Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Samita    08/02/2014    3 recensioni
Rivisitazione di questo spettacolare film in chiave adulta, un po' missing moments, molto centrata sul rapporto Anna/Elsa, con qualche OOC per un'interpretazione più matura. A chi gradisca, è benvenuto.
«Vai.
Esci.
Anche per me.
Così che io la sera possa sentire ancora questi passi felici.»

«Questo è quello che dice la gente, ché alla gente piace dire molte cose. Dice che fosse l’inverno più freddo degli ultimi cent’anni, e che il manto innevato avesse bloccato le porte delle case, e le finestre: tanta era la neve che la stessa levatrice non aveva avuto modo di giungere in tempo al castello.
Questo è quello che dice la gente.
Chè la gente lascia che le parole fluiscano come nulla fosse, e crea le leggende.
Sono quelle, ciò che restano.
Ciò che dice la gente.»
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2: Arancia e cioccolato. E vaniglia. E pepe bianco.



La Regina rimaneva fissa allo stipite della porta, osservando il prodigio della sua bambina: fiocco dopo fiocco, il pavimento ormai s’era imbiancato. Faceva freddo, in quella stanza, e il Re teneva stretta a sé la moglie, bardata di scialli d’ogni genere.

"Vedrai che andrà tutto bene." disse all’uomo, senza mai staccare gli occhi dalla culla della sua piccola. "Lasciami andare da lei, ti prego."

"E’ così fredda..." fece il Re, fra sé e sé. "Non vedi cosa ti ha fatto?"

La Regina aggrottò le sopracciglia, abbassando lo sguardo. "Non ha importanza."

"Come sarebbe a dire non ha importanza?!" sbottò quello, lasciandola andare dalla sua presa. "E’ pericolosa! E’ ricolma di magia!"

"E anche se fosse?" la donna si avvicinò a grandi passi alla culla, sfuggendo al marito. Quello, impaurito ed ancora stranito dall’incontro con lo stregone, rimase immobile, la mano levata verso l’altra. "Non sperare che lasci sola tua figlia solo perché è un po’ fredda." Fece la Regina, salda, i pugni stretti lungo i fianchi: piantò gli occhi, decisi, in quelli del marito, con tanta insistenza che lo costrinse ad abbassare lo sguardo.

Allora la donna si curvò sulla culla della bambina, che non appena vide la figura abbassarsi su di lei voltò lo sguardo, azzurro, verso la madre.

Per un istante, uno solo, la Regina titubò.

Ma poi quella minuscola e fragile ed impaurita creatura sorrise, lanciando un paio di gridolini diretti palesemente a lei. La prese in braccio, mentre il Re osservava le due fisso sulla porta: l’uomo era talmente preoccupato al vedere la scena che ci mise lunghi, lunghissimi secondi per rendersi conto che la neve, nel frattempo, era completamente sparita.



Il Re aveva molta più paura di Elsa di quanta non ne avesse la Regina, e passava ogni giorno a dirsi che era così perché, in fondo, la Regina non aveva mai parlato con il GranPabbie, non aveva mai sentito le sue parole, non aveva mai visto il potere racchiuso nella piccola esplodere letteralmente dalle mani dello stregone.

Ma sembrava non esserci verso di staccare la moglie da quella bambina, tanto che la levatrice stessa era stata dimessa e la figlia dormiva assieme alla madre.

Col tempo, Elsa aumentò la propria temperatura corporea: a poco più di un anno era diventata indistinguibile da una bimba qualsiasi. Eccezion fatta per qualche episodio, raro: un po’ di ghiaccio sparso per casa, una volata di vento improvvisa, e la neve che ogni tanto riempiva la culla.

Gattonando di qua e di là, Elsa lasciava impronte gelate al suo passaggio.

Ma anche questo passò, con il tempo.

Il Re stava per decidersi a ripartire per i suoi impegni nei paesi stranieri, quando venne a sapere che il suo secondogenito era in arrivo.


"Richiamerò la levatrice."

La moglie non sembrava volerne sapere.

"Ti prego, una donna incita, un neonato – sono fragili, non potete stare vicino a Elsa!"

"Elsa ha bisogno di me. Lasciami fare, so come gestire la nostra bambina."

Nello sguardo del Re nemmeno una velatura di fiducia: solo preoccupazione, delle più profonde.

"Non partirò." fece l’uomo, infine, socchiudendo gli occhi.

"Ma devi –"

"No, non devo. Delegherò. Quel che devo fare è assicurare la nostra discendenza."

