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Autore: Pentesilea_    10/02/2014    14 recensioni
Sembrava essere sufficiente un "I wish..." perché i suoi desideri prendessero forma.
Lui è Kurt.
La forma è una gran bella forma, con un gran bel sorriso e una gran bella anima.
I desideri sono... beh scopriteli leggendo.
[N.B. Questa storia non tiene conto degli eventi successivi alla 2x22]
*** Estratto dal Prologo: ***
Kurt aveva dei desideri, tanti, tanti desideri [...]
Desiderava qualcuno che lo amasse così come lui voleva essere amato: follemente, disperatamente, come in uno stucchevole romanzo [...]
Desiderava che qualcuno gli facesse perdere la testa al punto tale da farlo ricredere sul fatto che "sfiorarsi le dita" potesse essere realmente il modo migliore di passare il tempo, o comunque il modo più appagante
Desiderava che qualcuno gli bruciasse dentro in un fuoco mai, mai pago
Desiderava...
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Obviously


Dunque, dove eravamo rimasti? A New York Blaine e Kurt continuano ad innamorarsi l'uno dell'altro mentre la famiglia Anderson si ritrova. Amy compra il primo regalo a suo figlio: due biglietti per una serata speciale che comprende, tra le altre cose, la cena su un tetto che dovrà essere preparato per l'occasione. Desmond invita la sua famiglia ad una serata elegante nella quale presenterà il suo progetto ad una folta platea di soci, finanziatori, amici: si terrà a Wall Street, in un'atmosfera da sogno e Kurt già trema, ma non ha tempo di disperarsi perché Amy ha bisogno di un abito e di qualcuno che la accompagni nel gotha della moda per trovarlo. Anche Kurt e Blaine hanno bisogno di un abito, ma il primo non vuole accettarne uno in regalo dagli Anderson, e il secondo non è tanto preoccupato di cosa indosseranno per l'occasione, ma di quando potrà finalmente sfilarne via ogni strato ad entrambi. Prima di lasciare Lima, Burt aveva rassicurato Kurt sul fatto che fosse inevitabile legarsi alla famiglia di Blaine, compresa sua madre, perché ne faceva già parte benché non lo sapesse ancora, ma quella paura è ancora lì, senza nome, ad agitarlo dentro. Una sera Amy mostra alla sua famiglia il video del secondo compleanno del piccolo Blainey e gli restituisce qualcosa che aspettava dolorosamente da sempre: il suo papà.
And that's what you missed on Obviously. ù.ù

Ciao a chiunque abbia ancora la pazienza di seguire le vicende di questa storia,  c'è voluto un tempo infinito per dare a questo capitolo tutte le sfumature dei sentimenti e dell'umanità che c'è dentro, gli ho dedicato mesi e cure che non saprei neppure quantificare perché ogni parola si incastrasse perfettamente e riuscissi così a mettervi in mano il cuore dei personaggi senza ferirli per la mia mediocrità. Poi ho finalmente realizzato che semplicemente non ne sono capace e per quanto mi possa sfinire per revisionarlo, non sarò mai soddisfatta del risultato, perciò non ho potuto fare altro che accettarlo e rassegnarmi, ed eccomi qui.
Visto che 
ciò che state per leggere è l'equivalente di 10 capitoli di una fanfiction normale scritta da persone dotate di un minimo di senso della misura e buon senso, cosa che evidentemente io non ho, ma questo voi lo sapete già, prendetevi tutto il tempo che vi serve per leggerlo: niente abbuffate perché l'ultima cosa che vorrei è farvi venire la nausea.
Ho già pensato io a dividerlo in parti e vi prego di leggerle singolarmente - vi scongiuro, datemi retta - così io mi sentirò meno in colpa e, se ci volesse un mesetto per arrivare fino in fondo all'ultima nota, anche tutto questo tempo di attesa avrebbe senso.

Parte I --> sottotitolo: "Sleeping Beauty" - Trama & Personaggi: pretotentemente Klaine; risvegli; fiabe; paura; Desmihan; rosso & grigio? Un abbinamento perfetto.
Parte II --> sottotitolo: "Punto G" - Trama & Personaggi: W le dannate borchie; regali graditi parte1; shopping time; Blaine night; porcellane da fiaba
Parte III --> sottotitolo: "Del perché sarò sempre una Klainer" - Trama & Personaggi: Klaine; regali graditi parte2; Klaine; pranzo tra amici; Klaine; Klaine e l'omino del sapone; Klaine e l'ottavo nano; Klaine.
Parte IV --> sottotitolo: "La città di Smeraldo" - Trama & Personaggi: un bouquet bianchissimo; l'uomo per-fet-to; alpha female & alpha male = danger; May I have this dance?; "Mamma"

Consigli per la lettura e indicazioni varie, li troverete nel Lima Bean virtuale, insieme a bevande e dolcetti di conforto per lenire gli effetti traumatici della lettura: pentesileask.tumblr.com

Un'ultima riga - o forse più conoscendomi - solo per dire GRAZIE a chi mi è stato vicino in questi mesi, alla mia Michela, a chi non stesse passando un buon momento. Un GRAZIE speciale a chi ha recensito questa storia perché forse non ve lo dico abbastanza e, visto il ritardo nelle mie risposte, forse potrebbe non essere chiaro quanto vi sia grata e quanto siate fondamentali per me e per questa storia, dunque ve lo ribadisco: grazie, senza di voi io non sarei qui ora e non avrei il coraggio di pubblicare capitoli come questo. Le risposte non ve le scampate comunque, figuriamoci se rinuncio a molestarvi di parole al  nostro Lima Bean? ù.ù Stay tuned! (♥♥♥)
Un bacione e Grazie anche a chi ha letto e gradito il mio regalino di Natale facendone uno a me con commenti e apprezzamenti dolcissimi. Tanto, tanto amore per voi. 

Annalisa, questo capitolo è per te.

Buona lettura e courage!



Nota per R. Murphy, la Fox o chi per loro: io non possiedo Glee, né le sue storylines, né KurtBlaine ma io ho la Desmihan , la Rambosky, la Murphyan ù.ù, la Finpaya (?), la Huddinn (*-*), la mai dimenticata O'Colfer (ç___ç), Skytana (...), la Klainence (*-*), e, se permetti, anche una piccolissima quota della Klaine, quella che tu ti sei perso per strada: me ne approprio per usucapione. ù.ù 


*** Cap. 28. I wish...  our City dreams ***

A volte un abbraccio, quando il respiro e il battito del cuore diventano tutt’uno,
fissa quell’istante magico nell’eterno.
Altre volte ancora un abbraccio, se silenzioso, fa vibrare l’anima
e rivela ciò che ancora non si sa o si ha paura di sapere.
Ma il più delle volte un abbraccio è staccare un pezzettino di sé per donarlo all’altro
 affinché possa continuare il proprio cammino meno solo.

(Pablo Neruda)


Blaine si svegliò alle prime luci dell’alba assediato dal profumo inebriante di Kurt che dormiva sereno tra le sue braccia. Sapeva che suo padre si sarebbe alzato presto in vista della partenza per Boston, perciò avrebbe dovuto raggiungere prima possibile il divano per ricreare l’illusione pudica di aver dormito lì da solo per tutta la notte, ma volle prendersi qualche istante per saziarsi di quel profumo e della bellezza pura e vulnerabile del suo amore addormentato.
 
Si sollevò su un gomito per garantire una migliore prospettiva ai suoi occhi che scivolarono lenti sul corpo caldo di Kurt, sulla sua pelle inumidita dalla calura notturna, sull’espressione tenera del suo viso, sul percorso invitante dei muscoli della sua schiena, sulle lunghe gambe flessuose aggrovigliate alle lenzuola. Lo sguardo di Blaine si aggrappò ad ogni curva lottando contro il bisogno incalzante di sentirne la morbidezza con le dita, misurarne il calore con le labbra, e poi baciarlo, segnarlo, assaggiarlo.

