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Autore: Ammie    10/02/2014    4 recensioni
Mia madre non c'è più, detesto mio padre e non riesco a guardare negli occhi mia sorella. Letteralmente.
Nonostante l'oscurità che mi circonda riesco a vedere una piccola luce, che proviene dal sorriso del nuovo guardiano.
Un guardiano del buio, oltretutto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Hayato Gokudera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il guardiano del buio.
 
Chiara, tutto bene?
 
 
"Allora..." iniziò, posando le bacchette sul tavolo. "Come ti trovi qui in Giappone, dai Vongola?"
Bevvi un sorso d'acqua, prendendo tempo per rispondere. "Bene, direi. Perché me lo chiedi?"
Mi guardò e per alcuni secondi rimase in silenzio. "Devo andare in Francia." disse poi.
Un brivido mi percosse la schiena. "Shamal-"
"Non ti preoccupare, tra un paio di settimane comincia la scuola. Tornerò per allora." sorrise cercando di rassicurarmi. Mi prese la mano e la strinse. "Andrà tutto bene: ora hai molti amici, rispetto che in passato. Se hai bisogno puoi chiedere a loro."
Spostai lo sguardo con un misto di frustrazione e rassegnazione. Sapevo che per il suo lavoro è costretto a viaggiare molto spesso, ma non pensavo potesse andarsene così presto! Cercai di togliere la mano dalla sua, ma inutilmente.
"Parlami. Che c'è?" mi chiese con dolcezza.
"Mi viene da piangere." ammisi con vergogna.
Lo sentii sospirare pesantemente. "Va tutto bene." sussurrò avvicinandosi con la sedia. "Ho promesso a tuo padre che mi sarei preso cura di te. Se non reputassi i Vongola all'altezza del loro nome, non ti lascerei nelle loro mani."
Quelle parole, sebbene poche, mi procurarono una fitta al cuore. "È la prima volta che sento parlare di promesse." sorrisi debolmente. "Che altro ti ha chiesto prima di..."
Sapeva che non ero in grado di terminare la frase, quindi mi posò un bacio sulla fronte e cominciò a parlare.
Scoprii varie cose che fino ad allora mi erano rimaste del tutto estranee: mio padre
aveva chiesto a Shamal di sostenermi nel corso degli anni, di istruirmi a dovere e di insegnarmi le tecniche basilari degli antichi poteri dei Borgia. Una cosa mi lasciò interdetta: gli aveva persino chiesto non farmi avvicinare mai più a una famiglia mafiosa.
"L'unica cosa che non sono riuscito a fare..." commentò con rammarico.
Lo guardai. "Non fartene una colpa: sai che è stata una mia scelta."
"Lo so, lo so... Anche se non capisco perché non mi vuoi dire il motivo di quest'improvviso ritorno."
Mi alzai, iniziando a raccogliere piatti e bicchieri da tavola. "Te l'ho detto: ogni cosa a suo tempo. Adesso però aiutami, dai."
Alzatosi anche lui, mi aiutò. "Chiara-chan..."
Mi voltai, notandolo assumere un'espressione preoccupata. "Sì?"
"Per la mia partenza... Va tutto bene?"
"...Certo." mentii tenendo lo sguardo basso. Una volta terminato di lavare i piatti me ne andai in camera mia, mentre Shamal decise di rimanere ancora un po' al piano di sotto a guardare la televisione. Chiusi la porta alle mie spalle, sentendo gli occhi inumidirsi. Cercai di cacciare dentro le lacrime, ma queste non vollero ascoltarmi e presero a rigarmi il volto senza tregua. Dopo vari minuti m'incamminai verso il bagnetto di camera mia per un bel bagno rilassante. Aprii l'acqua della vasca con mani ancora tremanti per la notizia.
Calma, ragazza. Non sei sola, ci sono i Vongola.
Ogni volta che Shamal mi dava una notizia del genere, la mia reazione era sempre la stessa. Sospirando, versai il bagnoschiuma profumato che mi piaceva tanto e attesi con impazienza la schiuma. Alcuni minuti dopo ero già immersa nell'acqua bollente, cercando di non pensare alla conversazione di poco prima. Molte cose dopo quella terribile notte erano cambiate: il mio rifiuto e lo smantellamento dei Borgia, le settimane di crisi perenni, la sensazione di disperazione e solitudine... Ma anche i viaggi con Shamal, le risate e il suo appoggio. Se non avesse insistito tanto per quel viaggio negli Stati Uniti o quello in Spagna, molti anni fa, probabilmente sarei rimasta a casa -fortunatamente rimessa in piedi- con il maggiordomo e la balia di fiducia, senza capire che nonostante tutto si va avanti a testa alta, rialzandosi quando si cade.
