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Autore: Nemainn    07/02/2014    4 recensioni
Piccola Cross over di Luna Blu con Questo Amore è un calcio nei...
Lucas, in arte Serrure, ha un nuovo cliente che gli chiede di rubare un cane...
Ma se non fosse proprio un cane, quello che trova al Luna Blu?
A voi, e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Robin Hood per un giorno
 

 

Era un lavoretto semplice: cosa si rischiava nel rubare un cane?
Gli era stato descritto come piuttosto grosso, dal pelo bianco, facile da riconoscere. Niente che non si sarebbe potuto buttare a nanna con l’aiuto di una runa soporifera e che, quindi, non richiedeva l’intervento della sua complice abituale.
Il giovane mago, che in qualche sera, come quella, si vestiva anche del titolo di ladro, portava la sua tenuta da battaglia e, cappuccio ben calzato in testa, si muoveva furtivo fra vicoli e vicoletti di quella città. Avrebbe potuto trasportarsi direttamente di fronte alle porte del locale, ma aveva prima bisogno di un sopralluogo e, in ogni caso, aveva consumato già troppe energie per il viaggio da New York a lì: un atterraggio preciso sarebbe stato un inutile sforzo.
Si fermò giusto un attimo, per controllare il telefono che segnava una notifica. Sospirò, di fronte all’ultima opera di Felicia, quella che poteva bene o male definire la sua migliore amica, ma appunto anche compagna di malefatte, che proprio ci provava, a trovare una vena artistica in sé. Ma a giudicare dallo scarabocchio, che avrebbe dovuto essere il ritratto di uno dei suoi innumerevoli gatti, ma che invece poteva essere paragonato di più a un sottomarino con la coda e due orecchie... anche il disegno non era nelle sue corde. Si limitò a suggerirle di cambiare soggetto prima di rimettere in tasca il telefono e ripartire all’esplorazione, ritrovandosi finalmente l’insegna
Luna Blu di fronte.
Il suo misterioso committente, che si era premurato di prendere contatto con lui solo tramite mail, gli aveva consigliato giorno e ora, in modo tale che il locale fosse vuoto.
Tirò fuori un gesso dalla giacca verde scuro per scrivere poche rune sulla maniglia che, subito dopo, si abbassò con un tenue
click. Il giovane annuì soddisfatto, tirando giù il cappuccio per grattarsi la zazzera scura, mentre uno strano prurito cominciava a salirgli per le mani, come sempre quando incappava in un potente incantesimo. Storse il naso; non doveva essere un semplice locale notturno, quello? Scivolò nell’anta socchiusa, prima di chiudersela alle spalle e lasciare che il silenzio tornasse padrone della strada.
Aveva nuovamente mancato di rispetto a Rudra.
Con un brivido, al ricordo di quegli occhi infuocati che lo fissavano, colmi di fredda ira calcolatrice, Alan si diede, per l’ennesima volta nel giro di meno di ventiquattr’ore, dell’idiota.
Il dio albino gli aveva messo il collare, obbligandolo a trasformarsi in lupo e ora era lì, solo, nel locale. Si era sdraiato nello stretto corridoio che portava agli uffici e alle stanze, deserti a quell’ora, osservando con un certo astio le ciotole davanti a sé.
Un cane, di nuovo.
Il pensiero lo fece infuriare, Rudra sapeva benissimo come essere costretto in quella forma, obbligato a vivere come un cane, lo umiliasse. Era la sua arma contro di lui, non gli serviva picchiarlo come faceva Petar, lo trasformava, lasciandolo in quella forma fino a quando non riteneva che lui avesse scontato la sua colpa.
Un rumore attirò la sua attenzione.
