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Autore: melianar    09/02/2014    9 recensioni
Dopo il disastroso tentativo della scorsa settimana, torno a pubblicare il primo capitolo di questa raccolta. Mi scuso immensamente con chi avesse provato a leggerla, purtroppo ho avuto qualche problema con l'HTL. E' solo la seconda storia che pubblico e sono piuttosto imbranata. Scusatemi!
Quella che vi propongo è una raccolta di one-shots dedicate alle figure femminili dell'universo tolkieniano, in particolare quelle donne di cui poco ci viene detto ma che, a mio avviso, hanno molto da raccontare. Ogni capitolo sarà incentrato su una donna diversa, quindi su vicende e epoche differenti. Prenderò in esame personaggi poco noti delle opere di Tolkien, spero possano risultare affascinanti per voi quanto lo sono per me. Buona lettura!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il sole cala lentamente dietro i monti, cedendo il posto alle prime stelle.
Le osservo, seduta in silenzio accanto alla finestra.
Ecco Wilwarin che pare una farfalla, e Valacirca, la falce che i Signori d’Occidente posero in cielo a eterna sfida del Nero Nemico, Morgoth.
Fosti tu, Hurin, a narrarmi la storia di stelle e costellazioni, a insegnarmi i loro nomi nell’antica lingua degli Elfi d’oltremare. “Li ho appresi da Sire Fingon”, dicevi, mentre i tuoi occhi si smarrivano in sogni e ricordi lontani.
Ah, quanto tempo è trascorso! Eravamo giovani, allora. Giovani e ingenui.
Credevamo che tutto sarebbe andato per il meglio, alla fine. Perché tu eri Hurin Thalion e io Morwen Eledhwen, e questo bastava. Ricordi come riuscivi a strapparmi un sorriso, a farmi dimenticare, anche solo per brevi istanti, i terribili orrori della Bragollach?
Fu per questo, credo, che mi innamorai di te. Non solo eri forte come pochi tra gli Edain, ma possedevi l’allegria, il riso che io avevo perduto e che tu, tu solo, eri in grado di far sgorgare dalle mie labbra, benché di rado. Ma sono sciocche, ora, queste parole. Tuttalpiù buone    a ricordare un morto, e tu non sei morto. Io so, io so che la Nirnaeth Arnoediad non ha ucciso Hurin Thalion. C’è troppo, in te, perché Morgoth lo spezzi. T’avrei forse potuto amare, diversamente?
Seduta accanto alla finestra, io ti aspetterò ogni notte. E so, ne sono certa, che la mia attesa non sarà vana.
Mi credano pure illusa, mi credano folle, anche. Pensi che Morwen si lascerà dissuadere dalle chiacchiere di quattro vecchi?
Sì, perché nient’altro resta, nella casa del Signore del Dor-Lomin: nient’altro che vecchi e infermi.
Hurin! Hurin! Ti promisi che avrei custodito i tuoi beni, e ora non posso impedire che intrusi dell’Est asserviti a Morgoth si impadroniscano delle tue terre, né che la gente di Hador sia costretta in schiavitù e trattata al pari delle bestie!
Hurin, mio amato sposo, quando tornerai? Quando porrai fine alla violenza, ai soprusi, alle ingiustizie?
Quando verrà il giorno in cui tuo figlio potrà avere ciò che gli spetta di diritto, senza dover cercare rifugio come esule in terre lontane?
Quando verrai, Hurin, a conoscere tua figlia Nienor?
Nemmeno volli dirti che ero incinta, il giorno della partenza.  Temevo di mutare i tuoi propositi, temevo che la brama del ritorno divenisse in te più forte del desiderio della battaglia.
Così ora non sai. Non sai che una bionda figlia della casa di Hador sta dormendo tra le mie braccia.
Nienor, l’ho chiamata. Cordoglio. Perché il riso è fuggevole, effimero. A spegnerlo basta un battito di ciglia, un colpo di vento maligno.
Non così il dolore. Possa tu vivere a lungo, Cordoglio, bambina mia. Cordoglio, non pianto. Ti insegnerò a essere fiera, una donna forte che saprà suscitare rispetto e reverenza al sol guardarla. Ti insegnerò a celare la sofferenza, a nascondere le lacrime nei recessi più segreti del cuore. Non come me. Non come tua madre, che nel silenzio della notte piange come una bambina, come una stupida.
Lo crederesti, Hurin?
Riesci a immaginare me, la tua Eledhwen, sommersa dalle lacrime, squassata dai singhiozzi? Io, che frenai il pianto perfino alla morte di Urwen! Il pianto è per i deboli, dicevo. E tuttavia ora mi ci abbandono, sperando possa arrecare sollievo al mio cuore oppresso.
Ma il peso nel mio petto resta quello di un macigno. Le lacrime non consolano, sfiniscono e basta. A che pro, dunque, rifugiarsi in esse?
Lentamente mi alzo, poso Nienor nella piccola culla accanto al mio letto. La bacio sulla fronte, attenta a non svegliarla.
Possa il tuo sonno essere sereno, Nienor figlia di Hurin.   
Mio malgrado, anche per me deve giungere il tempo dei sogni. E dei loro dolci, dolorosi inganni.
Anche stanotte verrai a me, Hurin, ti stringerò tra le braccia e il sapore dei tuoi baci allieterà per un poco le mie labbra riarse.
Di nuovo questa notte vedrò Turin, il mio Turin, e potrò abbracciarlo stretto e dirgli tutto ciò che in sua presenza le mie labbra hanno taciuto.
Ancora una volta, questa notte vedrò Urwen. Vestirà di giallo e riderà, riderà di quel riso spensierato dei bambini, una risata gaia che nessuno può fermare. 
“Vieni con me, nana”, dirà. “Non posso, Lalaith, sto aspettando”, risponderò.
E infine accadrà, come tutte le notti. Udrò il possente nitrito di Arroch, il suo galoppo sui ciottoli del cortile. Sentirò la tua voce, Hurin, gioviale e imperiosa a un tempo. E’ tornato, penserò, svegliandomi e affannandomi alla ricerca della veste. E’ tornato.
Ma presto la rete dei sogni inizierà a disfarsi.
Il nitrito che avevo creduto di udire non sarà altro che il vagito di mia figlia, la voce del mio sposo niente più che un grido nella notte. Ancora una volta, la realtà si mostrerà a me in tutta la sua brutale asprezza.
Ancora una volta, sarò pronta ad affrontarla. Per un giorno.      
 