"Ah..." sospirai di piacere. Chiusi gli occhi, ripensando a Damon.
Caro fratellino.
Con la mente ricordai quella notte, quel suo ultimo secondo di vita. Era disteso a terra come me, mentre attorno a noi gli uomini di mio padre piangevano o si contorcevano per le ferite.
Vedevo tanto rosso ed era caldissimo: la casa stava ancora andando a fuoco.
Una delle cameriere sopravvissute mi aveva sentita gridare e ore dopo mi avevano tirata fuori dalle macerie, assieme a mio fratello. Lo sentii tossire pesantemente e con fatica, quindi con estrema lentezza riuscii a girare la testa verso di lui. Era in condizioni gravissime e aveva perso molto sangue. A un tratto mi guardò negli occhi, dove lessi paura e dolore. Mentre Shamal preso dal panico continuava a tamponargli le ferite e a fargli respirare ossigeno puro, Damon mantenne lo sguardo puntato verso di me e tentò persino di muovere la mano.
Il suo ultimo gesto, prima che una lacrima scese lungo la guancia e il suo cuore cessò di battere.
Aprii gli occhi spaventata, incapace di respirare: un'altra crisi di panico. Il cuore in gola, la sensazione di terrore... Di nuovo tutto a galla. Non feci neanche caso al suono del campanello, avevo ben altro a cui pensare. Portai le mani alla gola, spaventata dai ricordi che da anni tentavo di eliminare. Sempre dentro la vasca mi misi seduta, allungando per bene le gambe e tentando di respirare normalmente. Nonostante il mio tremore uscii dall'acqua e mi avvolsi in un asciugamano. Scossa dai singhiozzi aprii il mobiletto dei medicinali e cercai come un'ossessa quelli che mi aveva prescritto Shamal. Non trovandoli spinsi a terra una boccetta di vetro, rompendola in mille pezzi.
"Merda!" urlai disperata, prima di lasciarmi cadere in ginocchio e posare le mani sul vetro rotto.
Sentii un dolore acuto sui palmi, e sebbene la vista annebbiata delle lacrime vidi che erano sanguinanti. Mi spaventai quando Hayato fece irruzione nella stanza con un'espressione spaventata in volto.
"Che diavolo è successo?"
"Ha-Hayato..." singhiozzai.
In un battito di ciglia si accucciò vicino a me e con cura mi controllò le mani. "Shamal!" urlò con voce tremante. "Shamal!"
Si sentì un forte correre per le scale, poi anche lui entrò e mi vide a terra. Strabuzzò gli occhi spaventato. "Una crisi?" e, al mio annuire, chiese: "Le medicine?"
Sentii le mani di Hayato lavorare per togliere i pezzetti di vetro incastrati nei palmi delle mie. "N-Non sono... Q-qui..." riuscii a mormorare.
"Le ho in borsa. Hayato, falla respirare." ordinò, prima di andare al piano di sotto.
Tremai per il freddo quando Shamal uscì lasciando la porta aperta, quindi Hayato prese un secondo asciugamano e me lo appoggiò sulle spalle, stringendomi poi al suo petto. "Shh..." mi passò una mano tra i capelli, accarezzandoli. "Inspira, espira, inspira... Brava."
Un po' mi ero calmata, ma l'ansia non era ancora del tutto sparita. Sempre con lacrime agli occhi mi strinsi a lui e mi afferrai alla sua maglia. "A-aiutami..." sussurrai, mentre lui continuava a cullarmi e quando Shamal fece ritorno in bagno con le pastiglie.
"Ecco." disse, abbassandosi e porgendomele.
Le presi con mani ancora tremanti, sotto lo sguardo di Hayato. Sospirai, sentendo il cuore diminuire la velocità.
"Chiara, tutto bene?" mi domandò Shamal preoccupato. "Chiara?"
Non so come, ma riuscii ad annuire.
"Appoggiala sul letto..." continuò Shamal, mentre io mantenevo chiusi gli occhi.
"Le coperte." sussurrò Hayato all'altro uomo, che prontamente le aprì. "Ehi..." mi disse poi teneramente, sempre a bassa voce. "È tutto okay."
Disse anche qualcos'altro, ma non riuscii a sentirlo: tutto quello che vidi all'improvviso era l'oscurità più assoluta.
 
