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Autore: Rowena    14/06/2008    10 recensioni
La Rosa di Versailles è unica: bianca e pura, splende solitaria in un mondo di fiori troppo appariscenti. A prima vista potrebbe sembrare scialba, ma qualcuno ha compreso il suo valore. Qualcuno che la ama in segreto da tanti anni, e che osserva la sua fioritura in silenzio, soffrendo al suo fianco. Ma qualcosa sta per cambiare...
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dammi la forza di affrontare la verità,
Il dubbio nella mia anima
Non posso più giustificarlo a lungo
, Il sangue versato in suo nome
È un peccato cercare la verità,
La verità celata dalla rosa?
Prega con me così che io possa trovare
Un passaggio verso le porte del Paradiso

È una bella giornata, quella che illumina la reggia di Versailles; il clima è magnanimo quest’anno e la regina Maria Antonietta approfitta del caldo primaverile per passeggiare nei giardini con le sue dame di compagnia, salutando i cortigiani con squisita gentilezza, e ammirare al contempo i colori dei magnifici fiori che ravvivano il parco.
La stagione delle rose è ormai giunta e tutte le fanciulle che vivono a palazzo trascorrono il tempo ad ammirare un simile spettacolo: migliaia di corone di petali morbidi e profumati spiccano tra le foglie verdi dei cespugli curati con amore dai giardinieri reali. È un momento dell’anno molto speciale, se perfino la giovane sovrana disdegna gli impegni ufficiali per trascorrere qualche ora spensierata, felice di liberarsi dall’insopportabile etichetta di corte.
Alle spalle della giovane sovrana si staglia l’esile figura di Madamigella Oscar che, severa e attenta come sempre, sorveglia l’incolumità di Maria Antonietta senza lasciarsi distrarre dalla noia che prova al momento o dalla frivolezza che impregna i discorsi delle dame; il suo compito è assicurarsi che la pace dei giardini di Versailles non sia turbata per nessun motivo e lo adempierà ad ogni costo.
Il capitano delle guardie reali osserva con attenzione e con ben celata curiosità quelle donne, vicine a lei per età ma educate in maniera del tutto differente; tutte prese dai giochi e dai pettegolezzi, non badano quasi alla sua presenza, e Oscar può chiedersi come la regina e le sue compagne possano divertirsi con simili sciocchezze.
Dal canto suo, non vede l’ora di tornare al palazzo degli Jarjayes per cenare, gustare una buona bottiglia di vino rosso con André e suonare un nuovo pezzo al piano, uno spartito appena arrivato da Vienna regalatole da suo padre. È stata una lunga settimana e le fasce sotto la camicia la tormentano, eppure Madamigella non dà segni di stanchezza o di dolore: impassibile come sempre, dona alla bella regina un senso di protezione che poche altre persone hanno saputo suscitarle nel corso della sua vita.
Poco distante, un altro personaggio tiene d’occhio il gruppetto allegro delle nobildonne con solerzia, silenzioso quanto il suo capitano. André Grandier si tiene in disparte per via del suo rango, senza neanche osare avvicinarsi all’amica ben più nobile: oggi Sua Maestà ha richiesto Oscar al proprio fianco, perciò i protocolli di corte devono prevalere sull’amicizia e l’attendente mantiene le giuste distanze. Dovrebbe esservi abituato, ormai, eppure questo pomeriggio la situazione lo irrita come mai prima d’ora.
Si appoggia a una colonna, tenendo le braccia incrociate sul petto; un sorrisetto ironico solca il suo volto, divertito dai frivoli racconti con cui le dame tentano d’intrattenere la regina e, soprattutto, da quelli che immagina possano essere i pensieri di Oscar.
Lo sguardo del giovane attendente si rabbuia, mentre si concentra per l’ennesima volta sulla figura del capitano della guardia regale; quant’è bella, avvolta dall’uniforme! Semplice, vera, elegante e magnifica senza ricorrere a tutti i belletti e i profumi che le altre donne di Versailles usano copiosamente ogni giorno nella speranza di apparire più affascinanti.
È come un fiore delicato e semplice, che appare meraviglioso in confronto ad altri dai colori troppo sgargianti o dai profumi tanto dolci da nauseare.
