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Autore: Kiji    07/02/2014    1 recensioni
Avevo solo 13 anni la prima volta che lo vidi. Lo ricordo ancora, come se fosse impresso a fuoco nella mia mente. Era il suo concerto più grande, una stella fotografata su quel palco immerso da tante luci colorate. Ero ancora un ragazzino eppure, sentivo qualcosa nascere in me, debole ma selvaggio. Mentre cantava, in quel lago di scintille, mi sentii inutile a confronto con quell'idolo mascherato da stella. Volevo arrivare a lui, toccarlo e farlo mio, come nessun altro prima.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Mir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non passò neanche un giorno da quando il Manager e i miei compagni iniziarono a tempestarmi di chiamate. I messaggi in segreteria mi intimavano la morte se non fossi comparso dal nulla ed al più presto. SeungHo, il più responsabile di tutti noi ma anche il più severo, registrò un video messaggio piuttosto esaustivo. Dovevo tornare ed anche al più presto!
Il problema era che non ne avevo completamente l'intenzione. Ero consapevole che più rimandavo, più sarebbe stato difficile affrontare la situazione, eppure una parte di me non era intenzionata ad ammetterlo. Ciò che più mi sconvolse, fu sentire la sua voce tra i messaggi, qualcosa che mai mi sarei aspettato, non dopo quell'incontro così palpabile della realtà che, senza saperlo, esisteva.
- Quel disgraziato ha anche avuto la faccia tosta di chiamare? Se lo prendo lo uccido! - La mia Noona, protettiva come al solito, sapeva bene il mio amore. Nei momenti più difficile, lei c'era. E' stato forse durante quel periodo, quando avevo perso tutto, che il nostro rapporto si è intensificato. Quando le confessai il mio dolore, la mia grande incertezza e la mia solitudine, giurò al mondo intero che sarebbe stata sempre insieme a me, guidandomi e prestandomi la sua forza, e ne aveva tanta.
Adesso riconosco la mia estrema fragilità, ero così piccolo e il mondo mi sembrava così grande, eppure, tutto passa. Nel momento esatto in cui avevo deciso di abbandonare la mia vita, capii che c'era un mondo che mi attendeva e che ero circondato da tantissime persone che mi amavano alla follia. Guardando quei polsi stanchi, a distanza di anni, non vedevo più quelle cicatrici che mi ero inferto, eppure, erano ancora presenti, le sentivo al tatto. Guardando il tramonto dorato che si rifletteva sulla torre di Tokyo, provai ancora quel dolore, quando la lama aveva oltrepassato la mia carne e il sangue caldo, iniziò a scorrere nella mia pelle.
Bruciava eppure, dopo pochi secondi, non sentii più nulla. Ero quasi in pace con il mondo, come se nulla importasse più. Mentre crollavo al suolo di quel misero bagno sporco, ricordo che vidi mia madre e sentii ancora i litigi con mio padre che avevano incupito le notti della mia infanzia. Vidi mia sorella allontanarsi e seguire quella madre che non voleva più avere a che fare con me, mio padre che giorno dopo giorno, iniziava ad ignorarmi. Poi quella luce di speranza, quell'uomo che mi aveva stretto tra le sue braccia, il dolce tepore sei suoi baci che, ben presto, si esaurirono nel nulla.
Le notti insonni pensando di rivederlo, senza mai ottenere risposta da quella persona fredda che cercava in tutti i modi di ignorarmi. Le audizioni per avvicinarmi a lui e tentare il tutto per tutto per riportarlo nella mia vita. Le illusioni d'amore che, da ragazzino, creavo nella mia mente ingenua e poi quel grande tradimento.
« Smettila di cercarmi, io non ti conosco!» I suoi occhi e le sue parole che mi respingevano, i passi fulminei per allontanarsi tra la folla. I flash della macchina fotografica che lo facevano risplendere e poi, scomparire per sempre dalla mia vista. Fino all'ultimo secondo, prima di perdere i sensi in quelle mattonelle bianche opache, con il sangue che ormai impregnava i miei vestiti, pensai a lui e a quel momento che mi segnò l'esistenza. Non sentii neanche rincasare mio padre, non udii le sue urla di terrore nè il suono dell'ambulanza che mi trasportava in quel grande ospedale del centro.
