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Autore: ladyvampiretta    10/02/2014    6 recensioni
Layla è destinata a morire tragicamente, così hanno deciso gli angeli. Castiel, però, ignaro di tutto, le salva la vita. I loro destini si incroceranno in un turbinio di amore e morte che li porterà ad attraversare l'Inferno e il Paradiso per sfuggire alla sorte avversa.
[Dalla storia]
"« Devo tenerti d'occhio... » continuò « ... corri un grave pericolo »
Rimasi colpita « Eh? Quale pericolo? » sbottai.
Castiel rimase impassibile « Ti vogliono morta »
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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LA PROVA DEGLI ANGELI

 

Durante la notte, mi svegliai per andare in bagno. Con gran fatica, mi tirai su dal letto e mi guardai intorno. Con gli occhi semiaperti, mi cadde lo sguardo sull'orologio digitale, sul comodino.

Segnava le 3.29

Sgranai gli occhi e mi lanciai in bagno come una furia, prendendo dei vestiti al volo.

« Merda! Quella cazzo di sveglia non ha suonato! » ruggii a me stessa, mentre mi infilavo la maglietta e mi allacciavo i jeans.

Avevo il volo per Parigi alle 5.30 e alle 3.30 io ero ancora a casa!

Continuando ad imprecare dentro di me, corsi fino alla macchina e cominciai a caricare la valigia. Ovviamente il portabagagli della mia macchina era un buco e faticai non poco a farcela entrare. Quando riuscii nella mia ardua impresa, feci per mettermi al volante, ma mi resi conto che indossavo ancora le mie ciabattine pelose rosa.

Decisamente non era la mia giornata.

Mi catapultai nuovamente in casa e inforcai le mie Corverse nere con violenza. Prima di lanciare un'ultimo sguardo al mio appartamento, notai un pezzo di carta colorato sul tavolo della cucina.

"Il biglietto!

Con uno scatto lo afferrai e saltai in macchina.

"Merda, farò sicuramente tardi al colloquio" pensai, disperata.

Una compagnia francese aveva accettato di prendermi come stagista in una rivista poco conosciuta, ma che pagava abbastanza bene. Naturalmente, prima avrei dovuto superare un colloquio che, a quanto pare, il destino sembrava intenzionato a non farmi fare.

Impostai il navigatore fino all'aeroporto e partii.

Appena imboccai la strada principale, mi resi conto che era completamente bloccata.

"Maledettissimo traffico newyorkese! Ma che ci fate tutti in strada all'alba?" Strinsi con tanta foga il volante che mi rimase la gomma nera sotto le unghie.

E intanto si erano fatte le 4.06

In preda al panico e ad una crisi di nervi, cercai sul navigatore se ci fosse un percorso alternativo per raggiungere l'aeroporto.

Dopo poco, un segnale acustico mi fece sospirare di sollievo. Era un percorso di un paio di kilometri più lungo, ma almeno avrei evitato il traffico. Non so come, ma riuscii a divincolarmi da quella lunga fila di auto e di imboccare la strada alternativa che il navigatore satellitare mi suggeriva.

« Tra 300 metri, gira a sinistra » disse la voce meccanica dello strumento. Feci come mi venne ordinato e quella che mi si parò davanti era un lungo viale alberato.

4.22

Senza pensarci due volte, premetti il piede con decisione sull'accelleratore.

Per fortuna la strada era sgombra e non c'era segno che ci fossero i rivelatori di velocità.

"Anche se ci sono, non me ne frega niente, mi sta partendo l'aereo!" pensai, con il cuore in gola. Dovevo ancora fare il check-in, consegnare i bagagli e salire sul quel maledettissimo mezzo volante.

Mancava circa un'ora e io ero ancora per strada.

"Quella maledetta sveglia! Suona sempre, proprio oggi deve darmi buca?!" pensai, nervosissima.

Premetti il piede a tavoletta e la macchina schizzò in avanti.

La strada era larga da far passare solo una fila di macchine per senso di marcia, non c'erano banchine e il tutto era delimitato da una fila di alberi. Oltre di essi, c'erano solo campi.

La strada sembrava immersa nel nulla.

Inoltre il sole non era ancora sorto e l'unica luce proveniva dai fari della mia auto. Gli alberi avevano dei tronchi che, nell'oscurità, erano davvero inquietanti.

Lanciai un'occhiata veloce per assicurarmi che il navigatore mi stesse portando nella direzione giusta.

"Sembra di sì..."

Il percorso poi si snodava in pericolose curve, per cui dovetti rallentare decisamente.

E poi lo vidi.

