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Autore: Fanny Jumping Sparrow    08/02/2014    5 recensioni
Tutti quanti conosciamo l’eccentrico ed affascinante Capitan Jack Sparrow, ma poco o nulla sappiamo delle sue origini.
Chi erano i suoi genitori? Come si sono conosciuti? Quanto hanno inciso i loro caratteri e la loro storia d’amore sul famigerato pirata che ha conquistato i nostri cuori?
Con questa breve long-fic proverò a dare risposta a questi spinosi ed enigmatici interrogativi, usando molta fantasia, qualche dato certo e parecchie speculazioni personali.
Buona permanenza a chi vorrà imbarcarsi!
La terra arsa poteva conciliarsi con l’intemperanza del mare?
Poteva trattarsi di un sofferto addio, oppure del nodo definitivo di un cappio di fuoco che non si sarebbe spento nemmeno con la forza di mille maree future.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Capitan Edward Teague, Jack Sparrow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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E dopo diverse maree torno finalmente ad aggiornare questa long!
Salve ciurma! Come va? Vi risparmio le mie patetiche scuse per questa imperdonabile lunga attesa, ma purtroppo una serie di complicanze mi hanno impedito di potermi concentrare sulla scrittura fino a questa settimana. Ed è stato anche parecchio complicato rimettere insieme tutte le idee che mi ero appuntata, ma tant'è, alla fine ce l'ho fatta e mi sento anche soddisfatta :)

Vi avverto che si tratta di un capitolo più prettamente arancione degli altri, soprattutto per il linguaggio che ho scelto di adottare nei dialoghi sia per esigenze di realismo, sia perché ho una mia visione personale del perché Jack Sparrow sfoggi un linguaggio tanto forbito ed elegante (oltre al fatto che si tratti di un film Disney^^), ovverosia per rinnegare l'influenza che su di lui ha avuto l'ambiente malfamato in cui è cresciuto, e che ho cercato in parte di riprodurre.
Voglio segnalarvi anche che in questi giorni ho apportato alcune modifiche ai capitoli precedenti, non nel contenuto quanto nella forma e punteggiatura, snellendo e semplificando alcune parti che mi sembra non scorressero bene nella lettura. Ho anche aggiunto delle immagini alla storia, che potete trovare sia a fine capitolo, sia nell'album ancora in costruzione sulla pagina
https://www.facebook.com/pages/Fanny_Jumping_Sparrow/408300505866248?ref=hl

Concludo ringraziando tutti i lettori che hanno inserito questa storia tra le seguite, le preferite o le ricordate, e chi ha solamente letto e messo "mi piace".

Spero che la lettura vi sia gradita e che mi farete conoscere le vostre opinioni.
Al prossimo approdo!)



V - SALTY DOGS


Era sopravvissuto alla malasorte e a un buon numero di venti ostili, senza neppure averne avuto la cognizione, ed ora ronfava sereno, immerso nel tepore di un placido sonno sgombro da ogni sorta di assillo o tribolazione.
Invidiava la beata innocenza di quel mangiapane a tradimento, meditò amareggiato, rimasticando il bocchino della pipa e aspirando altro pungente tabacco.
Non diede cenno di disturbarsi neanche quando qualche nuvoletta di fumo gli si posò sulla testolina ricoperta di ciuffi neri. Riprese a ciucciarsi il pollice, rallentando fino a fermarsi con la bocca socchiusa e il pugnetto vicino alla guancia, rannicchiando le ginocchia che ormai sbattevano contro le sponde ristrette della nuova culla, ricavata da un piccolo barile tagliato a metà e imbracato in una rete.
Quella era la terza sistemazione che avevano dovuto cambiargli in meno di un anno. Il piccoletto era cresciuto a vista d’occhio e mostrava una tempra robusta, nonostante la sua costituzione stesse assottigliandosi.
Ruth quotidianamente lo rendeva partecipe di tutti i piccoli banali progressi di cui solo una donna sfaccendata poteva accorgersi con tanta accuratezza.
L’unico che a lui importava davvero, però, non si era ancora avverato. Gattonava e si arrampicava ovunque, ma pareva troppo pigro per stare su due piedi senza appoggi.
Almeno, se fosse stato capace di sorreggersi sulle sue gambe, avrebbe potuto cominciare ad insegnargli a reggere una spada; quella era qualcosa su cui era più che ferrato: non occorreva nessuna smielata pantomima, solo imparziale rigore. Tutto il resto lo avrebbe imparato vivendo e arrangiandosi, se ne aveva il talento.
Non voleva pensare che fosse tardo. Piuttosto che cincischiasse apposta perché lo divertiva indispettirlo. Era irriverente il suo modo di sogghignare.
Edward ciondolò la testa di lato, inalando un’ampia boccata di quell’aroma volatile per rilassarsi.
Quel folletto pestifero dirottava i suoi pensieri, istigandolo a sfociare nelle più assurde congetture.
Di fronte alle infinite monellerie con cui movimentava le sue ore di pausa dagli impegni marinareschi e dalle faccende con la ciurma, era scisso tra l’istinto di picchiarlo, dato che insulti e rimproveri non producevano alcun effetto, e l’impulso di scoppiare a ridere sarcasticamente, perché nemmeno lui sapeva capire da quale recondita parte di sé gli fosse scaturito l’incomodo di stare dietro a quel bastardello e sopportare le sue lagne senza accopparlo.
La verità era che mentre il ruffiano giocava con tutte le fesserie che gli capitavano a portata delle sdentate gengive, di tanto in tanto lo cercava, gli si accoccolava accanto con spontaneità, e poi lo guardava fisso con quegli occhi intelligenti, limpidi, fiduciosi, sprizzanti meraviglia e simpatia. E in quegli istanti, per qualche inesplicabile, assurda, ridicola ragione, la rabbia sbolliva, i nervi si acquietavano, la frustrazione svaniva. Si sentiva la persona migliore e più importante del mondo.
Ma si sarebbe disincagliato da quella menzognera convinzione. Vento e marea, lame e cannoni, sale e sangue, avrebbero contribuito ad incancrenirla e obliarla.
Era una pulsione estranea a un avventuriero della sua risma, abituato a cavalcare le onde selvagge di una vita sregolata e libertina, piantare radici, fosse anche in qualcosa di astratto ed effimero come un sentimento. Perché, dopotutto, forse, realmente stava affezionandosi anche lui a quel petulante, in qualche oscuro e insano meandro della sua mente.
