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Autore: Dream_Dust    07/02/2014    2 recensioni
Anche l'Uomo nero a volte può sbagliare...
"Emise una leggera zaffata del suo alito caldo, annunciando la sua presenza.
La ragazzina infastidita mosse una mano davanti a sé per scacciare quel tanfo e mugolò qualcosa.
La creatura attese gioiosa che aprisse gli occhi: non vedeva l'ora di nutrirsi della sua paura.
L'umana sollevò lentamente le palpebre e non appena vide quel ammasso oscuro di fronte a sé ebbe un fremito e si alzò di scatto a sedere, spalmandosi terrorizzata contro la parete.
Il ghigno sadico che aveva la creatura un attimo prima si spense un momento dopo: quella non era affatto una bambina!"
Un' idea venuta in mente dopo aver letto una pagina di Wikipedia riguardante le opere di Stephen King!
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessun suono proveniva dalla stanza. Tutto era calmo, quasi silenzioso, ma si percepiva la presenza di movimenti e rumori.
No, non era ancora il tempo,troppo presto.

Ma intanto si preparò.

Strisciò fuori dalla sua dimensione di tenebra come fumo silenzioso, la sua essenza impregnò le pareti di legno e si mescolò con esse, impercettibile. Senza il minimo suono, calò all'interno come la notte stessa.

Riconobbe quel posto come nuovo, ma presto sarebbe divenuto la sua collocazione abituale.

Ghignò in modo che gli angoli della bocca arrivassero fino agli occhi, un sorriso quasi più grande della faccia, munito di denti affilati e neri, impregnati di saliva. Non sapeva di preciso cosa spaventasse la bambina al di là dell'armadio, perciò acquisì un aspetto che sapeva avrebbe terrorizzato anche i marmocchi più coraggiosi, una delle sue forme più ancestrali per la quale era conosciuto meglio: la sua statura crebbe fino a toccare il soffitto dell'armadio ed anche oltre, poiché si ritrovò a dover stare ricurvo su se stesso.

Il suo corpo era come fumo nero, pura oscurità, che gli conferiva un aspetto quasi fantasmagorico. I suoi arti lunghi e ossuti terminavano in dita sottili e artigliate. Infine, il viso era puro terrore: bianco e tondo, quasi sproporzionato rispetto al resto del corpo. Non c'erano molti elementi distintivi presenti su di esso, solo due grandi orbite vuote e rotonde che parevano disegnate con l'inchiostro, dalle quali gocciolavano delle righe nere percorse da qualche sfumatura rossiccia.

Una bocca, gigantesca, che sarebbe riuscita a inghiottire uno di quei piccoletti intero. L'unica posizione che poteva assumere era quella di un ghigno
sadico, un sorriso costellato da tantissimi denti affilati da squalo, stranamente neri anch'essi e bagnati da saliva gocciolante. Sul suo capo, una nera chioma lunga ed ispida gli conferiva l'aspetto di una bestia selvaggia, una fiera votata solamente alla paura.

Ultimata la sua metamorfosi, la creatura sbirciò lentamente dalle ante dell'armadio con un solo grande occhio nero, mentre il suo sorriso inquietante si allargava ancora e le sue fauci si dischiudevano grondanti di bava viscida che rendeva lucidi quella miriade di denti nell'oscurità.
Vide appena la silhouette della ragazzina, appoggiata di schiena sulla sua piccola sedia grigia.

Stava guardando la televisione, quello strano schermo luminoso che soggiogava le loro piccole menti da così tanto tempo che nemmeno lui si ricordava più le epoche quando quel curioso attrezzo non era ancora stato creato.

Lui, che esisteva dall'alba dei tempi, nato assieme all'uomo come incarnazione delle sue più ancestrali paure.
Sorrise tra se e socchiuse l'enorme occhio; che cosa buffa, lui, non ricordarsi dei gloriosi tempi passati?

Quando trascorreva ogni singolo istante della sua esistenza a dare la caccia all'essere umano, che a quei tempi era terrorizzato da qualsiasi cosa: le feroci creature della foresta, il buio....la morte. Per questo motivo, poiché era terrorizzato da tutto inventò delle divinità, delle entità superiori che avrebbero avuto il compito di rispondere al suo dilemma esistenziale, essere la risposta a tutto.

