya invece
seguirono la massa che defluiva verso l'uscita del tribunale e si
avviarono verso lo studio Wright & Co.
-Nick, cosa c'è? Sembra che tu abbia visto un fantasma!- Esclamò all'improvviso Maya scendendo le ultime scale del tribunale con un salto e parandosi davanti a lui.
Il
ragazzo la guardò dall'alto in basso senza dire un parola,
ammirando
il suo improvviso spirito di osservazione.
Maya
lo fissò con uno sguardo che gli perforò
l'animo.
Wright riuscì a
sostenere il suo sguardo solo per pochi istanti, per poi distoglierlo
irritato.
A volte quella ragazzina lo sorprendeva davvero.
-Ma no, che dici! E' solo che ho accumulato molta tensione nel processo di oggi e ora mi sto rilassando- Mentì spudoratamente per cercare di coprire la verità.
Ma
la verità era così semplice da intuire e Maya non
perse tempo per
tirarla fuori e sbattergliela in faccia come fosse uno schiaffo:
-E
per quello che ti ha detto Edgeworth, vero?-
Phoenix
rimase a contemplare il vuoto con lo sguardo basso.
Sapeva
che tutto del suo corpo urlava dolore per quelle parole, ma non lo
avrebbe mai ammesso, non davanti a lei almeno.
Non voleva che si
immischiasse in quella storia, era troppo importante per lui, troppo.
Ma
Maya, con uno sguardo fermo e deciso, riuscì a stupire
nuovamente
l'avvocato:
-Nick, perché non gli hai risposto per le rime? Perché sei stato zitto e lo hai osservato mentre si allontanava senza fare niente?-
Wright
alzò lo sguardo incredulo, fissandola come la prima volta
che
l'aveva vista accanto al cadavere della sorella.
Per un momento
credette che Mia si fosse impossessata del suo corpo e gli avesse
parlato, ma dopo un'occhiata veloce constatò che era stata
veramente
Maya a parlare.
Maya non disse nulla, rimase con il suo sguardo fisso
su di lui in attesa di una risposta.
Phoenix
cominciò a sudare proprio come nei processi quando si
trovava in una
situazione critica.
-Ecco... io... ecco insomma, cosa potevo...?!- Balbettò incerto.
-Va da lui, Nick! Va da lui e parlagli. Urlagli in faccia, prendilo a pugni, fa qualsiasi cosa ma fagliela pagare per quello che ha detto! E' una persona che non sa perdere e non devi permettergli di minacciarti ogni volta che non riesce a vincere una causa!-
Il
ragazzo si lasciò scappare un sospiro di sollievo; per
fortuna la
sua assistente non aveva capito nulla di tutta la situazione che si
era creata.
Meglio così, ed in fondo aveva anche ragione.
-Si, hai ragione. Allora tu precedimi all'ufficio, io sbrigo questa faccenda e arrivo. Ecco porta con te anche la ventiquattrore e stai attenta perché è piena di documenti su Will Powers!-
-Ok ok Nick, ma pretendo che mi offri una bella cena a base di hamburger stasera!- Esclamò entusiasta Maya.
L'avvocato
acconsentì ad ogni sua richiesta mentre la salutava e
velocemente
ritornò nel tribunale.
Entrando nell'atrio incrociò casualmente il
detective Gumshoe con indosso il suo fedele quanto disgustosamente
lercio impermeabile sgualcito:
-Oh, ehi amico! Dove vai così di fretta?- Chiese con il suo solito sorriso spontaneo ma poco intelligente.
-Ecco... si... cerco il procuratore Edgeworth!- Rispose guardandosi freneticamente intorno.
Il
volto del detective assunse un'espressione stupita:
-Tu!
Il signor Edgeworth?-
-Si, devo parlargli. Sai dove si è cacciato?-
Il
detective fece per pensarci un po' su mentre il ragazzo dalla giacca
blu passava in rassegna tutte le persone che passavano dall'atrio per
uscire dall'edificio.
Alla fine il detective si rassegnò:
-Non saprei proprio, amico! Prova a vedere nel parcheggio sotterraneo, di solito il signor Edgeworth usa sempre la sua macchina per venire a lavoro-
L'avvocato
lo ringraziò velocemente lasciandolo confuso nell'atrio dove
lo
aveva incontrato e si avviò correndo verso le scale del
parcheggio
sotterraneo, superando l'ufficio del giudice e i bagni pubblici.
All'improvviso
una porta si aprì dietro le sue spalle.