In qualche modo in quei mesi aveva provato a inventarsi padre, per quanto non ne avesse la benché minima predisposizione, né una lontana aspirazione.
Né avesse avuto esempi da emulare. Il suo vecchio era crepato troppo presto, di lui non ricordava nulla, anche se aveva scelto di fregiarsi del suo cognome. E sua madre era sempre stata più un inflessibile Capitano, maggiormente coinvolta da tresche, arrembaggi e torture che dal curarsi di capire i suoi bisogni, al punto che lui stesso li aveva rinnegati, considerandoli futili e sbagliati.
Insomma, continuava a sembrargli innaturale concepirsi genitore. Ma era accaduto e nulla avrebbe potuto sconvolgerlo di più.
Nella sua smaliziata immaturità Ruth sembrava aver retto meglio quel ruolo. Per lei Jack non era tanto diverso da un cucciolo, un balocco con cui si trastullava allegramente dalla mattina alla sera, dimenticandosi di dividere il companatico con un ammasso di scomunicati e fuggitivi.
E di essere cagionevole, oltretutto, malgrado l’ultima lunga traversata oceanica pareva aver alleviato i sintomi più aggressivi di quel debilitante malanno, e con essi quel fremito freddo che lo assaliva nel vederla vacillare.
Eppure sentirsi bene in fondo aveva un retrogusto che lo inquietava.
Sapeva che abbandonarli sarebbe stata la scelta giusta, erano una distrazione troppo deplorevole, l’aveva ponderato dal principio, ma era come se migliaia di pulci gli camminassero in testa, sulle braccia, per la schiena, ogni volta che ci ripensava e provava ad immaginarsi come sarebbe stato non averli intorno e probabilmente non rivederli mai più.
Lo avevano ignobilmente imbrigliato.
Capitan Teague rovesciò sul palmo la restante polvere di nicotina sedimentata nel fornelletto e la sniffò, gettando il piccolo narghilè su un cumulo di cianfrusaglie lì vicino.
Aveva già disonorato in mille occasioni il Codice, lui che sin da quando aveva memoria desiderava esserne un insigne modello di correttezza. Dicevano che i leggendari Henry Morgan e Bartholomew Roberts l’avessero fatto trascrivere in un grande libro, perché venisse rispettato e ricordato. Certi smidollati consideravano fosse soltanto una sommaria sfilza di pratici dettami che si potevano ignorare a piacimento, per il proprio egoistico tornaconto. Per lui invece rappresentava l’unico esile legame con la civiltà da cui fuggivano costantemente, un monito per rammentarsi di non essere più meschini e abietti dei sedicenti gentiluomini in calzamaglia che li perseguitavano, disprezzando il loro stile di vita debosciato.
Lo aveva bene inculcato nelle meningi, il Codice. Aveva imparato a parlamentare, ma un pirata non poteva sempre starsene alla fonda. Aveva appena ventisei anni, si sentiva forte, invincibile, pronto ad affrontare le più ardue imprese e soprattutto a stroncare le malelingue che avevano iniziato a calunniare la sua astensione dalle battaglie.
C’erano priorità su cui non poteva più soprassedere e leggi che non poteva più infrangere, se intendeva mantenere la sua autorevole carica nobiliare. Come non poteva pretendere che la sua turbolenta marmaglia, esposta in ogni stagione alle intemperie della navigazione, tollerasse anche il suo perdurante traviamento, rimuginò fosco.
Avvertendo lo stridente cigolio della sgangherata rete della branda si voltò a scrutarla.
- È incredibile che sia così calmo. Che razza di intruglio gli hai somministrato ieri sera? – farfugliò a tono smorzato, scoccandole uno sguardo allibito.
Ruth si stiracchiò con un sorriso: era sempre raro sorprenderlo accanto al loro bambino.
- Ho soltanto accolto il tuo suggerimento … - si scagionò sorniona, canticchiando sottovoce e districandosi oziosamente tra le lenzuola ingarbugliate a caccia della biancheria intima – Gli ho mescolato un goccio di rum nello sciroppo per le coliche. E l’ha bevuto tutto, senza capricci – gli rivelò con cipiglio imperturbabile, rientrando nella veste di raso ricamata e additandogli una bottiglia appoggiata su una cassa.
Edward molleggiò sulle gambe, esaminando stupefatto il liquido incriminato: - Questo è gin distillato, Ruthie – bisbigliò afferrando la bottiglia ambrata e constatando controluce che la sua concezione di “goccio” corrispondeva ad una quantità piuttosto abbondante – In pochi riescono a tracannarselo puro. E, per inciso, non l’avevo assaggiato neanch’io, ancora … – gorgogliò con una punta di ripicca, nascondendo il liquore in uno stipetto che sigillò di nuovo con un lucchetto.
- Oh! – si strozzò la ragazza, oscillando in un silenzio costernato verso la culla sospesa ed elargendo leggeri massaggi insicuri al piccolo Jack, col tremore in gola, timorosa di scoprire se respirasse o meno.
Il marito scrollò le spalle, finendo di affibbiarsi i pantaloni con un ghigno lupesco: - Comunque, avresti dovuto darmi retta da subito. Era da quando è arrivato il piscialletto che non riuscivamo più a spassarcela con tutti i crismi … - le sussurrò tra i capelli con una risata gutturale e secca, distogliendola dal figlioletto che continuava a dormire pesantemente.
- Con tutti i crismi?! - lei ruotò il collo con un risolino, incontrando l’attrito del suo torace scoperto, cui aderì perfettamente con la schiena - Non eri così pudico stanotte … - lo stuzzicò guardandolo di sottecchi, attorcigliando i nastrini della sottana che aveva trascurato di riallacciarsi.
- Ti ho detto un po’ di sconcezze … – vibrò lui in un rauco afflato, strusciando il naso contro la sua spalla, addentandola e succhiandola, mentre con le dita scendeva ad infierirle sui languidi fianchi, addossandoli ai suoi duri, sgualcendo la stoffa sottile che li ricopriva.
Ruth gemette piano, avvinghiandogli un braccio dietro la nuca e catturandogli la mano che le solleticava un capezzolo: - Sei stato abbastanza insolente … – ansimò nel suo orecchio in un’ironica accusa, inebriandosi al ricordo delle ruvide carezze e dei dissoluti mormorii con cui le aveva scompensato i battiti, spogliandosi del suo solito riserbo. Si punse poi nel baciargli la mascella e le labbra con cui Edward si addentrò nella sua scollatura, impedendole di allacciarla, marchiandole di calda saliva la pelle che odorava ancora di loro.