Una macchina grigia, schiacciata contro un albero, con pezzi di vetro e lamiere che occupavano gran parte della carreggiata. Era talmente distrutta che non sarei mai riuscita a dire che macchina fosse. Senza pensarci due volte accostai la mia macchina e saltai giù per vedere se ci fosse qualcuno.

Dall'auto grigia cominciò ad uscire un fumo grigio poco rassicurante.

Con il cuore a mille, mi affacciai a quello che una volta doveva essere un finestrino.

Lì, in quel cumulo di lamiere c'era un ragazzo con un profondo taglio sulla testa che perdeva sangue. Aveva ferite ed escoriazioni e la testa era riversata sul poggiatesta.

L'air bag era esploso e forse su per questo che il ragazzo non aveva la testa rotta. Non esternamente, almeno.

"Ti prego no! " pensai, con il cuore a mille, in preda al panico.

Dovevo liberarlo, chiamare l'ambulanza... ma prima dovevo sincerarmi che fosse vivo...

con la mano tremante, poggiai l'indice e l'anulare destro sul collo del giovane.

Niente.

Non c'era battito.

Mi si gelò il sangue nelle vene, mentre sbarravo gli occhi.

"E' morto"

Rassegnata e con le lacrime agli occhi, feci per togliere le dita dal collo del ragazzo e fu in quel momento che sentii una lieve pulsazione.

Poi un'altra.

E un'altra ancora.

"Allora è vivo!"

Le lacrime non smettevano di scendermi dagli occhi e corsi verso la mia auto con un'espressione di gioia strana sul volto.

"E' vivo, è vivo!" pensai, mentre chiamavo il 911 e richiedevo aiuto.

Quando la croce rossa mi disse che sarebbe arrivata in pochi minuti, lanciai il cellulare nella mia macchina e corsi dallo sconosciuto.

Non doveva avere più di 25 anni, massimo trenta. Aveva i capelli scruri scompigliati che ricadevano in piccole ciocche che gli corpivano la fronte .

Aveva un accenno di barba e indossava un impermeabile.

"Strano... eppure qui non piove..." Lo guardai, incuriosita. Mi sporsi ancora di più verso di lui.

Non si muoveva.

"Sarà ancora vivo?" mi chiesi, mentre tornavo a premere delicatamente le dita all'altezza della giugulare.

Sì, c'era ancora il battito.

Improvvisamente, il ragazzo si mosse appena, con un grugnito. Strinse gli occhi e li aprì appena. Erano di un blu cobalto stupendo.

Quando incrociò il mio sguardo, spalancò gli occhi in segno di sorpresa, ma li richiuse all'istante con un gemito.

« Stai tranquillo, stanno arrivando i soccorsi! » gli dissi con un sorriso, mentre il mio cuore partiva a mille. Nell'aria risuonavano le sirene dell'ambulanza.

« Co... cos'è successo? » mi chiese, socchiudendo gli occhi. Sembrava facesse fatica a tenerli aperti.

« Un incidente » gli dissi solamente e feci per allontanarmi. Dovevo far segno all'ambulanza che eravamo vicini.

« No... non te ne andare » mugugnò il ragazzo, gemendo ancora dal dolore. Una lacrima mi rigò il viso.

Scossi la testa « No, non vado da nessuna parte... » e mi aggrappai nuovamente allo sportello per stargli vicina.

« Come... ti chiami? » domandò con un sussurrò. Vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente. Stava faticando.

« Layla, ma non parlare, risparmia le forze » risposi, sorridendogli. Ebbi l'insano istinto di accarezzargli i capelli per rassicurarlo.

« Che bel nome... io sono Castiel » mugugnò, facendo un mezzo sorriso.

La sua voce aveva un non so che di musicale.

Gli sorrisi a mia volta.

« Grazie, anche il tuo »

Quando l'ambulanza ci raggiunse, due portantini mi spinsero via e cominciarono a salvare il ragazzo dalle lamiere. Impiegarono diverso tempo, dato che l'auto si era quasi accartocciata su se stessa.

Alla fine riuscirono a tirarlo fuori e lo immobilizzarono immediatamente sulla barella.

« Lei è un familiare o un parente? » mi domandò un portantino, con il fiato corto. La loro era una corsa contro il tempo.

« No, ma voglio venire con voi » mi imposi con foga. Non era da me un comportamento del genere, ma non volevo lasciare quel ragazzo da solo.

« Mi dispiace, ma solo un parente può salire sull'ambulanza, ha la macchina? » mi chiese e io gli indicai la mia vettura, abbandonata ad un lato della carreggiata.

« Bene, seguici, andiamo al Saint Peter Hospital » disse, mentre caricavano Castiel sull'ambulanza. Senza dire una parola, gli lanciai un'ultima veloce occhiata. Lo stavano intubando.

