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Autore: myricae_    08/02/2014    3 recensioni
[REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 20 E CAPITOLO 41] [REVISIONE IN CORSO]
Estate.
La stagione delle lunghe notti punteggiate di stelle e delle risate spontanee.
La stagione perfetta per dimenticare una relazione difficile e andare avanti.
La stagione perfetta per incontrare una persona speciale, magari innamorarsi e rimanere segnati per il resto della vita.
O, almeno, così è stato per Marco e Alisea.
Ma cosa possono saperne due giovani cuori dell'amore?
Della distanza?
Della morte?
E di un passato che è deciso a ritornare, forse, separandoli per sempre?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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33

Da quel momento le cose peggiorarono, irrimediabilmente e con una velocità tale da far passare i piccoli attimi di felicità come un’illusione.
 «Sei sicura di stare bene?».
«Sì, amore».
Anche se erano solo davanti a uno schermo, Alis riconobbe la preoccupazione nello sguardo di Marco.
 «Mah» sospirò, poco convinto della risposta della ragazza.
Alisea non aveva raccontato nulla di quella giornata a Marco. Le parole di Christian di quella mattina erano state taglienti come una lama che continuava a rigirarsi dentro di lei, allargando la ferita. Tu sei pazza, aveva detto. Non voleva che Marco si infuriasse con lei come aveva fatto il suo migliore amico, anche se non era sicura di poterlo ancora definire tale. Non voleva perdere anche Marco. Sapeva perfettamente che il ragazzo non avrebbe approvato il suo comportamento, perciò decise di soffocare quell’avvenimento non parlandone. I problemi nelle relazioni sono causati dai segreti, pensava a volte pur non trovando mai il coraggio di parlargliene. Sperava solo di poter dimenticare.
 «Allora, questo fine settimana vieni a trovarmi? Ho intenzione di prenotare una barca per fare un giro sul lago, poi potremmo…» iniziò Alis, desiderosa di spostare l’argomento.
 «Alisea, non potrò venire a trovarti per questa volta».
 «Come? Ma avevi detto che saresti venuto. Perché?». La ragazza sentì il cuore sprofondare insieme alla speranza di rivederlo.
 «Ho un servizio fotografico».
Alis non reagì. Qualsiasi reazione lui si fosse aspettato non avvenne. Non pianse, non gli urlò contro, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio del silenzio in cui era caduta in quel momento.
 «Ti assicuro che mi dispiace davvero tanto».
 «Va bene» si limitò a dire. Ma non andava bene niente.
 «Non fare così, ti prego».
 «Così come? Perché non sto facendo assolutamente nulla!». Sapeva che le lacrime sarebbero arrivate; lo percepiva dalla morsa che le stava attanagliando il cuore.
 «Appunto. Di’ qualcosa».
 «Spero che tu possa trascorrere un piacevole fine settimana. Buona notte».
 
Il giorno seguente a scuola non andò meglio. Eleonora era assente; Christian non le rivolse la parola, limitandosi a ignorarla. Che cosa ho fatto?, pensò più volte. Quel mattino non aveva ricevuto nemmeno un messaggio da Marco. La notte precedente il ragazzo l’aveva chiamata più volte finché non si era decisa a rispondere; la telefonata era sfociata ben presto in una litigata furiosa. Marco non aveva finito di urlarle contro nemmeno quando lei aveva iniziato a piangere pregandolo di smetterla. 
Alis si lasciò andare in un sospiro di sollievo quando suonò la campanella che indicava la fine delle lezioni. Una volta infilata la giacca, tirò fuori dallo zaino l’I-Pod mettendosi le cuffiette nelle orecchie. Cambiò prontamente canzone quando sentì le prime note di Thousand Years. Fu l’ultima a uscire dalla classe, scendendo lentamente le scale che portavano all’uscita. Camminava atterrando lo sguardo sulla strada quando urtò contro qualcuno. «Scusa» si affrettò a dire, alzando lo sguardo e incontrando un paio di occhi scuri. Roberto.
 «So che sei stata tu, lurida troietta».
 «Di che cosa stai parlando?».
 «Rob, non ci avevi detto che era anche stupida» commentò una voce alle spalle di lei. Alis si girò; due ragazzi, uno biondo e l’altro castano scuro, si stavano chiudendo su di lei. Sentì il cuore galoppare nel petto.
 «Lasciami andare. Non so di che cosa stai parlando».
Roberto l’afferrò per le spalle, mentre gli altri ragazzi continuavano ad avvicinarsi. «Non ti dicono nulla le foto ritoccate di Eleonora in giro per la scuola?».
A quelle parole Alis impallidì, sgranando gli occhi. «Io non c’entro niente!» mentì, con voce stridula.
 «Bugiarda! Sei una stronza bugiarda!» le urlò contro. «Hai minacciato Eleonora per una cosa che non ha fatto e poi hai stampato quelle maledette foto!».
 «La tua ragazza non è innocente e adesso lasciami andare!».
Alis provò a superarlo, ma questo la spinse indietro contro i suoi amici. Uno di loro la colpì con un calcio talmente forte sulle gambe da farla cadere a terra. Quando cercò di rialzarsi, Roberto la schiaffeggiò più volte, spaccandole il labbro inferiore.
Il sapore metallico del sangue le entrò in gola.  
 