Si erano profanati senza riserve, con avidità, con le mani e con la lingua, fino a restare scabrosamente nudi, nell’anima più che nelle membra, soggiogati da un bisogno sincero e appassionato che il muto rimpianto per l’imminente separazione aveva reso più dirompente.
Forse si erano amati, a prescindere da tutto il resto, perché erano consci che non potevano sperare di resistere al tetro e micidiale salasso del tempo che li avrebbe divisi.
Un campanellino e un gridolino risuonarono con insistenza, dissuadendo la loro ritrovata intimità:
- Yo oh! Yo oh! – scalpitava Jack, più sveglio e pimpante che mai.
Edward e Ruth mugolarono l’uno contro la bocca dell’altra, volgendosi apaticamente verso lo scalmanante bambino.
Il pirata allentò la stretta possessiva sulla sua improvvida amante con un digrigno irresoluto, ristendendole sul ventre la camicia stropicciata che stava per sfilarle di dosso.
Lei si allungò a prendergli il viso ed estorcergli un altro bacio, cui lui contraccambiò con un secondo e un terzo, finché il bambino aumentò quegli strilli acuti per richiamarli e, sollevandosi con una spinta decisa, impresse una brusca sbandata alla culla.
Vedendoli avvicinarsi il piccolo Jack mostrò gli unici due dentini spandendo una risata squillante, e aggrappandosi al bordo, tentò di scavalcare e scendere.
Edward attutì tempestivamente quell’eccessivo dondolio afferrando i due canapi che sostenevano la nassa, prima che si ribaltasse e la caduta desse al moccioso il pretesto di incominciare a piagnucolare, come le altre volte.
Incrociando quello sguardo severo il piccolino smise di guaire e di agitarsi e affinò i grandi occhi birbanti tendendo le corte dita su quelle del padre, intrigato dai suoi grandi anelli colorati che provò accanitamente a svitare. Quella sua buffa e caparbia intraprendenza gli suscitò una ruga minuscola sulla guancia che si allargò lentamente fino allo zigomo.
Ruth fissò ammutolita ed esterrefatta l’inconsueta confidenza tra i due, restando in disparte.
Prima di inciampare in quel ragazzo era convinta che sarebbe rimasta da sola, invece adesso erano in tre.
Avrebbe voluto che lui e Jack familiarizzassero di più, ma Capitan Teague si teneva sempre a debita distanza, quasi un contatto più stretto gli incutesse una qualche ostica repulsione. O paura.
Da quando era nato, non le aveva concesso altro che la stitica soddisfazione di aiutarla, davvero in episodiche circostanze, se lei era ragionevolmente impedita, a controllare che non combinasse pasticci o si ficcasse in qualche guaio. Aveva dovuto ingegnarsi a scovare svariati accorgimenti per evitare che causasse danni, a se stesso più che a quegli sparuti oggetti preziosi e frangibili che lo circondavano. Trovava sempre qualcosa di nocivo con cui giocare: chiodi, chiavi, coltelli, vetro.
Una volta era strisciato fino alla sala nautica e, appendendosi ad un drappo steso sul tavolo, si era rovesciato addosso piatti, bottiglie, mappe, calamaio, candelabri, sporcandosi di inchiostro, liquore e zuppa, ferendosi con i cocci e la cera bollente.
In un impeto d’ira e di sconforto lui l’aveva sculacciato rudemente, imponendole di lasciarlo digiuno e sudicio per due giorni, ma da allora non aveva più osato sfiorarlo con un dito.
Al massimo usava la spada con il fodero per agganciarlo dal pannolino e allontanarlo da posti e arnesi pericolosi, che abbondavano nel disordine affollato dei loro alloggi.
Ora invece gli permetteva di prendersi quella licenza, alla sua semplice espansività reagiva con un blando sorriso, incrinato da una latente nostalgia per la perduta libertà. Perché per uomini vissuti al di fuori della mediocrità il terrore più inconfessabile, più di qualsiasi patibolo, maelstrom o piaga purulenta, erano le catene. E lei e suo figlio rappresentavano questo per lui.
Neanche sapeva perché avesse patito di restargli accanto tutto quel tempo.
Il giorno in cui avevano levato precipitosamente le ancore da Libertalia ed Edward l’aveva informata che sarebbero andati dall’altra parte del mondo e le aveva spiegato, calmo e inoppugnabile, che quella parentesi andava rimossa per una questione d’onore e che non avrebbe mai dovuto attaccarsi a lui, lei aveva assunto un’espressione funerea ma non si era pronunciata.
L’angoscia e il dolore erano esplosi dentro, senza rumore, mentre dormivano appiccicati nella stessa scomodissima amaca, senza fiatare.
E da quella volta avevano discusso ancora meno, lei incapace di esprimersi al meglio nel suo inglese ibrido e basilare, lui affumicato e distratto da presunti complotti.
Eppure poche ore prima non aveva disdegnato di tenerla aggrovigliata al lato più nascosto di sé, là dove si era incastrato il suo stolto cuore, cocciuto anche nel ricadere in errori che potevano spezzarlo.

- Isola dei Relitti! A dritta di proravia!

Si era imposta di mantenere sempre l’animo scevro da pensieri sgradevoli, di perseguire la ricerca dell’equilibrio, di apprezzare il lato positivo celato in ogni calamità, ed era sempre stata diffidente nei sentimenti.
Tutti propositi pleonastici.
Immaginarsi in sua assenza le dava l’impressione di menomarsi, di perdere un pezzo non indispensabile ma ugualmente mutilante di sé.
E tornare alla fissità della terraferma arginava ogni stimolo, la immalinconiva. Si era sempre sentita inadeguata a terra. In una vita precedente era stata sicuramente un pesce o un uccello marino. Non c’erano altre spiegazioni, ragionò.
Un lieve tocco spense quel brusio di farfalle che le turbinava nei timpani e la frastornava. Ricambiò con iridi vitree la sua occhiata intensa e interrogativa, schiudendo le labbra in un sorriso opaco.