«Qualcuno sa dirmi che piante sono quelle?» domanda la regina indicando un pergolato coperto di rampicanti; le foglie sono scure, molto simili a quelle del comune alloro, e non ci sono fiori, neanche teneri boccioli.
Un giardiniere piuttosto anziano s’inchina profondamente prima di rispondere, emozionato dall’interesse di una persona così importante per il suo umile lavoro.
«Si tratta una varietà molto particolare di rosa, Vostra Altezza», spiega con voce tremante rigirandosi tra le mani il suo berretto liso, «la chiamano Fata delle nevi; vorrei che poteste ammirare la bellezza dei suoi fiori bianchi, ma questa specie sboccia in autunno e non a maggio come le altre».
Maria Antonietta sembra delusa, mentre agita il ventaglio colorato dinanzi al suo bel viso. «Che peccato: sapreste descrivermi questa Fata delle nevi, almeno?»
Il giardiniere annuisce esibendo un gran sorriso, mentre Oscar lo fissa con simpatia, colpita dall’amore che quell’uomo prova per il suo lavoro. Le piante che colorano Versailles sono la sua vita, è evidente. «Certamente, Maestà: la corolla è più semplice di quella che presentano e i petali sono bianchi come la neve e molto morbidi. Ha un profumo molto delicato, che si avverte soltanto avvicinando il fiore al viso; è una rosa molto insolita, se me lo consentite, e probabilmente se fiorisse in questa stagione passerebbe inosservata tra le sue parenti più sgargianti e variopinte».
André si stacca dalla colonna, incuriosito; quella rosa sembra il fiore fatto per Oscar, da quanto ha detto il giardiniere. Diversa da tutte le sue simili, particolare, a prima vista scialba a confronto delle altre, eppure tanto singolare da essere unica. Non avrebbe trovato parole migliori per descrivere la sua amica d’infanzia.
Non l’ha mai vista in abiti femminili e non riesce nemmeno a immaginarla agghindata con un vestito guarnito di pizzi e crinoline, magari ondeggiando su un paio di scarpette col tacco alto. Non è da Oscar, che si trova a proprio agio nelle larghe camicia da uomo e nei suoi alti stivali.
Si chiede da sempre come la persona dolce e generosa che conosce possa coesistere con il capitano delle guardie rigoroso e severo; da qualche tempo è strana, André lo ha intuito senza bisogno di porle domande, come se qualcosa si agitasse dentro di lei turbando la sua pace. Tutti la vedono come un soldato, un uomo sotto una pelle femminile, tanto che spesso gli estranei non si rendono conto della sua natura. Come Fersen, che ha avuto bisogno dei rimbrotti furibondi di Nonna Grandier per capire la verità.
La verità… Ma chi è davvero Oscar, chi desidera essere? Vuole un uomo accanto a sé, come ogni altra fanciulla? André se lo domanda da tempo, senza riuscire a trovare una risposta che lo soddisfi.
Proprio nello stesso istante, Madamigella de Jarjayes comincia a spiegare alla regina che conosce bene quel tipo di rosa rampicante, perchè nei giardini di casa madre ne ha fatto piantare molte piante, e che la descrizione coincide perfettamente con l’aspetto reale del fiore.
Non aggiunge che le piacciono molto e che trova buono il loro profumo, si sentirebbe ridicola a pronunciare una frase tanto sciocca.
Pensierosa, Maria Antonietta annuisce senza convinzione. «Devono essere molto belle, monsieur, e tuttavia quel pergolato sembra così spoglio a confronto dei giardini… Non potrebbe sostituirle con una varietà più colorata?»
Il giardiniere sembrò rattristarsi, come se gli dispiacesse davvero obbedire, ma l’ordine, per quanto espresso in maniera cortese, proveniva dalla regina di Francia e un umile lavoratore com’era lui non poteva certo opporsi. «Come… come la Maestà Vostra desidera» mormora piegandosi ancora in un profondo inchino sulle sue ginocchia ossute.
La regina sorride, di nuovo felice, e prosegue la passeggiata nel parco con le sue dame di compagnia, seguita alacremente dalla sua protettrice. Soltanto André rimane dov’è, stranamente mogio, a fissare l’arco di foglie verdi. «Peccato, monsieur, avrei voluto vedere la Fata delle nevi in fioritura».
