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Autore: Mania    07/02/2014    5 recensioni
{ Loki/Sigyn ● Ambientata antecedentemente al primo film ● Raccolta di one-shot ● Rating arancione in riferimento al capitolo conclusivo }
_____ Dal primo incontro della Fedeltà e dell’Inganno, lungo tutti gli inevitabili snodi salienti della loro conoscenza – perché l’amore è accettazione, non cambiamento.
| O3 • E poi c’è chi da importanza a cose diverse |
«Sigyn era persona razionale, nonostante il fascino che il principe sortiva su di lei, mai le avrebbe offuscato la vista e quando aveva pronunciato quella richiesta aveva perfettamente messo in conto i rischi che correva, dunque, non si sentì in alcun modo umiliata, perché, anche se in modo diverso da quello da lei espresso, aveva ricevuto qualcosa da lui e ciò era più che sufficiente. Dunque semplicemente sorrise, radiosa più di quanto potesse mai immaginarsi Loki, relegato a un mutismo per quella reazione inspiegabile.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO



C A P I T O L O 7
Distanze intime




Le distanze non erano tutte uguali, molto spesso erano amare, straziavano il cuore lacerandolo nelle profondità, e davano vita solo a lacrime; ma poi ve ne erano delle altre che sapevano di un’intimità delicata, rispettosa e complice tale da far invidia a chi rinunciandovi, pensava di aver guadagnato qualcosa in realtà inconsistente.
Lady Sif pensava sempre questo quando le capitava di scovare Loki e Sigyn interagire. Ad onor del vero, quel ragionamento si era insinuato nella sua mente in un tempo piuttosto recente, quando si era decisa a chiedere alla giovane amica per quale incomprensibile spinta invisibile si ostinasse a comportarsi come una semplice subordinata, invece di spogliarsi delle formule dell’etichetta inutili. Solitamente Lady Sigyn non le rispondeva mai in modo diretto – anzi, non le rispondeva proprio, cambiando argomento – quando si trattava del più giovane dei principi, si limitava a sorridere serafica sistemandosi la sua lunga treccia di fili di luce condensata. Non avrebbe saputo affermare se la compagna di addestramento fosse innamorata del dio degli inganni, quello che era certo era che tra i due – scambievolmente, per quanto strano potesse essere parlando di Loki – vi era una complicità palpabile. La giovane Guardia Reale era fedele a Loki, più profondamente di quanto chiunque li osservasse riusciva a comprendere e per il momento, Lady Sif non era affatto preoccupata di quel legame nato in modi a lei sconosciuti.
«È perché non ho bisogno di usare frasi confidenziali con lui per avere un rapporto personale, questi sono solo fronzoli per giocare», aveva risposto Lady Signy ritornando in posizione di guardia dopo l’ennesima rotolata nel fango, nonostante gli ematomi sul corpo e la spossatezza del fisico messo a dura prova dalle ore passate nell’arena con la dea della guerra. Loro conversavano prevalentemente durante gli allenamenti, forse perché quelli erano gli unici momenti in cui si ritrovavano ad essere davvero sole.
«Continuo a chiedermi, Lady Sigyn, come mai la tua attenzione sia sempre così tanto calamitata su Loki», Lady Sif era curiosa, non tanto perché le sembrasse strano che qualche donna potesse interessarsi al dio degli inganni, il fascino non gli mancava ma insieme a esso trascinava dietro un’aria ambigua, melliflua, intrisa dal potere di mettere soggezione e anche tra la maggioranza degli uomini c’era difficoltà a scovare chi non ne provasse timore – chi riuscisse a sostenere il suo sguardo dalle ardenti braci. Lady Sigyn invece non aveva alcun problema, la sua era molto più che capacità di fissare gli occhi smeraldini di Loki, non metteva alcuno sforzo in quel gesto molto più complesso di quanto si potesse erroneamente supporre.