Stupido, pensò, l'essere umano non avrebbe la forza di vivere sapendo che non esisteva alcuna divinità superiore, che il mondo e l'intero universo che lo conteneva fossero nati così, dal nulla, forse per puro caso, azzardò, senza che facesse parte del disegno di qualche potenza esterna? Ma forse la cosa che lo terrorizzava maggiormente era accettare il fatto che dopo la morte non ci fosse nulla, che fosse condannato al vuoto eterno, senza alcun pensiero, senza alcuna coscienza di se. Semplicemente il nulla. Ma in fondo, cos'erano prima di nascere?

Nulla.

Cenere alla cenere, come si suol dire e dopo, arrivederci e tanti saluti.

Però, anche egli stesso in fondo prima della comparsa dell'uomo non era nulla e una volta che sarebbe scomparsa l'intera umanità sarebbe tornato ad esser nulla.

Scosse la testa.

No, lui era paura, la paura non si poteva estinguere, non si sarebbe mai potuta distruggere del tutto.
Era un sentimento, una presenza insita in ogni singolo essere vivente, che può salvare la vita oppure tormentare un'esistenza.
Insomma, finché ci sarebbe stata vita, ci sarebbe stata paura.

E ci sarebbe stato lui.

Persa nelle sue riflessioni esistenziali, la creatura non si accorse che la bambina si era alzata e aveva spento la televisione, facendo così cessare la snervante musichetta del prodotto d'animazione chiamato "L'armadio di Cloeth".
Un fremito di eccitazione lo percorse.
Si, ci eravamo quasi.

Aspettò paziente che la bambina si mettesse il pigiama, che andasse in bagno per lavarsi i denti e infine si coricasse a letto. Le luci si spensero e sentì un fruscio di stoffa cadere pesantemente sul letto.
Con entrambe le grinfie artigliate, fece per aprire lentamente l'armadio, ma si ritrasse non appena vide accendersi la luce bluastra della tv.
L'uomo nero non si lasciò sfuggire un'espressione confusa; ma insomma, quella marmocchia stava andando a letto o aveva intenzione di star sveglia ancora per molto?

Sfregò una mano artigliata su una parete dell'armadio, annoiato e infastidito, lasciando un evidente solco di artigli sul legno.
Beh, in fondo poteva aspettare, poteva aspettare fino a mezza notte.


D'accordo, ormai mezza notte era passata da un'ora e quella ragazzina non aveva ancora spento l'aggeggio infernale.
Il mostro tamburello gli artigli su un braccio rinsecchito, poi gli sorse un dubbio: ma era veramente sveglia oppure teneva la televisione accesa solo per, ehm, "compagnia"?

Ora che ci pensava, gli erano capitati casi analoghi, bambini che tenevano lucette accese solo per aver meno paura la notte, e lui tutte le volte ci cascava allo stesso modo, aspettando lì nell'armadio o sotto il letto come un imbecille. Aggrottò la fronte, sentendosi preso in giro, ma poi si affrettò ad aprire le ante dell'armadio.

Quella marmocchia l'avrebbe pagata cara per averlo imbrogliato, l'avrebbe fatta strillare così forte che le sarebbero saltate le corde vocali; avrebbe banchettato con il suo terrore, l'avrebbe infilata nel suo sacco di iuta e portata nella sua dimensione di tenebra assieme agli altri bambini cattivi che si comportavano male.
Bhè, in realtà non tutti si erano comportati da teppistelli, nemmeno quella bambina a dirla tutta, solo che gli piaceva avere un po' di compagnia.

E tormentarli.

Si divertita parecchio a tormentarli, ma anche se loro solitamente lo odiavano, ad alcuni si era affezionato.
Le sue piccole bertucce urlanti, era così che li definiva.

Dopo molti anni tornava a visitare i suoi preferiti una volta cresciuti, ma le loro reazioni non erano affettuose come sperava; i più strillavano e gli tiravano degli oggetti addosso, altri balbettavano cose incomprensibili e poi svenivano. Solo alcuni anche se intimoriti sembravano averlo riconosciuto, forse perché erano quelli che aveva trattato meglio. Ma in fondo, non gli interessava il loro affetto, solo la loro paura. La loro dolce, deliziosa e succulenta paura... Ok d'accordo, forse anche un po' il loro affetto – anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Si sentiva terribilmente solo in quegli ultimi anni.