Il vecchio impreca, ora che nessun raffinato e nobile orecchio può udirlo: ha passato anni a coltivare quelle rose, e ora per un capriccio di quell’austriaca viziata dovrà estirpare le sue preziose ragazze. L’attendente non aggiunge nulla, aspettando che l’altro si sfoghi; da tempo ormai ha compreso che il rapporto che mantiene con Oscar, per quanto legato dalle convenzioni, è speciale e che nessun altro nobile di Francia lo tratterebbe con tanto rispetto. È davvero fortunato.
«Ragazzo, perché vuoi vedere un fiore ridicolo come quelli che coltivo io, quando hai vicino a te una vera Fata della neve?» La voce del giardiniere s’infila quasi stridula nei pensieri del giovane, riportandolo alla realtà.
André annaspa, passandosi una mano tra i capelli; non si è ancora abituato alla frangia sull’occhio sinistro a coprire la cicatrice, e probabilmente non accadrà mai. «Come, prego?»
«Avanti, non prendermi in giro; lei può anche non essersene ancora accorta, le donne a quell’età sono cieche, ma non inganni un vecchio come me».
Il giovane sospira, senza aggiungere niente. Non pensava di essere così trasparente, è sempre stato attento a mascherare i suoi sentimenti; non vuole avere problemi, soprattutto con Oscar. A volte, mantenere il suo ruolo di fedele attendente o semplice amico lo distrugge: sarebbe così sbagliato confessarle la verità, o domandarle cosa prova davvero?
Se conquistasse il suo amore, porterebbe il Paradiso in Terra… Ma non accadrà mai, André su questo non s’illude, e così si piega al destino, rimanendo in ogni caso al suo fianco: se non può averla, per lo meno sarà con lei, sempre.
Il giardiniere mormora su quanto i giovani non sappiano cogliere le occasioni per ottenere la felicità, per poi ricominciare a zappare la terra soda del giardino; il lavoro appena richiesto dalla regina non può aspettare.

Prega per me perché ho perso
La mia fede nelle Guerre Sante
Il paradiso mi è negato?
Perché non posso sopportare oltre
L’oscurità ha preso il controllo su di me,
Consumato la mia anima mortale?
Tutte le mie virtù sacrificate,
Può essere così crudele il Paradiso?

«André?» Nessuna risposta. Nonna Grandier vaga per l’imponente Palazzo Jarjayes alla ricerca di suo nipote, sparito nel nulla non appena Madamigella Oscar è uscita per recarsi al ballo alla reggia. «André, ma dove ti sei cacciato?»
Quel ragazzo sarà la causa della sua morte, un giorno o l’altro, la vecchia signora non ha dubbi a riguardo; sbuffa, pronta a ricominciare a controllare ogni stanza, quando eccolo lì, seduto in giardino tra le rose della contessa. «André, ma che fai lì? Ti prenderai un malanno se non vieni dentro!»
«Sto bene, nonna, non fa freddo».
«Ma che stai dicendo? Un’ora fa eri davanti al camino acceso e adesso stai lì fuori?»
André ridacchia, divertito dall’apprensione della vecchia governante di casa Jarjayes; è rimasto un bambino per lei, lo stesso che correva con la piccola Madamigella sfidandola a duello. Il gioco era rimasto lo stesso, anche a distanza di vent’anni.
«Volevo vedere se le rose di Madame Marguerite fossero già sbocciate, ma temo che sia ancora presto per la fioritura», spiega semplicemente accarezzando una foglia liscia del rampicante più vicino a lui. Poco distante una fontana gorgheggia melodiosa.
«Potevi chiederlo a me, testone, invece che venire qua fuori a prendere freddo», sbotta l’energica donnina invitandolo ancora a tornare in casa. Suo nipote sembra pensieroso, come se nascondesse qualcosa, e lei rinuncia a farlo ragionare. Conosce bene il carattere del giovane, ormai. «Sai quali rose sono, André?»
«Fata delle nevi, vero? Oscar ne ha parlato alla regina qualche giorno fa», risponde il giovane nel tentativo di sembrare indifferente. La nonna è l’ultima persona che deve sapere dei suoi sentimenti, a parte forse Oscar stessa e, peggio ancora, suo padre.