Lady Sigyn parò il fendente, con il fiato corto e l’espressione marmorea di chi non ha alcuna incrinatura nella propria certezza di perseverare a cadere per poi riergersi davanti al nemico. E ogni volta che ciò accadeva, Lady Sif sbuffava divertita e scocciata assieme, credendo che mai sarebbe arrivato il giorno in cui l’altra sarebbe semplicemente rimasta sdraiata nella polvere della terra, ansimando famelicamente in cerca di ossigeno e priva di energie per ritornare a posizionarsi per un nuovo scambio di colpi.
«Potrei domandarti, di contro, come mai la tua sia tanto affannata a seguire l’altro principe. Ma non lo farò, amica mia, perché entrambe sappiano che le rispettive ragioni sono incomprensibili all’altra» replicò Lady Sigyn con sorriso sornione, alzando gli angoli della bocca in una piega dai risvolti insondabili.
Osservò la donna scuotere il capo rassegnata, solo per il momento. Ovviamente non ne aveva la certezza, ma supponeva che Lady Sif continuasse a schiacciarla così impunemente durante l’allenamento con il doppio fine di avere il gusto di ammirarla nel non ritornare ad alzarsi, e anche quello di stancarla nell’anima – così magari avrebbe risposto seriamente, invece di sfuggire a qualsivoglia domanda.
Come tutti ad Asgard, anche la sua unica amica non riusciva a comprenderla fino in fondo, e Lady Sigyn sapeva che non era responsabilità da attribuire unicamente agli altri, perché lei aveva impiegato ogni suo artifizio e abilità di attrice per coprire le pieghe del suo essere che divergevano dal giusto percorso – o quanto meno quello considerato tale dalla maggioranza. Solo una persona, l’unica per tutta la sua lunga vita, era stata in grado di smascherarla, forse perché aveva più ampia esperienza di lei nella sottile arte della menzogna o forse perché erano affini sotto una moltitudine di aspetti.
Ricordava la passeggiata di due giorni prima, l’ultima che avevano avuto modo di compiere in solitudine, senza occhi indiscreti riparati sotto l’arte magica di Loki. La giovane guerriera era propensa a classificare quel gesto come una forma di egoismo, non era orgoglio nel non volersi mostrare in sua compagnia, ma era desiderio di mantenere esclusivi quei momenti – ne voleva disporre come voleva, senza dover rendere conto ad alcuno. Non che lui le avesse mostrato il dispiegarsi dell’incanto attorno a loro o in qualche modo avvertito della sua presenza, ma Sigyn riusciva a percepire in molti casi – non sempre, perché per quanto i suoi sensi fossero acuti, di magia e illusioni non ne conosceva le basi – la particolare vibrazione dell’aria, il cambiamento sottile e impercettibile a chi non aveva una particolare sensibilità.
«Sigyn, non mi hai mai detto perché sei entrata nell’esercito invece che scegliere la via delle Valchirie[1]», come quasi sempre Loki non si disturbava a domandare direttamente, probabilmente trovava troppo poco artificioso e insieme adorava mantenersi in una posizione di superiorità alla curiosità comune. Eppure, quando le sue iridi chiare, macchiate di nebbia a nascondere segreti impronunciabili, si abbassavano su Sigyn non poteva che costatare quanta scarsa impressione potesse suscitarle in quel modo. Troppo capace a sviscerare i sostrati delle sue frasi, era una donna la cui acutezza mentale era paragonabile a quella di pochi altri – e vista la bassa opinione che Loki aveva della stragrande maggioranza, era una considerazione il cui peso non era da sottovalutare.
«Volevo mettermi alla prova. Che prova sarebbe stato entrare in un corpo femminile di guerriere? La mia riuscita sarebbe stata a dir poco scontata, invece, mettermi l’obbiettivo di arrivare nell’élite dell’esercito personale – nel reparto delle Guardie Reali – del Padre degli Dei era molto più intrigante» rispose camminando piano, avvolta in abiti da dama e non da guerriera, perché a lei piaceva cambiare ed essere ciò che era a seconda dell’occasione. Era stato Loki, d’altronde, a spiegarle come la bellezza andasse preservata e niente dovesse essere sacrificato a cuor leggero, bisognava lottare per trattenere il più possibile di ciò che si era e trasformare in povere parti di sé con parsimonia e assennatezza, per non rischiare di perdersi. Per questo Sigyn curava il proprio aspetto, in un’eleganza distinta, dove era la semplicità a predominare, esaltando la nobiltà della sua femminilità scevra da eccessi; non come le aveva insegnato la sua adorata madre, troppo dedita a coltivare amori clandestini, intrappolandoli in forme provocatorie a far trasparire con molta poca immaginazione la lussuria, ma come aveva appreso da sola. La raffinatezza era equilibrio, la sobrietà era furbizia – un inganno, e lei amava gli inganni.