- Sbrigati – le intimò con una nota di disapprovazione Edward, volgendo un cenno sghembo al bambino, ritraendo le dita ma non le pupille da quella venuzza che le pulsava in mezzo alla fronte. Compariva tutte le volte in cui naufragava nelle sue strane meditazioni di cui lui si era rassegnato a non domandarle più, per risparmiarsi altri grattacapi, le aveva borbottato scontrosamente dopo che gli aveva rivelato alcune sue eccentriche elucubrazioni.
- Hai sentito o no? Siamo arrivati – le schiaffò con parca euforia, appartandosi dietro un paravento.
Lei gli annuì fingendosi serena e, spiandolo vagliare il guardaroba contenuto in un baule, selezionando gli indumenti più nuovi e meno usati, ebbe la conferma che nutrisse grandi aspettative per quel luogo famigerato e sconosciuto.
Un urgente bussare alla porta lo fece allontanare in sala nautica. Udì l’accento nasale di Ismael col quale iniziò a scambiare opinioni in gergo marinaresco riguardo alle precauzioni da adottare per attraversare indenni il rischioso passaggio che costituiva l’unica via d’acceso a quell’isola.
Lo avevano battezzato col sinistro nome di Gola del Diavolo, perché negli anni aveva reclamato parecchie navi che tentavano di oltrepassarlo ...
- Gnagnaaaa! Brassoo!!
Jack ricominciò a lamentarsi sporgendosi verso di lei e Ruth lo afferrò appena un attimo prima che volasse giù, stringendoselo al petto con un sospiro. Si inginocchiò recuperando con difficoltà un bacile, una brocca e una pezza di lino, posandolo su dei cuscini sistemati per terra per cambiarlo e lavarlo. Aveva commesso anche lei dei maldestri sbagli con quel neonato, tacendo inoltre i più imbarazzanti, tra i quali l’ubriacarlo con un infuso alcolico non era stato certo il più deprecabile, rammentò tastandogli il bernoccolo nascosto tra le crespe frange della fronte.
Era stato uno spiacevole inconveniente, non avrebbe dovuto diventare madre, non ne aveva alcuna vocazione, ma poi lo aveva fortemente voluto credendo che avrebbe lenito quella deprimente solitudine che non accennava ad abbandonarla.
Lo adorava, tuttavia da un po’ dava la colpa a lui se si sentiva pesante e vuota.
- Śiva kē pyāra kē li'ē! Abhī bhī thōṛā bavvā khaṛē hō jā'ō! ("Per amore di Shiva! Sta' fermo, piccola peste!" nda)
Jack si zittì e cessò di sgambettare e dimenarsi, ma Ruth scorgendo l’ombra sulla parete antistante a sé comprese che non era stato grazie alle sue invettive in hindi.
Capitan Teague si ripresentò alle sue spalle brandendo un rasoio e una cinghia su cui ne affilava la lama, producendo un secco stridio. La fissò ammiccandole sbilenco: - Voglio che ti metta in ghingheri. La roba migliore che abbiamo rubato. Che schiattino tutti d’invidia.


Oltrepassare l’angusto traforo che sventrava le granitiche scogliere laviche circondanti quel cratere inattivo aveva richiesto molta perizia. Tutta la ciurma aveva dovuto sacrificare occhi e braccia, perché la minima svista avrebbe prodotto danni irreparabili, poteva equivalere ad affondare e andare ad ingrossare così le fondamenta dell’isola stessa, composte di nient’altro che carcasse di velieri di ogni epoca e stazza accatastate l’una sull’altra.
Soltanto all’imbrunire un’intricata foresta di alberi, fari e vele apparve finalmente innanzi al rostro della Dama di Nebbia.
Per uomini assuefatti alla monotonia dei paesaggi marini e alla grettezza delle località portuali, la Baia dei Relitti era uno scenario di rara magnificenza, uno sfavillante e ipnotico alveare di luci, un nascondiglio sicuro e rispettabile, disonesto e lussureggiante, che con le sue molteplici bettole, mescite e botteghe prometteva svaghi smodati e affari illeciti a iosa.
Il rifugio ideale per gente cupa, violenta e ladra, nemica dell’ordine e di qualunque legge morale. Sebbene nessun luogo potesse essere confortante ed eccitante quanto il mare. La sua anima combattiva e inappagata ambiva a lanciarsi verso altri miraggi, altre conquiste, oltre le rotte tradizionali. Era davanti ad un timone che si sentiva davvero vivo, rifletté Edward, percorrendo assieme alla sua banda di manigoldi, e con Ruth saldamente agganciata al gomito, quelle strade chiassose e gremite in cui razzolava un’orda di individui indaffarati, bianchi, neri, gialli.
Si incontravano e scontravano, trafficavano, bevevano, scommettevano, duellavano a colpi di pistola e di sciabola, si azzuffano con pugni, calci e bottiglie, rotolandosi nei maleodoranti acquitrini e ostruendo il cammino.
Perfino le meretrici che, strizzate nei loro abiti appariscenti, starnazzavano sulle soglie dei bordelli, pavoneggiando le proprie mercanzie e sciorinando un assortito repertorio di frasi sboccate per adescare gli avventori, si accapigliavano e si scambiavano schiaffi, spintoni, graffi, disputandosi il miglior offerente.
Risse, furti, omicidi e rapporti promiscui si consumavano impuniti in uno stridente sottofondo di musiche e canti allegri, suonati da mandolini, violini e fisarmoniche ad ogni crocevia.
I nuovi arrivati si unirono alla malsana ebbrezza di quel clima sordido e giulivo, disseminandosi tra le innumerevoli vie in cerca di goliardiche attrazioni con cui rimpinzarsi e farsi spennare.
Ma il previdente Edward aveva appreso che l’Isola dei Relitti era anche il covo prediletto di quanti, per tedio, vecchiaia, insuccesso, pusillanimità o inespresse cause di forza maggiore, avevano deciso di ritirarsi dalla pirateria pura e cruda, non rinunciando ad un’esistenza libera e criminosa. Era certo che qualcuno che conosceva molto bene frequentasse quella corrotta mischia, avesse già saputo del suo arrivo e lo stesse attendendo in uno di quei locali malfamati.
D’altronde l’attracco di un maestoso vascello munito di una bandiera sventolante uno scheletro che infilzava un cuore con una lancia non poteva essere passato inosservato. Come Pirata Lord del Madagascar aveva fatto furore nelle Indie Orientali, e volle pensare che fosse l’ottundimento della gozzoviglia a renderli incapaci di comprendere che personaggio di rispetto fosse giunto tra loro.