Ma adesso basta ricordi, ora si sarebbe dedicato solamente a nutrirsi e a vendicarsi.
Uscì totalmente dall'armadio, mettendo fuori una lunga gamba nera e ossuta, mentre la sua statura si ergeva fin quasi al soffitto.
Per muoversi più facilmente, si mosse a quattro zampe, somigliando così a un grosso ragno nero con il muso di una orribile bestia selvatica, simile ad un leone.
Strisciò fino alla porta della sua vittima e la chiuse a chiave, cercando di non far rumore.

La serratura scattò e il mostro ghignò.

Bene, ora era arrivato il momento che tanto aspettava con trepidazione, l'istante per cui egli esisteva.
Lentamente si mosse verso il letto della dolce piccolina innocente, le si avvicinò piano come un'ombra nella notte, oscurando la luce dell'elettrodomestico che illuminava debolmente la stanza. La bambina era protetta da un ammasso di cuscini mentre la sua testa si trovava nascosta sotto le coperte. L'uomo nero allargò il suo ghigno malefico e socchiuse gli enormi occhi neri; che dolce, credeva veramente che un paio di cuscini e un velo di stoffa lo avrebbero fermato?

Represse una risata gutturale.
Oh, che innocente, povera, piccola pargoletta.
Con una mano artigliata le scoprì la testa, piena di scompigliati capelli corvini.

Come faceva a respirare lì sotto?
In men che non si dica il suo viso fu libero dalle lenzuola, rivelando un profilo abbastanza maturo per una bambina, pensò il mostrò, con il viso puntellato da lentiggini. Bhe, magari era solo una creaturina precoce. Insomma, il programma per bambini, quella camera piena di pupazzi, gli scaffali zeppi di libri colorati e anche quella spruzzatina di lentiggini non mentivano.

Quella era senza ombra di dubbio una bambina.

Emise una leggera zaffata del suo alito caldo, annunciando la sua presenza.
La ragazzina infastidita mosse una mano davanti a sé per scacciare quel tanfo e mugolò qualcosa.
La creatura attese gioiosa che aprisse gli occhi: non vedeva l'ora di nutrirsi della sua paura.
L'umana sollevò lentamente le palpebre e non appena vide quel ammasso oscuro di fronte a sé ebbe un fremito; si alzò di scatto a sedere, spalmandosi terrorizzata contro la parete. Il ghigno sadico che aveva la creatura un attimo prima si spense un momento
dopo: quella non era affatto una bambina!

Quella, tremante e contratta nel tentativo di rimpicciolirsi contro il freddo muro azzurrino, era una ragazza. Non troppo matura, senz'altro un adolescente.
Lo guardava con gli occhi sgranati, in una posizione alquanto scomoda da risultare naturale; aveva portato un ginocchio al petto, cinto da un solo braccio, mentre con l'altro mano si teneva ancorata all'inferriata del letto, bianca e decorata con motivi floreali. L'intero busto era torto, in atteggiamento fuggente. L'altra gamba la teneva distesa lungo il letto, troppo lunga e massiccia per essere quella di un giovane essere umano.
La ragazza sussurrò qualcosa a mezza voce con un filo di fiato , e le uniche parole che la creatura riuscì a captare dalle labbra di quell'esserino tremante furono: "Oh mio Dio!" e "Ti prego non mi mangiare!".

Il mostro, assolutamente confuso e allibito –tanto che sulla sua faccia doveva essere comparsa un'espressione indecifrabile–, scrutò velocemente nella mente della ragazza per assumere una forma che la intimorisse, ma allo stesso tempo affascinasse. Qualcosa di pericoloso, ma che al contempo destasse nell'animo di chi la osserva la stessa curiosità tipica dei fanciulli. Qualcosa che non facesse ammutolire le labbra.
Un vampiro, perfetto!

In una frazione di secondo il suo aspetto mutò. Il corpo fatto di tenebra con cambiò colore, ma si ridusse un po' in altezza. Acquisì fattezze più umane, quelle di un uomo dai lineamenti emaciati e pallidi, con dei lunghi capelli corvini che gli ricaddero sulle spalle larghe, arrivando fino a toccare il pavimento.

Un ciuffo della sua chioma andò a coprirgli un occhio scarlatto, mentre l'altro emanava la sua luce inquietante nella penombra.

Un vero vampiro, meno orribile della forma precedente ma pur sempre capace di incutere timore.