Il giardino ad Est di Frohheimr[2] era il più silenzioso e poco frequentato tra tutti, probabilmente per la lontananza alle stanze degli ospiti e alla Gendarmeria. Era prevalentemente la famiglia reale a incamminarsi per i suoi sentieri, persi tra le aiuole colme di fiori dai petali della stessa tonalità delle stele e i salici piangenti. Mentre camminavano, un gruppo di farfalle passò attorno a loro, volteggiando in vortici accanto ai loro passi e Sigyn si chiese se erano vere oppure frutto di una piccola magia – non che le importasse, perché il loro splendore era indiscutibile.
«Tuo padre fu un grande condottiero, la spada che ora porti tu uccise molti nemici di Asgard. Tu ne ucciderai molti altri, mia devota Sigyn.»
«Di nemici, indubbiamente. Di chi, poi, è ancora da decidere» chiosò lei divertita, senza ombra di polemica, con la sola intenzione di puntualizzare per prendersi un po’ gioco del principe e per provocarlo.
Non raccolse l’insinuazione, limitandosi ad ampliare il sorriso magnetico e ravvivandolo con ombre indecifrabili nell’assaporare la frase della donna. Era stato più fortunato di quanto si aspettasse decenni prima, quando l’aveva scovata a staccarsi tristemente i capelli una volta ricci, non avrebbe mai immaginato che la bambina con la quale aveva parlato potesse diventare tutto ciò che lei ora era. Ed era un miscuglio perfettamente disomogeneo di un’infinità di elementi per poterli elencare, così si limitava ad apprezzarli più o meno discretamente – esaltare le sue abilità di guerriera e stratega non era un problema, ma non avrebbe proferito parola riguardo a quanto le donasse l’abito celeste con il quale aveva deciso di affrontare la passeggiata notturna.
«A differenza di molti altri, Sigyn, tu non hai rinunciato a nulla per essere anche una guerriera. La forza di non bruciare via parti di sé per ottenere ciò che si desidera, è di un tipo talmente raro quanto potente. Ho avuto ragione quando la scorsi in te, anni or sono », avrebbe potuto dire molto altro, Loki, ma convenne con se stesso che di tempo ne aveva per profondersi in altri tipi di apprezzamenti e non aveva alcuna fretta – gustare con lentezza poteva essere snervate, necessitava di una pazienza ponderata, ma rendeva il tutto molto più godibile alla fine.
«Voi avete sempre ragione quando si tratta di me, come io con voi.»
Si fermarono ai confini del giardino, prima dello strapiombo della rupe sotto il quale le luci delle torce scarlatte, puntellate di zafferano, brillavano e regalavano vita alla città che si estendeva ai loro piedi. I rumori arrivavano ovattati, distanti, portati a loro dai refoli scheggiati da note fredde e colorati dall’argentea luce della luna, tingendo il tempo di sfumature eterne, estendendo ai sensi la durata dei secondi. Appoggiata al marmo bianco della balconata, Sigyn scrutava tra i preziosi affissi nel cielo, in cerca di nulla in particolare, divagando con la fantasia nell’immaginarsi i mondi di cui non conosceva l’essenza.
Le dita lunghe di Loki sfioravano la sua treccia, un’abitudine cresciuta con gli anni, di cui Sigyn aveva smesso di domandare la ragione – non le importava che ve ne fosse una, preferiva esistesse il gesto privo di fondamenta, per puro piacere. Non piegò la testa per incrociare lo sguardo con quello del principe, preferendo rimanere immersa nelle moltitudini delle costellazioni per infantile dispetto. Il silenzio non le metteva alcun tipo di ansia di riempirlo di vuote parole, e prediligendo attendere fosse lui a dire qualsiasi cosa trattenesse sulla lingua, in attesa dell’attimo ritenuto più congruo. Troppo bene sapeva quanto Loki apprezzasse le pause enfatiche, quanto i suoi modi fossero teatrali e il suo stesso essere era quello di un attore, così gli lasciava recitare i monologhi che aveva scritto per se stesso – e lei si sarebbe limitata a rovinargli i dialoghi che architettava anche al suo posto.
