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Autore: ElenCelebrindal    09/02/2014    3 recensioni
Questa è la storia della vita di Legolas. Da quando era un bambino fino alla sua partenza per le Terre Immortali. Bambino, ragazzo e adulto, tutto quello che ha passato assieme a suo padre Thranduil, le sue amicizie e i suoi scontri, tutto riunito in questa fan fiction.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Legolas, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mae govannen, mellonea nîn

Allora, prima di tutto vorrei premettere un paio di cosette: Legolas, secondo fonti attendibili, dovrebbe essere nato nell'anno 87 della Terza Era. Ma io, da brava sconvolgitrice di storie, ho deciso che Legolas sarebbe nato nell'anno 3384 della Seconda Era, 50 anni prima della Dagor Dagorlad, la battaglia dell'Ultima Alleanza. Ho deciso così per far si che Legolas conoscesse anche suo nonno Oropher, morto durante la Dagorlad. Quindi, vi anticipo che, dopo aver fatto una marea di calcoli a mezzanotte passata, Legolas partirà per Valinor all'età di 3198 anni, invece che 2931 o di più. Inoltre, non sapendo quando Celebrìan e Elrond si sono sposati, ho deciso che in questa storia erano marito e moglie da un po' di tempo. Bene, ora vi lascio al nuovo capitolo, non voglio prendervi troppo tempo :)

Erano passati due mesi dalla morte di Vendë e dalla nascita di Legolas, e il piccolo stava già crescendo a vista d’occhio. I fili biondi dei suoi capelli erano già piuttosto lunghi e il suo peso aumentava in modo regolare.
 Thranduil aveva lasciato a una delle ancelle che erano state di sua moglie il compito di allattare il figlio, ma il resto del tempo lo passava al suo fianco. La compagnia di Legolas lo aiutava a superare il trauma della morte della moglie, e il piccolino era sempre allegro, il che aiutava non poco suo padre. Oropher amava moltissimo il suo nipotino, e spesso e volentieri chiedeva a Thranduil se poteva tenerlo per un po’. In quei momenti non sembrava un re, piuttosto un normalissimo Elfo appena diventato nonno. Un nonno dall’aspetto anche piuttosto giovane, direbbero i mortali.
In quel momento, Oropher stava facendo svolazzare di fronte al naso del nipotino una farfalla di stoffa appesa a un filo, e il piccolo si sforzava di seguirne i movimenti oscillanti. Tanto che li occhi andavano a destra e sinistra quasi da soli., “Ora basta, ada, lo farai impazzire se continui a far dondolare quella cosa”, protestò Thranduil, afferrando al volo il giocattolo e rimettendolo al suo posto.
Oropher sembrò deluso, e così anche Legolas, ma il principe disse: “Ti faccio presente, adar, che hai dei doveri di re a cui adempiere. Non puoi stare tutto il giorno con Legolas, lo sai. E poi anche suo padre ha diritto a giocare con suo figlio”. Mentre diceva questo prese Legolas dalle braccia del padre e se lo mise in grembo, toccandogli la punta del naso. Oropher si alzò: “Si, credo che tu abbia ragione, Thranduil. Vi lascio in pace”. Il re uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
“Ora che il nonno se n’è andato, abbiamo finalmente un po’ di tempo per noi, piccolo mio”, disse Thranduil, accarezzando i capelli di Legolas e prendendogli una manina. Ma era sveglio, il piccolo. Svelto, afferrò l’indice del padre in una morsa e non lo lasciò andare. “Ma che bravo, se davvero veloce”, si complimentò il principe, facendo finta di non riuscire a liberarsi.
Legolas aveva gli stessi occhi azzurri di sua madre, così profondi da far pensare a un mare limpido e placido. Ogni tanto, guardandoli, Thranduil ricadeva nel passato e un velo di tristezza gli scendeva sugli occhi, ma poi la malinconia passava quando Legolas rideva o, semplicemente, sorrideva. Certo, ancora non metteva i primi dentini, ma sapeva già sorridere in modo da incantare tutti quelli che lo guardavano.
Il principe venne riscosso da questi pensieri quando si sentì tirare la testa a destra. Legolas gli aveva afferrato una ciocca di capelli e ora glieli stava tirando, incuriosito da tutti quei fili dorati che suo padre aveva sulla testa. “Legolas, lascia i miei capelli in pace, su”, disse Thranduil, aprendo piano le dita del bambino per fargli mollare la presa. Liberò anche il suo indice e abbracciò suo figlio, posando la testa su quella più piccola del bambino. Restarono fermi in quella posizione per almeno cinque minuti, poi Legolas, stanco di quel gioco noioso, cominciò a muoversi, impaziente.