CHRISTIAN
Ti aspetto a casa mia. Ore 16.00. Spero di vederti.
Chris lesse il messaggio più volte prima di inserire il cellulare nella tasca della giacca; scese dalla macchina, camminando verso il viale che conduceva alla porta d’ingresso dell’enorme villa. Bussò un paio di volte, con decisione.
«Ciao» lo salutò timidamente Matteo, affacciandosi da dietro la porta semichiusa.
«Ho ricevuto il tuo messaggio» esordì Christian, le mani nascoste nelle tasche dei jeans.
 «Non hai risposto, pensavo non saresti venuto».
 «E invece eccomi qui».
Matteo annuì lentamente, poi: «Entra».
La casa era come se la ricordava; l’ingresso si apriva su un immenso salotto collegato alle altre stanze tramite lunghi corridoi. A destra, delle scale di marmo conducevano alle camere. La mobilia era antica e allo stesso tempo conferiva una sorta di serenità. «Siediti» disse Matteo indicando una poltrona e un divano di pelle color nocciola scuro. Chris si tolse la giacca e si sedette sul divano; le dita intrecciate sulle ginocchia. Matteo prese posto sulla poltrona di fronte a lui.
Christian non riuscì a trattenere una risata. «È buffo. Il giorno prima mi dici che sei confuso e ora… questo».
 «Sono ancora confuso» si difese Matteo.
 «Senti, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi per pensare».
 «Non voglio tempo, voglio te» i suoi occhi scuri che si allargavano.
 Chris si impose di mantenere la calma. «Anch’io ti voglio, ma voglio anche che le cose tra noi funzionino e questo non potrà essere finché non avrai fatto chiarezza dentro di te».
 «Puoi aiutarmi tu».
 «In che senso?» Chris inarcò un sopracciglio.
Matteo prese un respiro profondo, imporporandosi le guance. «Sto dicendo che dovremmo uscire, frequentarci. La distanza mi confonde ancora di più».
Le labbra di Christian si aprirono in un sorriso; non era propriamente ciò che aveva sperato, ma si gioì di quella piccola vittoria. «Penso che sia un’ottima idea».
Matteo parve rilassarsi. «Ti va’ una sfida a Call Of Duty?».
 «Non piagnucolare quando ti sconfiggerò».
Mentre giocavano, Matteo si sedette vicino a lui, mantenendo sempre una certa distanza. «Mi dispiace che Alis non sia potuta venire alla mia festa».
Chris serrò le labbra mentre sparava a uno zombie sullo schermo della grande televisione.
 «E non è dispiaciuto solo a me» continuò Matteo.
Christian aggrottò le sopracciglia. «Cosa intendi?».
 «C’era un mio amico che chiedeva di lei» spiegò brevemente senza distogliere gli occhi dalla televisione di fronte a sé.
 «Un tuo…?» la domanda gli si spense in gola. «Questo tuo amico si chiama Andrea?».
 «Sì. Lo conosci?».
«Purtroppo» rispose, impostando la modalità stand-by. «Cosa hai detto ad Andrea quando lui ti ha chiesto di Alisea?».
 «Gli ho detto la verità, che era a Roma dal suo ragazzo. Perché tutte queste domande?» Matteo pareva sinceramente confuso.
 «E tu come facevi a sapere che Alisea era a Roma?».
 «Me l’ha detto lei settimana scorsa, nel corridoio. C’eri anche tu».
Ora Christian ricordava. Alis aveva parlato di Marco anche a Matteo. In che modo quest’ultimo conosceva Andrea non riuscì a capirlo; ma Eleonora non c’entrava nulla.
 