Se lo delineava perfettamente, Sigyn, il dio degli inganni tessere mentalmente conversazioni in cui le risposte si susseguivano logicamente, portate avanti da uno schema a lui chiaro e che per tutti funzionava – tranne con lei. Per qualche motivo sconosciuto, e scevra dall’intenzione di farlo, portava sempre fuori dai binari qualsiasi dialogo Loki si fosse preparato, affinando le proprie risposte precedentemente. E mai ne rimaneva scontento, anzi, probabilmente nel contrario dei casi lo sarebbe stato, afflitto dalla banalità di cui lei non era fatta. Era anche per quello che Loki amava Sigyn, perché era caos, una complessa tela in cui tutto non aveva un ordine e in cui il disegno generale riusciva comunque ad assumere note armoniche.
«Siamo diversi, Sigyn. In questo mondo, io e te siamo estranei che si fingono avere qualcosa in comune con il resto di una popolazione che ignora la loro natura. E siamo diversi tra di noi, eppure, nonostante queste crepe ramificate in originali disegni astratti sulle nostre anime, siamo così compatibili che mi viene da domandarmi se non avessimo altro destino che quello di incontrarci.»
«Il destino» formulò a bassa voce, sillabando, tale parola. La soppesò in quel processo, vagliandone i significati e i reflussi che implicava, fino a decidere di scuotere lievemente il capo in segno di dissenso. «Non credo che per noi ci sia qualcosa del genere, non credete principe? Siamo troppo fuori dagli schemi per essere tra i rami di Yggdrasill[3]. Trovo molto più… Non mi sovviene un altro termine se non romantico, perdonatemi, per definire come sarebbe il nostro incontro se fosse solo opera nostra – e lo è, per me» asserì con una sicurezza placida tale da non poter ammettere repliche, nemmeno se arricchite dalle più profonde argomentazioni logiche e filosofiche, perché il suo tono era filato da forza incontrastabile.
Spostò le scure iridi su Loki solo quando lo sentì ridere piano, sommessamente, trattenendo il suono tra le labbra, incurvate nel sorriso serafico di cui spesso si ammantava. Per quanto fossero chiari gli occhi del principe, a Sigyn davano sempre l’impressione di essere fuochi, tizzoni ardenti, braciere perpetuamente accese; scintillavano di una luce contorta e conturbante di cui lei apprezzava le sfumature – ci si perdeva in esse.
«Romantico trovo che sia calzante» asserì, abbandonando i percorsi imparati a memoria dell’intreccio dei suoi capelli e depositando un appena accennato bacio sulla sua fronte.
Forse Lady Sigyn si distraeva troppo quando si allenava in compagnia della dea della guerra e per questo ne usciva con una collezione di ematomi notevolmente ampia, tuttavia le domande della seconda suscitavano in lei reminiscenze frammentate nelle quali non riusciva a impedirsi di scivolare. Per il suo stato fisico non era il massimo, avrebbe dovuto trattenere più concentrazione e maggiore rigore, ma lei preferiva di gran lunga qualche contusione in più e un sorriso imperituro sulle labbra cremisi.
«Non mi rispondi mai quando ti domando del tipo di rapporto tra te e Loki» si lamentò Lady Sif, sia per l’appunto appena sottolineato, sia per il rivederla nuovamente in piedi, con la spada tesa davanti a sé. Si arrese alla testardaggine della giovane amica, perché per quella sessione di allenamento pensava di averle causato abbastanza dolori muscolari a cui pensare per un po’ – una quantità che compensava anche la sua frustrazione nel non ricevere mai repliche soddisfacenti.
«Se lo facessi, Lady Sif, potresti pentirti di avermelo domandato», la prese in giro, rinfoderando la spada, con fare infantile.