Prima però di cedere al desiderio che gli riscaldava il sangue e molestare in modo moralmente discutibile il suo ignaro ragazzo, Blaine si convinse a lasciare il tepore morbido del loro letto e alzarsi.
 Con tutta la delicatezza di cui era capace, si chinò dunque su Kurt per lasciargli un bacio impercettibile tra i capelli, poi scostò con attenzione le lenzuola e, senza mai distogliere lo sguardo dall’oggetto dei suoi desideri, tentò di sgusciare fuori dal letto.
 
«No, non andare» piagnucolò rauco Kurt bloccandolo
«Scusami, ti ho svegliato» sussurrò Blaine sorridendo nel vederlo lanciare una mano alla cieca dietro di sé per tentare di afferrarlo e riportarlo al posto che gli spettava di diritto: accanto a lui, disteso sulla sua schiena.
«No, non mi hai svegliato» gli assicurò senza aprire gli occhi soffocando uno sbadiglio sul cuscino
«A me pare di sì» mormorò Blaine stendendosi di nuovo dietro di lui
«No, dormo ancora - ribatté Kurt mugolando soddisfatto quando Blaine lo avvolse nuovamente tra le sue braccia - Ma se proprio ci tieni a svegliarmi, dovrai ricorrere ai metodi tradizionali» sorrise malizioso girandosi leggermente e accoccolandosi sul suo petto
«Cioè?» domandò Blaine perplesso.
Kurt riuscì a roteare gli occhi pur tenendoli ostinatamente chiusi e sbuffò contrariato «Certo che se fosse dipeso dalla tua perspicacia, Biancaneve e la Bella Addormentata sarebbero ancora lì nel bosco a russare» lo prese in giro
«Oh - capì finalmente Blaine - il metodo tradizionale…» sussurrò divertito sulla sua bocca godendosi per qualche istante il desiderio inquieto di Kurt nascergli sulle labbra non appena sentì il respiro caldo di Blaine fondersi nel suo 
«Sì» soffiò affannato schiudendo le labbra in attesa di essere riempite.
Blaine respirò quel sospiro prima di sollevargli delicatamente il mento e restituirglielo baciandolo d’amore vero e impeto come s’addice a chi avesse atteso cent’anni il suo principe che iniziò a svegliarsi nella sua bocca.
 
Kurt non era sicuro di aver mai letto che la Bella addormentata a questo punto si fosse stretta alla schiena del principe per tenerlo dentro la sua bocca finché fosse stata certa di essere sveglia, né che avesse risposto al bacio con inusuale furore per una che avesse dormito per un secolo intero, e neppure che il risveglio si fosse diffuso ovunque accompagnato da mugolii affannati di piacere, ma decise che in certi casi e con certi principi particolarmente caldi, una licenza sulla trama ufficiale fosse assolutamente necessaria.
Blaine d’altra parte sembrava apprezzare lo slancio del suo Sleeping Beauty e sorrise sulle sue labbra prima di assaltare nuovamente la sua bocca, gustandola e vezzeggiandola finché non fu abbastanza certo che si fosse svegliato.
 
Orfano delle labbra di Blaine, Kurt attese qualche istante prima di aprire gli occhi su di lui e illuminare il suo buongiorno con il più appagato dei suoi sorrisi.
«Quindi il nostro è vero amore» dedusse Blaine accarezzando quel sorriso con le sue labbra
«Non lo so, forse» tentò di fare il sostenuto Kurt
«Beh, ti sei svegliato - gli fece notare soddisfatto - e solo il bacio del vero amore può svegliare il principe»  
«Ma io non sono sveglio» contestò petulante
«A me sembri molto sveglio» considerò Blaine dando una rapida occhiata a certe parti del corpo di Kurt che tradivano in modo inequivocabile e imbarazzante gli effetti di quel bacio e dello stretto contatto tra loro
«Ti sbagli - replicò arrossendo miseramente - in realtà sono ancora mezzo addormentato» mugugnò
«E esattamente quale metà dorme ancora?» ribatté seducente Blaine accorciando ulteriormente le distanze finché non fu su di lui sostenendosi sui gomiti
«Non saprei…» annaspò con un sorrisetto diabolico mentre lo accoglieva tra le sue gambe
«Allora immagino che dovrei baciarti ovunque per essere sicuro di risvegliare ogni angolo» suppose Blaine accettando quella tacita sfida e lasciando correre i suoi occhi affamati sul corpo sotto di lui che rabbrividì prima di scuotersi in una risata adorabile.
«Che c’è?» domandò Blaine disorientato scrutando nell’azzurro scintillante dei suoi occhi
«Niente - continuò a ridacchiare Kurt - È che sono abbastanza sicuro che non ci sia niente del genere nelle pagine dei fratelli Grimm».
Blaine sorrise ma non si perse d’animo «Questo perché non hanno mai raccontato cosa facevano da soli nel bosco il principe e il guardiacaccia mentre Biancaneve dormiva».
Kurt rise divertito ma lo sguardo di Blaine che sfrecciava intenso e appassionato dalle sue labbra ai suoi occhi, sfumò presto quella risata in un respiro mozzato e in una tensione infuocata che si riversò nel suo sangue.
«E… cosa facevano?» domandò senza fiato mordendosi un labbro
Blaine gli sorrise per più di qualche istante prima di sfiorargli la fronte con le labbra e iniziare a raccontare la sua fiaba.
 
«Erano nel bosco da diverso tempo in cerca di fanciulle da salvare, o almeno questa era la versione ufficiale per la corte che non avrebbe capito il loro amore segreto, negato, sbagliato: eppure quando calava la notte sulla loro piccola tenda e il silenzio avvolgeva i loro corpi stremati e ansimanti, ancora fusi uno nell’altro, erano sicuri che non ci fosse niente di sbagliato in ciò che provavano e l’universo intero sembrava d’accordo» mormorò tra i baci.
«Adoro le tue fiabe» sospirò sedotto Kurt socchiudendo gli occhi per godere della sensazione delle labbra umide di Blaine sul suo viso.
«Al mattino però quella dolce e pura verità svaniva, ferita dalle luci delle convenzioni e dagli occhi feroci del mondo - continuò Blaine - Ma prima di lasciare la loro piccola tenda il fedele guardiacaccia si assicurava che il suo principe fosse sveglio. Ovunque» specificò soffermandosi appena sulla sua bocca e baciandone il contorno prima di proseguire oltre lungo il profilo della sua mascella.
 
«Mi piace questo guardiacaccia» sussurrò affannato Kurt
«Non quanto al guardiacaccia piaceva il suo principe - lo corresse Blaine mentre disegnava con la punta delle dita la curva del suo collo - Soprattutto quando smetteva di raccontare fiabe e posava la bocca su di lui per sentirlo svegliarsi sotto le sue labbra...» mormorò prima di affondare il viso nella sua pelle candida e sorridere nel sentirla incresparsi di piacere al suo passaggio.
 
«B..Blaine» ansimò Kurt mentre la bocca di Blaine si muoveva su di lui approdando su ogni angolo della sua pelle, accogliendola tra le sue labbra e assaporandone il gusto pieno e naturale e trovandola, senza sorpresa, ancora più deliziosa di quanto ricordasse
«Mmhh?» mugolò in risposta senza staccarsi dalla sua pelle mentre scendeva avido lungo la cavità arsa del suo ventre costringendo Kurt ad inarcarsi e così sfiorarlo con la sua intimità che Blaine sentì crescere sotto di sé e l’attrito divampò nelle vene di entrambi.
 