Le sensibili orecchie del lupo di mossero in direzione del suono e Alan si alzò, imponente: era un lupo di tutto rispetto, la sua testa arriva circa al torace di un uomo normale. Con passo assolutamente silenzioso si mosse, arrivando dentro al locale, fino a sentire con chiarezza il suono di passi leggeri e percepire l’odore di una persona. Non era sicuro fosse un essere umano, aveva un odore strano, di magia, di cose che lui non conosceva. Il pelo sul collo si alzò, mentre un ringhio appena accennato prendeva forma nella sua gola quando, davanti a sé, vide un ragazzo. Indossava una giacca verde, sembrava avere la sua età e, sopratutto, aveva quello strano odore. Il ringhio divenne deciso, non sapeva chi fosse ma era certo che il Luna Blu non fosse il suo posto.
Il giovane si bloccò, perplesso. Di certo stupito dalla sua… possenza.
Sembrò però riprendersi da quell’attimo di incertezza schiarendosi lo gola, per poi piegarsi sulle ginocchia; era abbastanza alto per avere comunque il suo volto all’altezza di quello di lupo: “Ehilà, bello…” sorrise, incerto “Voglia di fare una passeggiata con me?” disse, mentre armeggiava in una tasca posteriore.
Ci mancava solo l’umano demente che voleva portarlo a fare una passeggiata!
Con un verso disgustato, quasi umano, diede le spalle al ragazzo. Rudra aveva dei buttafuori preposti a quelle situazioni, delle guardie pagate a quello scopo che, al momento, stavano poltrendo nella saletta interna, giocando a carte. Che ci pensassero loro!
Deciso, si diresse verso il corridoio dove sapeva che, grattando con forza e facendo abbastanza rumore, sarebbero arrivati ad aprirgli.
Il ragazzo, che non aveva preso molto bene l’essere ignorato in quel modo, lo seguì, ostinato.
“Dannazione. Se lo tramortissi morirei nel trasportarlo… se me lo dicevano, avrei portato un carrellino” borbottò sovrappensiero, evidentemente convinto che l’animale non avrebbe potuto capirlo: in fondo per lui era poco più di un cane.
Alan si bloccò, voltandosi a fissare quel ragazzo: se lo avesse spaventato per bene certe assurde idee gli sarebbero passate, ne era certo. Con un passo minaccioso si avvicinò, guardandolo negli occhi con tutta la decisione che riusciva a mettere nello sguardo. Snudò le zanne, ringhiando con ferocia e alzandosi sulle zampe posteriori si appoggiò con violenza all’altro, buttandolo per terra, e continuando a ringhiare sul viso del giovane, a meno di un centimetro dalla pelle.
Di certo ottenne il suo intento, spaventandolo a morte, tanto che nel tirare fuori un sacchettino che avrebbe dovuto contenere delle rune del sonno, spalmò sul naso del lupo una bomba-runa al peperoncino. Si accorse dello sbaglio solo quando l’odore arrivò anche a lui, che storse il naso irritato: “Ops”, e se aveva dato fastidio a lui...

“Ops un paio di palle!” pensò Alan, mentre il dolore del peperoncino si faceva strada in lui. Se solo avesse avuto le mani avrebbe strozzato quell’idiota! Lui stava cercando di salvarlo spingendolo ad andarsene prima che Rudra lo trovasse e lui? Non solo rimaneva cocciutamente ma gli spalmava pure del peperoncino sul naso!
Starnutendo, guaendo, imprecando emettendo suoni che, al ragazzo, parvero molto umani, il lupo bianco strofinò il naso contro il pelo delle zampe per togliere quella sostanza dal muso, in un comportamento decisamente molto poco animale.
“Scusa, scusa, non volevo!” si alzò in piedi il corvino, mentre rovistava nuovamente nelle tasche per tirare fuori un’altro sacchetto “Fermo, bello, fermo! Lascia che ti passi questo, farà passare il male!” tentò di buttarsi sul lupo, tentando di spalmargli anche quella. Bene o male lo afferrò per il collare, nel tentativo di tenerlo fermo.
No!
Quello era davvero troppo!