Mi si strinse il cuore.

Doveva farcela assolutamente.

Corsi alla mia auto e seguii l'ambulanza.

Il Saint Peter Hospital era costituito da una struttura imponente, dove troneggiava il bianco. Un complesso di edifici dove le lettere S, P, e H erano rinchiuse in un cerchio rosso. Era enorme ed accogliente. La sala d'aspetto era ampia e ariosa, dove la luce solare filtrava ad opera d'arte dalle finestre a soffietto.

Era affollato di gente, pazienti e dottori, infermieri e parenti.

Quando l'ambulanza entrò nella struttura, io dovetti andare a cercare parcheggio fuori. Per fortuna lo trovai subito.

Corsi al bancone delle infermiere.

« Salve, è stato appena portato un ragazzo, ha avuto un incidente d'auto » dissi, con foga.

L'infermiera, una donna asiatica con un caschetto di ricci mi sorrise e controllò sul computer.

« E' al terzo piano, ascensore B1, reparto terapia intensiva » mi sorrise la donna, indicandomi un punto imprecisato nel corridoio alla sua destra.

La ringrazia e corsi in quella direzione, suscitando la curiosità dei pazienti.

L'ascensore B1 cominciò a chiudere le porte proprio nel momento in cui io mi avvicinavo. Mi lanciai come una furia e riuscii a salirvi sopra.

Mi piegai in avanti per riprendere fiato.

Sentii un suono vicino a me. Alzai lo sguardo e vidi un dottore sulla trentina, alto e con i capelli a spazzola che mi sorrideva. Aveva il dito sul pulsante che faceva rimanere aperte le porte.

« Che piano? » domandò.

Gli feci segno di "3" con le dita, dato che avevo ancora il respiro mozzato.

Indossava un lungo camice bianco, da cui sotto spuntavano dei jeans scoloriti.

« Terapia intensiva » borbottò, mentre lui premeva i numeri "3" e "4" « mi dispiace...»

Sospirai e non dissi nulla.

"Mi dispiace? Castiel è ancora vivo, me lo sento!"

Mentre l'ascensore arrivava al piano, mi ritrovai a pensare al nome che il ragazzo mi aveva detto.

Castiel... che nome strano. In vita mia non avevo mai sentito qualcuno chiamarsi così.

"E' un bel nome, non c'è che dire" pensai.

Mi trovai in un lungo corridoio, illuminato da lampade al neon sul soffitto. Il pavimento era fatto di mattonelle scolorite, mentre le pareti erano bianche e blu.

"Blu, come gli occhi del ragazzo". Scossi la testa. Se entravo in quell'ottica, non ne sarei più uscita.

Percorsi il corridoio finché non trovai una porta con accanto il cartellino con su scritto "Terapia intensiva". Di fronte c'erano delle sedie e mi sedetti, in attesa.

Lanciai un'occhiata fugace all'orologio che avevo al polso.

Segnava le 5.38

Sì, senza dubbio avevo perso il colloquio. La cosa strana era che non mi importava più di tanto. La mia attenzione era rivolta completamente al ragazzo dentro, che lottava tra la vita e la morte.

Dopo quella che mi sembrò una eternità, un chirurgo ne uscì. Sembrò sorpreso di vedermi lì.

« Sei una parente del ragazzo? » domandò con fare inquisitorio.

« Un'amica » mentii « Come sta? »

Il dottore rimase in silenzio per un paio di secondi e il mio cuore si fermò.

Poi sospirò « Sta bene, ora ha solo bisogno di riposare, tra un po' lo portano giù » disse « Ti conviene scendere al secondo piano, lo portano lì » borbottò, prima di dileguarsi nel corridoio.

Sospirai di sollievo. Castiel ce l'aveva fatta.

Era strano come quel ragazzo sconosciuto mi sembrasse così familiare.

"Come se lo conoscessi da sempre" pensai, mentre riprendevo l'ascensore e scendevo di un piano.

Quando le porte si aprirono, vidi due infermiere spingere una barella. Mi bastò un'occhiata per riconoscere quei capelli arruffati.

Li seguii con lo sguardo, dato che si erano chiuse le porte dietro.

"Seconda stanza a destra" memorizzai la camera in cui portarono Castiel.

Volevo entrare e sincerarmi delle sue condizioni, ma sulla porta a vetri c'era appeso un foglio con su scritto l'orario di visita.

Avrei dovuto aspettare almeno tre ore.

Mi feci indicare la caffetteria e andai a fare colazione. Presi un cappuccino e una ciambella, ma la mia attenzione tornava sempre sul ragazzo. Ero completamente assorta nei miei pensieri che non mi resi conto che qualcuno mi si era seduto di fronte. Il sorriso smagliante non poteva che appartenere al dottore dell'ascensore.