Non sapevo quante ore erano passate, ma mi svegliai con una fantastica sensazione di calore avvolgermi. Non so come ma riusciti a girarmi, sorprendendomi quando mi trovai accanto ad Hayato. Aveva un braccio attorno a me, la mia schiena attaccata al suo petto. Senza fare molto rumore -e senza imbarazzo- mi girai del tutto fino a trovarmi faccia a faccia con lui, osservandolo per bene. Non aveva più il codino e alcune ciocche di capelli gli nascondevano il viso, quindi senza svegliarlo le spostai rivelando un'espressione tesa e stanca. Una fioca luce gli illuminava il volto: in pochi minuti sarebbe arrivata l'alba. Subito non mi domandai perché Hayato era rimasto con me tutta la notte dopo la scenata della sera precedente, tanto ero presa dal fatto che fosse nel mio letto.
Ma cosa mi metto a pensare?
Arrossendo scesi dal letto e in punta di piedi andai in bagno, trovandolo sorprendentemente in ordine. Sospirando, raggiunsi silenziosamente il piano di sotto. Mi guardai intorno: non c'era traccia di Shamal, ma notai un foglio sopra il tavolo della cucina.
 
"Chiara-chan,
mi dispiace tantissimo, ma durante la notte ho ricevuto una telefonata e sono stato costretto ad anticipare la mia partenza. Non ti preoccupare: Hayato, Reborn e i Vongola ti staranno vicino durante la mia assenza. So che avresti voluto salutarmi, ma dormivi così tranquillamente che ho preferito lasciarti riposare.
Per quanto riguarda le tue crisi... Ti ho lasciato altre pastiglie, dovrebbero bastare. Nonostante il mio parere contrario, Hayato ha voluto che gli spiegassi come calmarti, quindi se hai bisogno non esitare a chiedere.
Ancora scusandomi prometto che tornerò appena mi è possibile, magari con un regalino.
Ti voglio bene, piccola mia.
Shamal.
 
P.S. Tieni d'occhio le donne della zona, mi raccomando!"
 
Leggendo quell'ultima frase non potei evitare di sorridere: in fondo Shamal era fatto così. È vero che ero dispiaciuta per non averlo potuto salutare, ma forse è stato meno doloroso. Sospirando raggiunsi il bagno degli ospiti per farmi una doccia, sperando potesse scacciare alcuni pensieri.
 
Mi svegliai, ma per vari minuti rimasi ancora tranquillo. Sul mio petto non c'era più alcuna sensazione di calore, e solo aprendo gli occhi mi resi conto che Chiara non c'era.
Dove diavolo è finita?
Nervoso, mi alzai e scesi le scale, sentendo un rumore di acqua provenire dal bagno. Mi avvicinai alla porta per sentire la voce di Chiara intonare una vecchia canzone italiana. Arrossii quando mi resi conto che dall'altra parte della porta c'era lei, bagnata e accaldata per via della doccia. Mi portai le mani tra i capelli.
Che cazzo?!
Dovevo calmarmi e respirare. Dovevo smetterla di pensare a lei. Mi faceva sentire confuso, ed io odiavo sentirmi così.
Era tutta colpa sua: del suo carattere peperino, dei suoi dolci occhi, della sua morbida bocca, delle sue curve...
Neanche mi accorsi che l'acqua aveva smesso di correre e in bagno c'era solo un sottile fruscio di vestiti. Velocemente ma senza fare rumore mi allontanai e raggiunsi la cucina, intento a fingere di fare qualcosa. Mi guardai attorno in cerca del caffè che spesso la vedevo bere e una volta trovato lo preparai. Dopo alcuni minuti sentii la porta del bagno aprirsi.
"Hayato... Sei sveglio?" disse, sciogliendo i capelli raccolti a chignon.
"Uhm... Sì." borbottai girandomi. "Ho fatto il caffè."
Fece schioccare il collo, cosa che a quanto pare la rilassava, e mi ringraziò. Bevemmo un sorso entrambi avvolti da uno strano e teso silenzio, poi mi guardò: possibile che avesse scorto il mio rossore?
"Sei sicuro di stare bene?" domandò avvicinandosi.
"S-sì!" dissi con tono involontariamente allarmato.
La vidi sorridere maliziosa. "Quindi tu puoi sentire se ho la febbre inchiodandomi al frigo, mentre se lo faccio io scappi?" poggiò la tazza sul bancone, iniziando a stuzzicarmi. "Non ti facevo così timoroso..."
 