Thranduil capì al volo e sciolse l’abbraccio, recuperando un piccolo gattino di stoffa. Lo porse a Legolas, che l’afferrò ridendo, e cominciò a giocarci, tirandogli le orecchie e i baffi. Thranduil ridacchiò di fronte alla scena, e non poté fare a meno di pensare che Legolas era il gioiello più brillante della Terra di Mezzo, la sua ancora di salvataggio in un mondo di ingiustizia e crudeltà. Il principe sapeva che non tutto era triste e buio, ma era ancora troppo presto per poter ritornare a pensare al mondo come un luogo di luce e amore. Ora esistevano solo lui e Legolas, e nessuno sarebbe mai riuscito a separarli. Questo Thranduil l’aveva promesso sia al suo bambino che a sé stesso, e aveva intenzione di mantenere per sempre quella promessa, anche a costo della vita.
Quando Legolas cominciò a piangere, il principe capì che per il bambino era arrivata l’ora di mangiare, perciò chiamò una delle levatrici: “Elrioviel, vieni qui, per favore!”. Elrioviel arrivò appena chiamata. Aveva ricevuto ordine di essere sempre nei paraggi, quindi sentì subito la chiamata di Thranduil. “Legolas ha fame, mio signore?”, domandò lei, osservando il piccolo.
Non diede il tempo di rispondere a Thranduil. Capì all'’istante e prese in braccio Legolas, cacciando senza tanti complimenti il principe dalla stanza. Lui non replicò, sapeva bene di doversene andare quando Legolas doveva mangiare, ma ogni volta non poteva fare a meno di rimanere spiazzato di fronte alle maniere delle levatrici. Avevano cacciato anche Oropher, più di una volta, anche se lui era il re. Thranduil scosse la testa e, sapendo che ci sarebbe voluto un po’ di tempo, decise di andare da suo padre.
Era tempo che non tornava nella sala del trono, aveva passato tutto il tempo con il figlio, l’ultimo mese. Quando arrivò, la situazione non era delle migliori. Oropher stava avendo a che fare con due Elfi che continuavano a litigare; ognuno affermava di aver subito un torto dall’altro, ma non si capiva chi dei due stesse dicendo la verità. Thranduil, nel vedere quella scena, si ricordò di quante volte suo padre gli aveva ripetuto, da giovane, di stare attento a ciò che succedeva, perché un giorno la stessa situazione potrebbe capitare quando diventerà re. E ne aveva viste molte, ma tutte si erano concluse per il meglio.
 I due litiganti stavolta, però, non sembravano voler ragionare in alcun modo, e ognuno continuava a sostenere che ciò che diceva era la verità. Thranduil non capì quale fosse il motivo della discussione, ma aspettò e non chiese nulla, mettendosi alla destra del trono di suo padre. Era raro che gli Elfi litigassero per qualcosa, e quando accadeva era sempre difficile rimettere a posto le cose.
Oropher alla fine perse la pazienza: “No dinen!”, esclamò, alzandosi dal trono. (Fate silenzio). Tutti si zittirono, intimoriti dalla collera del re. “Se ho ben capito, ognuno di voi sostiene che l’altro ha colpito per primo. Ma, dato che non c’erano testimoni a confermare la versione di uno dei due, dichiaro che entrambi veniate rinchiusi per due giorni per offesa fisica e morale causata all'’alto. Spero che in questo modo vi passi anche la voglia di litigare”.
Alzò una mano, e quattro guardie afferrarono i due Elfi per le braccia e li portarono nelle segrete del Reame. Oropher tornò a sedersi sul suo trono e posò la testa su una mano, sospirando. “Cosa c’è che non va, adar? Questa sentenza era equa”, disse Thranduil, cercando di consolarlo. “Uno di loro due è comunque innocente. Se avessi potuto avere almeno una testimonianza, anche piccola, avrei evitato tutto questo”, rispose Oropher, scuotendo la testa, prima di sollevarla e guardare suo figlio negli occhi: “Quando diventerai re, stai molto attento alle parole che userai durante casi del genere. Rischieresti di inimicarti sia l’Elfo colpevole che quello innocente, se la sentenza è troppo severa o troppo gentile”.
Thranduil aveva sentito molte volte quel discorso, ma sapeva che suo padre aveva ragione: “Se mai lo diventerò, adar. Non essere troppo severo con te stesso, adesso. La tua sentenza è stata giusta per entrambi, nessuno ti si rivolterà contro”, disse, mentre si allontanava dal trono. “Ora ti lascio solo, so che hai molto da fare. E poi, credo che Legolas abbia ormai finito di mangiare”.
