Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: indiceindaco    09/02/2014    5 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
XX. Inizio.
 
È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto,
abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato,
 rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito.
 
È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito,
non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele,
buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto.
 
Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza.
Per ogni fine c’è un nuovo inizio.

 
Antoine de Saint-Exupèry, Il Piccolo Principe
 
 
Quando bussarono alla porta, Hermione sobbalzò, finendo per rovesciare il suo the sul libro di istomagia, e non potendo far a meno di imprecare. Con una mano imperiosa agguantò un paio di tovagliolini di carta, cercando di contenere i danni.
Il campanello tintinnava insistente, mentre l’acqua dispettosa si disperdeva sulla pagina e ne impregnava la superficie. Accartocciando uno dei tovaglioli dall’inesistente capacità assorbente, Hermione sbottò:
-Oh ma insomma! Arrivo!
E lanciato un fazzoletto zuppo sul tavolo, con veemenza, si trascinò fino all’ingresso, continuando ad inveire mentalmente contro le visite inaspettate e gli sconosciuti insistenti il cui unico scopo sembrava quello di imprimere i polpastrelli sul suo campanello.
Quando aprì finalmente la porta, Hermione si sforzò di rimangiarsi le innumerevoli maledizioni ai danni del malcapitato: il suo ragazzo, una busta scura tra le mani ed un ampio sorriso stava dritto dinnanzi a lei.
-Ehm, scusami ma…I-Io, ho pensato di portarti del fish&chips, pensando che non avessi pranzato e beh…si fredda, insomma io…
Ad Hermione scappò un sorriso nel vedere la busta impregnata d’olio, nell’immaginare il suo ragazzo che cercava di avere un dialogo con un Babbano, nel trovarselo lì senza preavviso, pieno di tenerezza e premura. Si sentì tremendamente fortunata, ed arrossendo disse:
-In effetti ho proprio dimenticato di pranzare, Ronald, sai con gli esami vicini e tutto il resto…
Poi si fece da parte, prendendo la busta e lasciandolo passare. Prima di richiudere la porta, si sporse sulle punte, proprio mentre Ron cercava goffamente di sfilarsi il soprabito, e lo baciò a fior di labbra.
Sì, era decisamente molto fortunata.
-Ho fatto lezione con Harry, sta mattina…- disse Ron con fare casuale.
Hermione, agitò la bacchetta richiamando a sé due piatti, poi poggiò la busta sul tavolo e, messi i libri da parte, cominciò a spacchettare quello che era il loro pranzo.
Le parole di Ron la pizzicarono tra le scapole e una strana sensazione le affiorò alla mente, mentre il suo ragazzo diceva:
-Se n’è accorto.
Mentre tirava fuori le due porzioni di fish&chips, la ragazza disse con innocenza:
-Accorto di cosa?
Mentre entrambi prendevano posto, l’uno di fronte all’altra, Ron le raccontò della discussione avuta con Harry quella mattina, nei minimi dettagli, ma omettendo dell’intenzione del loro migliore amico di chiedere una mano a Malfoy. D’altra parte era proprio a causa dell’ex-Serpeverde se quei due avevano litigato, e Ron proprio non se la sentiva di rivangare l’argomento, non dopo aver visto Hermione perdere le staffe fino a piangere. Sapeva che la ferita era ancora aperta e che la sua ragazza aveva bisogno di metabolizzare l’accaduto, di rifletterci e di farlo con calma e tranquillità, senza ulteriori implicazioni.
-Devo ammettere che mi era sembrato strano quel libro. Credo di averlo preso senza rifletterci, magari proprio perché era senza titolo. O forse perché era l’unico ad essere sullo scrittoio…Non saprei.- disse Hermione, infilzando una patatina.
-Il fatto è che…è assurdo, no? Ha della magia dentro, si percepisce chiaramente. Ma si tratta di qualcosa di oscuro? E se così fosse, perché stava nella stanza di Sirius? Non ha senso.
Hermione deglutì un sorso di succo di zucca e rimase in silenzio per un attimo, cercando di riportare alla mente le sensazioni che aveva provato nel tener in mano il libro misterioso.
Ricordava di essere entrata nella vecchia stanza, mossa da una rabbia cieca, offuscata dalle lacrime. Aveva avuto una sibillina intenzione di ferire Harry, proprio come lei si era sentita ferita, ed entrare nella camera di Sirius le era sembrata l’alternativa più plausibile. Se n’era pentita subito dopo, certo, ma era già troppo tardi: sullo scrittoio, giaceva abbandonato, un libro senza titolo. La curiosità aveva prevalso ed Hermione aveva finito per rimanere nella stanza, sfogliando pagine vuote, finché Ron non l’aveva chiamata.
Ma dall’anonimo libro, Hermione, non aveva cavato nulla. E quanto alle sensazioni descritte da Ron, lì di fronte a lei, non ne aveva provata nessuna. Le era semplicemente sembrato un libro, come tutti gli altri, solo vuoto.
-Magari è uno degli scherzi di Sirius e James, no? Come la mappa del malandrino…potrebbe essere, no?- tentò Hermione.
Ron arricciò le labbra ed alzò le spalle.
-Harry ne è molto preoccupato…anche perché le mie impressioni non sono state positive. Forse dovremmo parlarne tutti insieme e cercare di capirne qualcosa…
Hermione alzò la testa di scatto, fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo di fronte a lei.
-Forse dovremmo parlarne, dici?- disse con un velo di indignazione nella voce.
Ron mise le mani avanti e sorrise dolcemente, come a scusarsi. Sperò ardentemente che il suo malcelato tentativo di ristabilire la pace non avesse urtato la ragazza.
Seguì un silenzio imbarazzante che fu interrotto da Hermione, con la sua razionalità e la sua risolutezza:
-Dobbiamo assolutamente parlarne. E non solo del libro. Credo di meritarmi delle risposte e delle scuse, che penso di essere disposta ad accettare.
Le labbra di Ron si distesero in un ampio sorriso, poi la sua mano corse su quella di Hermione, e la strinse teneramente.
-Potremmo andare da lui, stasera!
 