Alan spostò il peso all'indietro, puntando le lunghe zampe sul pavimento lucido e scrollandosi di dosso il mago, cercando di far mollare la presa sul collare all’altro. Una sfilza di improperi, che si manifestarono come un continuo e assai irato ringhio, gli sfuggirono.
Fu un attimo, Alan si trovò improvvisamente senza il collare, rimasto tra le mani del ragazzo e, senza perdere tempo, si trasformò. Con un gemito di dolore, sotto gli occhi dell’altro, al posto del grosso lupo bianco apparve un giovane della sua stessa età, con lunghi capelli neri e occhi blu, decisamente arrabbiati.
Il ladro sbatté le palpebre un paio di volte, spostando lo sguardo dal collare a quello che era un… licantropo? Si lasciò sfuggire un gemito esasperato “Oh, no, non dirmi che sei un parente di Luna Rossa… almeno tu non puzzi…” sospirò, porgendogli ora, con più calma, il sacchetto che avrebbe dovuto lenire il bruciore “Mi spiace, è stato un incidente. Mi sarei limitato a tramortirti, non volevo certo ficcarti l’inferno in una narice. Una volta l’ha fatto mia sorella, con me. Diceva di volermi far provare il suo dominio.”
“Ascoltami bene, no so chi diavolo sia questo Luna Rossa, ma tu te ne devi andare prima che arrivi Rudra.” il ragazzo sospirò, prendendo dalle mani dell’altro il collare, sospirando e borbottando a mezza voce: “Quando Rudra vedrà che non sono più nella forma di lupo come minimo mi spedisce a lavorare per strada…”  Alzando gli occhi incontrò quelli dell’altro.
“Beh? Allora? sei ancora qua? Vuoi che Rudra ti tenga a lavorare per lui per ripagare i danni? Io non dirò nulla, però smamma.”
Il giovane continuò a fissarlo, perplesso. Spostò lo sguardo da capo ai piedi, accelerandolo un attimo e con un tenue rossore sulle guance quando arrivò ad altezza vita, data la nudità del licantropo.
“Mi avevano detto che dovevo prendere un cane, non un ragazzo… Perché dovrebbero rapirti?” domandò, perplesso “E poi che diamine te ne fai di un collare?” aggiunse.
“Cosa vuoi che ne sappia io chi è quel pazzo che vuole farlo?” Nessuno, pensò il ragazzo, nessuno sano di mente che sapeva che lui ‘
era di Rudra’ avrebbe mai sottratto qualcosa al dio. Ma la successiva domanda dell’altro ragazzo bloccò i suoi pensieri.
“Mi impediva di tornare uomo, ma poi a te che cosa interessa? Smamma prima che ti scoprano e dì a quello che ti ha dato il lavoro che è un pazzo.” Alan si rigirò tra le mani il collare, sospirando. “Sono in grossi guai, stavolta…”
Ancora una volta il giovane ignorò il suo consiglio, o troppo sciocco, o semplicemente non gli importava della propria salute. Si portò una mano al mento, mentre puntava le iridi smeraldine sul volto di Alan, fissandolo quasi con imbarazzante insistenza.
“Senti!” esclamò poi “Ho un contratto, ma io sapevo di un cane, non di un licantropo. Ma si potrebbe fare a metà, se dopo la consegna venissi a riprenderti, e sono in grado di gestire la cosa in modo piuttosto clandestino…” disse, sorridendo “Avresti voglia di essere mio complice? Uscire per un poco di qui, prendere un po’ d’aria… fare una passeggiata. Oppure sei un fedele cane da guardia?” domandò, un tono di voce neutro.
Alan guardò il ragazzo, ad essere onesti non gli interessava più di tanto il discorso dei soldi, il pensiero di quello che gli sarebbe successo quando Rudra, una volta tornato, lo avesse trovato ‘libero’ era decisamente più pressante.
“Mi hai messo nei casini e ti dovrei pure aiutare?” disse, incrociando poi le braccia al petto lo fissò decisamente scocciato. “Guarda che non sono un cane da portare a fare una passeggiata, o preposto a fare la guardia.”