-Wright?-
L'avvocato si girò di scatto trovandosi davanti il procuratore in rosso che usciva dalla porta del bagno maschile.
-Da quando usci i bagni pubblici?- Chiese senza rifletterci guardandolo con curiosità.
Che
avesse cambiato le sue abitudini da quando non si frequentavano
più?
A
quella domanda il ragazzo dai capelli argentei arrossì
vistosamente
e chiuse con forza la porta del bagno.
-Mi era sembrato di essere stato molto chiaro a riguardo: non voglio più vederti!- Disse scandendo le ultime parole.
Wright
le sentì di nuovo sulla sua pelle come un vero e proprio
pestaggio,
ma cercò di ignorare quella sgradevole sensazione e si
avvicinò di
qualche passo a lui.
-So
che è difficile da accettare, Edgeworth, ma io lavoro qui
– Si
avvicinò di qualche altro passo -Perciò non puoi
non vedermi!-
Il
procuratore lo fulminò con uno dei suoi soliti sguardi truci
per poi
aggirarlo e scendere le scale per il parcheggio sotterraneo senza
dire una parola.
Wright rimase a contemplare la porta del bagno,
quasi rassegnato all'evidente disprezzo che Edgeworth provava nei
suoi confronti.
Ma non poteva mollare proprio adesso, non ora che
dopo tutti quegli anni era riuscito a raggiungerlo e a parlargli.
No, oggi questa storia finirà... non importa come, ma finirà!
Phoenix
riuscì a raggiungere il procuratore proprio mentre stava
salendo
sulla sua fiammeggiante macchina sportiva.
Senza alcuno scrupolo,
l'avvocato afferrò il ragazzo dalla giacca rossa per un
braccio e lo
tirò fuori con forza, inchiodandolo con lo spalle contro una
colonna
portante di cemento del sotterraneo.
-Ma sei impazzito?- Urlò Edgeworth perdendo all'improvviso la sua imperturbabile calma.
Wright
riuscì a trattenerlo alla colonna fermandolo per i polsi e
opponendosi ai suoi tentativi per liberarsi.
-Dobbiamo
parlare Edgeworth, dobbiamo assolutamente parlare!-
-Lasciami Wright, ti è dato di volta il cervello?-
Phoenix
lasciò subito andare i polsi del ragazzo suo coetaneo ed
indietreggiò di qualche passo, smarrito.
-Scusami
Edgeworth, mi sono fatto prendere dalla furia e...-
Un
pugno in pieno volto, un pugno vero e ben assestato, non permise al
ragazzo corvino di continuare la frase.
Wright
fu scaraventato a terra mentre un dolore lancinante si diffondeva su
tutto il suo zigomo sinistro.
Altro che parole dolorose come pugni.
Un
Edgeworth furibondo lo sovrastò subito e, prendendolo per il
bavero
della giacca, lo rimise in piedi con forza.
-Hai
superato ogni limite, insulsa testa di porcospino!- Gli urlò
in
faccia scuotendolo con forza.
Per
fortuna non c'era nessuno nel parcheggio sotterraneo, altrimenti lo
avrebbero arrestato seduta stante e processato per aggressione
fisica.
L'avvocato
Wright era ancora stordito dal pugno ricevuto in pieno volto da
quello che un tempo considerava uno dei suoi migliori amici.
Dopo
qualche strattone Edgeworth lasciò la presa sulla giacca del
“rivale” e gli diede le spalle, cercando di
sbollire l'accesso di ira di cui era stato vittima pochi secondi prima.
-Edgeworth...
sei sempre stato così manesco- Disse alla fine Phoenix
massaggiandosi lo zigomo colpito.
Il
procuratore sbuffò a quelle parole ma non accennò
a voltarsi.
-Edgeworth
dobbiamo parlare!- Ripeté con insistenza.
-Wright non insistere, non ho nulla da dirti-
-Ti prego Edgeworth. Facciamo così, tu ascolti quello che ho da dirti e io non ti denuncio per aggressione fisica!-
Era
disposto a tutto pur di parlargli, anche a minacciarlo come uno
sporco criminale.
Edgeworth lo trafisse con un altro dei suoi sguardi
taglienti con la coda dell'occhio, poi sbuffò di nuovo e
aprì la
portiera della sua auto mettendosi al posto di guida.
-Salì!-
-------------------
Phoenix
osservava il languido paesaggio dell'autostrada sfrecciare accanto a
loro dal finestrino chiuso dell'auto in corsa.
Aveva accettato senza
riflettere l'invito di Edgeworth a salire sulla sua auto e seguirlo,
ma ora sentiva un nodo alla gola e una certa tensione addosso.