***
 
L’umida sensazione non sembrava riuscire ad abbandonare i suoi polpastrelli.
Harry sfregò le dita contro le maniche della felpa, ma niente. Era qualcosa di intenso, di gelido e di disperato. Passò di nuovo le dita sulla carta, che apparentemente non risultava rovinata da dell’acqua, ma la ritrovò bagnata. Era inspiegabile: a guardarla, quella pagina, era identica a tutte le altre, ma in quel punto, proprio dove Harry aveva scritto, sembrava essere stata ferita, e grondare acqua.
Harry passò il pollice sull’indice, tastando la consistenza del liquido. Poi avvicinò cautamente le dita al naso, per rintracciarne un qualche odore. Ancora niente: il liquido sembrava proprio acqua, incolore ed inodore.
Molte volte, in vita sua, non aveva potuto far a meno di sorprendersi, tanto che era ormai diventata un’abitudine per lui. Ma adesso non era la sorpresa ad accelerare il suo battito, ma una sorta di inquietudine angosciante. Qualcosa dentro di lui lo spinse a portare le dita alle labbra, e come sempre, senza riflettere, Harry fece esattamente quello che il suo istinto gli dettava.
La punta della sua lingua, indagatrice, guizzò fuori e leccò una piccolissima porzione del polpastrello. Poi si ritrasse immediatamente, allontanando la mano, come per metterla a fuoco.
Il liquido, inodore e incolore, sgorgato da quella pagina non era semplice acqua. 
Il salato sulla punta della sua lingua era perfettamente distinguibile, ma prima che Harry potesse vagliare una qualsiasi ipotesi plausibile, si ritrovò di nuovo a sobbalzare.
-Dio, Potter, non farlo. Odio chi si lecca le dita per cambiare pagina. Lo trovo disgustoso!
 