“Ah sì?” ridacchiò il corvino, come divertito “Beh, l’impressione dell’esterno è quella. Un grosso cane intento a sorvegliare un locale vuoto. E in ogni caso, potrei conoscere qualche trucchetto per farti tornare in quella forma, se proprio ci tieni tanto…” suggerì.
“Guarda che so benissimo come tornare in forma di lupo, anche senza il tuo aiuto. Il problema è se Rudra scopre te qua, e non solo per me, sopratutto per te.” Sapere chi, però, aveva commissionato il suo rapimento, lo incuriosiva parecchio. Non gli interessava dei soldi, non ne aveva bisogno, in realtà. Ma quello sì, lo voleva sapere. “Chi ti ha commissionato… il mio furto?” Disse con una nota divertita, spostandosi in modo da sedersi su uno dei divanetti, incurante della sua nudità.
“Non ho mai incontrato il committente, ma ho una data e un’ora per la consegna. Proprio non ti andrebbe di andare lì, prendere il compenso, divertirsi a fare un po’ di casino? Una ragazzata, insomma…”
Una ragazzata? Alan sorrise all’idea.
“Non è che poi mi molli lì, vero?” L’idea era bella, ma il suo vero scopo era scoprire chi lo volesse, tanto da commissionare un furto a quel poveraccio, completamente ignaro di tutto. “Vedi di essere convincente, probabilmente Rudra sarà qua a minuti e, se vogliamo andarcene, è il caso di farlo
prima che arrivi. Dubito si possa fare dopo…”
“Ti do la mia parola. Sono un ladro, non un rapitore. E mi piace considerarmi un moderno… Robin Hood” alzò le spalle, prima di porgergli una mano perché la stringesse, come si fa tra colleghi.
“Un moderno Robin Hood, eh? Questa mi mancava, ma affare fatto!” Il ragazzo si mise, con aria meditabonda, una lunga ciocca corvina dietro l’orecchio, osservando attentamente l’altro. Gli lanciò il collare, sorridendo in maniera inquietante, con i denti bianchissimi quasi luminosi nella parziale ombra del locale deserto. “Tienilo, mi servirà  dopo… comunque mi chiamo Alan, tu?” Con quelle parole cominciò a trasformarsi, odiando il suono delle sue ossa che si deformavano e la sensazione del corpo che mutava, fluido e solido allo stesso tempo. In un attimo fu di nuovo l’enorme lupo bianco dagli occhi blu, che fissava intento l’altro ragazzo dagli occhi verdi.
“Serrure” rispose, mentre infilava il collare in una tasca, per poi porgere la mano sul manto del lupo.
Tempo neanche di una carezza e i due comparvero con un lampo verde in un vicolo.
Non si erano spostati poi molto dal locale, giusto un centinaio di metri, quindi non uno sforzo ciclopico per il giovane che riprese le distanze dal lupo, senza fare commenti. Infondo si era parlato di tempo e, quello, era il mezzo di trasporto più veloce che conosceva.
Calcò nuovamente il cappuccio in testa, mentre faceva segno al lupo di seguirlo; gli bastò svoltare giusto un paio di volte per trovarsi di fronte uno stadio di modeste dimensioni, il luogo dell’incontro.
Ancora una volta, tirò fuori un sacchetto con sopra incisa una runa, per l’esattezza quella dell’invisibilità. Si voltò verso Alan, inginocchiandosi per avere il collo del del lupo più a portata di mano.
“Con questo addosso nessuno ti potrà vedere, neppure io, per quanto possa sentire l’effetto della magia e raggiungerlo. Ovviamente prima di
consegnarti vorrei vedere i soldi. Fin qui ti va bene?” domandò a bassa voce, per quanto non ci fosse anima viva in giro.