«B…Blaine!» sussultò senza voce quando Blaine si fece spazio tra le sue gambe e insinuò le dita sotto il bordo della cintura del pigiama
«Ovunque, mio principe» gli ricordò Blaine in poco più che un soffio caldo sollevandosi appena dalla sua pelle e curvando le labbra in un sorriso implorante mentre osservava affamato il desiderio di Kurt diventare più urgente tra le sue cosce.
Kurt tremò sotto di lui e lo fissò con gli occhi spalancati, scossi da una luce di timida insicurezza e insieme di pulsante bisogno che solcarono il cuore di Blaine facendolo sbattere con forza contro il suo torace, incapace di contenere quel sentimento che era nato proprio lì, in quegli occhi tersi colore del cielo che ora lo accarezzavano fiduciosi e vulnerabili.
«Ti amo» traboccò tremolante dalle labbra di Blaine e quando la mano di Kurt raggiunse il suo viso intrecciandosi ai suoi capelli per guidarlo su di sé, gli sorrise grato sfilando via l’ultima barriera di tessuto senza mai lasciare i suoi occhi.
 
Kurt avrebbe voluto dire qualcosa per significargli quanto anche lui lo amasse, nel caso ancora avesse dubbi, ma ogni suono e parola gli morì in gola nell’attimo in cui le labbra di Blaine cinsero la sua eccitazione, esitanti e delicate, per poi prendere coraggio e percorrerne la lunghezza in una lenta e agonizzante carezza prima di accoglierla nella profondità umida della sua bocca.
Non era la prima volta che la bocca di Blaine si prendeva cura di lui in quel modo, ma Kurt non riusciva ancora pienamente a capacitarsi che stesse accadendo proprio a lui e soprattutto che fosse così diverso da come erroneamente aveva classificato quel genere di pratiche. Ma allora non sapeva niente del sesso e ancor meno dell’amore, quello vero, quello che si erano detti l’un l’altro in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni respiro condiviso, e che ora sentiva nitido nelle dita di Blaine che si intrecciavano alle sue e lo accarezzavano rassicuranti mentre affondava lento sulla sua intimità.
 
Blaine si muoveva deciso intorno a lui dosando dolcezza e fervore, assicurandosi che ogni gesto gli fosse gradito e, a giudicare dal modo in cui Kurt si contorceva sotto di lui, non vi erano dubbi che appressasse ciò che faceva per lui e che fosse stata una buona idea mettere a buon frutto le recenti letture di certi opuscoli.
 
Kurt iniziò a dubitare di riuscire a rimandare oltre l’inevitabile conclusione di quel paradiso infernale: sentiva lo stomaco in fiamme, le gambe tremare e il senno abbandonarlo ad ogni tocco delle labbra di Blaine su di sé. Artigliò le lenzuola sotto di lui e soffocò disperato l’incalzare più sonoro dei gemiti mentre il piacere bruciava il suo corpo e il culmine lo travolgeva come forse non aveva mai fatto prima.
 
Blaine accompagnò ogni sussulto del piacere di Kurt che implose tra le sue labbra prima di lasciarsi cadere sul suo grembo e riprendervi fiato mentre baciava pigramente la pelle tesa e umida sotto di lui.
Kurt era certo che il suo corpo si fosse sciolto in una gelatina informe, il cuore gli pulsava ancora martellante nelle tempie e il sorriso stupendamente soddisfatto sul suo volto cresceva ancora insieme al rossore che strisciava sulla sua pelle.
Rabbrividì nel sentire il dolce peso della testa di Blaine affondare sul suo ventre, le sue labbra schiudersi di nuovo su di lui e l’affanno del suo respiro caldo svelare la condivisione dello stesso desiderio.
 
«Ora sei sveglio?» spezzò il silenzio Blaine con un sussurro mentre risaliva sul suo corpo.
Kurt ridacchiò ignorando l’imbarazzo svelato dal colore della sua pelle e quello di Blaine che risplendeva goffo nei suoi occhi d’ambra e lo rendeva ancora più bello ai suoi occhi, da tempo perdutamente invaghiti.  Intenerito si sporse su di lui e lo baciò sulla fronte dopo aver scostato premuroso i ricci umidi.
«Sì - rispose poi - Ovunque, Lord guardiacaccia» gli sospirò sulle labbra cingendolo tra le sue braccia
«Lord?»
«Il tuo principe ti ha appena promosso sul campo - bisbigliò Kurt - Ma eviterei di raccontare a suo padre, il re, come ti sei guadagnato il titolo» rabbrividì e scacciò subito l’immagine dalla sua mente.
 
Blaine sorrise e si rifugiò in quell’abbraccio caldo e confortevole, patendo tuttavia il tocco delle labbra di Kurt sulla pelle esposta del suo collo e la dolcezza vellutata delle sue mani agili lungo la schiena. Si sforzò tuttavia di ignorare il desiderio incalzante che urlava di essere soddisfatto, preferendo lasciarsi coccolare ancora un po’ prima di alzarsi, ma quando Kurt invertì delicatamente le posizioni e fece scivolare la mano tra i suoi fianchi, iniziò a dubitare di riuscire nel suo intento.
«Che fai?» balbettò benché fosse ovvio
Kurt arrossì e sollevò la mano incerto prima di riprendere coraggio e raccontargli con un sorrisetto eloquente le sue intenzioni «Tutto quello che vuoi»
«C..come?» soffocò Blaine
«Dimmi cosa vuoi, Blaine, e io lo farò» si spiegò meglio Kurt e la crepa nella sua voce nascondeva quel sottinteso «ammesso che sappia farlo» racchiuso in una maldestra apnea che fece sfarfallare lo stomaco del ragazzo che amava.
«No - sorrise Blaine strofinando il naso sul suo - non c’è bisogno»
«A me pare di sì» gli fece notare Kurt lanciando una rapida occhiata verso il basso mentre la sua mano indugiava possessiva sulla curva dei suoi fianchi.
Blaine sorrise goffamente e intrecciò le dita a quelle di Kurt portandosi la mano sul petto «È già tardi, devo alzarmi - sussurrò - E poi le coccole della mattina sono tutte solo per il principe»
«Non mi sembra giust..» brontolò Kurt, ma Blaine lo interruppe baciandogli via dalla bocca ogni residua protesta.
«Aspetta di sapere cosa vuole in cambio il guardiacaccia per decidere cosa sia “giusto”» lo avvisò nel bacio con un sorrisetto malvagio 
«Cosa vuole?» gli soffiò sulle labbra
«Tutte le tue notti» rispose deciso
«Le nostre notti» lo corresse rabbrividendo
«Le nostre» ripeté Blaine accarezzandogli le labbra prima di riprendere a baciarlo.
 
Blaine era pienamente consapevole che baciare Kurt condividendo il suo gusto salato nell’intimità della sua bocca, non fosse certo il modo migliore per tenere a bada la voglia di lui costretta nel tessuto ormai umido dei suoi pantaloni, ma in quel momento la ragionevolezza non era un’opzione possibile: non quando il suo sangue tutto confluiva impetuoso tra le sue gambe, non quando le sue anche si sollevavano bisognose senza controllo per trovare conforto nel tocco del suo amante, non quando Kurt assecondava i suoi movimenti scivolando lento su di lui.
 
«V..vuoi che mi fermi?» esitò Kurt
«No» ansimò Blaine ed era la risposta giusta a giudicare dal sorriso sul volto di Kurt che si fece più audace offrendogli la sua mano perché gli desse piacere e ancora la sua bocca perché vi impazzisse dentro.
 
Non ci volle molto perché il piacere di Blaine deflagrasse tra le dita di Kurt mentre gli soffiava dentro il suo nome con l’intensità di una preghiera potente e disperata. Kurt si sentiva parte dello stesso vortice di passione scomposta: gli tremava sulle labbra bruciandolo dentro e fluì tra le sue ciglia mentre gli sussurrava di amarlo finché ebbe fiato, poi crollò al suo fianco e si lasciò abbracciare.
 
Non ci fu bisogno di sottolinearlo a parole, ma era piuttosto chiaro ad entrambi che quel principe azzurro e quel guardiacaccia zelante avrebbero avuto sì le loro notti, ma di certo anche le loro mattine, e presto avrebbero concordato l’uno tra le braccia dell’altro che sarebbe stato folle negare loro anche dei caldi pomeriggi e delle serate d’incantevole febbre.
 