***
 
-Posso sapere il motivo della sua visita, signor Zabini?
Blaise, seduto su un’imponente poltrona, accavallò elegantemente le gambe, facendo scorrere lo sguardo sul pregiato intarsio della scrivania.
-Mi trovo qui perché spero di ricevere delle risposte da parte sua, Signor Hockmere.
L’uomo si lisciò la candida barba, annuendo per spingerlo a proseguire.
Blaise lo osservò a lungo, come ricordando particolari ormai dimenticati: la strana forma del naso, lo sporgere degli zigomi. Quella sua aria grave e sempre corrucciata, come gli fosse di peso dover condividere il mondo con gli altri esseri umani. Certo, Blaise trovava un uomo che era quasi l’ombra di se stesso, pallido e smunto, ben lontano da quello che ricordava. Erano passati più di dieci anni dall’ultima volta in cui Blaise lo aveva scorto per caso, al Malfoy Manor. Ma quei dieci anni sembravano pesare sul volto dell’uomo, e la vecchiaia fosse stata una sfida, allora Blaise avrebbe sicuramente scommesso a favore della gravità, che incedeva agli angoli degli occhi e sulle guance, senza grazia né pietà.
La segretaria di Hockmere lo aveva fatto entrare, senza opporre resistenza, senza moine né pretesti che avrebbero potuto dissuaderlo. L’uomo, seduto alla sua scrivania, sembrava stesse aspettando qualcosa o qualcuno, ma Blaise aveva scorto un’agenda completamente candida, tra le mani della segretaria.
-Spero che le mie risposte possano soddisfarla, allora, Signor Zabini. Ma non garantisco.
La sua voce era arrochita, gracchiante, come lo sfregare di unghia su una lavagna vuota, era solo l’eco lontana della voce che un tempo Blaise aveva sentito tra i corridoi del Manor.
-Vede, il mio amico Draco Malfoy, si trova in una pessima situazione finanziaria, a causa delle nuove politiche adottate dal Ministero…
Prima che Blaise potesse concludere il discorso, l’uomo sollevò una mano grinzosa, come ad ammonirlo.
-Se sta avanzando qualche proposta, Signor Zabini, mi duole interromperla. Le dico da subito che sono impossibilitato a procedere. Inoltre, confido che Lei capisca che nessuno, in possesso delle proprie facoltà, attaccherebbe frontalmente il Ministero.- disse l’uomo, congiungendo le mani di fronte al suo strano naso.
Blaise inarcò un sopracciglio, intuendo fosse meglio tacere.
-Le deprecabili decisioni politiche del Ministero non sono un valido pretesto per poter procedere. Si tratterebbe di tenacia, intelletto e fatiche mal riposte, oltre che inconcludenti. La ragione è dei giusti, ma la giustizia è dei potenti, Signor Zabini.
Blaise si agitò leggermente sulla poltrona, preparando una risposta altrettanto tagliente, per nulla intimorito dalla dialettica dell’anziano di fronte a lui.
-Malauguratamente, il Signor Malfoy non è più né tra i giusti, né tanto meno fra i potenti. Oltretutto, si rivolge alla persona sbagliata, temo. Io non mi occupo più degli affari dei Malfoy, da tempo ormai.- concluse l’uomo.
-Sarebbe a dire? Lei non gestisce più il patrimonio dei Malfoy, nonostante la sua famiglia sia legata alla loro da secoli?- disse scettico Blaise.
Il vecchietto annuì cautamente, prima di alzarsi, non senza sforzo.
-Lucius Malfoy mi disse che potevo considerare revocato il mio incarico, fin dall’inizio della guerra. Una scelta sconsiderata, sotto molti punti di vista. E comunque sia, mi lasci dire Signor Zabini, che dubito troverà qualcuno disposto a portare una causa del genere in Wizengamot.- l’uomo con un gesto invitò Blaise ad alzarsi, poi pose una mano rattrappita sul suo braccio.
-Agli avvocati piace vincere, Signor Zabini. E vincere senza rischio, se capisce cosa intendo. Nessuno prenderebbe una causa del genere, anche se non fosse ai danni del Ministero.
Blaise sospirò sconfitto. Sapeva già che quella sua idea si sarebbe rivelata un buco nell’acqua, ma valeva la pena tentare, magari il vecchio avvocato avrebbe trovato un cavillo, una scorciatoia, quindi non era ancora disposto ad arrendersi:
-Chi ha detto di portare la causa in Wizengamot, Signor Hockmere? Non sarebbe sufficiente patteggiare? Fare ricorso, ad esempio, con il sostengo di prove che documentino l’insostenibilità dell’autosostentamento da parte di Malfoy!
L’avvocato rise profondamente, scuotendo la testa.
-Lei, Signor Zabini, avrebbe dovuto fare legge, sa?- l’uomo sorrise, stringendo la presa sul suo braccio, poi abbassò il tono della sua voce, che divenne straordinariamente sommesso quando disse:
-Perderebbe, in ogni caso. Questo stratagemma porterebbe i dipendenti del Ministero a fare delle ricerche. Significherebbe metter sotto il naso dei loro segugi ciò che di più nascosto il Signor Malfoy dovrebbe tenere.
Blaise si allontanò repentinamente, sorpreso dalla rivelazione che sarebbe seguita:
-Lucius Malfoy aveva pensato ad ogni evenienza. Il suo amico non conosce dell’esistenza del fondo per le emergenze? Fui io stesso a predisporre i documenti. Ma Lucius mi licenziò a transazione ultimata e purtroppo temo di non saperle indicare l’ubicazione di quel fondo. Vede, Lucius credeva che affidare ad un avvocato un’informazione del genere, avrebbe significato legare un vecchio amico al vincolo del Custode Segreto.- disse Hockmere, e traballando raggiunse la libreria, prendendo fra le mani una cornice di legno.
- Quando Abraxas morì, mi fece promettere di tener d’occhio quel suo figlio sconsiderato. Oh, m’aveva avvertito di quel suo carattere irascibile e della sua inespugnabilità. Era come se già avesse indovinato l’uomo che sarebbe diventato, con le scelte che avrebbero fatto le sue fortune e la sua rovina. Lucius era come un figlio, per me. Aveva innumerevoli difetti, ma la lealtà nei confronti degli amici era forse il suo unico pregio. Mi licenziò tanto come avvocato quanto come amico, tenendomi fuori dai loschi affari in cui la guerra lo avrebbe invischiato, e se posso ancora esercitare la mia professione e godere di una firma all’albo, è merito suo.- l’affetto, nella voce dell’uomo, colpì Blaise strappandogli un timido sorriso, che svanì quando una nuova possibilità di successo si affacciò alla sua mente. 
-Lei è sicuro dell’esistenza di questo fondo?
Il vecchietto ridacchiò, poi rimise nella stessa identica posizione la cornice che prima aveva stretto con affetto.
-Signor Zabini, sono vecchio, ma ho buona memoria. Io stesso posi la firma e il sigillo. Era il 5 di giugno, e come predisposto da Lucius, al compimento dei diciassette anni del figlio, il fondo venne ad esistenza. Ma non saprei dirle di più, poiché subito dopo l’apposizione della mia firma, venni prosciolto dal mio incarico legale, sono spiacente. Immagino che dovrà parlarne direttamente con il donante, ovvero il Signor Lucius Malfoy.
Blaise annuì e fece un mezzo inchino per ringraziare l’anziano avvocato.
-La ringrazio, Signor Hockmere. E mi scuso per il disturbo.
Mentre Blaise lasciava l’ampia stanza, non poté far a meno di cogliere, con la coda dell’occhio, il movimento del vecchietto, che riprendeva quella vecchia cornice fra le mani.
Fu solo quando si voltò per chiudere la porta dietro di sé, che Blaise vide il soggetti della foto.
Un giovane Hockmere, affiancato da quello che Blaise riconosceva come Abraxas Malfoy, teneva sulle ginocchia un bambino biondo che somigliava terribilmente tanto ad Abraxas quanto a Draco.
Blaise non poté far a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso amareggiato.
 