Il grosso lupo annuì, toccando con la zampa Serrure sulla spalla. Il naso nero e freddo di Alan sfiorò l’altro su una guancia, mentre si allungava per farsi mettere la runa al collo. Questi fece un nodo e annuì soddisfatto quando vide Alan scomparire; era rimasto solo il suo peso a garantirne la presenza e quando si tolse, per permettergli di rialzarsi, il mago si limitò a cercare il richiamo della runa che poteva percepire con chiarezza.
“Stammi vicino” bisbigliò al vento, prima di riprendere il cammino, con passo calmo, le mani nelle tasche. Arrivò a un’entrata laterale di poca importanza e la superò con la stessa facilità con cui era penetrato nel Luna Blu. Attese qualche attimo, giusto per far passare il lupo, prima di chiudere la porta e cominciare ad aggirarsi fra corridoi di servizio e scale. Allegata alla mail vi era anche la piantina del posto che il corvino, professionalmente, aveva imparato a memoria. Avrebbe potuto mostrare le porte di servizio dello stadio con la stessa accuratezza con cui una hostess lo faceva sul suo aereo.
La destinazione non era il campo ma, piuttosto, la postazione dei centralinisti, anche quella spaziosa e ben equipaggiata, due sole porte per entrare ed uscire con un’enorme vetrata, che permetteva una splendida vista della partita.
Ad attenderli erano in quattro, uno alla porta, che chiuse alle spalle del mago non appena questi entrò, mentre due, tipici bodyguard ben pagati, stavano alla destra e alla sinistra di un uomo elegantemente vestito sulla quarantina, in quel momento occupato al telefono.
“Sì… ovvio che me ne sono occupato. Come potrei scordarmene..?” disse, mentre portava le verdi iridi da vipera sul suo ospite “Certo, Danu*, non me ne sono dimenticato e- ok, ok, ma lo sai che… Va bene,
mamma…” sibilò irritato in direzione dell’apparecchio “Mi sto occupando del tuo regalo di compleanno proprio adesso, quindi se permetti- sì, sì, anch’io… ciao.”
L’uomo porse il cellulare perché lo prendessero, degnando di poca attenzione Serrure, mentre si massaggiava l’orecchio, rosso per il tempo passato a contatto con quello che venne definito dallo stesso un maledetto aggeggio.
“Sta diventando sempre più difficile da soddisfare, quella dannata vecchia” sospirò, dedicandosi finalmente a Serrure “Allora? Non vedo il lupo.”
“Nella mail era scritto cane.”
“E con questo? Non ho tempo di giocare, ragazzino. Dammi la bestia e vattene.”
“Vi è differenza fra cane bianco ed enorme lupo bianco.”
L’uomo alzò un sopracciglio, irritato “Dimmi dove vuoi arrivare.”
“Beh, direi che il pagamento dovrebbe aumentare in relazione della stazza della
bestia.”
“E sentiamo, che se ne farebbe un moccioso come te, di tutti quei soldi? Sai almeno con chi stai parlando?”
“No, signore, non mi è stato detto. E in ogni caso li donerei a ospedali, ricerche per malattie incurabili e per la costruzione di orfanotrofi per i poveri bambini sfortunati come me.”
Il quarantenne scoppiò a ridere, scuotendo la testa “Ti hanno mai detto che le bugie hanno le gambe corte, ragazzo? E sia, non mi farà certo male alleggerirmi di qualche mazzetta in più” disse, facendo segno ad uno dei suoi scagnozzi che tirò fuori una valigetta. La aprì, mostrando il contenuto al ragazzo, che annuì soddisfatto e sorrise quando vide che altri contanti venivano aggiunti per appesantire la borsa.
“Hai visto i soldi, ora il cane” tornò nuovamente serio l’uomo, mentre faceva scoccare una lingua biforcuta fuori dai denti, forse a volergli fare pressione.