La giovane, calmatasi un po' e acquisita lucidità, fece per urlare e chiedere aiuto, ma un lungo arto scuro terminante in una grinfia artigliata ricoperta da un guanto nero, le andò a tappare la bocca.
La ragazza fece per liberarsi, ma la mano premeva con insistenza.
La creatura agghiacciante la fissò con il suo singolo occhio rosso, mentre si portava un artiglio alle labbra.
"Shhh, fa silenzio. Non voglio farti del male." Sussurrò, con una voce profonda.
La ragazza smise per un attimo di agitarsi, mandò gli occhi al cielo e blaterò qualcosa di incomprensibile: "Sss, e hio shi redo", che il mostro tradusse come un: "E io ci credo".

Mhmm, sapeva essere spiritosa anche in un momento del genere?
Forse non era abbastanza impaurita.

Male.

Diede alla sua voce un tono più demoniaco e la luce emessa dal suo occhio rosso si incupì, divenendo un bagliore sanguigno

"Dimmi, quanti anni hai giovane umana?"
Questo sembrò funzionare, perché i suoi movimenti tornarono rigidi e il battito del suo cuore accelerò.
"Uindishi" disse.
Il vampiro si avvicinò di più "Come?" Domandò.
"Uindishi!" Ripeté lei, più forte.
Lui mosse una mano, in un gesto repentino e svolazzante "Non capisco, parla più chia- Ah, scusa." Le tolse la mano dalla bocca, permettendole di parlare normalmente.
La ragazza prese un bel respiro "N-ne ho quindici" disse incerta.
"Quindici..." Ripeté la creatura, fissando il vuoto. Lei annuì piano.
Quindici anni, come poteva averne così tanti? Cioè, non che fossero troppi per gli standard della razza umana, ma per i suoi lo erano.

Oddio, forse nemmeno troppi a dire il vero. Insomma, non era proprio adulta, anzi, solo era fuori fascia di età.
Non si era mai nutrito di un adolescente, di solito preferiva le vittime che andavano dai tre fino agli undici anni, certe rare volte anche dodici.

Però c'era qualcosa che non tornava: lui l'aveva chiaramente vista guardare un programma per bambini.
Decise di chiederlo alla diretta interessata. "Signorina, lei prima stava seguendo la serie televisiva chiamata 'L'armadio di Cloeth'?"
La giovane sembrò spiazzata da quella domanda e guardandosi un po' in torno con aria imbarazzata, si ritrasse sotto le coperte, scivolando giù in fondo al letto fino a che non scomparve anche con la testa.

La creatura, leggermente infastidita da quello strano comportamento, le abbassò nuovamente le lenzuola da sopra la testa, mentre con l'altra mano la recuperò afferrandola da dietro il pigiama.
La ragazza lo osservò a labbra serrate, divenuta curiosamente rossa.
"Ergo?" Domandò nuovamente, alzando un sopracciglio.
Lei indugiò un poco "Bhè, e-ecco si lo stavo guardando... Ma non è come sembra!" Si affrettò ad aggiungere, agitando le braccia.
"E allora com'è che sembra?"
"Ehmm, è che non avevo nulla da guardare. Nemmeno a me piace, però ci sono capitata per sbaglio e lì per lì un po' l'ho seguito, niente di più..." Disse, incassando la testa tra le spalle.

Il mostro, che aveva ascoltato la sua spiegazione con attenzione per capire cosa fosse andato storto, la lasciò andare da dietro il pigiama e lentamente si allontanò da lei, ritornando nelle sue riflessioni profonde.

Quindi, alla fine della storia, aveva sbagliato?
Lui, l'Uomo nero, incarnazione delle paure ancestrali dell'intera umanità, aveva sbagliato bersaglio?
Impossibile, avvertiva sempre chiaramente una presenza infantile dietro un qualsiasi armadio prima di colpire.
Ormai le conosceva alla perfezione quelle anime. Erano piccole, piene di pensieri innocenti e talvolta egoistici, teneri, morbidi e gustosi.
Quella che si ritrovava davanti poteva essere al massimo un po' infantile, gustosa non avrebbe saputo dire, magari un pizzico innocente, ma tutto fuorché piccola, morbida e tenera.

Era una strana via di mezzo, né bambina né adulta.
Curiosa.
Smise di sporsi completamente dal suo letto e allontanandosi si rimise in piedi, ergendosi come un'ombra imponente nella camera.

La ragazza si tirò le coperte fino al naso, continuando ad osservarlo con due grandi occhi castani.
Il vampiro sorrise; in fondo, non era tanto diversa dagli altri suoi piccoli bersagli.