ALISEA
Quando aprì gli occhi, il mondo le vorticò intorno così velocemente che Alisea pensò sarebbe svenuta di nuovo. Impiegò qualche minuto per rendersi conto che la stanza dove si trovava non era la sua, eppure aveva qualcosa di famigliare…
 «Alis» la chiamò una voce al suo fianco. La ragazza sussultò quando vide Andrea seduto sul letto al suo fianco; d’istinto, si allontanò.
 «Ehi, tranquilla» le sorrise dolcemente facendo per prenderle una mano che Alisea ritrasse. Quando la ragazza si alzò dal letto la testa prese a pulsarle ad un ritmo assordante, sentì le gambe cedere. Andrea fu al suo fianco, afferrandola per le spalle.
 «Non dovrei essere qui» mormorò; anche parlare le costava fatica.
Il ragazzo le scostò una ciocca di capelli dal viso, sfiorandole una guancia. «Sei esattamente dove devi essere». La condusse verso il letto; seppur riluttante, si sdraiò.
«Perché?» chiese in un sussurro. Che cosa è successo?
«Qual è l’ultima cosa che ricordi?».
La testa non smetteva di tormentarla mentre cercava di collegare gli avvenimenti. «Roberto. Non era solo».
 «No, infatti» la sua espressione si incupì. «Quando sono arrivato ti ho trovato distesa sulla strada mentre quei tre bastardi…».
Il bastardo sei tu, pensò Alis socchiudendo gli occhi. Una buona azione non poteva cancellare tutto il male che le aveva procurato. Ricordava Roberto che la spingeva a terra e i calci degli altri ragazzi. E poi… un altro dolore alla testa. Nient’altro.
 «Poi ti ho portata a casa mia, ho chiamato un dottore».
 «Per quanto tempo ho dormito? Oppure ero svenuta?».
 «Non lo so con certezza. Sei rimasta senza conoscenza per un’ora e poco più» sembrava che il ricordo facesse più male a lui che a lei. «Adesso come stai?».
 «Sono sveglia e questo è un buon segno».
Andrea sorrise.
 «Riportami a casa».
 «Finché non ti riprendi non esci di qui».
Alis sbuffò. «Posso andare in bagno?».
 «Ti accompagno».
 «So dov’è» tagliò corto. Ricordava tutte le volte che era stata in quella casa; improvvisamente le tornò tutto alla mente. Cose che aveva pensato di aver dimenticato le aveva soltanto sepolte dentro di lei; ma adesso tutto riaffiorava. Le sere trascorse in salotto a guardare un film abbracciati; le notti in quella camera quando si addormentavano accoccolati in quello stesso letto in cui si trovava. A quel pensiero, Alis si alzò subito ignorando il dolore alla testa, dirigendosi in bagno trascinando quasi la gamba destra. Si sfilò i pantaloni quel tanto che bastava per notare l’enorme livido bluastro all’altezza della coscia. Si avvicinò poi allo specchio stentando a credere all’immagine riflessa; i capelli erano ridotti a un cespuglio arruffato; il trucco colato, gli occhi smeraldini arrossati, un brutto livido sulla guancia e parecchi graffi sull’altra. Si pulì il viso, pettinando i capelli in una coda morbida. In quel momento, sentì Andrea chiederle: «Alis, posso entrare?».
 «Sì».
Il ragazzo entrò, porgendole il cellulare. «Tieni. È da un’ora che questo dannatissimo coso continua a vibrare!».
Alisea afferrò il cellulare, accettando la chiamata in arrivo senza nemmeno leggere il nome sul display. Non ne aveva bisogno. 
   
 
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