Serrure si inchinò platealmente, sfiorando Alan, che si trovava proprio accanto a lui. Così facendo il lupo divenne visibile, ma non solo; si immobilizzò completamente. Vi era anche un’altra runa, disegnata sul sacchetto, che era entrata in azione a contatto con la magia del giovane e aveva lo scopo di bloccare tutto ciò che vi veniva in contatto: in quel caso Alan.
Il committente fischiò, stupito, mentre ammirava il lupo “Bello come ricordavo! Rudra ha sempre degli ottimi esemplari nella sua corte. Mia madre sarà felice, o almeno lo spero… l’ultimo regalo che le avevo fatto è finito polverizzato… Bene. Dagli la valigetta” disse, facendo segno, e Serrure poté ammirare di persona il rilevante peso del suo lavoro.
“Posso sapere il vostro nome, signore?”
“Io non so niente di te, ragazzo, mi sei stato semplicemente
consigliato. Perché dovrei dirti il mio?”
“Curiosità, immagino. Anch’io riesco a capire di non aver mai incontrato una persona importante come voi.”
“Beh, potrai vantarti di essere entrato nel campo d’attenzione di Vritra, il serpente, il drago. E ti assicuro che non è poco!”
“Posso immaginare, ho sentito parlare molto di voi” sorrise accondiscendente il corvino.
“L’adulazione ti aprirà molte porte, ragazzo mio, per questa volta ti basti quella dell’uscita: puoi andare. Voi due, preparate la gabbia.”
Serrure chinò il capo, per poi piegarsi a fare un grattino sulla testa di Alan, per sussurrargli all’orecchio “Grazie per l’aiuto. Sarebbe stato difficile trasportarti da solo.”
Quindi lasciò la stanza, la porta gli venne persino aperta dall’uomo di Vritra.
Alan si diede del cretino, ma solo come inizio, il proseguimento delle invettive che si stava rivolgendo da solo era, come minimo, tale da far scappare alcuni dei peggiori imprecatori del Luna Blu. Gli improperi gli rotolavano silenziosi in mente mentre, bloccato come una statua dalla magia del ragazzo, non poteva fare altro che guardarlo uscire a passo veloce.
La sua curiosità gli era costata cara, decisamente cara!
Sapere che Vritra lo voleva come dono per Danu non era molto consolante, sopratutto dopo quell’accenno all’ultimo regalo, polverizzato dalla madre. Lo aveva visto una volta, di sfuggita, al locale mentre accompagnava Rudra in forma di lupo. Non che, neppure quello, fosse consolante in realtà: sarebbe stato molto meglio tenersi la curiosità e far si che Rudra trovasse quella serpe mentitrice di Serrure nel locale. Si sarebbe goduto con una certa soddisfazione la situazione, sopratutto con il senno di poi.
Lo scaricarono in una gabbia a stento grande abbastanza da contenerlo, senza troppe cerimonie, mentre un basso ringhio di rabbia gli smuoveva la gola, l’unica azione che riusciva a compiere.
Lo trasportarono verso un ascensore, mentre Vritra si alzava, soddisfatto dal suo ultimo acquisto.
“Lo voglio pulito e profumato per domani mattina. Magari fategli mettere qualche fiocco, cose del genere, mia madre adora i cuccioli decorati. E ovviamente trovategli un guinzaglio, una museruola e un bravo ammaestratore. Non mi sembra quel tipo di cane buono come il pane.” diede ordine, mentre entrava nell’abitacolo che poteva contenere una ventina di persone, quindi abbastanza grande da contenere sia la gabbia che tutti e quattro gli uomini.
Vritra stava canticchiando a labbra chiuse la movimentata canzoncina dell’ascensore quando, d’improvviso, un sorta di bomba esplose, riempendo lo spazio di fumo grigio. I quattro si piegarano su sé stessi, i polmoni pieni di quella schifezza. Due degli sgherri si gettarono sulle porte, che riempirono di calci e pugni, alla ricerca disperata di aria, ma queste si aprirono solo una decina di secondi dopo, comunque troppo per gli sventurati.