« Aspetti l'orario di visita? » mi domandò con fare colloquiale. Diede un sorso al suo caffé.

« Già... »

« Mi sembri molto tesa... c'era qualche tuo parente in terapia intensiva?» chiese. Lo guardai, confusa. Stava facendo troppe domande e io non ero in vena di risposte.

« Il mio ragazzo » mentii ancora. Mi morsi immediatamente la lingua. Per quanto ne potevo sapere, Castiel poteva anche essere sposato... e se avessero rintracciato la moglie?

Degluttii, pentendomi subito della bugia. Le parole mi erano uscite di bocca, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Ma non era così. Io quel ragazzo non lo conoscevo affatto. Sapevo solo il suo nome.

Il dottore non si scompose, anzi, il suo sorriso si allargò di più.

« Se vuoi ti faccio entrare, così puoi stargli vicino » disse, alzandosi in piedi.

« Ma c'è scritto che l'orario di visita... » cominciai a dire, ma il dottore mi interruppe.

« Se hai il mio permesso, puoi stare lì anche fino a che non lo spediscono a casa » e così dicendo, mi rivolse l'ennesimo sorriso e lo seguii, felice.

Arrivammo al secondo piano con l'ascensore. Arrivati davanti alla porta a vetri, suonò un campanello e una infermiera venne ad aprirci immediatamente.

La donna, dai capelli biondi cotonati, mi lanciò un'occhiata confusa.

Sulla targhetta c'era scritto "Sara Shepard - infermiera"

Il dottore le disse qualcosa che non compresi, occupata com'ero a cercare di scorgere la stanza di Castiel da dove mi trovavo.

Sentii solo le parole "familiare" e "importante".

L'infermiera si fece di lato per farmi passare, senza dire una parola.

« Tornerò a dargli un'occhiata dopo » mi disse, mentre girava i tacchi e tornava sull'ascensore.

Lo ringraziai con un sorriso e mi feci condurre dall'infermiera nella stanza del ragazzo.

« Io dottor Trammel ha un cuore enorme ed è un pezzo grosso qui, sei fortunata » disse la donna, facendomi un sorriso stanco. Mi portò fino alla soglia della seconda porta a destra.

Mi affacciai verso l'interno. Era una stanza con un solo letto, circondato da un paio di macchinari. Da dove mi trovavo, riuscivo a vedere la flebo, ma non la faccia di Castiel.

« Sta riposando, è megli non svegliarlo » disse, soffocando uno sbadiglio. Annuii. Mi feci coraggio ed entrai.

Castiel era sdraiato sul letto, con le coperte tirate fino al petto. Dal lenzuolo spuntava il braccio destro ingessato. Aveva gli occhi chiusi e una mascherina sul volto, per aiutarlo a respirare. Il mio cuore perse un battito quando vidi dei piccoli graffi sul viso. Senza dire una parola, mi sedetti su una sedia accanto al letto e aspettai.

Dovevo essermi addormentata, perché non mi ero accorta di non essere sola con Castiel nella stanza. Il dottore dal sorriso smagliante, Trammel, stava controllando qualcosa su un piccolo monito che mandava dei bip- regolari.

« E' tutto ok? » domandai, con la voce impastata dal sonno.

Il Dr. Trammel si voltò e annuì.

« Sì, tutto ok, sono passato per controllare, penso che più tardi possiamo anche togliergli l'ossigeno » si grattò il mento « è stato proprio un miracolo che sia ancora vivo, da quello che mi hanno raccontato, la macchina era praticamente distrutta. Se l'è cavata con un paio di graffi, due costole e un polso rotto »
Allargò le braccia « Pensavamo avesse un trauma cranico o qualcosa di simile, dato il taglio sulla testa, invece era un piccolo ematoma... abbiamo avuto un po' di paura, dato che ha avuto una crisi respiratoria mentre lo medicavano » Scosse la testa. Scrisse qualcosa su una cartella clinica e uscì dalla stanza « E' proprio un miracolo »

Lanciai uno sguardo al ragazzo addormentato sul letto.

"Tutto sommato se l'è cavata, poteva andargli molto peggio" pensai, mentre sentivo gli occhi inumidirsi.

Un infermiere mi venne a cercare per avere informazioni sull'incidente e su Castiel, ma non sapevo niente, a parte qualche dettaglio e il suo nome.

Lui si appuntò quelle poche cose che sapevo e uscì dalla stanza.

Mi girai a guardare Castiel e con grande sorpresa, mi resi conto che si stava svegliando. Socchiuse gli occhi e cominciò a guardarsi intorno, confuso. Abbassò lo sguardo e si tolse dalla bocca la mascherina.