***
 
Si liberò elegantemente del mantello, abbandonandolo sullo schienale della poltrona, con non curanza. Poi si accomodò, con uno dei suoi migliori ghigni stampato sulle labbra. Immaginò che Potter, che pochi istanti prima era sobbalzato e lo aveva fronteggiato con aria indignata, si fosse ormai arreso a quei suoi ingressi ad effetto. Draco palesò il proprio abituale divertimento per l’espressione del ragazzo di fronte a lui, evidentemente indeciso tra l’infuriarsi e il lasciar correre, facendo risuonare la sua risatina velenosa. Ma nell’espressione del padrone di casa, si celava qualcos’altro. Un sorta di apprensione era acquattata negli occhi di Potter, Draco poteva indovinarla, sebbene ci fossero quelle orribili lenti a schermare lo sguardo dell’altro. Prima che Potter potesse assalirlo con domande sulla sua assenza a lezione, Draco pose le mani avanti e disse:
-Pansy mi ha incastrato oggi. Spero di non essermi perso nulla di importante.
Potter scosse la testa, arricciando le labbra, ed inspiegabilmente gli occhi di Draco si calamitarono su quel movimento, su quella delicata smorfia di disapprovazione. Dandosi mentalmente dell’idiota, distolse lo sguardo immediatamente, prima che Potter potesse rendersene conto.
-Un thé?- propose Potter, quasi rassegnato. Sì, doveva proprio aver fatto il callo a quel genere di situazione. Draco inclinò la testa di lato, fingendosi sorpreso, e come a sottolineare la cosa disse:
-Facciamo decisamente progressi, Potter! Mi raccomando…- ma non poté finire la frase, perché il ragazzo gli diede le spalle per dirigersi in cucina, borbottando:
-Sì, sì: due zollette di zucchero, molto limone. Lo so.- poi, arrivato sulla porta, si voltò e lo guardò come stizzito: -Malfoy, non sono il tuo elfo domestico. Muovi il culo e vieni a prendere il tuo maledetto thé.
-Siamo nervosi oggi, eh?- ribatté a tono Draco, alzandosi di scatto e raggiungendolo: -Dì, sarà mica che ti sono mancato a lezione?
Potter lo guardò scioccato poi, quando sulle labbra di Draco si aprì un sorriso divertito, per riflesso l’espressione dell’ex-Grifondoro si distese e imitò lo stiracchiarsi delle labbra.
-Da morire, Malfoy, guarda.
Una volta entrati in cucina, Potter cominciò ad armeggiare con la teiera, mentre Draco si sedeva al solito posto.
-Perché non sei venuto?- disse Potter, cercando di suonare casuale, ma con un riconoscibilissimo tono indagatore.
-Te l’ho detto. Pansy mi ha incastrato.
Potter gli gettò uno sguardo oltre la propria spalla, poi con un gesto della bacchetta accese un fuocherello scoppiettante e vi sistemò sopra la teiera. Aprì una credenza e ne tirò fuori le solite due tazze, i soliti due piattini e i soliti cucchiaini, poi si voltò e sistemò il tutto sul tavolo.
-Incastrato.- ripeté Potter, senza guardarlo, poi voltatosi nuovamente per recuperare lo zucchero e il succo di limone, chiese: -In che senso, esattamente?
-Ha fissato una serie di appuntamenti a mio nome. Non potevo non andare.- rispose Draco, rigirando tra le dita il cucchiaino d’argento.
Potter sembrò rizzare le orecchie, e proseguì con un’altra domanda, mentre si voltava e si sedeva di fronte a lui, in quello che era un quadretto fin troppo familiare per entrambi.
-Che genere di appuntamenti?
Draco alzò gli occhi al cielo e sbuffò annoiato. Alzò lo sguardo per fissarlo in quello di Potter, ma non lo trovò. Avrebbe giurato di averlo sentito sul proprio viso, poco prima di ricambiarlo, ma adesso Potter sembrava stesse studiando il decoro della tazza da thè.
Le domande di Potter, talmente dirette da impedirgli di non rispondere lo stavano innervosendo. Ridefinire i confini di un rapporto, a suo parere, non voleva necessariamente dire sovvertirlo. Per la prima volta, guardando Potter con le guance arrossate e lo sguardo perso nel vuoto, Draco si domandò cosa ci facesse lì. Cosa ci faceva, davvero, nella cucina di Potter?
Per la prima volta, la risposta più ovvia e immediata, tintinnò come una scusa dentro di lui, e lo fece trasalire. Andare lì era stata una sciocca idea, e se ne rendeva conto in quel momento. Cosa avrebbe mai potuto fare Potter per tirarlo fuori dai casini? E perché poi avrebbe voluto farlo? Perché erano amici. Draco chiuse gli occhi per un attimo. Amici, sul serio? Quasi non gli scappò da ridere.
Aldilà delle palpebre abbassate, i pensieri di Draco continuavano a vorticare febbrili, mentre Potter alzava il proprio sguardo sul viso del ragazzo di fronte a lui, inclinando la testa di lato e sporgendosi verso di lui.
Quando, dopo pranzo, aveva lasciato casa di Blaise, era sicuro della buona riuscita del piano, era più che persuaso dall’esattezza dell’idea che gli si era affacciata alla mente. Ma appena s’era smaterializzato e aveva fronteggiato  Potter, aveva cominciato a vacillare.
Chiedergli di intercedere per lui, con il Ministro della Magia. Avrebbe anche potuto funzionare, ma di certo avrebbe implicato troppe domande con altrettante risposte scomode.
Poi Potter aveva cominciato a porgli degli interrogativi innocui, e lui s’era già sentito messo all’angolo, schiacciato da quelle curiosità che lo soffocavano. Non aveva mai amato dover dare spiegazioni, dover rispondere alla curiosità degli altri. Lo faceva sentire in trappola, come se gli altri potessero scorgere di lui più del dovuto. Lo metteva a disagio, stare lì, di fronte a Potter, incapace di reagire e poi per un nonnulla. In definitiva aveva avuto una pessima idea, ed il suo problema rimaneva senza soluzione, e senza possibilità d’appello.
-D’accordo…non sono affari miei.- disse infine Potter, trincerando lo sguardo dietro ai decori delle porcellane. Nella sua voce Draco sentì una nota di amarezza, di risentimento. Come se Potter fosse amareggiato.
Draco aveva costruito muri per anni. Sempre più alti, sempre più spessi, sempre più invalicabili. A pochi era concesso di oltrepassarli, e mai per più di qualche istante. Ma la verità era che Draco aveva smesso di credere che, da qualche parte, potesse ancora esserci qualcuno disposto a scavalcare quelle barriere. Il bruciante dispiacere, così celato e lieve, nella voce di Potter, lo colpì inaspettatamente.
Non riusciva a immaginare un nome per quella sensazione. Ne era lusingato?
Potter che gli tendeva una mano, la stessa che anni prima gli aveva negato, proprio a lui?
No. Non si trattava di una mano. Potter stava dando tutto se stesso: si mostrava amichevole, apprezzava la sua compagnia, notava la sua assenza e si preoccupava. Perché Draco, per quanto fosse dissimulata, l’aveva percepita perfettamente quella fitta di apprensione in quella sua voce.
Premeva per avere delle risposte, ma ritirandosi subito dopo, come avesse paura che Draco potesse scappare chissà dove. Potter lo trattava come se fosse un pacco con su scritto “fragile”. Come se avesse di fronte un gatto randagio: piccoli passi, la mano tesa, ma pronto a tirarsi indietro e rimanere semplicemente a guardare, ad un minimo accenno di panico nelle iridi feline.
Se solo fosse stato capace di riprendere quella mano, di fargli capire che apprezzava tutti i suoi tentativi, di dire che ogni suo gesto era piacevolmente inatteso, di dimostrargli che era riuscito a innescare qualcosa che, Draco lo sapeva, avrebbe potuto annientarli entrambi. Se solo fosse stato onesto con se stesso, fin dall’inizio, avrebbe annusato il pericolo nell’aria e sarebbe fuggito quando ancora c’era una possibilità di salvezza. Ma era tardi adesso, o forse lo era sempre stato, fatalmente. Se fosse stato sincero, anche solo con se stesso, avrebbe ammesso che Potter era quel genere di persona da cui non si sfugge, da cui non si vuole fuggire, di cui si ha bisogno.
Una persona che travolge tutto ciò con cui viene  a contatto, che lo plasma e lo cementifica, come lava. Draco s’era tenuto sempre a distanza di sicurezza da persone così.
Non da Potter. Non quando sembrava essere ciò che la luce è per la falena. Fin da quando aveva solo undici anni, il ché suonava davvero bizzarro. 
E cosa ancora più sconcertante era l’inconsapevolezza di Potter, di ogni suo movimento, di ogni sua parola, persino del tono con cui vibravano le sue corde vocali. Draco non credeva potesse essere davvero possibile emanare quel calore, quelle emozioni, e non rendersene conto. Ogni singolo gesto di Potter riecheggiava fino a scontrarsi con le sue barriere, le faceva vacillare, si abbatteva per distruggere e il tutto senza alcuna intenzionalità.
Se solo non fosse stato così maledettamente orgoglioso, forse Draco avrebbe cominciato a credere alle parole di Blaise.
-Che sei venuto a fare, qui, Malfoy?- la voce di Potter era piatta, atona.
Draco alzò lo sguardo su di lui, sperando di incontrare il verde disarmante di quegli occhi. Non ebbe successo: Potter continuava a fissare il decoro floreale della tazza, come se fosse estraneo alla domanda appena posta, come se si sentisse di troppo.
Si sforzò di rispondere con una battutina sarcastica, di risultare fastidioso e brillante come suo solito, ma tutto quello che riuscì a dire fu:
-Non lo so.
Potter alzò lo sguardo repentinamente e subito si legò al suo, ancora una volta imbrigliandolo e travolgendolo. Draco si maledì, non tentando nemmeno di abbassare gli occhi, perché sapeva che Potter non si sarebbe mai lasciato sfuggire ciò che si celava dietro alle sue iridi. Erano di nuovo passante e randagio: l’uno di fronte all’altro. Timori e movimenti spezzati.
Draco immaginò che Potter avrebbe sbottato qualcosa tipo “non puoi piombare qui…”, o che avrebbe borbottato o magari si sarebbe lamentato della sua presenza. Quello Draco avrebbe saputo gestirlo, a quello avrebbe saputo rispondere a tono, smorzando la tensione ormai palpabile.
-Vorrei mi dicessi ciò che devi. So che c’è qualcosa.- disse allora Potter pacatamente, senza distogliere lo sguardo, e con una tenace sicurezza nel suo tono: - Se fossi venuto qui a perder tempo, non te ne staresti lì a rimuginare. Quindi parla, qualsiasi cosa sia.
Draco schiuse le labbra e gli occhi di Potter s’illuminarono per un’istante. Era bizzarro e affascinante osservare come, sorprendentemente, ad ogni suo movimento ne corrispondeva un altro, un riflesso nel volto dell’altro, senza alcuna eccezione. Si chiese come potesse un viso essere talmente espressivo, degli occhi così incisivi, delle labbra così piene. Il battito di Draco accelerò, per dispetto, quando, infine, la sua voce disse:
-Ho bisogno di te.
 
