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Autore: monnie    09/02/2014    3 recensioni
Ne valeva la pena Zayn, ora lo so.
Valevi tutti i pianti a notte fonda, le porte sbattute, i calci alle sedie e i pugni chiusi contro il muro. Valevi tutte le volte in cui la gola bruciava per le troppe urla, tutti i baci rubati e quelli che fanno girare la testa, tutte le parole sussurrate al buio sotto le coperte, tutte le notti in cui mi svegliavi perché “Non riesco a dormire, parliamo”, le dita tra i capelli, i graffi sulla schiena, la pelle sudata e i sorrisi di chi non sa cosa vuole.
Valevi la pena, mi dispiace.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualunque cosa

 
 


 
Ricordo ogni cosa. Come se fosse successa ieri o come se l'avessi solo immaginata. E dire che sarebbe bello sai, sapere che tutto quello che ho in testa in realtà non l'ho vissuto davvero. La pelle fa male, brucia a contatto con il freddo pungente che ancora non ho capito se lo sento dentro o è colpa della neve. E' che il caldo, non lo sento più da quando non mi abbracci.
Noi, che a quel qualcosa che ci legava non abbiamo mai saputo dare un nome ma ci è sempre andato bene così. Eravamo insieme, e ci bastava. 
Mi hai sorriso, mi hai preso la mano “Non è difficile” e no, amarti non lo è mai stato. 
Lo era tutto il resto. 
Il tuo incazzarti per nulla, la tua gelosia infondata, i bicchieri rotti contro la parete, io che ti chiudo fuori, tu che “Apri questa cazzo di porta!”, io che non la apro, la schiena che fa male contro il legno e le lacrime che scavano solchi sulla pelle.
“Ti amo”
“Mi consumi”
“Non è bello?” 
Sì, Zayn. Lo era. Forse non era la relazione più stabile del mondo, ma funzionava. Con le tue dita sulle ossa, l'anima a brandelli e una sigaretta in balcone. Avremmo fatto pace dopo ogni litigata e avremmo sempre trovato un modo per tenerci insieme. Io con il mio orgoglio e tu con la tua rabbia. 
Perché non abbiamo mai saputo come prenderci, se a cazzotti o a baci sul collo, se a “Lasciami in pace, stronzo” o a “Non ce la faccio ad addormentarmi se so che sei arrabbiata con me”. 
Il problema era che ad arrabbiarmi con te – per davvero, intendo – non ci sono mai riuscita. Urlavo, bestemmiavo, perché cazzo! proprio non lo vuoi capire che ti amo! Ma arrabbiarmi no, era troppo complicato. Troppo difficile, estenuante e destabilizzante. 
Eri fuoco in una goccia, e pace in mezzo al casino.
Avrei dovuto sceglierti. Sempre.
Ma come faccio? Come facciamo se non siamo mai riusciti a stare insieme? Sei quel posto vuoto della mia pelle che non sono riuscita a riempire. 
Ci feriamo, ci graffiamo su vecchie cicatrici che ancora bruciano – corrodono –, ci consumiamo per sentirci, sono qui, tu ci sei? 
“Dove vai?”
“Me ne vado”
“Torni?”
Hai preso la giacca, le chiavi della macchina e hai sbattuto la porta come tante altre volte, ma era diverso. Nel suono sordo che ho sentito, c'era il fantasma di chi non sarebbe tornato. Mi hai lasciata gridare, rompere fotografie di cui non ricordo nemmeno più i soggetti – noi? – e piangere fino a scoppiare, fino a non sentire più il dolore nello sterno.
E' stata colpa mia. 
Ne valeva la pena Zayn, ora lo so.
Valevi tutti i pianti a notte fonda, le porte sbattute, i calci alle sedie e i pugni chiusi contro il muro. Valevi tutte le volte in cui la gola bruciava per le troppe urla, tutti i baci rubati e quelli che fanno girare la testa, tutte le parole sussurrate al buio sotto le coperte, tutte le notti in cui mi svegliavi perché “Non riesco a dormire, parliamo”, le dita tra i capelli, i graffi sulla schiena, la pelle sudata e i sorrisi di chi non sa cosa vuole.