« Ma dove sono? » mugugnò.

« Sei in ospedale... » gli occhi di Castiel scesero su di me. Come la prima volta che ci eravamo guardati, spalancò gli occhi e mi sorrise.

« Noi ci siamo già visti, giusto? » domandò in un sussurro.

Annuì « Sì, qualche ora fa »

« No, prima dell'incidente » biascicò. Aveva la voce rauca. Si passò una mano sulla gola, infastidito.

Scattai subito in piedi « Ehi, che succede? »

« Ho sete » disse, indicandosi la gola. Ci voltammo entrambi verso il comodino, ma era praticamente vuoto.

« Aspetta, vado a prenderti qualcosa da bere e dico alle infermiere che ti sei svegliato » Castiel non rispose, ma il suo sguardo mi ferì. Sembrava un cane abbandonato.

Mi morsi il labbro, indecisa. Gli lanciai un'ultima rapida occhiata e mi diressi a passo svelto al bancone delle infermiere del reparto.

« Sì è svegliato » dissi sorridendo.

« Davvero? » chiese l'infermiera bionda cotonata, sbarrando gli occhi. Sembrava incredula. Si avviò a passo svelto nella stanza di Castiel.

La lasciai al suo lavoro e corsi giù al bar e presi una bottiglietta d'acqua naturale. Ripresi l'ascensore e corsi dal ragazzo.

Nella sala trovai il dottor Trammel, intento a visitarlo di nuovo.

Rimasi a guardarli dalla soglia. Non sapevo se potevo entrare o meno. Nel dubbio decisi di aspettare fuori.

Castiel e il dottore si voltarono nella mia direzione e mi sorrisero entrambi.

« Vedo che stai molto meglio adesso » dissi, sorridente. Gli indicai la bottiglietta d'acqua.

« Grazie a te » rispose Castiel. Aveva un sorriso abbagliante.

Sembrava sano come un pesce.

« Gli stavo dicendo che è proprio un miracolo che si sia salvato, inoltre si è già ripreso. In tanti anni non mi era mai capitato. È proprio un ragazzo fortunato, ma più di tutti è che tu lo hai trovato » affermò Trammel « Quella strada è poco trafficata » continuò, scrivendo qualcosa sulla cartella clinica di Castiel.

Il mio cuore fece un balzo.

Trammel alzò lo sguardo dal foglio.

« Bene, è tutto tuo » e così dicendo, mi superò e restai sola con Castiel.

Degluttii e feci un passo nella stanza, titubante.

Il ragazzo si girò verso di me « Non mordo mica, sai? » ridacchiò.

Risi anche io. Chissà perché mi sentivo un po' a disagio.

« E chi mi assicura che non mi morderai? ». Rise ancora e gli porsi la bottiglietta d'acqua.

Ne bevve un lungo sorso socchiudendo gli occhi.

Quegli splendidi occhi...

« Senti, se mi dai il numero della tua ragazza, di tua moglie o di un familiare qualsiasi li avverto che sei qui » dissi, reprimendo il solito, insano istinto di accarezzarlo.

Lui mi guardò, inclinando la testa di lato. Fece una mezza faccia imbronciata guardando il vuoto e si ributtò con la testa sul cuscino.

« No, non ho nessuno da avvertire » borbottò.

« Un familiare? » ci riprovai.

« Non ho nessuno » disse, atono « Veramente non ricordo niente di ciò che è successo prima dell'incidente » si grattò l'accenno di barba.

« Probabilmente è dovuto allo shock » annuii. Sicuramente era così.

"E agli antidolorifici" pensai, guardando l'ingessatura.

« E tu? Ricordi qualcosa prima di ieri? » mi domandò, senza guardarmi negli occhi.

« Certo! » esclamai, lanciandogli un'occhiata perplessa.

"Ma che domanda è?" mi domandai mentalmente. Ma non dovevo dare importanza alle sue parole, dopotutto era scampato ad un incidente mortale ed era sotto tranquillanti.

Si voltò a guardarmi, scettico, ma non indagò oltre.

« Ti va di raccontarmi cos'è successo? » chiese, indicandosi.

Annuii e ripercorretti la notte precedente.

« Wow » mormorò confuso a fine racconto.

« Tu cosa ricordi? »

Castiel restò per un paio di secondi il silenzio, con gli occhi chiusi e la testa poggiata sul cuscino. Fece una piccola smorfia.

« Stavo tornando a casa... non ricordo dove fossi andato... andava tutto bene, quando ho visto i fari di una macchina sulla mia corsia, contromano... ho sterzato e dopo un secondo tutto è diventato nero » disse, con fatica. Una piccola ruga gli si formò vicino all'occhi sinistro.