***
 
Chissà com’era inciampata, poi. Lì accovacciata sul pavimento, raccoglieva la propria roba in silenzio, in mezzo al corridoio, mentre tutti gli altri studenti scorrazzavano e scalpicciavano per non arrivare in ritardo all’ultima lezione della giornata. D’improvviso le risalì la voglia di piangere, e le tremarono le labbra. Sembrava fosse incapace di altro, e odiava se stessa anche per questo.
Odiò se stessa anche quando afferrò la mano che le si porgeva. Odiò riconoscere quel sorriso, quella sfumatura tenue e calda dello sguardo, luminoso e rassicurante. Odiò rimanere inebetita, quando la sua roba fu riposta ordinatamente nella sua borsa. E poi detestò le dita che sfioravano il suo ginocchio sbocciato, la figura accovacciata di fronte a lei, la reverenza con cui i polpastrelli vagavano sulla sua pelle, e persino quel tono confortante della voce.
Avrebbe voluto piangere, urlare, spingerlo via. Invece si rifugiò in un abbraccio e rabbrividì quando accolse nel suo orecchio un:
-Scusami, ti prego.
Poi quegli occhi tornarono dentro ai suoi e il mondo sembrò rallentare di nuovo, e lei odiò anche quello.
-Non volevo ferirti, sconvolgerti o fare qualsiasi cosa che…beh, che possa averti dato fastidio.
Odiò se stessa, e desiderò punirsi e farsi male da sé, cadere all’infinito e infierire sul ginocchio sbocciato. Odiò così intensamente il suo gesto, che l’infelicità le opprimeva il petto. Ma si sporse comunque, in punta di piedi, strinse le mani sui polsi larghi del ragazzo di fronte a lei.
Si sporse comunque e accarezzò di nuovo quelle labbra che le avevano reinsegnato a respirare.
Si odiò tremendamente, per quel secondo di felicità.
Quando corse via, sconvolta, il ragazzo mormorò qualcosa, ma lei non riuscì a sentirlo, mentre soffocava un singhiozzo.
 