Per un istante il tono fermo dell’uomo impaurì la donna. Elsa, intenta poco più in là a maneggiare dei cubi di legno, parve immobilizzarsi.

"Starò con voi. Mi prenderò cura di Elsa."

"Ma..."

"Se non vuoi la levatrice, lascia almeno che me ne occupi io. Che ce ne occupiamo insieme."

Elsa pose per terra il cubo che aveva in mano, riprendendo a giocare.

La Regina sorrise.



Entro brevissimo tempo il Re scoprì che nell’avere a che fare con i bambini l’ultimo dei problemi era la magia.

La magia andava e veniva, principalmente andando. Sempre meno, sempre meno spesso, mentre la pancia della Regina si gonfiava di nuova vita. Elsa raggiunse i tre anni, dandosi felicemente alla formulazione di frasi di senso compiuto.

"Padre!"

Appoggiava la mano sul pavimento, e il Re vedeva comparire un pugnetto di neve. La bambina glielo porgeva, facendogliene dono: Elsa era in grado di controllarlo. Questo era il messaggio.

Elsa, che rimaneva esile, stava prendendo lentamente coscienza di sé stessa e del suo potere.

"Stai attenta, Elsa." non sapeva come altro ammonirla: dirle di non farlo sembrava impossibile. "Stai attenta, di prego."

"Certo, padre!" e iniziava a disegnare piccoli vortici in aria.

"Elsa!"

La piccola si prendeva le mani, stropicciandosi le dita e abbassando lo sguardo. "Scusate."

Lui le si riavvicinava, carezzandole i capelli color platino. "Agli altri il freddo fa male."

Gli occhioni sgranati, la bambina osservava il padre incredula. "Fa male?"

"Troppo freddo fa male."

Forse era uno degli ultimi, ma la magia rimaneva un problema.

Specie con il parto della Regina prossimo più che mai.



***


Anna inquietava Elsa. E quindi inquietava il Re. Il che inquietava ulteriormente Elsa. E la cosa continuava, con il risultato che la primogenita vide sua sorella giusto un istante, per poi ritrovarsi nuovamente nella sua camera.

"Anche io ero così?" pigolava.

"Sì, Elsa."

"Ma è davvero una bambina?"

"Sì, Elsa."

"Ma è piccola."

"Sì, Elsa. Crescerà. Ma adesso ascoltami: a lei il freddo fa male. Fa tanto male."

Elsa si raggomitolava sul tappeto, le braccia stratte alle ginocchia in cui tuffava la testolina.

"Hai capito?"

Elsa annuì.

"Non fare il freddo vicino ad Anna."

Elsa annuì un po’ di meno.

"Mi hai capito?"

Elsa annuì con più convinzione.

La bambina non sembrava accennare a volersi muovere. In ansia, il Re si chiedeva se potesse lasciarla da sola un istante per andare dalla moglie.

"Elsa..."

La bambina guardò il padre, ancora arrotolata su sé stessa.

"Adesso sei una sorella maggiore, sai?"

"Sì."

"Devi proteggere Anna. Come io e la tua mamma proteggiamo voi. Va bene?"

"Sì."



"Portamela qui, ti prego. Vedrai che andrà tutto bene."

Il Re sospirò, scuotendo il capo. Non poteva fare altrimenti, d’altronde: o così, o niente.

"Elsa..."

La bambina fece capolino dalla porta, con le mani strette dietro la schiena.

"Vieni pure, bambina mia."

Ma quella rimaneva sulla porta.

"Madre, non farò il freddo, lo prometto."

"Brava bimba. Vieni qui, vedrai che Anna non attende altro che vederti."

"Ma Anna è piccola."

"Forza."

Con passo incerto, affiancata dal padre, Elsa si avvicinò al letto dove la Regina stringeva in braccio sua sorella, neonata.

"Ciao, Anna."

Elsa rimaneva con le mani sigillate tra loro, immobili dietro la schiena.

"Dalle un bacio, su."

Elsa scosse il capo, appiattendosi contro la gambe del Re.

"No, se no le faccio freddo!"

"No che non le farai freddo, Elsa. Forza, avvicinati."

"Non le voglio fare freddo."

"Elsa... vuoi bene ad Anna?"

Quella annuì.

"E allora non le farai freddo. Te lo prometto." lo sguardo della Regina scivolò sul marito, teso come una corda di violino. Mentre i due si guardavano, Elsa scivolò in avanti e posò le labbra sulla fronte della sorellina, per poi ritrarsi immediatamente.

Nulla accadde.

"Madre...!"

La Regina sorrise alla bambina. "Cosa?"

"Sa di arancia e cioccolato!"



   
 
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