Dove
lo stava portando? Ma soprattutto, che intenzioni aveva? Senza
volerlo l'avvocato si toccò lo zigomo ormai gonfio e
violaceo.
Ogni
tanto, con la coda dell'occhio, osservava il procuratore guidare in
modo alquanto spericolato con lo sguardo fisso davanti a lui.
Spesso
lo sentiva spostare la mano sul cambio della macchina e ingranare con
forza una nuova marcia.
Wright non aveva mai preso la patente e non
se ne intendeva di macchine, perciò non riusciva a capire
quante
marce avesse quel bolide fiammeggiante e perché il
procuratore ne
ingranasse così tante.
D'un
tratto Edgeworth imboccò un'uscita dell'autostrada e dopo
pochi
attimi si ritrovarono di nuovo nella città, esattamente nel
quartiere dove abitava Wright.
L'avvocato rimase stupito da quel
colpo di scena: il procuratore sapeva dove abitava!
Edgeworth
parcheggiò la macchina in doppia fila sotto il condominio di
Phoenix, senza alcuno scrupolo.
Spento il motore, il ragazzo dai
capelli argentei rimase in silenzio a fissare davanti a se, come in
attesa di qualcosa.
L'avvocato capì che era giunto il momento tanto
atteso e, facendosi forza e prendendo un bel respiro come faceva
tutte le volte all'inizio di ogni processo, cominciò il suo
discorso di
apertura con un “E' giunto il momento di”, ma
Edgeworth lo troncò
subito:
-Non insistere Wright, ti ho solo riportato a casa. Scendi dalla macchina e non farti mai più vedere!-
Il ragazzo dai capelli a punta si ammutolì di colpo nel sentire quelle parole.
Dunque era questo il suo scopo fin dall'inizio... e io che pensavo che mi avesse dato una possibilità...
Rimasero
in silenzio per alcuni, interminabili minuti, finché il
ragazzo dai
gusti ottocenteschi non lo guardò girando lentamente la
testa:
-Cosa
aspetti? Scendi dalla mia macchina!-
Scandì le ultime parole per dargli maggiore enfasi come al suo solito.
Wright
chiuse gli occhi mentre incassava un altro di quei colpi immaginari.
Rifletté velocemente sulla situazione che si era creata da
quando
Edgeworth gli aveva parlato fuori dall'aula del tribunale fino a
quel momento e alla fine capì.
Quando, dopo pochi attimi, riaprì
gli occhi posò uno sguardo triste, rassegnato ma
estremamente deciso
sulla figura del procuratore.
-Miles-
Il
sentirsi chiamare per nome così all'improvviso scosse
Edgeworth, che
rimase stupito.
-Ti ho cercato per molti anni, ho cercato di riallacciare con te i rapporti in ogni modo, tentando di tutto, diventando perfino un avvocato pur di entrare in contatto con te, ma tu mi hai sempre rifiutato ignorandomi e adesso allontanandomi. La domanda è: perché l'ho fatto nonostante il tuo disinteresse?-
Lo
sguardo dell'avvocato incrociò lo sguardo triste e vuoto del
procuratore.
All'improvviso Wright colse un piccolo, quasi
impercettibile barlume che si faceva faticosamente strada tra il
tetro grigiore dei suoi occhi.
Questo gli diede nuova forza e lo
spronò a continuare, a giocare il tutto per tutto:
-L'ho fatto in nome della nostra amicizia, per tutto quello che abbiamo condiviso, con o senza Larry, ma soprattutto per quel bacio rubato quel pomeriggio al parco abbandonato... io volevo sapere, io voglio e devo sapere! Ma tu non vuoi parlare, perciò...-
L'avvocato
lasciò volutamente la frase sospesa per creare atmosfera,
uno dei
piccoli trucchetti imparati dal suo mentore Mia.
Lentamente e con lo
sguardo sconvolto di Edgeworth puntato addosso, il ragazzo in blu
aprì la portiera della macchina e scese.
-Miles, oggi mi hai ordinato più volte di non farmi più vedere. Voglio accontentarti, ma sappi che se varcherò quella porta- Indicò il portone del suo condominio – Senza che tu faccia niente per fermarmi, io sparirò per sempre dalla tua vita!-
Senza
salutare né dare altre spiegazioni, Phoenix chiuse con forza
la
portiera della macchina e si avviò lentamente verso
l'ingresso del
suo condominio.