***
 
Potter strabuzzò gli occhi e scosse la testa. Solo l’espressione tremendamente seria di Draco lo convinse che non si trattava di uno scherzo. 
Poi sorrise timidamente e si grattò la nuca, visibilmente in imbarazzo.
-Ehm…anch’io avrei bisogno di te, in realtà.
Draco inarcò un sopracciglio. Quella conversazione era tutto un enorme malinteso, lo era, no? Doveva esserlo. Che diavolo significava che Potter aveva bisogno di lui. Di nuovo la sua mente prese a vorticare frenetica, arrovellandosi e inviluppandosi su pensieri sempre più assurdi e lontani dalla razionalità, ma il ragazzo non aveva materialmente la possibilità di soffermarsi su ognuno di loro, perché questi continuavano ad accavallarsi, scalmanati.
Lui era riuscito ad ammettere di aver bisogno di Potter.
Potter gli aveva detto che aveva bisogno di lui.
Cosa era tutto quello? Che discussione ne stava venendo fuori?
Certo, Draco aveva ben in mente il proprio obiettivo. Ma perché usare quelle parole? Perché non aveva piuttosto detto: “devo chiederti un favore”? Che quella piccola parte di sé, sulla quale aveva deciso deliberatamente di non soffermarsi, avesse preso il sopravvento?
E che dire di Potter! Non si era neppure reso conto delle proprie parole, non poteva essere altrimenti. Di certo Potter aveva qualcosa da chiedergli, un favore magari, o una mano con pozioni guaritrici e simili. Era per forza così.
Draco cercò di tornare presente a se stesso, cestinando le parole di prima come prive di significato. Risuonava ancora però la parola “bisogno”, ed aleggiava sulle loro teste, come una dichiarazione non richiesta.
Ancora sconvolto per la piega presa da quel loro parlare pacatamente, studiandosi come prima di un match finale, ognuno sulla propria linea, Draco non si rese conto di risultare un po’ brusco quando disse:
-Devi parlare con Shacklebolt, rivoglio tutto indietro.
Potter lo guardò stranito, ma non sembrava indignato per l’imperativo o sul punto di andare su tutte le furie.
-Shacklebolt? Tutto indietro? Di che stai parlando?
Draco si alzò di scatto, sentendo l’ira traboccargli dal petto e mentre questa giungeva alle labbra, prese a camminare freneticamente, avanti e indietro, sempre evitando lo sguardo di Potter. Non era mai stato più impulsivo in vita sua, e si rese conto di quello che aveva detto, solo dopo essersi completamente esposto:
-Il Ministero. Mi ha lasciato a secco. Si sono presi tutto: la camera blindata, i mobili più antichi, l’eredità, i corredi, gli arazzi, i gioielli di mia madre…tutto. Si prenderanno il Manor. E io non ho niente. Non ho più niente. Avevamo un patto, e io lo sto rispettando.- parlava a scatti, senza prendere fiato, troppo sconvolto per ricordarsi dell’ossigeno. Dire tutto ad alta voce era diverso, tremendamente diverso. Blaise lo avrebbe interrotto, non sarebbe entrato nei dettagli, lui sapeva come ci si sentiva, cosa si passava. Avrebbe cercato una soluzione. Ma con Blaise, Draco non avrebbe mai affrontato la propria rabbia, non l’avrebbe fronteggiata, né ne avrebbe conosciuto la vera entità.
Potter in silenzio lo seguiva con lo sguardo, assorbendo le sue parole, accogliendole con un’espressione assorta.
-Mi sbatteranno fuori da casa mia a Natale. Non ho abbastanza da parte per permettermi un appartamento in affitto. Non avrei neanche il tempo di lavorare, dato che Shacklebolt mi ha incastrato con questa cazzata dell’Auror. Che non è valsa a nulla, perché… l’ho persa comunque e non mi è mai importato di ridurre quella dannata pena, se non per lei. L’ho persa…
Draco si fermò di colpo, bloccandosi in piedi, chinando il capo. Qualcosa pizzicava agli angoli degli occhi, le labbra gli tremavano, brandelli del suo cuore erano sparpagliati sul suo viso, e lo arrossavano. I capelli gli schermarono gli occhi, proteggendolo dallo sguardo tagliente di Potter, che sconvolto da quel fiume in piena, stava seduto senza proferir parola.
-Sapevo quale fosse il prezzo. Ma…quanto ancora devo pagare? Quanto ancora, perché sia abbastanza?
Non era bravo con le emozioni, non lo era mai stato. Tendeva a chiudersi tutto dentro e a dimenticare, per quanto fosse possibile, ad ignorare. Ma Potter era lì, e sembrava che la sua presenza fosse destinata a raccogliere ciò che Draco s’era lasciato indietro, troppo vigliacco per affrontarlo. Poi, proprio prima che la sua voce s’incrinasse, giurando a se stesso di non cedere, disse:
-Non è finita. Quella maledetta guerra, non è mai finita. 
Si sentì ridicolo, umiliato, bruciava di rabbia e si diceva di dover odiare Potter, perché lui era dall’altra parte, dalla loro parte, ma non ci riusciva, non in quel momento. Poi respirò profondamente, cercando di calmarsi. Che diavolo gli prendeva? 
Un paio di mani, calde, avvolgenti, ferme, sicure, si posarono sulle sue spalle. Draco non trovò la forza di alzare lo sguardo, sapeva che si sarebbe disfatto, frantumato in mille pezzi, se avesse trovato il coraggio di annegare in quel verde. Tentò di dominarsi, di far prevalere l’autocontrollo su quel fiume in piena che premeva oltre le ciglie. Non poteva permettersi di cedere così, davanti a Potter, che lo avrebbe deriso, umiliato più di quanto non fosse, che avrebbe etichettato la sua reazione come un dolore più che meritato, date le conseguenze delle sue azioni.
A dispetto di tutto, Potter, stava in silenzio di fronte a lui, tenendolo per le spalle, come a volerlo ancorare a terra. Poi parlò, ma era poco più di un sussurro:
-Non finirà mai.
Draco strinse gli occhi, ricacciando alla fonte la disperazione, deglutì rumorosamente.
-Ho creduto anch’io che fosse finita. L’ho creduto quando, come se niente fosse, abbiamo cominciato a ricostruire. L’ho creduto durante l’ultimo anno ad Hogwarts. Lo credo anche adesso, a volte. Lo credo quando vedo Ron abbracciare Hermione.- la voce di Potter era profonda ma traballante, come se stesse spargendo del sale su una vecchia ferita, che non si era mai rimarginata.