"Non sono affatto timoroso..." disse Hayato deglutendo e squadrandomi dalla testa ai piedi. "Ma non voglio che ti avvicini." concluse con uno sguardo che non gli avevo mai visto. Spavento? Preoccupazione? No. Possibile che quegli occhi rivelassero… Desiderio?
Bah.
Per quanto mi fu possibile premetti le mani sul suo petto e gioii internamente per i muscoli sotto la maglia, spingendolo verso il bancone dietro di lui.
"Chiara..." disse con tono d'avvertenza.
Poi accadde tutto in una frazione di secondo: cercando di allontanarsi poggiò la tazza ma subito dopo la colpì con il gomito, facendola cadere a terra e rompere in mille pezzi.
Risi, senza pensare al tutto ciò che era successo la sera prima. "Braccio Destro, insomma!"
"Cazzo, guarda cosa..." si abbassò e iniziò a raccogliere i frammenti. "Mi spiace." borbottò.
Mi abbassai a mia volta, mettendomi alla sua sinistra e iniziando a raccogliere i frammenti più grandi. Dopo un po' mi accorsi che avevo tralasciato un pezzo vicino a Hayato, quindi mi sporsi verso di lui per raccoglierlo.
Molto probabilmente anche lui si era dimenticato di un altro piccolo frammento vicino a me, perché fece esattamente come me e si allungò per raggiungerlo.
Poi, in una frazione di secondo, le nostre bocche entrarono in collisione, toccandosi.
Nonostante dopo un secondo -o anche meno- mi allontanai di scatto, dalle sue labbra riuscii a distinguere il sapore del caffè che adoravo e la nota aspra delle sigarette che spesso fumava. Per attimi interminabili lo guardai negli occhi, in quei bellissimi occhi azzurro-verdi.
Tutt'intorno a noi regnava il silenzio, mentre intanto nella mia testa sono una parola si ripeteva inesorabilmente: mio.
 
Si sentivano solo i nostri respiri, nient'altro. Avevo solo toccato le sue labbra o l'avevo baciata? In un attimo si allontanò da me, ma non lasciò mai il mio sguardo. La guardai immobile, fissai a lungo quegli occhi che di sera si accendevano di luce. Un brivido mi percosse tutta la spina dorsale, mentre nel frattempo nella mia testa solo una parola risuonava: mia.
Hayato, fa' qualcosa!
"Io..." divenni paonazzo. "Devo andare... Ora." dissi frettolosamente.
Come risposta mi guardò per vari altri secondi che mi parvero interminabili, poi si alzò e arrossì ancora di più. "Sì, anch'io devo... Ho da fare." raggiunse le scale, fermandosi sui primi scalini e mostrandomi un sorriso forzato. "Ciao!" continuò prima di scappare al piano superiore.
Poi, ancora accaldato e con il cuore a mille, uscii da casa sua e m'incamminai a passo svelto, scontrandomi con uno sconosciuto sotto il debole sole del primo mattino. "E guarda dove cammini!" gli urlai.
 
Oh mio Dio.
Raggiunsi di corsa camera mia e chiusi la porta alle mie spalle, accasciandomi a terra. Mi toccai le labbra con mano tremante, mentre la mia mente stava ancora elaborando quanto accaduto. Si poteva considerare un bacio? O era solo un tocco accidentale di labbra? D'istinto sorrisi: forse avevo dato il mio primo bacio!
Eccitata, presi il cellulare. Avevo bisogno di parlare con una ragazza, e Haru e Kyoko -nonostante fosse la favorita del Boss- erano troppo fru-fru per i miei gusti. Avevo visto e sentito parlare della sorella di Hayato, ma finora non avevo mai avuto una vera conversazione con lei. Infine capii che il mio ultimo scoglio era Chrome, con la quale avevo legato negli ultimi giorni e durante l'allenamento, quindi emozionata composi il suo numero.
"Chrome-chan? Ho bisogno di-"
Una voce maschile e affannosa m'interruppe. "Chi è?"
Perché Hibari-san risponde al... Domanda stupida.
"Uhm... Chiara-chan."
"Chrome sarà libera più tardi." sentii un gemito femminile di sottofondo, e non ci volle una scienza per capire che stavano facendo. "Molto più tardi."
Stava per riagganciare, ma dissi l'ultima frase velocemente in modo che potesse esserle riferita. "Dì a Chrome-chan di chiamarmi!" quasi urlai tanto ero emozionata.
Non avevo mai avuto una notizia così succulenta da raccontare a un'amica!

 
 
Nuovo capitolo, anche se in ritardo. Perdonatemi l’attesa, ma non me la sto passando bene!
Stavolta preferisco non dilungarmi troppo, quindi posso solo ringraziare i miei cari lettori. Attendo con ansia le vostre recensioni: ci tengo molto.
Un bacio a tutti,
Ma Maddie. 
  
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