Si sentiva addosso lo sguardo esterrefatto del
procuratore, perciò si sforzò di tenere un
andamento fiero e
sicuro, anche se dentro di se il suo animo urlava di dolore e
disperazione.
Passo dopo passo si avvicinava sempre di più alla sua
triste meta.
Perché
non lo fermava? Perché non sentiva la portiera dell'auto
chiudersi
di scatto e delle braccia dalla stretta “micidiale”
stringersi
intorno a se, arrestando la sua inesorabile corsa? Perché
non
sentiva alcuna parola dolce essere sussurrata nel suo orecchio?
Impiegò
diversi lunghissimi minuti per raggiungere il condominio, ma alla
fine riuscì, con il cuore gonfio di dolore, a varcare la
soglia del
portone d'ingresso e mettere così fine a quella travagliata
situazione che si portava dietro da anni.
Rimase
fermo, dritto davanti le scale finché non sentì
il portone
chiudersi dietro di se e solo allora diede sfogo ai suoi sentimenti
portandosi le mani sul volto e lasciandosi sconvolgere dai
singhiozzi.
Non
lo aveva fermato, non aveva neppure cercato di farlo, come se non gli
interessasse minimamente il fatto che non si sarebbero più
visti, né
parlati, né frequentati, né niente. Il solo
pensiero gonfiò gli
occhi di Wright di lacrime calde e salate che gli rigarono
all'istante il volto.
Tutti
quegli anni passati a cercare di riallacciare quello che solo a lui
era sembrato l'inizio di una bruciante passione, un sentimento
provato solo da lui in un rapporto che era stato da sempre a senso
unico.
Come avrebbe potuto ora spegnere quel sentimento che per tutto
questo tempo aveva alimentato con tanta speranza?
Si
asciugò gli occhi con le mani tremanti e si
inerpicò sulle scale
del condominio raggiungendo in poco tempo il suo appartamento al
secondo piano.
Aveva un'urgente bisogno di un posto comodo dove
sdraiarsi, una scatola di fazzoletti con cui asciugarsi tutte le
lacrime che quel giorno avrebbe versato e magari anche una vaschetta
di gelato con cui sfogare il suo dolore.
Il
suono ovattato di un citofono incredibilmente simile al suo lo
distolse dai suo pensieri infelici riportandolo alla
realtà.
Subito
si accorse che quel suono era realmente del suo citofono e che
proveniva dalla porta ancora chiusa dell'appartamento.
Velocemente
aprì la porta con la chiave che si portava sempre dietro e
rispose
al citofono con voce squillante ma tremante.
-Wright hai dimenticato la tua ventiquattrore nella macchina!- Lo rimproverò una voce profonda.
Era
Edgeworth ed era tornato soltanto per riportargli quell'oggetto.
Phoenix
sentì le lacrime offuscargli nuovamente gli occhi ma
cercò di
ricacciarle indietro come meglio poteva:
-Si, si scusami, ora ti apro...-
Con
un movimento meccanico l'avvocato aprì il portone del
condominio
premendo un piccolo tasto accanto alla cornetta del citofono.
C'era
qualcosa in quella nuova situazione da poco creata che lo turbava,
molto più della sconcertante rivelazione che aveva appena
ricevuto.
Wright rimase ad aspettare il procuratore sul pianerottolo
arrovellandosi il cervello, finché la vista di Edgeworth a
mani
vuote non lo illuminò.
La ventiquattrore l'ho data a Maya fuori dal tribunale!
Ma
Edgeworth non gli diede il tempo di chiedere spiegazioni.
Con
uno spintone lo fece rientrare nel suo appartamento poi, chiudendosi
dietro la porta per evitare sguardi indiscreti, gli gettò le
braccia
al collo e premette con forza le sue labbra su quelle di un avvocato
incredulo.
Il
bacio che il procuratore riuscì a strappargli
così all'improvviso
fu uno dei più dolci e allo stesso tempo appassionati baci
che
Wright avesse mai ricevuto.
La foga con cui Edgeworth gli si era
buttato addosso lo costrinse ad appiattirsi al muro del corridoio
dell'appartamento, bloccandolo sotto quella mole e sotto quei baci
prepotenti.
Incredulo,
confuso e stordito dal pianto convulso che lo aveva appena sconvolto,
Wright strinse i fianchi del compagno a sua volta e ricambiò
quel
bacio che per tanti anni aveva desiderato più di ogni altra
cosa.
La
sua lingua prese il sopravvento su quella del procuratore e si mosse
intorno ad essa ed esplorò tutta la sua bocca in un
perfetto, quanto
sensuale bacio alla francese.