Uscirono tutti correndo con le lacrime agli occhi, Vritra, lo sguardo inniettato di sangue “Chi?! Chi è stato?!? Chi ha osato tanto?!” sibilò dal dolore e dalla rabbia, finché una brutta consapevolezza non lo colse.
“Il lupo! Disperdete il fumo, fatemi vedere un lupo!” gridò. Dovette però tirare un calcio ad uno dei suoi scagnozzi, perché questi decidesse di riprendersi abbastanza da togliersi la giacca da sventolare in modo tale che il fumo non impedisse completamente la visione.
Quando finalmente riuscirono a disperderne abbastanza da vedere la gabbia, Vritra fissò sbigottito il cagnolino bianco di peluche, che rispose al suo sguardo disperato con rotondi e dolci occhioni.
Al collo portava un cartoncino che recava una scritta elegante:
Ecco a te il cucciolo adatto ai tuoi bisogni. Fai gli auguri alla mamma anche da parte mia.
Il drago si portò una mano ai capelli, forse con l’intento di strapparseli: tutti quei soldi, gettati al vento! Cominciò a grattarsi, cercando di capire cosa fosse effettivamente accaduto, quando si accorse che non riusciva a smettere, anzi. Mise più energia, per poi cominciare a grattarsi le braccia, i fianchi, il culo.
“Qualcuno può spiegarmi cosa diamine sta succedendo?!” gridò, voltandosi per rendersi conto che i suoi uomini si trovavano nella stessa situazione.


 

Piegato sulla sedia, Serrure si teneva le mani alla pancia, tanto stava ridendo. Poteva seguire il frutto del suo scherzetto dagli schermi che mostravano il drago che, fra una grattata e l’altra, inveiva contro i suoi collaboratori. Un peccato non ci fosse l’audio, ma non era difficile immaginare ciò che usciva dalla bocca velenosa dell’uomo.
“È proprio vero, più sono grandi, più fanno rumore quando cadono. O, in questo caso, più è divertente guardarli cadere in questi scherzi elementari!” si asciugò una lacrimuccia, il mago, rivolgendosi al suo interlocutore che, più veloce che aveva potuto, aveva trasportato fuori dalla gabbia e nella piccola stanza della sicurezza.
Il licantropo divenne rapidamente, con una velocità mai sperimentata prima, umano, avventandosi contro il giovane e dandogli un pugno allo stomaco.
“Tu! Che razza di scherzi fai, non potevi avvisarmi?!” Apparentemente il pugno aveva calmato il ragazzo, che osservava Serrure che, piegato, si stringeva lo stomaco, ma per una ragione differente a quella di prima. “Hai idea della fine che avrei fatto? Come se non bastasse lavorare al Luna Blu! Ma quanto sei stupido?!”
Alan era fuori di sé dalla rabbia. Certo, Serrure lo aveva salvato, alla fine, quindi non lo aveva propriamente tradito.
Quello no.
Ma si era preso un tale spavento che la sua prima reazione era stata quella, decisamente istintiva e violenta, di colpire l’altro ragazzo. Stringendo i pugni fissò in cagnesco il volto animato dal dolore. “Allora, perché non mi hai detto nulla?”
“Ma come..?” chiese Serrure, la voce strozzata, mentre tentava ancora di riprendersi “E poi dove sarebbe stato il divertimento?” riuscì persino a fare un sorrisetto.
Portò una mano allo schermo, con la speranza di distrarlo abbastanza da impedirgli un secondo attacco a sorpresa “Ti saresti goduto di meno questo. Guarda le loro facce!”
Alan guardò attentamente il monitor, mentre lentamente un sorriso prendeva forma sul suo viso. Quando vide Vritra levarsi i pantaloni per grattarsi meglio le chiappe pelose si stava ormai spanciando, ridendo come non gli succedeva da una vita.
Ci volle del tempo, ma alla fine riuscì a smettere di ridere, limitandosi a sogghignare mentre guardava l’altro.