Ricordo solo quel buio che mi circondava ma, stranamente, io non stavo meglio. Credevo che se fossi morto, tutti i miei problemi sarebbero spariti nel nulla, riportandomi a quella vita di felicità, ne ero davvero convinto. Quando mi svegliai, in quella piccola stanza d'ospedale, sentii un forte dolore alle mani come prima ed unica sensazione. La voce di mia sorella squillante in quella sala solo per me. Le lacrime di mia madre a quel mio risveglio tumultuoso, mio padre che piangeva in silenzio, cercando di mantenere la sua stoica compostezza e Joon, che si stropicciava gli occhi per avermi aspettato tutta la notte. Lo avevo conosciuto ai provini, subito siamo diventati amici eppure, non credevo che sarebbe stato memore di quei momenti oscuri. Quasi mi dispiaceva di averlo fatto preoccupare per qualcuno di così poco conto come me.
- Stupido! Per quale motivo l'hai fatto? Non capisci che senza di te la nostra vita non può essere completa? - Quelle parole, urlate dalla rabbia da mia sorella, mi fecero capire il mio profondo errore. La morte non è mai una soluzione, neanche quando tutto sembra crollare sotto i nostri piedi. Mentre tornavo in quell'appartamento al centro di Tokyo, cercando in tutti i modi di non essere scoperto, sentii una strana atmosfera. Era come se qualcosa di imprevedibile stesse per accadere, ma io, ignaro di tutto, non lo avevo ancora totalmente capito. Fu solo quando i nostri occhi furono di nuovo mischiati in un'unica forma, che i miei sospetti presero forma.
- Cheol Yong... - La sua voce, era un miraggio? Come aveva scoperto dove mi trovavo? Eppure i miei dubbi, ebbero presto una risposta scontata. Lui era Bi Rain, lui poteva tutto!
- Che vuoi? Sei qui per l’MV? Non so quando tornerò, se vuoi licenziarmi puoi farlo tranquillamente. So che andandomene la compagnia ha subìto un danno, quindi fa ciò che credi ma adesso, sparisci! - Avanzai ancora, quella fortezza sicura, era così vicina eppure, anche talmente lontana da far paura.
Sentii la sua mano afferrare il mio polso, quello stesso strumento di tortura per la mia mente in bilico. Non mi lasciò quasi il tempo di protestare, venni totalmente trascinato da lui che mi scaraventò di forza nella sua automobile lussuosa.
- Non tornerò indietro! Lasciami andare. - Urlavo, sebbene sapessi che nessuno mi avrebbe sentito. Quando anche lui salì e mise in moto, tentai di scappare ma le sicure me lo impedirono.
- Sai che questo si chiama sequestro di persona? Ti farò arrestare! - Ero totalmente fuori di me. Se ne avessi avuta la possibilità, lo avrei persino ucciso, ma volevo assolutamente uscire da quel piccolo concentrato di ansia che era la scatola metallica in cui ero prigioniero.
- Tranquillo, non ti costringerò a tornare a Seoul, ma non ho neanche intenzione di restare qui. Rassegnati, sei in arresto! - Quel finto sorriso, era così fastidioso. Avrei voluto strapparlo a pugni dalla sua faccia, ma il mio corpo non osava reagire. Sapevo bene la differenza di forza tra di noi, non era una novità. Ero ben consapevole di non aver possibilità di vittoria con lui. Arrivammo in un piccolo appartamento in periferia, un luogo perfetto per passare inosservati.