La signora Grandier annuisce, sorridendo con aria sognante. «Bravo, proprio così. E stasera la nostra Oscar sembrava proprio una Fata delle nevi, non trovi? Era così bella!»
André digrigna i denti, mentre le dita si stringono fino a conficcare le unghie nel palmo; non vuole discutere di Oscar e del suo vestito, o del motivo per cui ha deciso di conciarsi in quel modo proprio stasera. La nonna non sarebbe proprio contenta di sentire cosa pensa a riguardo.
«No, non credo. Nonna, le sorelle di Oscar le somigliano molto?»
«Che domanda è mai questa, André? Non te le ricordi?»
Ride, André, mentre con la memoria torna indietro di molti anni. «Non molto: so che non volevano mai giocare con noi, per paura di macchiarsi gli abiti, e nulla più».
Gli piace molto ricordare il periodo della sua infanzia: ai tempi, il Generale Jarjayes lasciava che Oscar giocasse con lui come un qualsiasi ragazzaccio di strada, così da acquisire il coraggio, l’intraprendenza, la capacità di fronteggiare gli imprevisti, e la bambina era cresciuta nella convinzione di essere un maschietto proprio come il suo amico, senza ribrezzo del sangue, senza timori. Poi erano seguite le lezioni di scherma e sull’uso delle armi da fuoco, le cavalcate senza fine, le lunghe ore passate ad annoiarsi con il maestro di etichetta. André era sempre al fianco dell’amica, in ogni occasione, proprio per volere di lei. Come due veri fratelli.
La nonna si siede accanto a lui, sorridendo. «È naturale, credo: le figlie del Generale Jarjayes hanno sono molto più grandi della nostra bambina, e hanno passato molto tempo in collegio, per poi sposarsi molto presto; ad ogni modo no, non hanno lo stesso carattere di Madamigella Oscar. L’educazione maschile che il padre le ha impartito ha pesato molto sulla sua formazione».
André già lo immaginava; per questo Oscar è così unica e speciale. Per questo si è innamorato di lei, quando era soltanto un ragazzino e per dimostrarle il suo affetto le lasciava vincere ogni duello con la spada, o corsa a cavallo, o sfida al tiro al bersaglio con le pistole.
La dodicenne di allora si arrabbiò molto, senza capire la ragione dietro il suo comportamento; accadde all’incirca nel periodo in cui scoprì di essere una donna, quando ogni piccola gentilezza da parte di André le sembrava un gesto di scherno o di commiserazione.
Come spiegarle ai tempi che si sbagliava, se lui stesso non riusciva a comprendere davvero il turbamento che lo agitava?
L’aria sta diventando fredda, nei giardini di Palazzo Jarjayes: il giovane attendente porta le mani dietro la schiena, appoggiandosi alla panchina di pietra calcarea per poter guardare il cielo; ripensa a Oscar, al suo vestito elegante e ai capelli raccolti sulla nuca, per poi scacciare rapidamente la visione che si è formata nella sua mente.
Più ci riflette, più gli sembra una rosa bianca che tenta di cambiare colore per attrarre a sé più farfalle; non è l’Oscar di cui si è innamorato, per quanto l’abbia trovata affascinante. Soltanto un uomo può averla spinta a snaturarsi in quel modo, fino a portarla a decidere di sembrare una donna come le altre, solo il desiderio di apparire meravigliosa ai suoi occhi.
André sa bene per chi Oscar ha deciso di presentarsi al ballo vestita da donna, e questa verità lo fa soffrire. Hanno passato tutta la vita insieme, dividendo avventure, giochi, ferite, sgridate… Eppure non è bastato perché la sua bella e incredibile amica si accorgesse di lui. Non gli è sufficiente passare inosservato, però, preferisce piuttosto farsi ulteriormente del male, magari controllando le liste dei dispersi e dei caduti nella guerra d’indipendenza americana per anni per assicurarsi delle condizioni del conte di Fersen.
L’ha fatto a lungo, provando in parte sollievo per non essere costretto a comunicare una notizia simile alla sua amata, in parte rabbia per non trovare il nome del rivale tra quelli dei martiri per la patria. Per Oscar, soltanto per lei.