Avrei dato non so che per baciargliela e dirgli che andava tutto bene...

"Layla! Sei impazzita?! Ma che vai a pensare?" la mia mente mi redarguì senza mezzi termini.

« E quindi con il colloqui? » mi chiese, a bruciapelo.

Alzai le spalle « Ne troverò altri... » pensai, senza espressioni.

Castiel si rabbuiò « Mi dispiace... è colpa mia » disse, abbassando le spalle, mentre il suo sguardo si incupiva.

« Ma che dici?! » Mi si strinse il cuore.

Quel ragazzo mi faceva uno strano effetto.

"Magari lo hai già incontrato... in un'altra vita?" mi sussurrò una vocina dentro di me.

Scossi la testa. Non credevo a queste cose.

Era semplice attrazione. Semplice.

Restammo a chiacchierare tutto il pomeriggio. Le infermiere che passavano a misurargli la febbre, a medicargli le ferite, a dargli le medicine e a portargli i pasti non dissero nulla sul fatto che mi fermassi oltre l'orario di visite.

Trammel doveva avere una certa influenza.

Mi allontanai solo per andare a mangiare qualcosa, per andare in bagno o per darmi una lavata veloce nel bagno della stanza senza farmi beccare dalle infermiere.

Avevo l'ansia però a lasciare Castiel da solo.

Mi addormentai sulla sedia accanto a lui, lasciando che le tenebre mi avvolgessero.

 

Quando la luce cominciò a filtrare dalla finestra aperta, fui costretta a svegliarmi.

Mi ero addormentata con la faccia sul cuscino, accanto a Castiel.

Lo stesso Castiel che mi guardava con dolcezza a mezzo centrimetro di distanza!

« Oddio, scusami! » dissi, con il cuore a mille, mentre alzavo la testa dal cuscino.

« Perchè? » soffiò « Sei così carina quando dormi »

Avvampai immediatamente di rossore.

« Sicuro, un amore » borbottai, imbarazzata.

Il ragazzo mi guardò e scoppiò a ridere.

« Sei così buffa » ridacchiò.

Gli feci la linguaccia.

Ridemmo entrambi, ma subito dopo lui esclamò qualcosa, dolorante.

« Le costole! » esclamò, notando la mia faccia preoccupata.

"Ah, già, le costole rotte..."

Sentii la sua stretta sulla mia mano destra. Non mi ero neanche accorta che me l'aveva presa.

« Vai a casa, ti fai una bella dormita e poi torni qui » mi sorrise, comprensivo.

Scossi la testa « Preferirei restare... »

Si morse il labbro « Non dormi da quando mi hanno ricoverato e sono passati diversi giorni... mi fa male sapere di essere un peso » la sua faccia si rabbuiò.

« Ma non sei un peso! » esclamai, guardandolo, offesa.

Una infermiera entrò nella stanza. Aveva in mano un bicchiere con le medicine di Castiel. Mi lanciò un'occhiata « Dovresti andare a casa a riposare, cara, non hai delle borse sotto gli occhi, ma trolley » borbottò, preoccupata. Fece un mezzo sorriso alla sua stessa battuta.

Mi accasciai sulla sedia « Due contro una... non vale » mormorai, risentita. Castiel fece una mezza risata, interrotta subito da un mugulio di dolore. L'infermiera non perse tempo e gli ficcò in bocca le pasticche senza mezzi termini.

 

Me ne tornai a casa.

Quando aprii la porta, mi sembrò così strano ritrovarmi lì. Ero mancata per diversi giorni, eppure mi sembrava tutto... innaturale. Non sarei dovuta essere a casa, ma con Castiel.

"E cosa succederà quando lo dimetteranno? Lui andrà per la sua strada e tu per la tua, con la sola differenza che sarai senza lavoro!" mi ammonì una vocina interna. Mi si strinse il cuore chiedendomi se, una volta fuori, io e Castiel ci saremmo rivisti.

Sbuffai. Non ci dovevo pensare.

Mi buttai sotto la doccia e lasciai che l'acqua lavasse via tutte le mie preoccupazioni e le mie ansie.

Il getto d'acqua mi calmò all'istante. Era così rilassante...

Mi avvolsi nell'accappatoio e camminai a piedi scalzi fino alla cucina.

Aprii il frigo. Non c'era molto.

Recuperai dal surgelatore una mozzarella e dalla dispensa farina, lievito e una bottiglia di pomodoro.

"Mi farò una pizza" pensai, degustando il pensiero della mia cena.