Aveva fame si, ma la notte era lunga, non avrebbe impiegato molto a trovare qualche altro delizioso pargoletto.
Ma lei no, se la sarebbe assaporata per bene un'altra volta, avrebbe avuto occasione di studiarla, così da capire le abitudini della sua fascia d'età e in questo modo chissà, magari avrebbe potuto puntare a degli standard di caccia più alti.

Ma tutti loro avrebbero dovuto aver in comune quell'innocenza, quella caratteristica infantile dei sognatori che li porta a credere che i mostri sotto il letto esistano ancora e siano sempre in agguato.
Crederci non è segno di immaturità, ma capacità di immaginazione, pregio di riconoscere le proprie paure.

Poiché lui era quello, l'incarnazione delle paure, e una volta che avrebbero sconfitto, lui sarebbero stati liberi dai loro timori, scoprendo così la forza del coraggio.
Fece nuovamente un sorriso a trentadue denti, lugubre, che fece tremare la giovane sotto le coperte.

Si dilettò in un profondo inchino. "Mi perdoni signorina, devo aver sbagliato armadio, me ne vado immediatamente." Detto questo, si diresse verso le ante e le spalancò. "No, no guarda, non preoccuparti fai pure" disse lei sporgendosi dal letto per vederlo meglio.

Il mostro emise una breve risatina, poi infilò una gamba dentro lo scomparto.
"Ehmm, per curiosità... Tornerai?" chiese la pulzella dalla sua postazione, in tono leggermente preoccupato.
Lui la guardò di sottecchi.

"Volevo dire, tornerai tutte le notti a terrorizzarmi così Signor Uomo Nero?" Si affrettò ad aggiungere in modo curiosamente più cortese.

"No perché sai potrei che ne so, prepararmi, accoglierti in modo adeguato, potrei che so... io... bho..." Balbettò alla fine agitando una mano, lasciando la frase in sospesa.

La creatura si infilò completamente nell'armadio, lasciando fuori solo la testa e le braccia per tenere aperte le ante. "Bhe, chi lo sa, forse mi rivedrai per sempre, oppure mai più, non saprei dirtelo.
Una cosa però è certa; io non mi dimenticherò mai di te. So dove abiti oramai e a venire qui non mi ci vuole niente, signorina. Però penso che forse, sì, prima o poi mi rincontrerai. Magari non qui, probabilmente nei tuoi incubi. Perciò sta sempre a l'erta, e sopratutto non comportarti in modo inadeguato e non andare a dormire tardi, le mie possibilità di ritorno aumenterebbero. Buon proseguimento di serata, giovane umana."
Detto ciò, le diede un ultimo sguardo con il suo grande occhio scarlatto e sparì dentro l'armadio, fondendosi con le tenebre.

La mora rimase lì imbambolata a fissare il punto dove il suo strano visitatore era appena scomparso.

Non sapeva perché, ma quella sua ultima frase le sembrò un annuncio di Italia Uno.
"Vi auguriamo un buon proseguimento di serata cari telespettatori!".

E poi, cosa intendeva per: "comportarsi in modo inadeguato"? Non era una mocciosa e modestamente, lei era un ottimo modello da imitare.
Riguardo all'andare a dormire presto, phff povero illuso, non lo avrebbe mai fatto.

La ragazza sopra al letto, che fino a quel momento aveva trattenuto il fiato, scese velocemente, accese la luce e spalancò le ante dell'armadio.

Niente. Non ci trovò proprio nulla lì dentro, nemmeno una traccia del suo passaggio, solo il suo vecchissimo guardaroba invernale.

Possibile che si fosse immaginata tutto? Un'allucinazione ad esempio, eppure non aveva mangiato nulla di pesante a cena, solo un'intera vaschetta di gelato.

Stava per richiudere le ante, delusa, quando dal fondo dell'armadio si materializzò un solco oscuro e da esso apparve la spaventosa testa del vampiro con gli occhi rossi spalancati e il gigantesco ghigno pieno di denti affilati. Lo vide arrivare vicinissimo al suo volto, intimandole con una voce profonda e tremendamente demoniaca: "DORMI!"

La giovane emise un breve urlo di sorpresa e paura, gli sbatté in faccia le ante dell'armadio e con una combo spense la luce e saltò sul letto, mentre con il cuore in gola per lo spavento si tirò le coperte sopra la testa, tremando come una foglia.

Dall'armadio risuonò una forte risata inquietante e divertita che si affievolì piano piano.

"Ah! Ecco perché adoro i bambini!"

  
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