Valevi la pena, mi dispiace.
Se solo avessi il coraggio, adesso, ora, ti lascerei andare. Ma non ce l'ho e tu l'hai sempre saputo perché “Sei una codarda, Lyn” ripetevi e io urlavo, ti prendevo a pugni il petto e poi ti baciavo. Perché di star lontano da te non ero – sono – capace. 
Ti guardo e so che lo stai facendo anche tu. Dall'altra parte della strada, fermo e immobile, tanto che mi sembra che tu non ci sia davvero. Le auto passano, spezzano l'aria, mi scompigliano i capelli ed io la tempesta che vedo nei tuoi occhi ancora non la so affrontare. 
Serri gli occhi, le mani chiuse nei pugni e il respiro bloccato in gola. Poi sorridi amaro e li riapri. 
Mi rompi, mi distruggi. Ma infondo ho fatto tutto da sola, no? Sono una codarda.
“Non puoi, Lyn. Devi scegliere, o me o quel fottuto lavoro in Alaska”
“Non lo so”
“Che cosa?”
Già Zayn, che cosa? Non ho scelto. 
Stringo i denti. E' tardi o forse troppo presto per rincorrerti, prenderti per mano e fare finta di non aver mai dubitato delle mie scelte. Fare finta che io non sia così tanto orgogliosa da lasciarti andare, perché infondo a me del viaggio in Alaska non importa niente. 
Perché siamo a doppio filo, lo sai bene, ma hai paura e allora ti incazzi perché la paura non ti piace e mi detesti perché mi ami fino a sentirti soffocare. Fino a chiederti se sia possibile, e lo so, lo capisco, lo provo anch'io.
Parliamone, sono stanca di urlare.
Sei ancora lì, non ci credi, pensavi fossi partita ma sono rimasta e allora cosa aspetti? Me.
Ne vali la pena, Zayn. Lo sai.
Ma non lo riesco a dire, perché sono una codarda e lo sono sempre stata. Mi vorrei alzare da questa sedia, di questo fottuto locale che sa ancora troppo di noi, di quello che siamo stati e di quello che abbiamo perso perché non sono abbastanza.
Ma non lo faccio, non sono capace e tu lo sai.
“Parlami”
“Cosa dovrei dirti?”
“Non lo so, qualunque cosa”
Se solo non avessi così paura avrei potuto dirti che ogni volta che sbattevi la porta avevo il terrore che fosse l'ultima, perché solo l'idea di non vederti tornare mi faceva dimenticare chi ero, che nonostante siano passati due anni, davanti ai tuoi occhi le mie gambe tremano ancora come la prima volta, che i cocci si rimettono apposto, i bicchieri rotti si ricomprano e i cuori si ricuciono. Avrei potuto dirti che urlavo solo perché tu non mi ascoltavi mai, che prendevo a pugni il muro perché sapevo che tu saresti stato lì a prendermi le mani, che ho ancora troppa paura di amarti ma nonostante tutto lo faccio anche adesso che una strada – o un abisso – ci divide.
Ora mi guardi, non sorridi più e le tue gambe sono ancora troppo lontane dalle mie. Hai già capito. 
Ti avvicini, e vorrei dirti di andartene, che ci faremo solo del male, che mi manca il fiato e ad urlare non riesco più e che sono stanca di piangere la notte tra le lenzuola fredde perché tu non ci sei. 
Ma sono troppo codarda.
“Non è troppo tardi” sussurri a pochi passi da me e vorrei che quella distanza non ci fosse affatto.
“Forse”, non ti guardo.
Penso ai graffi sulla schiena, alle tue mani, ai polsi che chiudono i miei, alle sedie rovesciate, ai vetri rotti, ai 'ti amo' detti con gli occhi o sussurrati tra la pelle calda.
E non è troppo tardi. 


 
  
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