Dopo aver praticamente divorato la mia favolosa creazione, mi rifugia nel caldo tepore delle coperte. Sarei andata da Castiel l'indomani.

 

La mattina dopo, alle 9, ero già all'ospedale.

Corsi nella stanza di Castiel, ma la trovai vuota. Mi si fermò il cuore.

"Dov'è?" pensai, guardandomi intorno.

Temevo il peggio. Dopotutto aveva avuto una crisi respiratoria in sala operatoria e nessuno mi assicurava che non ne avesse avuta un'altra in mia assenza. Non potevano neanche averlo rispedito a casa, ingessato com'era.

"Ma dove diavolo è?" pensai, avvertendo un fremito di paura. Corsi al bancone delle infermiere e mi rivolsi a Sara.

« Dov'è Castiel? » le chiesi, senza mezzi termini.

Lei alzò le spalle e mi seguì nella stanza del ragazzo.

Improvvisamente due mani mi coprirono gli occhi.

« Chi sono? » sussurrò una voce al mio orecchio sinistro. Il respiro caldo mi solleticò la pelle.

Quella voce era inconfondibile... eppure era assurdo!

« Castiel? » biascicai, confusa. Le mani dagli occhi sparirono. Mi voltai all'istante e incontrai le iridi blu cobalto di Castiel. Eravano a pochi centimetri di distanza e quella vicinanza mi diede le vertigini.

Sentivo il suo respiro caldo sulla pelle, i suoi occhi dentro i miei.

La mia mente partì per la tangente, tanto era presa dal momento che non mi ero neanche preoccupata del fatto che il ragazzo stesse in piedi.

"Bacialo, bacialo!" urlò la mia vocina interiore. Avvampai di rossore.

Castiel mi sorrise e mi si avvicinò ancora di più, senza staccare gli occhi dai miei.

Le nostre labbra stavano per sfiorarsi. Chiusi gli occhi e mi preparai ad accoglierle.

Ma quel bacio non arrivò.

Una voce alle nostre spalle ci fece sobbalzare.

« Allora, Castiel, vediamo come stai og... » il Dottor Trammel, che stava camminando a testa bassa, quando ci vide indietreggiò all'istante « Oddio, scusatemi, non volevo interrompere... »

Sbuffai. Ormai il danno era fatto.

Io e Castiel ci allontanammo all'istante.

Trammel ci guardò a mo' di scusa.

Il suo sguardo passò da me al ragazzo.

Per poco non cadde a terra « CASTIEL?! MA COME FAI A STARE IN PIEDI? » urlò, facendosi sentire da tutto il reparto. Alcune infermiere si affacciarono nella stanza.

Castiel scrollò le spalle e tornò a sedersi sul letto.

« Tutte le analisi, subito! » ordinò ad una delle infermiere.

 

Dopo quella che mi sembrò una eternità, Castiel tornò nella stanza, con al seguito Trammel dagli occhi vitrei. Teneva una radiografia in mano.

« Non ci posso credere » borbottava di continuo da quando era entrato.

Andò a parlare con le infermiere e ci lasciò soli nella stanza.

« Sei guarito » affermai con un sorriso carico di sollievo.

Il ragazzo sorrise. Eravamo soli nella stanza.

Mi si avvicinò e mi afferrò per i fianchi. Un brivido d'eccitazione mi percorse tutto il corpo.

« E' solo grazie a te » mormorò, avvicinando il suo viso al mio.

Le nostre labbra si sfiorarono « Ti prego, non andartene dalla mia vita» sussurrò.

« Mai » affermai sempre sottovoce. Il mio cuore batteva all'impazzata. Castiel era ciò che avevo sempre voluto dalla vita e, anche se lo conoscevo da poco, sentivo che potevo fidarmi di lui. Era assurdo, insano... inspiegabile. Come potevo provare certe cose per uno sconosciuto? Era innaturale, ma in quel momento non aveva importanza.

Ci baciammo dolcemente chiudendo gli occhi.

 

Improvvisamente, venni pervasa da quella che mi sembrò una scarica elettrica.

« Ma cosa... » provai a chiedere a Castiel, ma anche lui era confuso quanto me.

"Perché siamo in un ospedale?" pensai, dando una rapida occhiata intorno a noi.

Accanto a me, vidi l'angelo irrigidirsi.

Davanti a noi si palesò una donna. Alta e slanciata, indossava un completo bianco, aveva i capelli castani raccolti in una morbida coda. Ci guardava confusamente.

« Naomi... » mormorò a bassa voce Castiel.

Naomi... era lo stesso nome che aveva pronunciato Rochel quando era venuto ad ucciderci... lo stesso che aveva ricattato Menea.

"Un angelo"

« Avete superato la prova... strana sorte anche per il destino stesso » disse, con fare austero.

