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Autore: Hatsumi    15/06/2008    2 recensioni
Londra, Inizio '900. William e Ravi sono due bambini, uno inglese, uno indiano, un padrone ed un servo: un'amicizia destinata a durare ... Un sentimento che muterà negli anni, che acquisirà forza, che supererà bariere ed ostacoli... di anno in anno fino ad una data: 1915 ... NB Ho dato un rating alto perchè con lo sviluppo della storia i temi si fanno delicati^^
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Lo Schiavo d’India

Cipria, rossetto, profumo, collane, perle.
William Munro, rimaneva incanto, estasiato ad osservare quegli oggetti. Avrebbe passato le ore ad osservare sua madre davanti alla specchiera, mentre colorava il suo viso bianco con costosa terra d’Africa, mentre contornava quelle sue piccole e sottili labbra con quel rossetto rosso accesso. Avrebbe inalato per ore i profumi dolci provenienti dall’Asia e dall’India che sua madre portava e con i quali profumava l’intera stanza da letto. E poi le perle … piccole e pregiate perle, così candide, così splendide ed affascinanti.

-Madre, posso guardarvi ancora una volta?
Chiedeva il giovane William instancabile.
–Ma certo tesoro mio.-

Rispondeva sempre la madre, con il migliore dei suoi sorrisi. E così William, stava sdraiato a pancia in su, sopra quel bellissimo tappeto verde, proveniente da chissà quale paese asiatico, ad osservare sua madre, ancora e ancora. Che bella donna era sua madre! Melinda Marion Werthmiller, all’anagrafe.

Una bellissima donna inglese, di nobili origini con la pelle più candida della neve, occhi color smeraldo e un bel viso rotondo contornato da finissimi capelli biondi, quasi bianchi. Melinda era aristocratica e tutto in lei lo suggeriva. L’aspetto naturalmente, il portamento, i gesti, il timbro della sua voce così dolce e così delicato. Persino i suoi sguardi la facevano paragonare alla più bella delle regine.

-Dove avete preso quel rossetto madre? Che tonalità è quel rosso?
Domande di routine per il giovane William, alle quali la madre rispondeva sempre in modo esauriente.

-Vedi tesoro, questo rossetto viene dall’Italia. Un piccolo staterello a Sud. Lo vedrai quando sarai grande mio amore, durante il tuo Grand Tour. Mentre il colore è vermiglio. Rosso vermiglio.
-Vermiglio?

Sua madre gli sorrise e lo osservò con sguardo pieno di attenzione.

-Hai presente tesoro, quelle belle rose in giardino?
-Quelle che Preston ha piantato lo scorso maggio?
-Proprio quelle. Quelle si chiamano rose vermiglie. Rosso vermiglio è i colore di quelle rose.

Ad ogni spiegazione della madre, gli occhi fanciulleschi e ingenui di William brillavano.

-Quindi è come se le vostre labbra madre, fossero dei piccoli petali di rosa.

Melinda sorrise.

-Potrebbero esserlo si.

William aveva solo sei anni ed era la copia esatta di sua madre. Stessi occhi, stesso viso, stessa pelle candida. Un viso così dolce e così femminile. Non era affatto difficile scambiarlo per una bambina. Anche il tono della sua voce, ancora stridulo e fanciullesco aveva qualcosa di femminile.

-Quale profumo preferisci William tesoro?

William si alzò e raggiunse la madre, che porse due bellissime boccette d’orate e ricamate. William prese quella più bella e più sfarzosa. Era oro e rosa. Rotonda e brillante.

-Mettetevi questo madre!
Melinda prese la boccetta e spruzzò abbondantemente il profumo chiudendo gli occhi e inalandone ogni piccolo respiro.
-Chiudi gli occhi William e odora tutta questa dolce essenza. Non lasciarti sfuggire nemmeno una goccia di questo profumo. E’ peccato, sai?

William chiuse gli occhi immediatamente ed imitò la madre.
Il profumo era dolcissimo. Essenza di Rosa. Così fresco, così profumato, così prezioso.
Qualcuno bussò alla porta della stanza, interrompendo il momento di estasi di madre e figlio.

-E’ permesso contessa?
-Prego, entra pure Margareth.

Margareth, la governante apparve imponente sulla porta. Margareth era una vecchia contadina del sud dell’Inghilterra, tarchiata, bassa e del tutto priva della benché minima classe. O almeno questo era quello che pensava la contessa Melinda.

-Contessa, sono arrivati appena pochi istanti fa i servi deportati dalla colonia d’India che vostro marito vi ha spedito.