Ha perfino osato metterla a parte delle sue ricerche, così da rassicurarla, anche se lei non gli ha permesso di vedere nulla di lei, neanche la più piccola emozione. Poi Hans Axel di Fersen è tornato, più bello ed eroico che mai, e per lui il cuore di donna della sua cara amica si è svegliato dal lungo inverno che l’ha attanagliato per tanti anni. Per l’amante della regina, uno dei pochi uomini che non potrà mai avere.
André l’ha capito da tempo, ma Fersen è tanto idiota quanto innamorato di Maria Antonietta.
Non vedrà mai il valore nascosto del capitano delle guardie, semplicemente perché Oscar indossa un’uniforme e si comporta come un uomo. È in quelle vesti che ricorda una rosa bianca, non conciata da piccola principessa come ha fatto questa sera.
Chissà quanto fastidio le dà il corsetto, o come sono scomode quelle scarpine… E sopporta tutto questo per un altro uomo, per quel frigido svedese incapace di guardare oltre alle apparenze.
André si è stancato di rimuginare: si concederà un altro bicchiere di vino, magari qualche pagina di un libro di fronte al fuoco nel camino e poi andrà dritto a dormire, sperando di dimenticare presto la serata. Sua nonna dev’essere rientrata da parecchio, probabilmente mugugnando di non rimanere troppo a lungo in giardino, e lui non l’ha neanche sentita.
Torna nell’androne del palazzo, sospirando, stanco di sentirsi tanto triste e solo, quand’eccola tornare di corsa, con l’aria sconfitta, il trucco sciolto dal pianto e la bella acconciatura ideata dalla nonna ormai rovinata.
L’amico la guarda fisso, senza domandarle nulla, trattenendosi dal correre ad abbracciarla; lei apprezza questo suo silenzio, poiché si vergogna a morte di quanto è successo, e corre su per le scale per rintanarsi in camera sua. André sente la porta chiudersi con un tonfo, così da impedirgli di ascoltare i singhiozzi della sua Fata, e si pente di non aver espresso ad alta voce ciò che pensa; forse se avesse detto che aveva previsto un simile finale e che uno sciocco come Fersen non è degno del suo amore, Oscar avrebbe reagito in modo diverso, ricordando il proprio onore e la forza d’animo che la contraddistingue da sempre, ma ormai è tardi.
Per André è difficile non seguirla al volo: vederla così disperatamente sconfitta gli fa male, sente il cuore fremere di un'ira mai provata prima d’ora e domandare vendetta.
Se fosse un nobile, correrebbe a cercare il conte svedese per sfidarlo a duello e lavare così l’onta subita dalla sua amata principessa, così pensa prima di ricordarsi che se fosse davvero nobile di nascita potrebbe domandare la mano dell’amica d’infanzia al padre senza problemi.
L’attendente fa fatica a pensare a qualcosa che non riguardi Oscar, l’infelicità d’entrambi e la triste serata che hanno vissuto; il suo posto è accanto a lei, André lo sa bene, e in questo momento dovrebbe stringerla a sé, consolarla e confessare quanto la trova bella e quanto la ama, e quanto sarebbe bello se lei ricambiasse…
Fantasie dolci quanto impossibili: stringe con più forza il collo della bottiglia di vino che ha preso poco fa nelle cucine e si costringe a tornare nella sua umile camera di servo maledicendo il fato per averlo messo al fianco di una donna simile senza offrirgli un’occasione di amarla apertamente.

Sto sperando, sto pregando
Non mi perderò tra due mondi
Perché tutto quello che ho capito
E' che la verità giace nel mezzo
Dammi la forza
Di affrontare il male che ho causato
Ora che conosco la parte più oscura di me

Il sole splende su Versailles, come sempre. Come ogni giorno. Qualcosa sta per cambiare, però, e André avverte che sarà terribile; riceve le sue consegne senza sorridere, senza aggiungere nessuno dei suoi soliti commenti ironici sulla nobiltà. Non è proprio l’occasione per scherzare, questa.