« Non capisco... » dissi in un sussurro.

Lei scosse il capo « Vi abbiamo messo alla prova, trasportandovi in una realtà alternativa, in cui eravate due perfetti sconosciuti... » raccontò atona « stranamente, vi siete incontrati e innamorati anche in quella realtà ».

Mi rivolse uno sguardo di ghiaccio.

« Non ci avete ancora detto perché volevate ucciderla » ringhiò Castiel, indicandomi.

Naomi sospirò.

« Gli ordini sono cambiati, dobbiamo solo portarla via per ordine di Raffaele, hanno un conto in sospeso » affermò.

« Raffaele? L'arcangelo? » chiese stupito il mio angelo, prendendomi la mano con fare protettivo.

Naomi annuì e fece una mezza risata beffarda.

« Non te ne sei ancora reso conto, Castiel? » continuò lei, diffidente.

L'angelo accanto a me si irrigidì « Di cosa? »

Naomi mi scrutò con i suoi occhi penetranti. Sogghignò.

« Lei è un angelo come noi ».

Sgranai gli occhi.

Tutto il mondo intorno a noi si fermò, come se qualcuno avesse spinto il pulsante "Pausa".

I suoni sembrarono sparire davanti a quella informazione.

La testa cominciò a girarmi e sentii le gambe cominciare a tremare.

"No, non sono un angelo"

« Non posso... » cominciai a biascicare, ma la voce non mi uscì.

Castiel mi guardò confuso. Il suo sguardo passava da me alla donna che aveva davanti.

« No, ti sbagli... se fosse un angelo lo avrei sentito » rispose con durezza.

Il mio cuore prese a battere velocemente.

"No, non sono un angelo"

« E' un angelo caduto, Castiel » affermò con convinzione. « La tua Grazia ci ha permesso di individuarla »

Mi si gelò il sangue nelle vene. Mi ritornarono alla mente le parole dell'angelo: mi aveva detto che quando una creatura celeste cade, gli rimane una scintilla di Grazia addosso in modo permanente. Per gli altri angeli è davvero difficile da individuare, a meno che... non ci sia un angelo potente accanto da essere come un faro nella notte su quella scintilla.

« Ti ha portato lontano dalla tua missione, Castiel » continuò in tono duro « Stavi diventando umano per un abominio, per il simbolo del peccato più grande »

Fece una breve pausa prima di continuare « Ti stavi lasciando trascinare nella perdizione... abbiamo avuto l'ordine di portarla via, volevamo solo proteggerti da lei. Hai voltato le spalle al paradiso per questo abominio! »

Alle nostre spalle, qualcuno applaudì.

Ci voltammo di scatto. Dietro di noi, Crowley ci guardava divertito.

« Naomi, che bella rimpatriata, come ai vecchi tempi » il suo tono era basso e profondo.

« Che ci fa un essere empio come te qui? » domandò, velenosa, senza scomporsi.

Il demone alzò le spalle « Sono venuto a prendere quella che tu chiami "abominio", mi serve per i miei "esperimenti" » mormorò, mimando le virgolette.

"Esperimenti?" Il mio cuore perse un battito e sbarrai gli occhi mentre dei flashback dell'Inferno facevano capolino nella mia mente.

« Lei c'è già stata all'Inferno, te la sei lasciata scappare » lo derise lei.

Crowley non si scompose « Prima non sapevo cosa fosse... e poi, sono stato io a lasciarla andare » puntualizzò, lanciandomi un'occhiata maliziosa.

Rabbrividii.

« Quando l'ho portata ai piani bassi, era solo per fare uno sgarbo all'angioletto in trench qui presente » . Il demone indicò Castiel.

Naomi fece un paio di passi in avanti, superandoci « Mi dispiace, ma la sua condanna è stata stabilita dal Paradiso »

"Stanno litigando su chi debba avermi?" pensai, inorridita.

« Mi dispiace, tesoro, ma non posso accettare un "no" come risposta » disse in tono mellifuo Crowley.

Ci fu un enome scoppio al centro della stanza. Non seppi dire da chi venne causato, fatto sta che Castiel mi afferrò per un braccio e mi portò via.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Colpo di scena! Dai, fatemi credere di avervi stupito, anche se credo che già da un po' sospettavate che Layla fosse un angelo caduto. Maledetto Zaccaria!

Comunque, il prossimo capitolo sarà l'ultimo.

Con prossimo – e ultimo - vi stupirò (spero!)

Grazie a tutti quelli che passano e recensiscono! Grazie, grazie, grazie!

Scrivetemi cosa ne pensate di questo capitolo, sono curiosa :)

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

  
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