«Ora sarà meglio che vada a fare la doccia» considerò rauco Blaine guardando il pasticcio tra loro con aria colpevole
«Vengo con te» si propose subito Kurt.
«Non credo sia una buona idea - gli sorrise Blaine - Ci sono prove evidenti ovunque qui che non so resisterti quando sei così vicino e così nudo» ammise mentre lo ripuliva delicatamente
«Posso indossare qualcosa» provò ad insistere Kurt come se coprirsi servisse davvero a renderlo meno irresistibile ai suoi occhi
«E cosa ti fa pensare che faccia differenza?» lo contraddisse infatti prontamente Blaine assaporando tra le labbra il suo sorriso imbarazzato.
 
«È ancora presto, perché non ti riaddormenti?» suggerì premuroso dopo un ultimo bacio leggero
«Perché invece tu non vai a fare la doccia e io mi occupo della colazione? - rilanciò Kurt - In realtà mi sento piuttosto sveglio» ridacchiò
«Pensavo di prepararla io prima che papà parta» rispose Blaine e lo sguardo di Kurt si addolcì tutto ad un tratto.
«Che c’è?»
«Niente, è che è la prima volta che ti sento chiamare tuo padre “papà”» chiarì Kurt con una nota spiccata d’orgoglio spolverata d’affetto in purezza.
«Ancora non mi sembra vero» sussurrò Blaine ripensando alla sera precedente e Kurt gli sorrise cercando la sua mano e stringendola nella sua
«Tu non sembri molto sorpreso invece» seguitò posando la testa sulla sua spalla
«Di scoprire che tuo padre ti ha sempre voluto un gran bene?»  gli sussurrò tra i capelli e sebbene non fosse una vera domanda, Blaine annuì sollevando lo sguardo su di lui
«No, in effetti era abbastanza evidente» confermò Kurt innamorandosi ancora una volta della tenera incredulità che gli splendeva negli occhi al pensiero di essere amato
«Ma io non sono molto obiettivo -  precisò poi con un sorriso impacciato - mi sembra impossibile che esista qualcuno che non te ne voglia» confessò accarezzandogli il viso e un attimo dopo le labbra di Blaine erano nuovamente sulle sue per esprimergli il suo “grazie” nel modo più appropriato.
 
«Vai a fare quella doccia, ragazzone, perché neppure io ho molta resistenza quando sei così vicino» biascicò Kurt staccandosi con fatica dalla sua bocca.
Blaine ridacchiò e seguì il suo consiglio «A dopo» mormorò con un ultimo tocco di labbra
«A dopo - ripeté Kurt accompagnandolo con lo sguardo finché non sparì oltre la porta del bagno - E buongiorno» sussurrò più a se stesso lasciandosi cadere sul letto e chiudendo gli occhi per custodire dentro di sé ogni screziatura della straordinaria certezza di essere felice.


***** ***** *****

Desmond fu il primo a risvegliarsi, anche se non era neppure sicuro d’aver dormito se non per brevi attimi in quella notte d’inferno.
Amy era ancora rannicchiata sul lato opposto del letto e quella distanza serrò la gola di Desmond nella morsa d’angoscia e paura che l’aveva tormentato per tutta la notte.
Si sporse sul comodino per disattivare l’allarme della sveglia, poi si voltò di nuovo verso di lei e ripensò a quanto accaduto la sera prima.
 
 
Era sotto la doccia quando Amy aveva raggiunto la loro camera e quando lui era uscito dal bagno, lei era già raggomitolata sul bordo del letto, immobile, in silenzio. Non aveva sollevato lo sguardo dal pavimento sotto di lei neppure per un istante.
Desmond era scivolato sotto le lenzuola, si era steso al suo fianco e avvicinandosi le aveva sussurrato  il più dolce dei «Grazie».
Amy non aveva risposto.
Aveva continuato invece a stringersi alle lenzuola fresche, avviluppandosi in un bozzolo sempre più stretto.
 
«Grazie» aveva ripetuto Desmond tra i suoi capelli sporgendosi su di lei per sfiorarle il viso con le labbra, ma Amy sussultò sfuggendo al suo tocco con il respiro stroncato da quella paura familiare che fece gelare il sangue di suo marito.
Quando finalmente aveva sollevato lo sguardo su di lui, tremava, trincerata nel suo lenzuolo, e anche Desmond smise di respirare.
Consapevole del baratro che quel rifiuto aveva aperto nel cuore dell’uomo che amava, Amy si era però affrettata a scusarsi con lui con quel suono lieve che era stata la sua voce per troppi anni e che Desmond aveva sperato davvero di non sentire mai più.
«Che c’è?» le aveva chiesto sforzandosi di sembrare calmo benché fosse difficile ignorare l’urlo di frustrazione e rabbia che gli intossicava le vene
«Non l’avevo capito» gli aveva risposto
«Cosa?»
«Che tu sapessi come mi sentivo vedendoti con Blaine».
 
Neppure Desmond aveva capito quanto fosse stato orribile per sua moglie ricordare di aver provato quel genere di sentimento innaturale, averne conferma rileggendolo nei suoi quaderni e infine scoprire con ancora più dolore che l’uomo che amava l’avesse sempre saputo. Non l’aveva capito finché lei non glielo raccontò, esponendogli il suo inferno di madre sbagliata, distorta, arida, come fino ad allora non era riuscita a fare.
Desmond la ascoltò senza osare toccarla: era già fin troppo vulnerabile perché potesse rischiare di ferirla oltre.
 
«Come hai potuto perdonarmi?» le era infine annegato nel cuore con un singhiozzo strozzato
«E tu?» era stata l’unica risposta possibile per Desmond prima di iniziare a sua volta a svuotarsi delle colpe che lo corrodevano dentro: gli erano risalite su per la gola con una facilità che lo sorprese, esattamente come gli tolse il fiato la tenerezza con cui la sua Amihan si curò di dissiparle una per una.
 
Per anni era stato convinto di aver rovinato la vita della diciasettenne di cui si era innamorato a Capodanno, incantevole e determinata, che aveva già disegnato il suo destino con tratti piuttosto nitidi: recitare a Broadway, nessun matrimonio a mettere sotto contratto il suo cuore, o figli che rischiassero di far affiorare le sue fragilità. Desmond era stato così impegnato a tormentarsi per questo, da non accorgersi che quella diciasettenne aveva iniziato a capire cosa desiderasse davvero dalla vita solo dopo averlo incontrato e che lei avesse scelto liberamente di salutare Broadway, lei avesse deciso di sposarlo, lei avesse stabilito che era giunto il momento di mettere al mondo il loro Blaine.
«Ho sempre scelto io della mia vita, Desmond» gli aveva ripetuto ancora una volta perché gli si imprimesse per bene nella testa
«“Chi ti ama davvero, ti lascia sempre libero di scegliere”, ricordi?- aveva aggiunto poi citando un pezzo della loro storia insieme - Ed è anche per questo che l’unica cosa di cui non ho mai dubitato nella mia vita, è che tu mi amassi davvero».
Non c’era stata alcuna esitazione nella sua voce né nel suo sguardo che era rimasto ancorato agli occhi verdissimi di Desmond finché lui non le aveva sorriso, sopraffatto da un’insperata sensazione di sollievo profondo.
 
«È meglio se ora dormi - gli aveva sussurrato Amy qualche istante dopo - devi alzarti presto domani» aveva aggiunto sorridendogli amorevole prima di allungare la mano e spegnere la luce.
«Sei sicura di stare bene?»
«Starò bene - aveva promesso soprattutto a se stessa - Buonanotte» aveva sospirato rannicchiandosi nuovamente nel suo bozzolo.
«Buonanotte» era stata l’ultima cosa che le aveva sussurrato prima di lasciare che buio e silenzio accompagnassero i loro primi respiri liberi dopo anni di apnea.
 
 
Il fruscio delle lenzuola lo riscosse dai suoi pensieri.
 