Oscar gli spiega le proprie decisioni con voce dimessa, lo allontana da sé senza nemmeno mostrarsi arrabbiata. Quella gentilezza uccide il giovane servo: ha mandato tutto all’aria, ogni cosa.
Avrebbe potuto continuare a vederla a Palazzo Jarjayes, dopo i suoi turni di servizio come Capitano dei soldati della guardia; probabilmente gli toccheranno le faccende nelle stalle, ora che non è più gradito come attendente, e ogni sera l’avrebbe salutata prendendo dalle sue mani le briglie di César e domandandole com’era stata la sua giornata, da bravo amico.
È tutto finito, invece, lacerato come la bella camicia inamidata che Oscar aveva indosso l’altra sera; André scaccia quell’immagine dalla sua mente, vergognandosi di sé, nuovamente mortificato.
Non sa spiegare cosa gli è preso, né che intenzioni aveva una volta arrivato a quel punto; ricorda solo di aver pensato che la decisione della sua amica era una vera follia e che era insensato rinnegare così la propria natura, sa di aver espresso i suoi ragionamenti con quella sciocca frase floreale degna di qualunque chiromante da due soldi, così come non dimentica lo schiaffo ricevuto, la mano di lei corsa a punirlo per la sua impudenza.
Poi la vista gli si è offuscata e incapace di controllarsi…
André odia se stesso al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere se non fosse tornato lucido. È stato un animale, si è comportato come una bestia e Oscar avrebbe tutte le ragioni di farlo punire da suo padre, perfino con la vita.
L’indifferenza con cui la giovane donna lo tratta, tuttavia, è la pena peggiore: vorrebbe gettarsi ai suoi piedi e domandare perdono, pur non meritandolo, ma il Capitano Jarjayes non gliene ha concesso la possibilità. Forse è giusto così, pensa lui cercando di rimanere serio e impassibile.
Madamigella sembra vacillare, mentre spiega di non voler più parlare di quanto è accaduto; e perché dovrebbe essere altrimenti? È ovvio che non desideri sentirsi ripetere ancora quanto sia fragile la maschera di perfetto ufficiale che si è costruita negli anni per ingraziarsi suo padre!
Furioso, André stringe i denti e annuisce; sa di averla ferita e, anche se la sua amata non lo ammetterà mai, di aver colpito nel profondo. La sua reazione è stata disarmante: se un altro uomo avesse provato ad avvicinarla con le stesse intenzioni, Oscar avrebbe reagito e combattuto fino allo stremo, decisa a non cedere, e invece è rimasta annichilita, capace soltanto di piangere, perché a rubarle un bacio e a strapparle la camicia è stato il suo attendente, il suo miglior amico.
Non è soltanto il suo errore, per quanto imperdonabile, a porsi tra loro, André ne è consapevole: ha rimescolato le carte che erano in tavola da più di vent’anni, distruggendo ogni certezza su cui lei contava.
«Non avrò più bisogno di te», termina Oscar con tono asciutto, prima di partire al galoppo verso casa, lasciandolo solo con le sue colpe.
Anche il giovane servo tornerà a Palazzo Jarjayes, ma senza alcuna fretta: vuole darle il tempo di terminare i preparativi per il suo viaggio e di partire in direzione di Arras, di modo da non dover più affrontare quegli occhi azzurri tanto tristi e delusi. La Bestia che sono diventato non ti spaventerà più, mia amata. Sta per imboccare la via maestra che si allontana da Versailles, quando un pensiero lo cattura improvvisamente e lo spinge a riportare il suo cavallo alle scuderie della guardia reale, per affidarlo alle mani esperte di un amico stalliere, e correre verso i giardini delle rose. Ha indovinato, povero André: il pergolato ora appare nudo e spoglio, e il vecchio dell’altra volta sta piantando roselline dai boccioli scarlatti ai piedi della struttura di canne.
Rimane ad osservare il giardiniere al lavoro per qualche minuto, senza farsi notare, finché l’altro non si ferma un attimo per detergersi il volto dal sudore, riconoscendolo. Un po’ di compagnia non gli dispiace, mentre si occupa delle sue ragazze, e così gli fa cenno di avvicinarsi.
«Allora, come sta la tua bella Fata?» esordisce in una risata. «Spero che se la passi meglio delle mie ragazze, ormai buone solo come concime».