Capitan Teague e la sua consorte proseguirono il giro della città, sfilando con il loro contegno distaccato e aristocratico tra il degrado dominante, attirandosi le occhiate attonite e incuriosite degli abitanti del luogo che, ignari di chi fosse quella coppia di forestieri stravaganti, li segnavano e commentavano con ingiurie e spari di schernimento il loro passaggio.
La folla scalmanata che li seguiva si andò diradando e zittendo solo quando raggiunsero l’entrata di una delle locande più famigerate recante l’essenziale ma suggestiva insegna "Cutlass".
Una prorompente figura dal portamento fiero e altezzoso, avvezzo al comando, si fece largo tra la vociante calca, scansando chi la intralciava a suon di maledizioni, gomitate e cazzotti. La donna dalla selvaggia chioma arruffata e ingrigita, a suo agio in abiti di foggia maschile ingentiliti unicamente da alcuni fronzoli di pizzo sulla camicia e da un corsetto fiorato, si mosse con passo autoritario, alzando il mento e inchiodando lo sguardo fervoroso sui due.
Portando una mano su un fianco e un’altra sulla cintura adornata di sputafuoco e pugnali, li squadrò con aria sprezzante e giudicatrice, inasprendosi nell’ammettere che quell’insulsa unione perdurava. Quasi non si distingueva lui da lei o lei da lui. Sfoggiavano entrambi costumi sfarzosi e ricercati, di tipico gusto orientale, della stessa tonalità vivace e frivola, ed erano agghindati di monili e gioielli che ostentavano lusso e potere.
Quella vanitosa ragazzetta esercitava una cattiva influenza sul suo pupillo.
- Conduci ancora questa miserabile con te? È un’indecenza! – tuonò scandalizzata, calcolando la mira con un paio di coltellacci.
Teague aveva fatto il callo alle sue bizze, e accorciò le distanze senza alcuna circospezione, contrastando i suoi occhi inflessibili e furenti: - Il mare me l’ha affidata, madre. Ed io la affido a te, adesso.
Il suo tono era stato così fatidico e inconfutabile da raggelare ogni sua altra lecita illazione. Il suo discendente non era mai stato blasfemo, ci credeva seriamente in una volontà imperscrutabile che governava quell’elemento, era tanto audace nello sfidarlo, quanto prudente a non contrastarlo.
La Capitana Sparrow ritornò a studiare Ruth che era rimasta poco indietro e allora scorse anche lui, un tenero bambino dall’espressione birichina che, tutto infagottato, faceva capolino da dietro la sua testa, sbadigliando annoiato dalla confusione.
Si chiese se non fosse un altro subdolo dono del mare.
La piratessa sputò a terra un grumo di catarro e brandy: - Puttana la miseria! Ti sei proprio inguaiato, figlio mio!

Aveva ordinato un tavolo e una sala riservata, impartendo all’oste di preparare loro le migliori vivande e specialità gastronomiche che poteva offrire ai consumatori di riguardo, insistendo per pagare di tasca sua ogni richiesta, affettando gentilezza e ospitalità.
Nonostante tutte quelle accortezze Ruth non si era ricreduta sul suo conto. Le diede prova di superiorità accettando e ringraziando, ma non dimenticava la tagliente umiliazione cui l’aveva sottoposta la prima volta. L’aveva ritenuta bugiarda e indegna, e sospettava che la sua estemporanea redenzione fosse soltanto di facciata.
Li osservava confabulare e chiacchierare serratamente, dall’angolo in cui l’avevano lasciata, non riuscendo ad origliare gran che delle loro parole nello schiamazzo di voci, bicchieri che urtavano e canzoni.
Un affetto singolare e crudele li legava. Si criticavano con asprezza ma poi cercavano la reciproca approvazione.
Il risentimento e l’irritazione le chiusero lo stomaco, impedendole di svuotare la saporita scodella di pesce arrostito e verdure.
Nel frattempo si era sparsa la notizia della loro visita e altri eccentici soggetti erano accorsi per brindare e salutare.
Erano fuorilegge, mascalzoni, ladri, predoni, briganti, criminali e condannati.
Sottospecie di parenti” li aveva definiti Edward, impicciandosi lui stesso a presentarglieli.
C’era Quick Draw Mc Fleming, sorellastra della Capitana, di dieci anni più giovane, abilissima con la spada tanto da essersi meritata quel soprannome 1. Capelli rossi, cipiglio astuto e provocante, il trucco esagerato e il bustino attillato ne evidenziavano le fattezze ancora piacenti sebbene segnate dagli eccessi di una gioventù sfrenata. Aveva seppellito tanti mariti quanti erano gli anelli che indossava, e aveva messo a profitto la sua facoltà procreatrice dando alla luce una nidiata di bastardi che la seguivano ovunque seminando zizzania.
Mabeltrude, detta la Violenta Visionaria, era un’anziana cugina dall’apparenza afflitta e svampita. imbacuccata in un logoro vestito nero, stinto come gli stopposi capelli acconciati di nastri e trine. Carica di collanine, croci, pentacoli e amuleti vari, si era invaghita di magia nera e spiritismo dopo aver perduto il suo amatissimo promesso sposo in una tempesta. E sostenevano che da allora parlasse più con i defunti che con i vivi e fosse in grado di prevedere le catastrofi.
Infine si erano uniti al loro tavolo i meno stimati Ace e Hazel Brannigan, marito e moglie, squattrinati ubriaconi che non avevano mai avuto troppo successo come filibustieri per la loro fobia dei temporali e la loro scarsa propensione con le armi.
Avevano tutti incredibili storie da raccontare, progetti ambiziosi e sogni che li avrebbero portati altrove in futuro. In quel contesto Ruth si sentì un inutile fardello di cui non importava niente a nessuno. Pensò che aveva avuto coraggio a restare accanto a quell’impetuoso lupo di mare, non sapeva però se gliene fosse rimasto altrettanto per aspettarlo.
Jack era diventato irrequieto, rifiutandosi di farsi imboccare, e a lei scoppiava il cervello in quell’ambiente untuoso e confusionario in cui si susseguivano spari e lanci di bottiglie, urla sguaiate e osceni amplessi.
Un bisogno irrefrenabile di scappare si impadronì dei suoi nervi, così corse fuori. L’aria non era tanto più respirabile, in quell’incessante via vai di carretti, gruppetti di duellanti, coppiette barcollanti. Per il timore di smarrirsi in quella convulsa baraonda, indugiò sulla strada davanti al locale, riparandosi sotto una tettoia.