Quando
si divisero Edgeworth strinse il ragazzo corvino al suo petto e
disse:
-Scusami Wright...-
-...-
-Scusami... io ho... ho fatto di tutto per dimenticarti, ma proprio non ci riesco! Wright, ho cercato di soffocare i miei sentimenti per non soffrire di nuovo come ho sofferto per quel maledetto caso DL-6, ma ho capito che così facendo ti stavo solo perdendo... stavo per ricadere nel baratro della sofferenza e della solitudine!-
Phoenix
si lasciò cullare in quel caldo abbraccio che riusciva a
stringerlo
tutto.
Quante volte lo aveva immaginato, quante volte lo aveva
desiderato, ed ora era lì, lo stringeva e gli riscaldava
l'animo, ed
era esattamente come lo aveva immaginato.
-Non voglio perderti- Continuò Edgeworth con il cuore in mano -Non voglio perderti di nuovo, non voglio soffrire ancora! Io...-
Wright
lo incoraggiò accarezzandogli lentamente la schiena.
-... Io ti amo!-
-Miles...- Sussurrò l'avvocato, ma quella dolce atmosfera venne stroncata da un'improvvisa telefonata che fece squillare ferocemente il cellulare di Phoenix, diffondendo nella stanza la melodia del samurai d'acciaio.
-Ah... dev'essere Maya...- Disse Phoenix sciogliendo l'abbraccio- O no, accidenti!-
-Nick!!!!- Urlò la ragazza quando l'avvocato rispose -Sono ore che ti aspetto nell'ufficio, ma che fine hai fatto?? Hai chiarito con quel pallone gonfiato del procuratore?-
Edgeworth
fissò con uno sguardo sprezzante l'avvocato:
-Pallone
gonfiato...?-
-Si, cioè no, cioè... ecco Maya, sono dovuto passare un attimo a casa per prendere una cosa e...-
-Oh accidenti Nick, io ho fame! Basta, me ne torno a casa!-
Detto
ciò, la ragazza chiuse il telefono in faccia all'avvocato.
-Accidenti,
si è offesa...-
-Si è fatto tardi anche per me, Wright. Ho prenotato un tavolo nel ristorante davanti al commissariato, perciò... ci sentiamo...!-
Imbarazzato
per non sapere come congedarsi da colui al quale si era appena
dichiarato, Edgeworth fece per andarsene ma fu prontamente bloccato
da Phoenix:
-No
aspetta, non te ne andare, rimani qui con me! Ho da cucinare degli
hamburger! So che non sono granché, ma ti prego rimani!-
Il
procuratore si accigliò dubbioso a quella proposta, ma si
convinse
subito quando l'avvocato gli posò nuovamente le labbra sulle
sue
cingendolo in un abbraccio.
Alla fine posò la sua roba su una sedia
nel corridoio mentre Phoenix correva felice verso la cucina per
preparare un pranzo per due.
Mentre
consumavano il pranzo a base di hamburger e patatine fritte seduti al
tavolo della cucina, i due giovani avvocati buttarono l'occhio a una
finestra che dava sulla strada attirati da dei rumori strani.
-Cosa
sono questi rumori?-
-Dev'essere qualcosa tipo un carro attrezzi- Rispose Edgeworth infilandosi una forchettata di patatine in bocca.
-Edgeworth, ma l'hai spostata la macchina in doppia fila?-
-Oh..- Si limitò ad esclamare il procuratore massaggiandosi la fronte -E' tutta colpa tua, Phoenix Wright!-
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Note dall'autore:
Salve ^^ Spero che questa shonen-ai vi sia piaciuta, trovo che sia
(forse) la fiction più interessante che abbia scritto!!
L'idea mi è venuta quando ho finito di giocare al terzo caso
del primo gioco, quando appunto Edgeworth e Wright hanno la discussione
che ho riportato all'inizio del racconto.
Curioso ma la prima volta che ho letto quel dialogo ho creduto che
Edgeworth si stesse per dichiarare a Wright .-.
Perciò ecco qui la fic :D
Ho cambiato lo stile dell'impaginazione per rendere più
scorrevelo la lettura prendendo spunto dalle fantastiche fiction yaoi
di Devileyes
(da leggere u.u), spero che sia di vostro gradimento :)
Cosa dire, fatemi sapere se vi è piaciuta questa fic
(così mi regolo se scriverne altre o meno, non siate tirchi
con le recensioni u.u) e scusatemi per eventuali errori di battitura
e/o grammaticali ^^'