«E perché mai?»
Lady Sigyn si avvicinò al muro che circondava l’arena, issandosi sopra per poter rimanere lì a riposare per un po’, osservando imperscrutabilmente la donna di fronte a lei. Non sarebbe mai riuscita ad arrivare al suo livello, d’altronde se era la dea della guerra un motivo doveva esserci, ma lei era quella della fedeltà e anche per essa c’era una ragione più che valida. Tirò maggiormente gli angoli della bocca, riuscendo a mantenere un’area quiete nonostante le devastanti ore passate a combattere.
«Perché ciò che non si conosce e capisce, fa paura. Comunque, puoi perseverare nella tua domanda e io continuerò a rialzare la spada.»





M A N I A’ s W O R D S
Ed eccomi con il nuovo aggiornamento!
Non so da voi, ma da me piove da giorni – settimane! –, non ne posso più. Questa cosa non c’entra assolutamente niente, ma volevo condividere con voi il mio sfinimento per il maltempo. E poi, non so, sono in vena di consigli di libri, ho appena finito di leggermi «American Gods» e ve ne consiglio la lettura caldamente, per chi ama le divinità e le storie intricate è un’opera da non perdere – e poi potreste incontrare una vecchia conoscenza.
Detto questo, veniamo al capitolo.
Allora, lo avevo già anticipato, ma Sigyn e Sif sono amiche, sarà che sono le uniche due donne dell’esercito, sarà che sono due donne dal forte carattere, ma le vedo bene insieme, anche se la seconda non riuscirà mai a capire del tutto la prima – e probabilmente anche il contrario. È abbastanza tranquilla come shot, nessun avvenimento straordinario, ma un modo per mostrare l’affermazione di una presa di coscienza di Loki e Sigyn, e anche per mostrare come da fuori appaiono – ovvero non si capisce per niente che razza di rapporto abbiano, d’altronde lui è il dio degli inganni e lei si diverte troppo ad assecondarlo.
Il riferimento al fatto che Loki ami Sigyn perché è caos deriva dal fatto che Loki nella mitologia norrena è dio del caos e del male, si alimenta di caos, quindi dato che Sigyn è così tanto fuori dagli schemi comuni e percorra una sua logica staccata da quella convenzionale, ricrea un piccolo cosmo disordinato - perché ve l'ho già detto, ma il mio Loki si avvicina molto di più alla visione della mitologia. Contorto come pensiero, lo so, ma mi piaceva troppo, l’ho creata così apporta.
Detto questo, le note tecniche segnate nel testo sono:
[1] Le Valchirie, come molti sapranno, sono il gruppo femminile di combattenti al servizio di Odino. Sigyn ho preferito fosse nell’esercito maschile come Sif per le ragioni da lei esposte.
[2] È il nome del palazzo di Odino.
[3] Yggdrasill è l’albero cosmico che regge i Nove Mondi, secondo la cosmologia della mitologia norrena, e si dice che tra i suoi riami siano intessuti presente, passato e futuro, intessuto dalle tre Norme.
Ah, ho riletto solo due volte, perché ho un esame lunedì, un altro, e mi sto ammazzando di studio. Appena la sessione d'esame finisce rileggerò tutti i capitoli!
Come al solito io ringrazio infinitamente chi segue la storia, veramente, mi date un supporto incredibile! E chi mi commenta è l’amore, davvero, vi adoro perché mi spronate ad aggiornare velocemente e a dare il meglio di me in ogni capitolo – e mi scuso se non rispondo subito alle recensioni, ma sono un po’ impegnata in questi giorni, lo farò al più presto! Quindi il mio più grande grazie va a Zareal e Helen L, ai quali probabilmente dedicherò una statua in diamante – perché l’oro è mainstream – per la loro dedizione a commentare con tanta regolarità ♥ Ovviamente un sentitissimo grazie anche a chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite, siete adorabili e bho, vi ringrazierei uno a uno portandovi cioccolata a casa.
Al prossimo capitolo, e appunto ricordatevi che una recensione rende felice l’autrice, quindi non fate i timidi!

Mania■



  
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