 Oropher annuì, ricordando tutto il lavoro che aveva ancora da fare: “Ci vediamo stasera a cena, Thranduil”, disse, prima che il principe andasse via. Thranduil percorse in fretta i corridoi che lo separavano da suo figlio, ma bussò prima di entrare. Non poteva irrompere nella stanza mentre c’era la levatrice, non sarebbe stato educato. “Può entrare, mio signore”, rispose una voce dall’interno. Elrioviel lo riconosceva sempre, ormai si era abituata a Thranduil.
Il principe entrò, aprendo piano la porta, perché di solito Legolas si addormentava sempre dopo aver mangiato. E infatti, il suo bambino era nel lettino costruito apposta per lui, coperto da delle leggere lenzuola di seta tessute dalle ancelle di corte. “Puoi andare, Elrioviel. Grazie”. La levatrice chinò la testa al cospetto del principe, quindi alzò l’orlo della gonna da terra e uscì in fretta, chiudendosi la porta alle spalle. Thranduil si affacciò sul lettino e sorrise: Legolas stava dormendo beatamente, succhiandosi il pollice.
Nessun pensiero oscuro turbava la sua mente, e Thranduil lo invidiava per questo. Ma sapeva che, quando si sarebbe sentito male, Legolas ci sarebbe sempre stato per lui. In secoli e secoli di vita, Thranduil non era mai riuscito a svuotare la mente dai pensieri che lo opprimevano, nemmeno quando Vendë era ancora viva, ma Legolas, Legolas riusciva a essere felice sempre. E Thranduil sperava che non cambiasse mai.
Osservò suo figlio dormire ancora per qualche minuto, reprimendo l’impulso di toccarlo per non svegliarlo, ma poi dovette allontanarsi da quel lettino. Era quasi ora di cena, e lui doveva indossare qualcosa che più si conveniva ad una cena con il re e la sua corte. Aveva indosso una veste troppo semplice, perciò ne recuperò una più sofisticata e la indossò in fretta, cercando di non sgualcirla. Quindi indossò un paio di stivali alti fino al ginocchio e si sistemò i capelli, indossando un fine cerchietto d’argento. Era sempre un principe, dopotutto.
A Thranduil dispiaceva dover lasciare Legolas di nuovo, ma doveva farlo. Aveva dei doveri da rispettare, perciò fece come al solito. Chiamò un’altra ancella di corte e le disse: “Desidero che tu stia assieme a Legolas. Ti farò portare qualcosa per cena qui in camera”. “Ti ringrazio, mio signore, ma non c’è bisogno. Posso mangiare più tardi, non è un problema”. Thranduil la interruppe: “Non contestarmi, non mangerai più tardi a causa mia. L’unica cosa di cui ti devi preoccupare ora è mio figlio”. L’ancella chinò la testa: “Hannon le, hir nîn” (Grazie, mio signore).
Thranduil lanciò un ultimo sguardo al lettino di Legolas, poi girò i tacchi e uscì, curandosi di chiudere bene la porta alle sue spalle. Si diresse alla sala dei banchetti, dove si sarebbe svolta la cena quella sera, e percorse i numerosi corridoi sospesi senza fretta, salutando ogni Elfo che incontrava. Quando arrivò, suo padre gli fece un cenno: “Vieni a sederti qui, Thranduil”, disse Oropher. “Non sapevamo che avessimo ospiti, questa sera”, osservò Thranduil, notando seduti al tavolo Elrond e Celebrìan. “Salve Elrond. Celebrìan”, disse poi, rivolgendosi ai diretti interessati. “Thranduil”, lo salutò Elrond. Celebrìan si limitò a sorridere. “Te l’avrei detto, ma non volevo disturbarti mentre eri con Legolas. E poi, me ne sono ricordato tardi, perché avevo molti pensieri per la testa”, si giustificò Oropher, mentre Thranduil si accomodava al suo fianco.
Il re indossava ancora la sua corona, d’oro e foglie del bosco. “E comunque, per rispondere alla tua domanda, Thranduil”, disse Elrond: “Siamo venuti qui per avvertirvi. Non siamo del tutto al sicuro, delle creature del male sono state viste aggirarsi in molti luoghi dalle nostre sentinelle, e gli Uomini ci hanno avvertito che le forze di Mordor aumentano. Credo che una battaglia non è troppo lontana, prima o poi ci toccherà scendere in guerra”.