Il marito di Melissa, il padre di William, era un uomo d’affari molto abile che viaggiava molto e che trascorreva buona parte del suo tempo all’estero. Malgrado le malelingue sul suo conto, era un uomo fedele, rispettabile e dai sani principi. Ritornava a casa in Inghilterra sono due volte l’anno. A Natale e al compleanno del figlio, unico erede del suo impero politico e finanziario.

-Oh, hanno fatto presto. Quanti me ne ha mandati?
-Tre contessa. Una donna, una ragazzina e un bambino.

Melissa sbarrò gli occhi.

-Un bambino? Quanti anni ha?
-Approssimativamente l’età del signorino William contessa.

Melinda non vedeva alcuna utilità nella sua residenza di un bambino.

-Cosa dovrei farmene secondo te Margareth di quel bambino? Immagino sia troppo piccolo per aver appreso un qualsiasi tipo di mestiere.

Margaret scosse il capo.

-Mi permetto di dissentire contessa. Il bambino, stando alle disposizioni del conte, è in grado di svolgere piccoli lavoretti domestici, è molto bravo con la cura del giardino e apprende facilmente. Inoltre dovete pur sempre tener conto che piccolo com’è resterà a vostro servizio e a quello del vostro William per parecchi anni…

Melinda sorrise, persuasa da ciò che le era stato appena detto.

-Ritengo tu abbia ragione Margareth. Sistemali in soffitta. Da a loro venti minuti di tempo massimo per prepararsi, li voglio in salone davanti a miei occhi tra venti minuti esatti.

Margareth fece un inchino e annuì. Si chiuse poi la porta alle spalle lasciando madre e figlio nuovamente soli.

-Vorrei sapere per quale motivo tuo padre insista a mandarmi questi suoi schiavetti d’occasione. Non abbiamo forse la casa piena?

Esclamò Melinda osservandosi vanitosamente allo specchio e osservando la sua figura perfetta.

-Madre, dove si trova l’India?
-In Asia tesoro. Un territorio di piccoli bastardi che danno un sacco di problemi alla nostra cara Inghilterra …

William rimase sconvolto dal linguaggio utilizzato dalla madre, non era certo da lei utilizzare parole scurrili come “bastardi”. Melinda di accorse di aver sconcertato il piccolo William, decise di cambiare quindi argomento.

-Perché caro non scendi ed aspetti l’arrivo della nuova servitù?

William si alzò dal tappeto ed uscì dalla stanza, dirigendosi immediatamente nel salottino per gli ospiti. Mentre correva veloce per le scale inciampò, andando a finire a viso per terra. Non si fece male, era abituato a quei capitomboli, la sua fortuna fu quella di non essere stato visto da Margareth, la quale lo rimproverava troppo spesso per quel genere di imprudenza. Mentre rialzava il viso da terra sentì una voce provenire da pochi passi da lui.

-Fatto male?

Era una voce a lui del tutto sconosciuta, un accento particolare, diverso mai sentito prima d’ora , probabilmente nemmeno Inglese. William alzò il viso e si trovò davanti una mano tesa. Un braccio scuro ma non sporco, era la pelle ad essere così scura, aveva lo stesso colore del caffè. William esitò a prendere quella mano sconosciuta e fissò il viso di colui che gliela stava porgendo, era un bambino. Non molto più grande di lui, anzi doveva avere la stessa età.

-Non ti alzi?

Chiese il bambino sconosciuto tenendo la mano tesa verso William che la afferrò e si alzò. Per qualche secondo i due bambini si fissarono in silenzio. William vedeva quel bambino totalmente diverso da lui. Aveva la pelle scura, come detto, ma anche i suoi occhi erano scuri, neri al punto da sembrare liquidi, anche i capelli del bambino erano neri, corti e spettinati. L’abbigliamento era alquanto singolare. Il bambino sconosciuto era vestito con una lunga veste dai colori sgargianti, arancio e rosso che mai William aveva visto prima su un abito.

-Chi sei?

Chiese William a quel punto incuriosito da quella nuova presenza.

-Chi sei tu?

Richiese l’altro bambino.

-Io sono il proprietario di questa casa! Qui comando io! E tu dimmi subito chi sei o chiamo il mio servo Edgar e ti faccio portare fuori!

L’altro bambino rise, rise dell’espressione burbera e forzata del giovane William il quale aveva solo cercato di mostrarsi autoritario e realtà aveva quasi timore davanti a quello che definiva un intruso.

-Se sei il proprietario, perché devi chiamare uno che mi mandi fuori?