«Sei sveglia?» bisbigliò esitante
Amy si girò verso di lui e gli sorrise: era un’ottima risposta.
«Come stai?» chiese sorridendole a sua volta
«Meglio» sospirò, ed era vero
«Hai dormito?» si preoccupò ancora Desmond
«Non molto, tu?»
«Quasi per niente» ammise abbassando lo sguardo
«Mi dispiace» si rammaricò Amy
«Non devi dispiac..»
«Sì invece - lo interruppe - Mi dispiace tanto di averti fatto preoccupare, ma voglio che ora mi ascolti bene, Desmond».
Sembrava determinata e la voce sosteneva nel tono la sua ritrovata fermezza.
«Tu mi conosci meglio di chiunque altro e sai che non faccio mai lo stesso errore due volte, soprattutto se quell’errore mi ha strappato via me stessa e le persone che più amo. Voglio che tu sappia che ci sono e ci saranno sempre, inevitabilmente, dei momenti e dei ricordi che mi rendono maledettamente difficile non sentirmi responsabile per il dolore che ho causato a te e a Blaine, ma per quanto io possa vacillare, non ho alcuna intenzione di lasciarmi trascinare all’inferno di nuovo - promise ad entrambi con la voce incrinata - E soprattutto non permetterò più a niente e nessuno di allontanarmi dalle tue braccia» sussurrò accorciando le distanze tra loro finché il contatto diventò più che un’esigenza di conferme alle sue parole: era tutto il suo corpo ad averne bisogno e gli occhi di suo marito ad implorarlo.
Amy posò allora la sua mano su quella di Desmond e tutte le esitazioni dell’uomo si infransero in quel tocco: la trascinò tra le sue braccia e la strinse a sé più forte che poté.
 
«Ho avuto così paura di averti persa di nuovo» sussurrò tra i suoi capelli mentre lei si aggrappava alle sue spalle assecondando quell’abbraccio forse con ancor più forza
«Oh basta con questa paura! - sbuffò esasperata sul suo collo - Bandiamola per sempre dalla nostra vita e dal nostro matrimonio, ne ho davvero abbastanza di lei!» borbottò stizzita
«D’accordo» ridacchiò Desmond scostandosi leggermente per cercare i suoi occhi
«Sono così fiero di te - le sussurrò accarezzandole il viso e tremò nel sentirla appoggiarsi decisa alle sue dita per intensificare il contatto - Ti amo da morire» le soffiò sulle labbra ed Amy gli rispose nella sua lingua.
 
Tutta la tensione delle ultime ore si riversò nella calda dolcezza di quel bacio, e di quello successivo, e di tutti quelli che vennero dopo.
 
Ben presto un nuovo genere di tensione iniziò a crescere tra loro.
«Mi dispiace» si scusò Desmond staccandosi dalle sue labbra mentre cercava inutilmente di stemperare il suo desiderio
«La vuoi smettere di scusarti per questo?» lo rimproverò Amy sotto di lui
«Non c’è molto di cui vantarsi se ogni volta che mi baci mi trasformo in un adolescente in calore» si schernì Desmond scrollando la testa
«E questo dovrebbe essere un problema?» gli fece notare con una punta di malizia
«È che non voglio farti pressioni» mormorò in tono di scuse liberandola dal suo peso
«Lo so - gli assicurò bloccandolo ancora su di sé - Non mi fai pressioni» ribadì scostandogli dolcemente i capelli dalla fronte accaldata, poi abbassò lo sguardo sull’eccitazione di suo marito che premeva effettivamente sul suo fianco e si corresse «Anzi sì - lo prese in giro - ma sono molto lusingata». 
 
Risero insieme e poi si scambiarono sulle labbra la promessa muta di restituire presto anche ai loro corpi la fusione a cui erano destinati.
«Devo alzarmi - mormorò a malincuore Desmond - Il mio volo parte tra meno di tre ore».
 
«Sei sicuro che non vuoi che venga con te?» gli propose seguendolo con lo sguardo mentre pigramente raccoglieva dall’armadio qualcosa da indossare per il viaggio
«No, ho i tempi serratissimi, perciò finiresti per passare la giornata da sola in albergo. Preferisco saperti qui con i ragazzi»
«Già - convenne Amy - Ho anche un vestito da comprare» ricordò con un sorrisetto
«Non vedo l’ora di vedertelo addosso» sorrise avvicinandosi al letto per salutarla prima di dedicarsi ad una doccia, molto fredda.
«Dovrai aspettare mercoledì sera, sarà una sorpresa»
«Sarò l’uomo più invidiato della sala» la lusingò chinandosi su di lei per baciarle la fronte
«Io mi accontenterei di essere invidiata da Nancy. L’hai invitata vero?» suppose acida
Desmond roteò gli occhi «Vuoi che le dica di non venire?» propose rassegnato
«No!» incalzò e il guizzo diabolico nei suoi occhi non lasciava presagire nulla di buono per la “povera” Nancy
«Vuoi che le dica di venire col giubbotto antiproiettile?» intuì divertito
«No - lo rassicurò ma non era molto convincente - non le succederà nulla se sarà abbastanza intelligente da starsene a debita distanza da mio marito» rimarcò e un attimo dopo l’adolescente in calore era di nuovo su di lei.
«Ti ho già detto che mi fai impazzire quando sei gelosa?» annaspò nella sua bocca
«Un milione di volte, ma tu dammi anche solo un motivo valido per essere davvero gelosa e giuro che farti impazzire sarà la mia ragione di vita!» lo avvisò minacciosa ma la tempesta di fuoco negli occhi di Desmond mentre la guardava senza fiato, rendevano abbastanza evidente che non avrebbe mai avuto occasione di prestar fede a quel giuramento.
 
«È meglio che vada a fare la doccia - sospirò cercando di convincere soprattutto se stesso - Tu riposa ancora un po’»
«Solo se mi prometti di svegliarmi prima di uscire»
«Non potrei partire senza salutarti - le garantì sorridendole - Dormi ora» sussurrò sulla sua fronte prima di accarezzarla con le labbra e lasciare la camera.
 
Amy si addormentò subito.
Sognò sua madre, un abito bianco con un tocco di rosso e una bambina con un tutù rosa che correva verso di lei con un sorrisetto familiare. Tese le mani e la piccola le saltò in braccio ridacchiando felice: aveva il sole d’Oriente sulla pelle, due fossette adorabili e gli occhi verdissimi.


***** ***** *****

Desmond raggiunse il living per preparare la colazione ma a quanto pare Blaine l’aveva anticipato e ora stava apparecchiando la tavola con poca attenzione ai piatti e molta alle labbra di Kurt che teneva saldamente incollate alle sue.
 
«Ehm…» tossicchiò e poi distolse lo sguardo per non gravare ancora di più sull’imbarazzo che lampeggiava furiosamente sulle guance di entrambi i ragazzi.
«Buongiorno papà» sorrise Blaine
«Signor Anderson» farfugliò Kurt infilando le mani in tasca e guardando con vivo interesse il pavimento
«Buongiorno - rispose trattenendo un risatina - Vedo che la colazione è già pronta»
«Sì - confermò orgoglioso Blaine - Hai fame?» domandò trepidante
«Molta» gli sorrise accettando il suo sotteso invito.
«Aspettiamo la mamma?»
«No, si è appena riaddormentata» rispose mentre si sedevano a tavola
«Sta bene?» si allarmò Blaine
«Sì - lo rassicurò subito - E non vede l’ora di fare shopping con te» aggiunse rivolgendosi a Kurt che arrossì di nuovo confessandogli di essere altrettanto eccitato «L’unico problema sarà scegliere - rifletté preoccupato - perché dubito che esista qualcosa che non le stia bene»
«Sono d’accordo» sorrise complice Desmond mentre assaggiava ogni portata per compiacere il suo bambino.
 