Thranduil sollevò lo sguardo sul Signore di Gran Burrone; le sue parole l’avevano turbato. Scendere in guerra? Il principe sperò che sarebbe stato il più tardi possibile, poiché non poteva lasciare Legolas troppo presto per scendere sul campo. Oropher intervenne: “Se anche scenderemo in guerra, sarà fra molto tempo. Sauron non è ancora pronto per scatenare una guerra, ci vorranno anni prima che riesca a radunare abbastanza forze per attaccare la Terra di Mezzo. L’ombra non è ancora scesa. Non turbiamoci ora con questi argomenti, non serve a niente”.
Celebrìan mise una mano sul braccio di suo marito: “Oropher ha ragione, Elrond caro”. Poi guardò Thranduil: “E poi, già che siamo qui, avrei voglia di conoscere tuo figlio, Thranduil. Ha due mesi, se non sbaglio”. Thranduil inghiottì il suo boccone: “Si, ha due mesi”, rispose. Prese il suo calice e se lo portò alla bocca, sorseggiando il vino. La moglie di Elrond sorrise: “Allora, se ce lo permetti, vorrei davvero conoscerlo”. Thranduil finì il contenuto del calice, poi disse: “Ma certo. Temo, però, che dovrete aspettare fino a domattina. Non vorrei rischiare di svegliarlo, adesso”. Stavolta fu Elrond a parlare: “Allora lo vedremo domattina. Ripartiremo domani pomeriggio comunque”.
Oropher lanciò uno sguardo di sottecchi a Thranduil e sorrise sotto i baffi: era davvero un grande padre, era fiero di lui.
La cena venne consumata tra sorrisi e discorsi allegri, così che nessuno si sentisse più turbato da argomenti cupi, anche se tutti sapevano che presto si sarebbe dovuto ricominciare a parlare di guerre e battaglie. Oropher chiamò un paio di Elfi e li incaricò di mostrare a Elrond e Celebrìan la loro stanza, poi si ritirò nelle proprie, augurando la buona notte a Thranduil. Quest’ultimo osservò suo padre allontanarsi, poi si diresse alle sue stanze. Entrò silenzioso, e congedò gentilmente l’ancella che sorvegliava Legolas con sguardo vigile. Lei si inchinò e uscì, il più silenziosamente possibile. Thranduil, prima di coricarsi, diede un’ultima occhiata a suo figlio, e scoprì che l’ancella gli aveva messo nel lettino anche una piccola alce di stoffa, che il bambino ora teneva abbracciata.
Il principe sorrise, sapendo che i suoi sogni, quella notte, non sarebbero stati turbati, poi indossò una veste più leggera e si infilò sotto le lenzuola. Il giorno dopo, di buon mattino, Legolas era già sveglio e Thranduil gli stava mettendo una veste più consona all'’incontro con Elrond e Celebrìan. Anche se era solo un bambino, doveva pur fare bella figura.
E poi, quel giorno sarebbe uscito per la prima volta dalle stanze del principe. Legolas era irrequieto, e non stava fermo un attimo, tanto che Thranduil, mentre si  vestiva, dovette rimetterlo nel suo lettino per non rischiare che si facesse del male. Quando furono presentabili entrambi, Thranduil prese in braccio il figlio e uscì, dirigendosi in una delle tante sale dedicate alla famiglia reale.
Lì, seduti intorno a un tavolo, c’erano già il re assieme ai due ospiti. “Quel re, Thranduil. E anche a te, piccolo Legolas”, disse Oropher (Buon giorno, Thranduil). Legolas, dalle braccia di suo padre, voltava la testa a destra e sinistra, confuso da tutti quei nuovi rumori.
Quando Thranduil si avvicinò a Elrond, Legolas nascose la testa nei capelli del padre, intimorito dalla presenza di persone che non conosceva. “Su, Legolas. Lui è Elrond, vuole solo conoscerti. Dai, fatti vedere”, lo esortò Thranduil, mentre si sedeva su un alto scranno. Niente da fare, nemmeno con le lusinghe riuscirono a smuovere il piccolo Elfo, che se ne stava fermo in quella posizione. Alla fine intervenne Celebrìan, che si avvicinò: “Legolas, non vuoi conoscere qualcuno che ti vuole bene? Non ti faccio nulla, vorrei solo vedere il tuo viso”.
A quelle parole, sussurrate con una voce dolce come il miele, Legolas reagì. Piano piano, emerse dai capelli di Thranduil e voltò la testolina, facendosi vedere. “Sei davvero bellissimo, sai? Coraggio, non essere timido”. Celebrìan era davvero brava con i bambini, tanto che Legolas, dopo qualche altra parola, arrivò perfino a cercare di voltarsi completamente.