I vestiti avevano assorbito il tanfo del fumo della carne arrostita e i raffinati stivaletti di cuoio dorato si erano tutti rovinati camminando tra i rivoli di sangue, alcol ed escrementi che intorbidavano le vie lastricate di ciottoli ma fangose per la salsedine, la segatura e i liquami che si mescevano alla polvere pirica e alla sabbia, creando una poltiglia dal lezzo vomitevole.
- Girava voce che quel fottutissimo bastardo avesse preso moglie. Pensavamo tutti che fossero solo fandonie. Ora che ammiro il tuo straordinario splendore, posso assicurarti che capisco benissimo quali sporche turbe devi aver suscitato in quelle sue palle flosce …
L’indiana si appiattì contro uno stipite, riavvolgendosi nello scialle: - Già. Abbiamo avuto un bambino meraviglioso – rigurgitò acidamente, mostrandogli il bebè imbracato con una fascia sulla sua schiena, cercando una via di fuga, ma incrociando solo altre facce guerce e ubriachi che volevano toccarla. Lo sconosciuto interlocutore lanciò loro dei sassi, disperdendoli.
- Ti prego, non intendevo importunarti. Non sono un coglione maniaco come la maggioranza di questi pezzenti. Ma se fossi tuo marito, non lascerei allontanarti da me neppure un istante.
Il giovane uomo le rivolse un sorriso gentile, porgendole la mano e aiutandola a scendere le fradice scalette su cui si stava inerpicando. Vestito con sobria eleganza, era belloccio, capelli e occhi chiari, di cui il bagliore rosso delle torce non rendeva apprezzabile la precisa tonalità, alto, il fisico snello e i tratti gentili, e un modo di parlare e di sorridere che risultavano affabili, nonostante la bocca carnosa e maliziosa usasse un linguaggio volgare.

- E lo scimmiotto? Perché mai l’hai graziato?
Edward si spettinò i capelli che poggiavano sulle spalle, terminando di masticare: - Quel marmocchio è una vera scocciatura! – sbottò ingurgitando un’altra sorsata direttamente da una bottiglia - Si è impuntato ad esserci a tutti i costi. Ho voluto concedergli la possibilità di scoprire quanto abbia sbagliato ad insistere ...
Sua madre, sempre pronta a disapprovare, stavolta lo ascoltava lisciandosi il collo rattrappito, e intanto si congratulava con se stessa, perché il suo beniamino ragionava proprio come lei. Gli fece notare, però, con un sogghigno beffardo rivolto alla sedia vuota, che i suoi protetti erano spariti.
Il pirata imprecò, scagliò il boccale di birra e passò sopra i tavoli, calpestando teste, gambe e piedi per raggiungere più rapidamente l’esterno, riscaldando il grilletto, preparandosi a far pentire per sempre chiunque avesse osato torcere un capello ad uno dei due. Prima di inoltrarsi in qualche vicolo cercò nelle vicinanze e dopo non meno di un paio di minuti la vide, restando insolentito e spiazzato nel riconoscere con chi stesse parlottando.
- Rusty Knickers 2! Stramaledetto succhiacazzi! È una nefasta sorpresa rincontrarti in questo stimabile luogo!
L’antico rivale si trattenne dall’infilzarlo, poiché era conscio della rapidità di quel furfante nel rispondere agli attacchi e della sua freddezza nell’eliminare chi intendeva volgergli un torto.
- Ci si rivede Eddy. Quanto tempo, vero?
Teague detestava dall’infanzia quell’ipocrita, detestava lui e quella sua bella faccia d’angelo, così pulita e perfetta, capace di nascondere le più ripugnanti colpe: - Di’, per quale ragione un truffatore giramondo si è infognato in questo buco?
Rusty ridacchiò stizzito, rivelando con mesto rancore: - Ho avuto delle noie con questa gamba dopo il morso del tuo corvo 3 – e guizzò le iridi cerulee su di Ruth, toccandosi lo stinco destro con la gruccia che finora aveva nascosto – Così mi sono trasferito qui ed ho avviato una lucrosa attività grazie al sostegno di alcune dame disponibili. Potrei offrire vitto e alloggio alla tua famiglia. Volendo ci starebbe pure qualche remunerativo lavoretto per la tua incantevole signora … - gli strizzò l'occhio aizzandolo con enfatica offesa.
L’interpellata si staccò dal muro, infastidita e delusa, per rintanarsi dietro il marito, ghermendolo.
- Fottiti, piattola schifosa. Non abbiamo bisogno della tua fraudolenta carità. Tu, al contrario, dovresti riguardarti e tenerti cara la gamba che ti è rimasta – fu l’espressiva minaccia di Capitan Teague, mentre rinfoderava la pistola pensando che non fosse opportuno far schizzare via la ridotta materia grigia di quell’avvoltoio davanti all’impressionabile moglie, trascinandola via da quel profittatore.
Nel vederla adoperarsi affranta e scossa a chiedergli scusa, congiungendo i palmi e chinandosi, non trattenne l’ilarità:
- Non dovresti dare confidenza a certi immondi rifiuti di sentina – le bisbigliò bonariamente, scostandole una ciocca dalla guancia arrossita.
- Hanno sfornato un pupo! – proruppe la vegliarda Mabeltrude zoppicando fuori, riemergendo dalla catalessi e rendendosi conto in quel mentre del nipotino appisolato sulle spalle della ragazza dalle lunghe trecce - Perbacco, Gracie! Allora sei nonna!
- Nonna un corno! - obiettò la cugina, tendendole uno sgambetto col suo bastone - Al prossimo che si azzarda a ripeterlo, gli strappo le budella e le uso come giarrettiere!
Il suo rabbioso sbraitare risvegliò Jack in un pianto disperato che costrinse Ruth a riprenderlo in braccio e cullarlo con una fiaschetta di masala chai 4.
- Guarda che non è così tanto malvagia … - disse con poca convinzione Edward, cogliendo l’impallidimento avuto dalla ragazza – … quando è completamente ubriaca … Una dozzina di pinte erano sufficienti - specificò cauto, assistendo alle sadiche e fantasiose intimidazioni con cui la sovversiva filibustiera si aprì un varco nel raggio di una ventina di metri, fungendo da guida nell’escursione del resto dell’isola, di cui conosceva a menadito ogni più sperduta viuzza o aneddoto sui suoi residenti.