“Ok, hai avuto ragione… ma non farmi mai più una cosa simile.” poi l’occhio del licantropo cadde sulla borsa con i soldi e la indicò. “Tieniti pure la mia parte, io dei soldi non posso farci nulla… ma ora però devo andare.” Un sospiro cancellò tutta l’allegria dal volto dell’altro, che tornò cupo. “Ho un sacco di guai che mi aspettano, probabilmente, ma veramente tanti. Fammi solo un piacere, quando mi trasformo, rimettimi il collare e riportami al Luna Blu, ok?”
Anche il mago smise di ridere, lasciando solo un sorriso un po’ malinconico “Come vuoi, ma penso che ci farò poco anch’io. Faccio queste cose più per diletto che per altro... quindi, se mai ti servissero, molto probabilmente saranno ancora lì… e se posso fare qualcosa per i tuoi guai, dimmi pure. Non sarebbe stato altrettanto divertente se non avessi collaborato” sghignazzò ancora un po’ “In ogni caso, ammettilo: sei stato fortunato” gli fece la linguaccia.
“Se avessero mandato qualcuno di più serio a quest’ora avresti potuto essere seriamente nelle mani di quel tizio.”
Alan sospirò, stringendosi nelle spalle con fare quasi annoiato.
“Se avessero mandato qualcun di più serio, sarei stato più serio anche io, Serrure. Però ora meglio chiudere qua, spero di rivederti prima o poi e sta lontano dal Luna blu! Puoi non sapere chi è Rudra, ma spera che lui non scopra mai chi sei tu… e ricordati il collare.” Con quelle ultime parole, da cui trasudava il disgusto per quell’oggetto, Alan si trasformò. L’enorme lupo bianco si avvicinò al ragazzo con occhi mortalmente seri. Aveva apprezzato quella piccola fuga dalla sua realtà e, sicuramente, quello che aveva scoperto su Vritra gli avrebbe risparmiato parte delle conseguenze del suo gesto, anche se era tristemente sicuro di passare molto tempo imprigionato nella forma animale. Non se la sarebbe cavata con poco, ne era certo.
Serrure ridacchiò un poco, adempiendo quindi al suo compito e chiudendo il collare attorno al morbido collo del lupo. Non lo riportò subito al locale, ma si girò verso i comandi, dove armeggiò un po’: non era esperto di informatica, ma sapeva abbastanza da mettere tutto su cd e cancellare le registrazioni. Fece due copie, una che infilò in tasca e l’altra che incastrò invece fra il collare e il pelo di Alan.
“Ecco, un ricordino di questa sera. Se mai ti venisse voglia di ricattare quella serpe, o anche solo farti due risate.”
Alan gli rispose con l’equivalente lupesco del riso, in evidente apprezzamento dell’idea.
Detto questo, i due si ritrovarono nuovamente nell’atrio del Luna Blu. Il mago fece per tornarsene alla sua New York, ma decise che doveva almeno un’ultima cosa al licantropo.
“Comunque il mio vero nome è Lucas… Serrure è semplicemente quello che uso quando
lavoro. Alla prossima” sorrise incoraggiante, prima di scomparire nell’ennesimo lampo verde.
Alan guardò scomparire il ragazzo, sapendo benissimo che ora iniziavano i suoi problemi, ma non avrebbe detto nulla di Lucas, non l’avrebbe messo nei guai.
Si diresse verso uno dei divanetti, togliendo con una zampa il cd e infilandolo sotto di esso, sdraiandosi poi sopra i cuscini e decidendo di non pensare più a quando Rudra avrebbe scoperto quella sua uscita. Magari, si disse speranzoso, non l’avrebbe mai scoperto…
Era stata una bella giornata, in fondo, decise.

 



NdA:
Racconto scritto a quattro mani con L_aura_grey, bravissima autrice, nonché a volte burattinaia di Lucas nella storia di Baldr: Quest'amore è un calcio nei c...
Spero vi sia piaciuta!

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