William arrossì di rabbia e non riuscì più a dire una parola. Il bambino straniero porse di nuovo la mano a William, questa volta con l’intento che la stringesse.

-Piacere bambino. Io sono Ravi.

William strinse la mano a Ravi.

-Io sono William James Munro. Piacere.

Ravi rise di nuovo.

-Ehi tu! Perché ridi?

Chiese William, quasi offeso.

-Perché il tuo nome è lunghissimo bambino. Non so come chiamarti. William? James? Oppure Munro?

William rimase a bocca aperta. Nessuno fino ad allora gli aveva posto una domanda simile.

-Mia madre mi chiama William. Chiamami William.
-William!
-Si, William.

In quel momento Margareth raggiunse i due bambini. Non appena li vide insieme inizio a sbraitare.

-Tu piccolo mostriciattolo. Hai la più pallida idea di chi hai davanti?

Si stava riferendo a Ravi naturalmente, William se ne accorse solo dopo qualche istante.

-William.

Rispose Ravi. Ricevendo in cambio un sonoro ceffone sul capo da parte dell’infuriata Margareth. William rimase ad osservare la scena impassibile, senza sapere cosa dire.

-Come osi chiamarlo per nome? Tu schiavo che non sei altro! Avanti inginocchiati subito davanti a lui!

Ravi guardò William in cerca di aiuto. William rimase paralizzato, a bocca aperta. Non osò dire alcun che.

- Inginocchiati subito!

Margareth spinse Ravi facendolo cadere a terra. William si avvicinò, cercò di tendere a Ravi una mano, proprio come aveva fatto con lui, ma fu bloccato da uno sguardo minaccioso da parte della governante.

-Avanti chiedi subito scusa!

Ravi si oppose, ma ricevette un calcio da parte di Margareth.

-ahi!
-Chiedi scusa! Dì “ Perdonatemi signorino Munro”.
-Ma io …!

Un altro calcio da parte di Margareth

-Adesso!
- Pe…. Pe… perdonatemi, signorino, Munro.

Disse il povero Ravi singhiozzante.

-Ecco, ora puoi alzarti vermiciattolo. Non ti avevo forse detto di andare con tua madre e tua sorella? E togliti quel lenzuolo di dosso! Non siamo più nella foresta. Questa è l’Inghiterra! Tienilo a mente!

Ravi si alzò e lanciò un occhiata delusa a William nel quale per un secondo aveva creduto di aver trovato una figura amica. William era notevolmente dispiaciuto per ciò che era successo al povero Ravi.

-E voi signorino. Non permettete più a quel ragazzino di darvi tutta questa confidenza. E’ solo un selvaggio. Se gli date corda vi metterà i piedi in testa. Tenetelo bene a mente.

Margareth se ne andò lasciando William solo in mezzo alla stanza, confuso e in collera. Era dispiaciuto per il comportamento avuto con quella sua nuova conoscenza e non aveva ben compreso le parole rivoltegli da Margareth.

***

William non rivide Ravi per una settimana intera.

Un soleggiato pomeriggio di primavera, mentre passeggiava per il suo vastissimo giardino, William vide una curiosa figura , intenta a strappare dell’erba. Si avvicinò incuriosito e scoprì che era proprio Ravi.

-Buongiorno!

Disse sorridente.

-Per te forse.

Rispose Ravi. Non altrettanto felice.

-Sei triste?

Chiese William ingenuamente.

-Vattene via! Sto lavorando.

William si accovacciò vicino a Ravi. Notò che a differenza del loro primo incontro, portava i classici abiti beige e bianchi della servitù.

-Perché non porti più il tuo vestito?

Chiese William impertinente.

-Perché voi in Inghilterra non li portate.

William notò un certo distacco da parte di Ravi e intuì che fosse dovuto al suo comportamento davanti alle angherie che Ravi aveva subito da Margareth.

-Ma tu non sei inglese!
-No.
-Sei indiano?
-Si.
-Sei un bastardo?

Chiese William, riferendosi alle parole usate da sua madre, parlando degli indiani.

Ravi smise di lavorare e guardò William con risentimento.

-Sarai anche figlio del mio padrone, ma non ti permetto di chiamarmi bastardo!

Ravi diede a William uno spintone facendolo cadere a terra. William iniziò a piangere, un pianto disperato e furibondo.

-Stupido bambino viziato! Sai solo piangere! Siete tutti così voi inglesi! Schifosi bambini ricchi e viziati! Siete disgustosi!

Ravi se ne andò lasciando William a terra piangente. Dopo non pochi istanti Margareth ed Edgar, il maggiordomo accorsero per accertarsi che il bambino stesse bene.