Li accompagnò fieramente su per quelle stradelle tortuose e irte fino in cima alla collina, dove sorgeva l’edificio più importante.
La Grande Camera del Consiglio dei Pirati era un santuario pagano della filibusta, sede delle riunioni della Fratellanza e della reliquia più mitica, il Codice.
Sua madre narrò dei Consigli cui lei stessa aveva partecipato in prima persona, e fu ascoltando quel racconto che Edward Teague avvertì rinfocolarsi nelle vene il desiderio di compiere qualcosa di grandioso e memorabile. Qualcosa che gli avrebbe permesso di ottenere il riconoscimento e la stima di tutti gli altri compagni capitani che solcavano gli oceani e di vivere in pace gli anni della maturità, quando non avrebbe più avuto la forza per guerreggiare con la stessa ribollente passione che adesso lo chiamava lontano da lì.
Non voleva raggiungere quelle vette solo per gloria personale, comprese, accarezzando con una discreta sbirciata quel visino liscio e paffutello che sprizzava bontà e onestà, doti sconsigliabili in un universo tanto insidioso.

L’orizzonte racchiuso oltre l’imponente fortezza rocciosa irradiava già i primi chiarori dell’alba. Le locande si svuotavano dei loro ingordi frequentatori nottambuli, mentre nelle banchine semideserte brulicava l’attività di imbarco degli equipaggi in partenza.
La Dama di Nebbia era fra i velieri che si sarebbero avvantaggiati dell’altra marea portata dalla luna piena per salpare. Ricambi e approvvigionamenti erano stati approntati durante il breve stallo, l’avevano preparata a riprendere il mare aperto per un mese buono e il Capitano non aveva manifestato alcuna intenzione di temporeggiare, tanto che alcuni si erano ritirati, sostituiti da altri volontari che sognavano di acquisire con lui fama e ricchezza.
Non si aspettava di vedere fiumi di lacrime a bagnare le sue ciglia, ma neppure quella tranquilla rassegnazione. Edward la guardava provando una balorda gelosia. Ruth riusciva a staccarsi in maniera semplice e spensierata dal mondo circostante. Non era tragica né disperata, probabilmente non comprendeva del tutto quello che stava succedendo, o lo sminuiva per la sua solita tendenza a prendere la vita alla leggera.
- Lo vedi, Jack: tuo padre è un inguaribile musone. Tu invece devi sorridere sempre, qualunque cosa accada – istruiva il monello che teneva tra le braccia e che si divertiva a farle tintinnare le perline – Ne va del tuo karma – lo ammonì semiseria, ma il bambino si era distratto perché attratto dall’orecchino di zanna di coguaro che dondolava tra i capelli del pirata, verso cui allungò i ditini.
- Begli insegnamenti – balbettò quello in un misto di sarcasmo e avversione, scostandosi per impedire a Jack di tirargli i pendenti.
La compagna invece glielo affidò a tradimento, mentre sistemava meglio la carrozzina che le zie del marito le avevano prestato. Edward si impacciò nel reggere lo smanioso bambino, dissuadendolo inutilmente da quel gioco che lo stava irritando, e nel contempo fremette nel sentirlo morbido e tiepido. Sapeva di buono, genuino e incorrotto, proprio come lei.
- Preferiresti che piangesse? – lo punzecchiò candidamente Ruth, riprendendo il figlioletto e riponendolo dentro il trabiccolo – Che piangessimo? - sussurrò specchiandosi nei suoi occhi.
Lui schioccò la lingua, guardando distrattamente il fermento dei marinai nella rada, incapace di sconfiggere l’orgoglio e la riservatezza che conferivano alle sue parole quell’intonazione involontariamente scorbutica: - Preferirei non averti mai sfiorato.
I loro sguardi timidi cozzarono in una gara di resistenza.
Ruth non voleva che la credesse inconsolabile o troppo debole per poter resistere a qualche mese di lontananza, perciò esitò nel buttargli le braccia al collo, anche se dal suo viso sgorgarono affetto e languore e finì per sfiorargli la fronte con la sua, prendendogli le mani e poggiandosele sulla cinta.
- Contieniti malandrina! Così me lo sveni! – gracchiò la Capitana artigliandola per un polso e staccandola con forza dal marito, respingendola indietro, lamentandosi che, senza lo notassero, la carrozzella era stata urtata da due marinai, aveva ripercorso a ritroso tutto il molo, travolgendo altri uomini, e sarebbe caduta in acqua se la sua traiettoria non fosse capitata davanti al suo bastone.
- Adesso il mio Eddy ha cose più importanti di voi due cui badare – sostenne indiscutibile, alludendo alla culla sobbalzante per l’agitarsi del piccolo.
La ragazza si fece da parte, imbarazzata e inebetita, avviandosi con Jack alla fine della banchina, salutandolo con un altro sorriso intenerito e rammaricato.
- Oh, non preoccuparti. Non si sentirà troppo sola. Siamo una grande famiglia. – affermò con ipocrita premura sua madre, mostrando il rubino incastonato tra i denti.
La sua piccola Ruth avrebbe dovuto sfoderare carattere e crescere. L’avrebbero massacrata, era palese. Lasciarla lì equivaleva a gettarla in una vasca di barracuda. Tuttavia Capitan Teague considerò che sarebbe stato bello avere qualcuno da cui tornare di tanto in tanto, qualcuno che lo avrebbe accolto senza puntargli contro una canna fumante. Un arcobaleno dopo la burrasca.
Quel dolce pensiero lo avrebbe tenuto vivo.
Risalì la passerella con l’ubriacante sensazione di essere sull’orlo di un nuovo soddisfacente inizio.


Le piante dei piedi iniziavano a dolerle e le bruciava il fiato. Non avrebbe mai imparato a orientarsi in quel labirinto di costruzioni pressoché identiche, tutte ricavate da scafi di vecchie navi. Ruth non poteva far altro che accodarsi con fiducia alle due disoneste parenti acquisite.
Quick Draw licenziò con alcune monete d’argento il quartetto di facchini che aveva trasportato i suoi bagagli, intanto che la Capitana serrò a chiave l’uscio dell’abitazione.
Non era fatiscente come lasciava presagire l’esterno, ma nemmeno molto confortevole. Appariva piuttosto spaziosa perché non aveva molte guarnizioni sulle pareti e l’arredamento stantio comprendeva un mobilio grezzo ed essenziale.