-Ma poi ci sono gli incubi. C’è il posto vuoto alla tavola dei Weasley e una lancetta che non si muove mai. Una lapide bianca, con il nome di un uomo che non sono mai riuscito a conoscere davvero. C’è un bambino che vivrà esattamente quello che ho vissuto io, desiderando di conoscere le uniche persone che gli mancheranno davvero e per sempre. C’è una camera di sopra, chiusa a chiave, e c’è lo sguardo di un uomo che muore, implorandomi di guardarlo negli occhi.- Potter tirò il fiato per un secondo, senza mai lasciare la presa sulle sue spalle.
-Allora mi dico che non è finita. Che non finirà mai. Perché nessuno ci restituirà quello che ci è stato tolto. Possiamo solo andare avanti, con quello che ci resta.
Finalmente Draco alzò lo sguardo, e lo fissò su quello di Potter, nessuna traccia del suo cedimento di poco prima, ma come se le parole fino ad allora ascoltate avessero alimentato di nuovo la sua rabbia, come benzina sul fuoco.
-E cosa ci resta, esattamente?- disse, con la rabbia a far vibrare la sua voce.
Potter lo guardò con amarezza, abbassando subito dopo lo sguardo, allentò la presa sulle sue spalle, ma non ritirò ancora le mani. C’era nel suo volto il colore della disfatta. Lui, che era il vincitore di quella guerra che era la costante della sua vita, era forse il più vinto di tutti. Aver vissuto diciassette anni solo per arrivare ad un punto, alla resa dei conti, ed essere sopravvissuti a dispetto di tutto, vedendo le persone a lui care scivolare dalle sue mani…Lui, il vincitore. Anche Potter aveva perso tutto, anche lui era stato abbandonato, usato e gettato via.
In quell’istante Draco ebbe l’impressione che Potter fosse stanco, incredibilmente stanco, come se non dormisse da secoli, o come se non avesse mai riposato in vita sua. E che fosse solo, terribilmente solo, l’unico sopravvissuto che non voleva lasciar andare i ricordi. In quel momento, si ritrovò nell’espressione di Potter. Era stato talmente lontano da se stesso, dalle sue sensazioni, da non riconoscersi nemmeno più, e da sorprendersi nel riuscire a vedersi finalmente, ma solo dentro gli occhi di un altro.
Non seppe cosa lo spinse a farlo, non voleva nemmeno chiederselo, per la verità. Voleva solo che qualcosa placasse la sua rabbia, rassicurasse lo sguardo smarrito di Potter, potesse far sembrare tutto migliore, più luminoso, voleva sciogliere quel blocco alla gola, il gelo della solitudine, il silenzio tetro del Manor.
Aveva bisogno di farlo, di incasinare un po’ di più le cose, ma con un casino buono, con qualcosa di buono, con qualcosa che finalmente era lui a decidere, a determinare…Voleva essere lui a lanciare i dadi e stare a guardare che sarebbe successo, senza temere del risultato.
Catturò tra le dita il mento di Potter, con un gesto fulmineo, inaspettato, a se stesso quanto all’altro. Per un secondo, uno soltanto, esitò. Ma prima ancora che gli occhi di Potter potessero raggiungere i suoi, e infrangere quella cieca determinazione, si sporse bruciandolo sul tempo.
Quelle labbra piene si plasmarono sotto le sue, con un’arrendevolezza inaspettata. Sembravano aspettarlo da sempre, essere state immaginate perché combaciassero con quelle sottili di Draco. Potter, occhi spalancati sul suo viso, era di pietra, ma emanava un calore febbricitante.
Il contatto fece sobbalzare entrambi, le mani di Potter strinsero nuovamente la presa sulle sue spalle, mentre Draco veniva investito dall’odore e dal calore di quella pelle. Temeva che se avesse aperto gli occhi non avrebbe retto. Sentiva il battito del cuore di Potter, e si chiese se non gli fosse arrivato proprio sulle labbra. O magari si trattava del suo, di cuore.
Non era niente di più di un abbandonare le labbra sul viso di qualcun altro, non era niente di più dell’ennesimo contatto, ma qualcosa prese Draco allo stomaco e lo rivoltò. Sfregò dolcemente la bocca su quella di Potter e infine levò l’ancora della razionalità e si disse che se aveva osato, tanto valeva osare fino in fondo. Per la prima volta ringraziò mentalmente Potter, per quella porzione di pelle calda e accogliente, per l’effetto che gli faceva, per quelle mani che invece di spingerlo lontano sembravano trattenerlo.
Quando Draco percorse il contorno del labbro inferiore con la lingua, Potter sobbalzò e, come spaventato, si ritrasse. Solo allora Draco aprì gli occhi e lo guardò dritto in faccia, senza timori, come se avesse dimenticato tutto circa il suo modo di essere, come se fosse un’altra persona, ed un altro fosse anche Potter. Draco realizzò che Potter avrebbe potuto spingerlo via, in qualsiasi momento. Non lo aveva fatto, limitandosi a tirarsi indietro, bruscamente certo. C’era un’enorme differenza, sentì una dolorosa contrazione del cuore, nel realizzarlo. Potter pareva dirgli che non avrebbe potuto spingersi oltre, e quindi tornava dietro alla barricata perché aveva…paura. Sebbene non ne sembrasse del tutto consapevole, mentre strabuzzava gli occhi e tastava le labbra con le dita, incapace di proferir parola.
Era visibilmente sconvolto, turbato persino, ed il rossore sulle sue guance non accennava a ritrarsi. Draco avrebbe potuto indovinare i suoi pensieri, solo guardandolo negli occhi, in quel momento. Potter continuava a toccarsi le labbra, a guardarsi le dita e a ritoccare il labbro inferiore. Draco stava di fronte a lui, lontano di un passo. Qualcosa gli diceva che se avesse colmato quella distanza, non sarebbe più potuto tornare indietro.
La razionalità innescò i propri ingranaggi e Draco fu ferito al ventricolo sinistro quando, brusca, irruppe la consapevolezza che… non voleva affatto tornare indietro.