André vorrebbe prenderlo per la gola, stanco e furibondo com’è, ma in qualche modo riesce a trattenersi. Perché non è riuscito a fare lo stesso l’altra sera, nella stanza di Oscar?
«Ha scelto di recidersi le ali e io l’ho aiutata a compiere l’opera», sospira infine, accorto a non scendere nei particolari.
Il giardiniere scuote il capo, deluso, mentre estrae con cura dal suo vaso un’altra piantina e la pone delicatamente in una buca nel terreno appena scavata. «Ecco perché sembrava tanto infelice, oggi. Che hai combinato, figliolo?»
Indeciso sul da farsi, André striscia i piedi avanti e indietro per prendere tempo; perché mai dovrebbe parlare di sé con questo sconosciuto, in fondo?
Sorprendentemente, il vecchio sembra comprendere i suoi pensieri e lo fissa a lungo. Nei suoi occhi si leggono il rimpianto per un amore perduto e tanti errori di gioventù, il desiderio di rimediare…
E André si lascia andare, sfinito dai segreti che tiene per sé da troppo tempo, e libera un fiume di parole su quanto ha fatto, su quella camicia stracciata, sull’amore disperato che nutre per Oscar da quando erano ragazzini. Il giardiniere continua il suo lavoro nel mentre, lasciandolo parlare senza interruzioni, e il giovane gliene è grato, perché non saprebbe ricominciare dopo una qualsiasi domanda.
Solo quando il racconto è arrivato al termine, smette di occuparsi delle sue rose per alzarsi e posare le mani sulle spalle del povero innamorato, che rimane più sorpreso dalla forza messa in quel gesto che preoccupato per le macchie di terra che rimarranno sulla giacca lavata e stirata. Sua nonna si arrabbierà molto, quando tornerà a casa, ma non ha importanza, non ora.
«Ti sei comportato da idiota, ragazzo», commenta serio fissando André negli occhi, «ma non è detto che tu non possa rimediare».
«Rimediare? Non vuole più avere a che fare con me: cosa dovrei inventarmi, secondo te?»
«Nulla, non ora, almeno: sei talmente fuori di te che potresti commettere l’irreparabile. Trova un modo di rimanere vicino a Madamigella Oscar, e il tempo farà il resto».
L’attendente sospira, scettico. Conoscendo Oscar, ci vorrà un miracolo solo perché gli conceda di guardarla ancora negli occhi. La sua rassegnazione indigna il vecchio, che lo spinge indietro per costringerlo a riscuotersi. «Ascolta, figliolo: se recido per errore un bocciolo, devo saper attendere che la rosa guarisca da sé la ferita che le ho inferto e che fiorisca di nuovo. Devi fare lo stesso, André, e sperare che la tua Fata delle nevi sappia reagire alla stupidità che le hai dimostrato».
Tra i due cade il silenzio; il giovane continua a fissare il terreno, colpevole e disperato, senza sapere cosa dire, tanto che l’altro decide di tornare al lavoro, stanco di lui. Alla fine, André domanda il suo nome. «Come ti chiami, giardiniere?»
Senza distogliere lo sguardo dalla rosa che ha appena interrato, sorride. Le dita callose avvicinano delicatamente i rametti della pianta alle canne del pergolato, come se volesse invitarla ad arrampicarsi. «Pierre Auguste, ragazzino, ora fila, prima che qualcuno bastoni entrambi per la nostra indolenza».
André ubbidisce prontamente, limitandosi a salutare, e torna dal suo cavallo. Non sa ancora cosa fare, esattamente, ma non vuole perderla: rimarrà al fianco di Oscar, in qualche modo, e le dimostrerà di non essere la Bestia che l’ha aggredita. Forse sarà riuscito ad ottenere il perdono della Rosa di Versailles, quando le Fate delle Nevi fioriranno.







Le parti in corsivo sono stralci presi dalla canzone The Truth Beneath the Rose, dei Within Temptation.
Ho scritto questa storia per un contest su Writers Arena; è la prima volta che provo a scrivere di Lady Oscar e, in realtà, è la prima volta in assoluto che scrivo una ff su un anime. Ditemi che vi sembra...

Rowi
   
 
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