«Posso chiederti un favore, Kurt?» riprese il signor Anderson dopo essersi complimentato con il giovane cuoco Blainey che non aveva mai sorriso così tanto in sua presenza.
«Certo» annuì Kurt
«Riguardo all’abito per te, sarei felice se accettassi il regalo di mia moglie - tentò di convincerlo - E poi la conosco e non si arrenderà finché non l’avrà vinta» lo avvisò con dolcezza
«Sono molto testardo anch’io»
«Confermo!» dichiarò con un po’ troppa enfasi Blaine guadagnandosi un’occhiata torva
«Non è che voglio rifiutare il suo regalo - si giustificò meglio Kurt - è il valore di questo genere di regalo che mi sembra eccessivo, ecco» soggiunse con tenero disagio.
In effetti regalare un abito al fidanzato del proprio figlio aveva un grande valore per Amy, ma non quello che pensava Kurt: era una tradizione di famiglia.
 
Desmond non aggiunse altro, si limitò a sorridergli e, a proposito di tradizioni di famiglia, ce n’era un’altra che era tempo di onorare, così mentre Blaine e Kurt sparecchiavano, ne approfittò per finire di preparare il necessario da portare con sé, salutare sua moglie e poi consegnare a suo figlio il necessario per perpetuare le consuetudini della casa.
 
«Io lavo e tu asciughi?» propose Kurt
«No io lavo e io asciugo - obiettò Blaine - Tu risparmia le tue mani delicate per qualcosa di meglio» sussurrò maliziosamente provocandolo
«Tipo?» finse di non capire Kurt
«Ne riparliamo dopo» bisbigliò controllando che suo padre non apparisse all’orizzonte
«Io penso invece che le mie mani dopo saranno molto stanche e resteranno a riposo a lungo - lo informò compiacendosi dell’espressione delusa sul volto del warbler - E visto che sono così tanto testardo, dubito che cambierò idea» concluse con un sorriso perfido.
«Andiamo, non volevo offenderti! - sbuffò esasperato Blaine che molto ingenuamente si era illuso di non pagare le conseguenze delle sue parole - E poi lo sai che ti amo così tanto anche perché sei sempre determinato e non ti dai mai per vinto» continuò arrossendo leggermente e Kurt iniziò seriamente ad odiarlo: possibile che non riuscisse a tenergli il broncio per più di due secondi?
«Lo so - si arrese facendosi più vicino - E in questo momento sono molto determinato a baciarti» sussurrò prima di farsi strada tra le sue labbra curvate in quell’adorabile sorriso un po’ infantile che amava.
 
Blaine si lasciò baciare confermando a se stesso di essere totalmente schiavo di quel testardo, così quando Kurt riprese fiato fuori dalla sua bocca e si armò di un canovaccio pulito per asciugare i piatti, cedette a sua volta senza alcuna obiezione.


*****

Desmond avrebbe dovuto essere sulla strada per l’aeroporto ormai, ma da quasi venti minuti continuava a guardare Amy dormire: sembrava serena e aveva sul volto un sorriso così beato che si convinse a non far nulla per minare quella pace. Si chinò dunque su di lei per lasciarle un bacio leggerissimo sulla fronte, poi le avrebbe scritto due righe di scuse per non aver avuto il coraggio di svegliarla.
 
«È già ora di partire?» sussurrò assonnata non appena le labbra di suo marito lasciarono la sua pelle
«Mi dispiace averti svegliata» si scusò sfiorandole il viso
«Ringrazia il cielo che l’hai fatto o non ti avrei perdonato» gli assicurò appoggiandosi alle sue dita.
Desmond le sorrise e avvertì con chiarezza che la sua giornata lontano da lei sarebbe stata un’interminabile tortura.
«Devo andare» sospirò
«Fai buon viaggio e chiamami prima del decollo e quando arrivi e…» esitò per qualche istante prima di sorridergli e pregarlo di chiamarla ogni volta che avesse potuto «Per favore» aggiunse indifesa e Desmond sigillò la sua promessa baciandogliela su tutto il viso. 
 
«A stanotte - le soffiò tra i capelli - Non so a che ora rientrerò, non aspettarmi sveglia»
Amy gli sorrise già certa di non poterlo accontentare.
«Ti amo - gli sussurrò - Senti come suona bene?» cinguettò soddisfatta
«Suona meglio così» obiettò Desmond prima di volare sulla sua bocca per un ultimo lungo saluto prima di imporsi di andarsene.


*****

Richiusa la porta dietro di sé, Desmond raggiunse Blaine e Kurt che finivano di riordinare il living.
«Bene, sono pronto - li avvisò - ma prima di andare vorrei essere sicuro che le tradizioni di famiglia siano rispettate, perciò ecco…» disse porgendo a suo figlio un sacchetto che Blaine accolse con entusiasmo sbirciandovi subito dentro.
«Sono colori» osservò un po’ spaesato mostrando il contenuto a Kurt
«Sì, e sono certo che ne farete buon uso» spiegò Desmond rivolgendo lo sguardo alla parete decorata con le impronte delle mani di tutte le persone legate a quel posto e a chi lo abitava.
 
I due ragazzi si soffermarono con lo sguardo su quel mosaico d’affetti prima che Blaine ringraziasse suo padre seguito da un timido sussurro di Kurt.
«Non ho trovato altri colori» si giustificò Desmond mentre Kurt teneva tra le mani le tempere come se fossero uno dei regali più preziosi che avesse mai ricevuto
«Questo è perfetto» sorrise accarezzando un vasetto di pittura color ardesia chiaro
«E tu?» domandò Desmond a suo figlio che osservava ipnotizzato le dita di Kurt scorrere leggere lungo il bordo del tappo, pronte a svitarlo, ripetendo a se stesso che non avrebbe dovuto trovare tutto ciò tremendamente eccitante, ma evidentemente alcune parti di lui non la pensavano allo stesso modo.
«Io, cosa?» arrancò sforzandosi di non arrossire mentre sedava i suoi intimi turbamenti come meglio poteva
«C’è un colore che va bene per te?» chiarì Desmond
«Ma le mie impronte ci sono già» gli ricordò guardando con affetto l’angolo di parete che custodiva i segni grafici della sua famiglia
«Ma eri piccolissimo quando ho impresso le tue manine sulle nostre - precisò l’uomo con amore palpabile - forse è arrivato il momento di avere un posto solo tuo» lo incoraggiò con tenerezza
«Credo che le mie mani stiano bene dove sono» lo soprese invece suo figlio stillandogli dentro un sorriso dolcissimo.
 
Desmond non era più abituato ad essere sommerso dall’amore del suo bambino, perciò ne patì la più tenera conseguenza nel profondo dello stomaco e ai bordi dei suoi occhi.  
«Devo andare ora» si riscosse negandosi il privilegio di liberare il suo sguardo dal velo umido che lo annebbiava davanti a suo figlio
«Buon viaggio, ci prenderemo cura noi della mamma» gli promise Blaine ignaro del terremoto che scuoteva l’animo ferito del suo papà
«Non la lascerei in mano a nessun altro» sorrise Desmond raggiungendo velocemente la porta d’ingresso.
«Ciao Kurt» salutò sulla soglia
«Arrivederci signore» rispose il ragazzo
«Desmond - lo corresse - Devi lavorarci sul serio su questa cosa di darmi del tu» lo rimproverò con affetto
«Mi impegnerò, Desmond» arrossì Kurt.
«Ciao papà» lo salutò impacciato Blaine non sapendo bene come accompagnare le parole: un abbraccio? Un bacio? Una stretta di mano? Si risolse a non far nulla, a parte stringersi goffamente le spalle finché il suo papà lo sollevò dall’impaccio sporgendosi su di lui e sfiorandogli la fronte con le labbra.
«A stasera, piccolo» gli soffiò pianissimo tra i capelli, quindi uscì.
 