 
 
Note:
Buonsalve, viandanti!
La sessione d’esame è finita. Finita. Lo so, non ci credo nemmeno io. Mi devo ancora un attimo abituare :)
Beh, lo so, vi ho snervato, per ben 20 capitoli, e vi lascio così? Eddai, mi conoscete ormai, no? Mi diverto con poco! Ahhaah
Ok, non sono nella posizione di poter infierire, dato l’enormissimo ritardo.
Ragazzi/e siete in 50 a seguire la storia, ed anche a voler essere ottimisti, le speranze di sopravvivenza sarebbero di sicuro ad disotto dello 0,0001%. Quindi vi ringrazio, faccio il bravo bambino, vi ringrazio ancora, mando un bacio enorme a chiunque abbia commentato, prometto che risponderò al più presto, metto un’aureola sulla mia testa, ringrazio le 11 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, offro boccaloni di birra a tutti, spero mi perdoniate e…
Ci vediamo alla prossima! ;)
Un bacione a tutti e grazie ancora!
 
Ps: sono molto molto incerto sul capitolo, quindi sbizzarritevi con le critiche e con i consigli, io ve lo lascio qui, altrimenti lo cambierei altre 787 volte e finirei per detestare ogni singola parola e non aggiornare, cosa che immagino non vogliate ;)
Ok, la smetto.
 
 
 
 

 
 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: indiceindaco