 
Note
 
Ed ecco qui il terzo capitolo.  La protagonista è, come senz’altro avrete capito, l’orgogliosa Morwen Eledhwen, sposa di Hurin e madre di Turin Turambar.
La tragica, meravigliosa storia di questa famiglia è contenuta ne’ “I figli di Hurin”, ma anche, seppur in forma breve, nel “Silmarillion” e nei “Racconti incompiuti”.
Per chi non avesse letto nessuna di queste opere, o semplicemente avesse bisogno di un ripasso: Morwen sposò Hurin, signore del Dor-Lomin e da lui ebbe tre figli: Turin, Nienor (più tardi detta Niniel) e Urwen detta Lalaith, che morì bambina.
Lalaith significa “riso” in lingua Sindarin, mentre Nienor significa “cordoglio”.
Dopo la Nirnaeth Arnoediad, (Battaglia delle Innumerevoli Lacrime), Morwen continuò ad attendere a lungo il ritorno del marito.  E’ Tolkien stesso a narrarci delle sue notti insonni nella speranza di udire il nitrito di Arroch (nemmeno il nome del cavallo è opera mia).
“Nana” è una parola che significa “mamma”, sempre in lingua Sindarin.
I nomi delle stelle citate all’inizio invece sono in Quenya: Wilwarin corrisponde a Cassiopea, mentre Valacirca, la “falce dei Valar” corrisponde alla costellazione dell’Orsa Maggiore. Non so nulla di astronomia perciò non ho la più pallida idea dell’ordine in cui dovrebbero sorgere le stelle, ne ho semplicemente citate due che mi piacciono. Perdonate la licenza poetica o, eventualmente, correggetemi.
E con ciò la pianto di tediarvi con le mie note chilometriche.
Ringrazio tutti coloro che leggono, seguono o hanno inserito questa raccolta tra le preferite, ma soprattutto ringrazio di cuore tutti coloro che recensiscono.
I vostri commenti sono importantissimi per me, non mi stancherò mai di ripeterlo!  
Un abbraccio, al prossimo capitolo!
 
Melianar                    
  
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