Thranduil lo accontentò, e finalmente quel bellissimo Elfo fu visibile. La moglie di Elrond rivolse un grande sorriso a Legolas, e avvicinò una mano. Il piccolo subito afferrò il mignolo dell’Elfa, chiudendolo in una manina e rifiutandosi di lasciarlo andare. Elson ridacchiò: “Hai davvero un figlio stupendo, Thranduil, complimenti. Ed è anche molto intelligente. Capisce già quello che gli dici”. “Capisce molto, si, anche se non tutto”, rispose Thranduil, accarezzando la testa di Legolas. “Se sapessi quanto tengo a lui, più della mia stessa vita”.
Elrond e Celebrìan giocarono con Legolas fino a quando fu lui stesso a respingerli. Erano troppe attenzioni, quelle che gli stavano riservando, e il piccolo si era stancato. Affondò di nuovo il viso nei capelli di Thranduil e afferrò una ciocca dorata della sua chioma, segno che ora voleva stare con il padre. I due ospiti afferrarono il senso di quel gesto e lo lasciarono in pace. “Spero che ci rivedremo presto, ma ora dobbiamo andare. So che avevamo intenzione di partire questo pomeriggio, ma credo sia meglio anticipare la partenza e andare via subito. Ho ancora delle faccende da sbrigare per conto di Gil-Galad e non ho intenzione di deluderlo”, disse Elrond, mezz’ora più tardi.
Marito e moglie si alzarono e furono salutati sia da Oropher che da Thranduil. Legolas, invece, si era addormentato in braccio al padre. “Allora, che ci rivediamo in tempi luminosi, amici miei. Meneg suilad”, rispose Oropher. Elrond e Celebrìan, allora, andarono via, lasciando soli re, principe e principino. “Non credevo che Legolas avrebbe reagito tanto positivamente a due estranei”, disse Thranduil. “Se si è fidato, il merito va anche a Celebrìan, che è riuscita a convincerlo. Sarà davvero un magnifico Elfo, da adulto, verde come una foglia”, replicò Oropher, sorridendo.
 Poi disse: “Faresti meglio a riportarlo nelle tue stanze. Sono certo che è ancora confuso, per tutti gli ambienti nuovi che ha visto, e sarà meglio che si risvegli nel suo lettino”. “Hai ragione, ada. E poi, fra poco dovrà anche mangiare”, disse Thranduil, avviandosi.
Quel giorno il principe aveva capito quanto una presenza femminile fosse importante, per un bambino piccolo come Legolas, e stava rischiando di ripiombare nella tristezza che la morte di Vendë aveva portato. Ma poi ricordò la promessa che aveva fatto a sé stesso e ritrovò la forza per non disperarsi, doveva essere forte per suo figlio. In quella, entrò nelle sue stanze.
Era arrivato senza neanche rendersene conto e ora guardava spaesato le pareti della camera. Poi si riprese, e depositò Legolas nel suo lettino, attento a non svegliarlo. L’alce di stoffa era ancora al suo posto. Guardando quel giocattolo, a Thranduil affiorò il sorriso sulle labbra.
 Lo ricordava bene, quel piccolo alce di stoffa. Era stato un regalo di Oropher a Thranduil quando questi era ancora molto piccolo. Un giorno, Oropher aveva mostrato al figlio una mandria di alci selvatiche, quando vivevano ancora nel Doriath, e a Thranduil erano piaciute talmente tanto che aveva chiesto a sua madre di cucirne una di stoffa tutta per lui. E ora, quel giocattolo Thranduil l’aveva regalato a suo figlio, che sembrava aver apprezzato.
 Quando arrivò l’ora per Legolas di mangiare, Thranduil evitò di farsi cacciare di nuovo a calci e uscì prima che la levatrice potesse entrare. Fece così anche per i pasti successivi e, quando finalmente arrivò la sera, passò un bel po’ di tempo da solo assieme a Legolas, ordinando alle guardie di non far entrare nessuno, nemmeno il re. Quella notte, e altre che seguirono, furono rese luminose dalla presenza di Legolas, e Thranduil non passava giorno senza giocare con lui. 

Bene, nelle note finali non scriverò molto, mi limiterò a ringraziare con tutto il cuore Elenwen, che ha recensito la mia storia e l'ha messa anche tra le preferite e le seguite, e anche LokiLove, che sempre ha aggiunto questa storia alle preferite. E inoltre ringrazio ewan91 per aver aggiunto la storia alle seguite. Non ho altro da aggiungere, se non la richiesta gentilissima di lasciare qualche recensione, se vi va.

Hannon le

ElenCelebrindal
 
   
 
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