Delle urla disumane la spinsero ad affacciarsi sul balconcino che dava su un cortile interno.
- Siamo proprio sopra il mattatoio – asserì entusiasta la suocera – Udire lo strazio degli animali sgozzati mi riporta ai bei vecchi tempi in cui me la godevo a trucidare tutti quei luridi parrucconi.
Ruth deglutì disgustata, auspicando di potersi trasferire al più presto da qualche altra parte.
I vagiti di Jack la indussero a rientrare e lo trovò circondato da cenciosi ragazzini che se lo contendevano come un bambolotto. Quick Draw li cacciò in malo modo, mandandoli a giocare in strada, e riprese a curiosare tra l’esotico vestiario della giovane ospite, rubandole bellamente dai bauli i capi che più le aggradavano.
Ruth finì di ispezionare le stanze della nuova casa e un interrogativo che da un po’ la interessava le fuoriuscì d’improvviso, come una riflessione ad alta voce: - Dov’è il padre di Edward?
La Capitana si stravaccò su una scricchiolante sedia a dondolo: - Quel gran puttaniere! – grugnì increspando la rete di rughe e cicatrici – Spero non all’inferno! Mi disturberebbe ritrovarmi a sbattere di nuovo nella sua brutta faccia di merda! – traboccò biliosa, facendo fumare la sua pipa più di un caminetto – E sì che gliel’ho aggiustata. Con una bella pallottola. Dritta in mezzo agli occhi.
E nel dichiararlo mimò il cruento gesto con pollice e indice: - Grace Mildred Sparrow non perdona – sibilò gelida soffiandosi sull'unghia nera, fissando le iridi in un punto indefinito davanti a sé, forse riacchiappando le immagini drammatiche di quel momento fatale del suo passato.
- Prediligeva sollazzarsi tra le mie natiche sode, anziché affannarsi tra quelle sue prugne secche! – intervenne con irriverente causticità Quick Draw, provandosi allo specchio degli orecchini di lapislazzuli.
La Sparrow scattò sui tacchi digrignando: - Avrei dovuto ammazzare anche te, baldracca! Ma, accidenti! Ti sei tuffata dalla finestra come una faina sorpresa in un pollaio … Solo che eravamo in mezzo all’Atlantico.
La sorellastra ancheggiò verso di lei, sogghignando sfrontata e boriosa: - Mettila così, tesoro. Abbiamo scoperto quale emerito stronzo stavamo sfamando.
- Te lo concedo – concordò Grace dopo un basso ruggito di indignazione, ringuainando i pugnali – E poi, dopo che mi sono sbarazzata della sua molesta presenza, mi sono presa anch’io la mia bella dose di avventure …
E le due piratesse incominciarono a spettegolare scostumatamente sulle loro conquiste maschili, incuranti di Ruth, alle prese con i capricci del figlioletto che voleva esplorare quel posto pieno di novità potenzialmente pericolose.
- Edward non è così. Sa controllarsi lui. Non fa mai la prima mossa con le femmine – gracidò Grace con l’inequivocabile intento di riattirare l’attenzione della giovane nuora – Attende che siano loro ad infilarglisi nei calzoni. Eh, ma quelle non attendono. Dico bene? – inferì insinuante.
Ruth si rialzò agguantando il bambino, che svelto andava carponi sul pavimento bisunto, facendo la sostenuta.
Di lui si fidava più di se stessa, però aveva notato l’effetto calamitante che il suo aspetto malinconico e schivo suscitava nelle donne. Non lo avevano tentato finché gli era stata vicina. Nella solitudine non sapeva se le avrebbe ugualmente snobbate …
Il respiro si annodò di scaglie avvelenate: - Questa topaia è piena di polvere! - tossì nel fazzoletto che tornò orribilmente a macchiarsi di quel colore che odiava.
- Modera i termini, piccola intrigante! – la folgorò malignamente la Sparrow – Sai a quanti maiali dovresti allargare le tue belle cosce se non ci fossi io a difenderti? Devi essermi infinitamente grata, e pregare che resti dell’umore propizio.
Ruth si ripugnò della presunzione di quella mascalzona:- Gli dei si pregano, non le persone. Specialmente non quelle come te – soffiò con pervasiva schiettezza, rincantucciandosi in un altro terrazzino con Jack tra le braccia.
Le due corsare la osservarono piegarsi sulle gambe, incrociarle e sollevare i palmi verso l’alto, poggiandoli sulle ginocchia, socchiudendo le palpebre e mormorando in una lingua sconosciuta.
- Uh, la bambolina è più tosta di quel che sembra – fischiettò irrisoria Quick Draw, rimirandosi i lucenti bracciali di cui si era agghindata.
Grace Sparrow brontolò scuotendo i riccioli grigi: - No. È soltanto una sciocchina.
In realtà riteneva che la carina fosse una creatura fragile sì, ma non succube, se non di un irrazionale e distruttivo sentimento da cui lei mai più si era fatta dominare dal giorno in cui aveva sparato quel colpo cruento.
E non avrebbe consentito che altri membri della sua famiglia si lasciassero sottomettere dallo stesso esecrabile inganno che rammolliva i fessi, giurò accarezzando il manico del randello di legno e appuntando le iridi cupe sul discolo che scorazzava in tondo.
- Tua madre è una poco di buono, vermiciattolo. Da oggi provvederò io a te …


Shipwreck1
NDA
1 "Quick Draw" in inglese vuol dire letteralmente "Spada lesta". I nomi e le notizie dei componenti della famiglia Sparrow li ho ricavati dal sito http://pirates.wikia.com/wiki/Jack_Sparrow%27s_family#Members_of_the_family romanzandoci sopra a mio gusto, e ispirandomi anche alle confessioni di Spanish_Sparrow. A tal proposito ho scelto il nome "Grace" per Grandmama in onore di Grace O' Malley, piratessa irlandese del XVI secolo cui somiglia molto. E Mildred come secondo nome per omaggiare un'autrice che le sta dedicando una storia (Milletta).
2 Rusty Knickers è un altro personaggio citato nei libri sull'infanzia di Jack Sparrow, cui ho voluto immaginare un retroscena che giustificasse quello che compirà in futuro.
3 Il corvo è una sorta di rampino uncinato che si usava durante gli arrembaggi.
4 Il masala chai è una specialità indiana di tè speziato con zenzero, semi di cardamomo verdi, anice, cannella semi di finocchio, pepe e chiodi di garofano.
   
 
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