-Signorino perché state piangendo? Vi sentite male?

Chiese preoccupata Margareth accertandosi che William non avesse alcuna ferita.

-Cosa vi è successo signorino? Cosa vi fa piangere?

William non smise di piangere, quasi non riusciva a respirare per il pianto.

-Signorino per favore rispondete? Avete battuto la testa?

Domandò Margareth ancora più preoccupata.

-Margareth, andate a preparargli il letto, chiamo il dottor Morgan.

Disse Edgar prendendo in braccio il bambino.

-No!! Sto bene! Lasciami Edgar!

Gridò William smettendo di piangere.

-Oh signorino! Perché piangevate?

William tirò su col naso. Poi respirò forte

-Ravi! Quell’indiano bastardo mi ha spinto per terra!

Edgar posò William e assunse un’espressione di ribrezzo.

-E’ stato lui signorino? E’ stato Ravi?

William annuì.

-Perfetto. Si prenderà una decina di frustate dallo stalliere appena lo trovo. Ottimo signorino! Dire la verità è una dote rispettabile in un uomo. Ora andate pure a divertirvi. E dite a Margareth che state meglio.

Edgar si allontanò, probabilmente alla ricerca del malcapitato Ravi. William sussultò al pensiero delle frustate. Si rese conto di aver cacciato il povero Ravi in guai ancora più seri. Infondo la colpa non era stata di Ravi, era stato lui ad istigarlo a dargli del “bastardo”.

La sera stessa, a tavola notò che la madre di Ravi, che era stata impiegata come cuoca e cameriera gli rivolgeva delle occhiatacce malevole. Non riuscì a reggere lo sguardo della donna e abbandonò a metà cena, andando a rinchiudersi nella sua stanza che non abbandonò fino a notte inoltrata quando sentì i morsi della fame e decise di scendere in silenzio in cucina e prendere qualcosa dalla dispensa. Mentre scendeva le scale sentì uno strano suono, un pianto che pareva venire dal salottino degli ospiti. Timoroso William entrò nella stanza e trovò Ravi seduto contro il muro piangente. Lo raggiunse. Non appena Ravi si accorse di lui si asciugò le lacrime e lo cacciò furibondo.

-Vattene via!! VATTENE!

William non aveva alcuna intenzione di andarsene. Si avvicinò a Ravi.

-Perché piangi?

Ravi non rispose.

-Rispondi!

Lo incitò William.

-TU! E’ colpa tua, guarda, guarda qua!

Ravi voltò la schiena a William e fece scivolare la camicia leggera bianca, mostrando dei grossi segni sanguinanti e terribilmente visibili. Erano i segni delle frustate dategli dallo stalliere. Era stata colpa di William e se ne rendeva conto. Con indugio avvicinò le sue piccole dita alle ferite di Ravi, arrivando a sfiorarle. Un solo piccolo sfiorò lo fece sussultare, di colpo Ravi si risistemò la camicia e torno a guardare William in viso.

-Ora hai visto?

Chiese ancora con le lacrime agli occhi.

-Scusa.

Disse timoroso William, con un filo di voce. Ravi capì, ma se lo fece comunque ripere.

-Come hai detto?

-Ho detto … scusa.

Ripetè William con più decisione.

-Va bene.

-Vuoi mangiare qualcosa con me?

Chiese William, sorridente.

-Cosa?

-Ho fame e so dove cuoca Iris lascia la chiave della credenza. Ci sono tante così buone là dentro, sai?!

Ravi sorrise e annuì col capo.

-Ma poi non ti sgridano?

-Ma no! Sono io qui il padrone! Qui comando io e faccio quello che ho voglia!

Quello fu il giorno in cui tra William e Ravi nacque una bellissima amicizia, un’amicizia preziosa, destinata a durare per molti anni.

… Continua …


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Allora … dopo tanto mi cimento di nuovo in una storia a più capitoli. Spero di riscuotere almeno un paio di commenti (anche negativi, fanno sempre bene). Due parole sulla storia, è nata per caso un mese fa. Ho sempre adorato questo periodo storico e poi l’Inghilterra è un mio grande amore <3 i personaggi sono nati nella mia mente, quasi per gioco. Non ho ancora scritto tutta la storia, ma la trama c’è tutta dall’inizio alla fine^^ spero che chi inizierà (si spera) a seguirmi in questa storia prosegua fino alla fine e magari di trovare qualche altro lettore con il procedere dei capitoli chissà …
Vi do appuntamento alla prossima … una settimana circa, che dite? ^^
Ciaoo!!
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