Sapevo bene di non potermi opporre pubblicamente, in fin dei conti ero ancora un idol, ma non avrei neanche permesso a quell'uomo egoista di farmi ancora del male. Compostamente, entrai in quella casa che ci avrebbe tenuti vicini, anche se i nostri cuori sarebbero stati lontani mille miglia. Non appena fummo dentro, sentendo il rumore della porta sbattere con insistenza dietro le mie spalle, mi sentii insicuro. Dov’era la mia sicurezza e fermezza in quel momento? Sentii il suo corpo afferrarmi alle spalle, le sue mani che avvolgevano il mio petto che tremava e quel respiro che iniziava a farsi pesante.
– Perché sei nervoso? Non voglio farti del male Cheol Yong. – Cercai di allontanarmi, ma era inutile.
– Lasciami Rain. Non voglio dover urlare! Sai bene che se uscisse uno scandalo per noi sarebbe finita. A me non importa, ma forse per te sarebbe un guaio. – A quelle mie parole, la sua presa si fece più vacua, fino a quando non si distaccò completamente da me. Doveva essere così, eppure mi sentivo deluso. Incapace di voltarmi, cercai di mantenere quella calma apparente, lui non doveva capire cosa provavo, non lo avrei permesso.
– Perché mi hai portato qui? Cosa vuoi da me! Pensavo di essere stato chiaro, non tornerò indietro e non ho intenzione di vederti ancora. Torna dalla tua ragazza e smettila di assillarmi l’esistenza. – Non mi ero accorto di ciò che la mia bocca disse, prima di sentire il suo sospiro. Mi ero tradito, ma speravo ancora che non capisse, che fosse accecato da qualche altro pensiero e non prestasse orecchio alle mie parole vaneggianti.
– Quindi è questo il motivo. Ci hai visti? Me lo immaginavo, sai? Era come una sensazione che mi stringeva il cuore, per questo sono qui. – Si fermò un attimo, mentre io non riuscivo a percepire il significato di quella pausa che mi incupiva dentro.
– Sto per sposarmi. Tra un paio di mesi annunceremo la notizia alla stampa. Devo farlo Cheol Yong! – Sposarsi. Mai fino ad allora avevo odiato quell’unica parola. Con passo incerto, mi diressi verso l’uscita, non avrei resistito un attimo di più, era troppo difficile.
– Ti faccio gli auguri. Addio Rain! – Prima che potessi superarlo, la sua grande mano afferrò la mia, così piccola a confronto.
– Non chiamarmi così! Ho un nome e tu lo sai bene. Ogni volta che mi tratti con freddezza, mi sento così male che vorrei sparire. – Il suo tocco, non era più così fermo come prima, eppure non volevo pormi domande.
– Sei solo il mio capo, non ho motivo per chiamarti per nome. Vuoi tenermi rinchiuso qui per sempre? Tornerò tra una settimana, non un giorno prima né uno dopo. Se potrò rientrare nel gruppo allora non mi opporrò a nessuna punizione, ma non vi biasimerò se mi licenzierete. Adesso, posso andare? – Sorrisi con un solo angolo della bocca, sebbene non volessi in realtà farlo, era solo un riflesso involontario.
– Io ti ho amato veramente. Anche se adesso è difficile da credere, a quel tempo per me eri tutto. Un giorno, spero potrai perdonarmi, attenderò fino a quel momento. – Lasciando la mia presa, corsi fuori come un bambino che scappa da un pericolo imminente. Quella bomba che aveva lanciato su di me, era troppo potente e non riuscii a gestirla. Corsi come un matto per quelle strade che non conoscevo, ma cosa mi importava dove mi trovavo, fuggire era l’unico rimedio alla mia distruzione interiore. Quando il fiato non resse più, mi fermai e mi aggrappai ad una parete fredda, mentre le lacrime mi impedivano di vedere.
Tutto era così confuso, ma una sola cosa era sicura. In tutti quegli anni, anche se imposi a me stesso di dimenticarlo, l’amore che provavo non si era dissipato, neanche per un solo istante. Senza riuscire ad odiarlo, urlai di rabbia, avanzando a fatica per ritrovare quella felicità perduta. I dubbi che mi vorticavano nella mente, ancora adesso non ho avuto tutte le risposte ma la differenza è che non mi importa più trovarle.
  
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