Blaine chiuse gli occhi e assaporò senza respirare quella sensazione di pienezza inconsueta.
Quando li riaprì le dita di Kurt erano lì, pronte ad intrecciarsi alle sue per accarezzargli le parole giuste sul dorso della mano mentre lo guardava attraverso una patina di commozione che scivolò lungo il suo viso pallido prima di essere catturata dalle labbra di Blaine.
Kurt gli rivolse uno sguardo di scuse schernendo se stesso e la sua vocazione piagnucolona, ma gli occhi di Blaine non rivelavano alcun segno di disapprovazione: ardevano di quel crepitio che Kurt aveva imparato a conoscere e che indovinò sarebbe stato seguito dal tocco delle sue labbra, dal sapore pieno e morbido della sua bocca e dalla fremente vertigine che ghermì il ventre di entrambi mentre si respiravano dentro l’ovvietà del loro amore.
 
 
Qualche respiro affannato più tardi, erano davanti alla parete e la mano dipinta d’ardesia di Kurt indugiava quasi in soggezione.
«Non so dove metterla - svelò timidamente - tu cosa dici?»
«Mettila qui» rispose Blaine senza esitazione indicando un’area ancora spoglia
«C’è tutto questo spazio vuoto intorno - notò Kurt - Credo spiccherebbe troppo» soggiunse un po’ stupito che Blaine volesse le sue mani così lontano dalle proprie, anche se su un muro
«Ma lo spazio ci servirà» ribatté con un’espressione un po’ persa
«Per cosa?»
«Per i nostri figli» sussurrò immerso nello sfavillio incantevole dei suoi sogni.
Kurt rabbrividì.
«Tu non hai mai dubbi sul nostro futuro insieme?» sussurrò intimidito non appena ritrovò il fiato
«No» rispose con semplicità Blaine
«A meno che tu non smetta di amarmi, solo allora potrei lasciarti andare» aggiunse qualche istante dopo piantandogli addosso uno sguardo di tale indifesa fragilità che Kurt giurò a se stesso di fare in modo che quella fosse la prima e unica volta che Blaine avrebbe preso in considerazione l’ipotesi insensata che potesse smettere di amarlo.
Kurt non aveva infatti alcun dubbio che Blaine fosse la sua anima gemella, quel qualcuno che non si perde neppure quando non lo si ha più, quando se n’è andato via, quando si è andati via, quando si ha accanto qualcun altro, quel qualcuno a cui sarebbe appartenuto per sempre.
 
Forte delle promesse che si scambiarono senza voce, Kurt rivolse lo sguardo verso la parete e si posizionò davanti al più ampio varco intonso
«Allora ci servirà molto spazio intorno» mormorò, quindi accostò la mano al muro
«Mi aiuti?» domandò all’adorabile warbler che trepidava al suo fianco.
La mano di Blaine volò sulla sua, sussultando nel sentirla tremare, e insieme scrissero un’altra pagina della storia di quella casa.
 
Blaine osservò le lunghe dita di Kurt imprimersi nella parete degli affetti della sua famiglia con un tratto esile ma deciso e capì che mancava qualcosa. Ed evidentemente non era l’unico a pensarlo perché lo sguardo di Kurt si accese di una luce più intensa nel vederlo correre a dipingersi la mano sinistra di rosso per marcare quel nuovo spazio tutto loro con l’impronta delle sue dita esattamente dove avrebbe desiderato che restassero per sempre: accanto a quelle del suo Kurt.
 
Grigio ardesia chiarissimo e rosso carminio erano un abbinamento perfetto, l’animo modaiolo di Kurt ne era sempre stato convinto, ma non aveva mai considerato quanto potesse togliergli il fiato la fusione dei due colori che gli apparve davanti quando Blaine sollevò la mano dal muro rivelando la sua impronta: pur con l’intensità del colore prescelto, il suo tocco era stato il più delicato possibile onde non sovrastare l’eleganza sfumata della mano chiara di Kurt a cui si era sovrapposto leggermente perché le loro dita si toccassero ricreando l’illusione perfetta di quell’intreccio che ricostituirono in carne e sangue mentre contemplavano sul muro il loro futuro.
 
«Ora è perfetto» sospirò Kurt sulle labbra di Blaine prima di ospitarlo nella sua bocca.
 
Non si accorsero nemmeno che Amy era ferma sulla porta a guardarli amarsi con le dita intrecciate finché non sgattaiolarono in bagno a lavarsi le mani, ancora uno sulle labbra dell’altro.
 
Amy si avvicinò alla parete e un po’ di quella fusione di colori ricadde anche nel suo cuore.
Sfiorò il muro screpolato con le manine del piccolo Blainey, ripercorse il contorno deciso delle dita di Desmond, accarezzò le sagome perlacee della sua mamma e del suo papà, i glitter sul palmo di Kevin, e poi tornò alle due mani intrecciate e allo spazio vuoto intorno a loro in attesa di nuove impronte: c’era il suo cuore lì davanti a lei, e non aveva più paura di essere toccato.


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*** Parte II ***


«Credo che mia madre si sia svegliata» annaspò Blaine nella bocca di Kurt mentre finiva di asciugare le mani pulite sulle cuciture delle tasche posteriori dei pantaloni che il candido pinguino si era cucito addosso
«È un modo gentile per dirmi di smettere di baciarti?» brontolò Kurt riprendendo fiato prima di essere assaltato dalle labbra di Blaine con affamata veemenza.
Kurt ridacchiò nel bacio e ringraziò il muro piastrellato dietro di lui che lo reggeva o probabilmente le gambe gli avrebbero ceduto da un pezzo
«Immagino sia un “no”» sospirò affannato mentre la bocca Blaine scivolava sul suo collo
«Esatto - si compiacque il giovane padrone di casa -  Stavo solo pensando che visto che mia madre è sveglia, volessi iniziare a prepararti per lo shopping»
«Oh, è vero - sorrise Kurt ancora deliziosamente intorpidito dalle attenzioni del suo ragazzo - Tu sei già pronto?»
«Io non vengo» soggiunse un po’ a disagio Blaine
«Cosa?»
«È una cosa solo tra voi, io sarei di troppo» tentò di giustificarsi
«Mi stai prendendo in giro? - sbottò Kurt - Stiamo parlando di uscire con tua madre, chi credi sia di troppo tra te e me?»
«Lei ha bisogno di te, io non le sarei di alcun aiuto» arrancò Blaine guardando ovunque tranne che nei suoi occhi
«Ripeto - gracchiò infastidito - Mi stai prendendo in giro?»
«No - replicò deciso - Sono felice se uscite voi due da soli» sorrise dolcemente
«Blaine - incalzò Kurt sollevandogli il viso per costringerlo a guardarlo - io non vado da nessuna parte senza di te» gli chiarì con un sospiro tenero ma non meno perentorio
«Certo che tu non mi vuoi rendere le cose facili, eh?» sbuffò esasperato.
Kurt lo guardò confuso e Blaine si arrese «Va bene - ammise - Ho qualcosa da fare»
«Qualcosa di più importante che uscire con me e tua madre?» si stizzì incrociando le braccia
«Beh, sì - arrossì Blaine - Vedi, c’è questo ragazzo che… è davvero speciale e sono totalmente pazzo di lui, quindi l’ho invitato a trascorrere una giornata con me, solo che non è facile organizzare tutte le sorprese che vorrei fargli visto che quando è intorno a me non riesco a togliergli le labbra di dosso, perciò volevo approfittare della sua assenza per curare ogni dettaglio» confessò
«Sei… - iniziò Kurt ma ogni aggettivo si dissolse da qualche parte tra il cuore e la gola - Spero che questo ragazzo sappia quanto è fortunato» sussurrò invece senza fiato
«Non lo so - sorrise adorabilmente impacciato - penso di essere io il più fortunato»
«Posso darti un consiglio? - mormorò Kurt allacciandosi alle sue dita - Non preoccuparti troppo per i dettagli o le sorprese, sono certo che sarà tutto perfetto per lui anche solo perché ti avrà tutto per sé per un giorno intero»
«E una notte» lo corresse Blaine con un velo caldo di malizia
«Già» annuì Kurt ingoiando il brivido che serpeggiò sulla sua pelle, colorandola d’imbarazzo e promesse che Blaine suggellò tra le sue labbra.
 
«Ora è meglio se vai così inizio a prepararmi» riuscì a dire sfilandosi via dalle mani di Blaine prima che le cose curvassero verso un punto di non ritorno, e il ragazzo a malincuore lo lasciò andare.
 
«Blaine?» lo richiamò Kurt mentre varcava la soglia
«Sì?» si voltò indietro Blaine
«Anch’io sono totalmente pazzo di te, lo sai vero?»
«Ovviamente» si pavoneggiò Blaine godendosi il suono della risata di Kurt prima che uscisse richiudendo la porta dietro di sé.


*****

Sua madre faceva colazione quando Blaine la raggiunse salutandola raggiante e prendendo posto davanti a lei.
Il sorriso contagioso del ragazzo permeò l’aria e accarezzò il cuore di Amy come solo i figli sanno fare: era una sensazione a cui la donna non era abituata, ma anziché scrollarsela di dosso patendo il disagio di non sentirsene degna, lasciò che fluisse in lei, libera.
 
«Vuoi che ti prepari qualcos’altro?» si offrì premuroso mentre sua madre finiva di sorseggiare il suo tè
«No, grazie. Era tutto buonissimo, te la cavi davvero bene ai fornelli» lo lusingò
«Mi ha aiutato Kurt, è solo merito suo - si sminuì sospirando sognante come faceva sempre ormai quando nominava il suo fidanzato - Ora si sta preparando per lo shopping» la avvisò
«Io sono quasi pronta, perciò possiamo uscire quando volete» mormorò evidentemente entusiasta del programma della giornata.
Blaine si oscurò d’un tratto perché solo allora si rese conto di aver forse sottovalutato quanto sua madre ci tenesse che anche lui fosse presente.
 
«C’è qualcosa che non va?» presentì Amy
«No, niente» mentì Blaine
«Fammi indovinare: tu preferisci stare a casa a programmare la tua giornata speciale con Kurt approfittando della sua assenza?»
«Già - ammise a disagio - Ma non voglio che tu pensi che non mi faccia piacere uscire con te»
«Blaine - lo interruppe - Va tutto bene» lo rassicurò amorevole, quindi lo informò di avergli messo da parte luci e decorazioni nel ripostiglio, e gli consigliò di chiedere al portiere di accompagnarlo sul tetto per iniziare a pensare a come organizzare lo spazio per la cena «E puoi contare sul mio aiuto, se vuoi» si offrì con una patina di tangibile emozione
«Grazie - sospirò sollevato Blaine - Io non saprei da che parte iniziare, anche perché tendo ad esagerare e Kurt ha un gusto impeccabile in fatto di addobbi»
«E di fidanzati» aggiunse orgogliosa sua madre.
Blaine le sorrise imbarazzato ed Amy pensò che quel momento intimo e sorprendentemente facile tra loro fosse l’occasione adatta per consegnargli il suo regalo.
«Mi avevi accennato all’idea di portare Kurt a vedere uno spettacolo» iniziò tenera e agitata
«Oh, sì - ricordò Blaine - E devo andare a prendere i biglietti» si ripromise sempre più nervoso al pensiero di quanto fosse indietro con i preparativi
«Spero non ti dispiaccia, ma ci ho già pensato io» sussurrò in un sol fiato Amy
«Come?»
«Ho comprato i biglietti per te e Kurt»
«Mamma, non dovevi» mormorò meravigliosamente confuso Blaine
«Fare finalmente un regalo a mio figlio? - contestò Amy - Io credo di sì invece» le traboccò nella gola e tra le ciglia.
Si corrisposero lo stesso splendido sorriso per qualche confortante istante prima che Amy andasse a prendere i biglietti per ufficializzare il primo regalo al suo bambino.
 
«Non sapevo quale spettacolo avessi in mente» si preoccupò quando lo raggiunse nuovamente con una bustina bianca in mano su cui aveva scarabocchiato due simboli sopra
«Wicked - rispose Blaine osservando la busta - Ma va bene qualunque altro tu abbia scelto» chiarì immediatamente temendo di essere stato scortese.
Amy sorrise ampiamente e si limitò a porgere il suo regalo a Blaine che lo scartò quasi con devozione perdendo letteralmente il fiato quando si trovò tra le mani due biglietti per Wicked, al Gershwin Theatre, venerdì alle 20:00. 
Blaine esplose in un sorriso adorabilmente incredulo e a sua madre tremarono le gambe.
«Spero che i posti vadano bene, ero indecisa tra platea e balconata perché volevo essere sicura che poteste godere della bellezza della scenografia in ogni suo dettaglio dall’alto, ma poi ho pensato che avreste preferito partecipare con tutti i sensi a quella magia e ho scelto la platea - farfugliò - ma se non va bene posso cambiarli…»
«È perfetto - sospirò estasiato Blaine interrompendola - Grazie»
«Non devi ringraziarmi, spero che la tua serata sia come l’hai sognata» gli augurò e Blaine annuì ormai certo che lo sarebbe stata anche grazie a lei, perché non avrebbe mai potuto permettersi quei posti né una cenetta romantica sul tetto allestita con il gusto e il cuore che sua madre ci avrebbe messo dentro.
 
Kurt avrebbe avuto dunque la sua perfetta prima volta a teatro insieme a Blaine a New York e una cena indimenticabile in un’atmosfera da musical.
Blaine avrebbe riavuto indietro la sua mamma.


*****

Amy aveva raggiunto la sua stanza per finire di prepararsi così Blaine corse a riporre i biglietti fuori dalla vista di Sherlock Hummel che nel frattempo sistemava gli ultimi dettagli del suo outfit chiedendosi nervosamente se avesse optato per un look troppo casual per la sua prima visita ufficiale nel sancta sanctorum della moda, tuttavia non voleva fare la figura del provincialotto presentandosi con addosso qualcosa di eccessivamente elegante.
Dopo il milionesimo check-in allo specchio, decise di smettere di essere ridicolo e raggiunse il living in tutta la sua gloriosa cromia e audace aderenza.
 
«Io sono pronto» annunciò catturando l’attenzione di Blaine e anche il suo respiro.
«V..vuoi davvero uscire così?» soffocò il ragazzo scrutandolo dall’alto in basso e aggiungendo alla lista delle sue fantasie erotiche anche quella maglia di un caldo blu inchiostro che lo abbracciava sfacciatamente e quel dannato denim coloniale che si aggrappava ai suoi fianchi e ne sottolineava ogni prominenza con bottoni e borchiette progettate evidentemente per farlo impazzire da un qualche designer italiano sadico.
«Non sto bene? - si agitò Kurt - Sono troppo casual, lo sapevo! Vado a cambiarmi» delirò
«No - lo fermò Blaine - Stai benissimo, è questo il problema» sospirò sorridendogli stregato «Non ti toglieranno gli occhi di dosso, forse dovrei venire con te» suggerì e l’idea aveva sempre più senso man mano che Kurt gli si faceva più vicino e al barlume lusingato nei suoi occhi univa un’ombra scarlatta che incorniciava irresistibilmente quel suo sorrisetto appagato. 
«Non hai motivo di preoccuparti, gli unici occhi che voglio su di me, sono i tuoi - gli assicurò baciandolo sulla guancia - E non solo gli occhi» gli soffiò impercettibilmente sull’orecchio e Blaine non provò neppure a impedire alla sua bocca e alle sue mani di averne la conferma scoprendo, tra le altre cose, che il denim coloniale era un tessuto piuttosto morbido al tatto, soprattutto intorno a bottoni e borchiette…


***** ***** *****

«Va bene se facciamo una passeggiata? Madison Avenue e la Quinta Strada non sono molto distanti da qui» propose Amy una volta fuori dall’edificio dopo aver assistito al saluto più melenso della sua vita tra due ragazzi che palesemente non erano in grado di star lontani fisicamente troppo a lungo.
«Sì, se mi reggono le gambe» ridacchiò nervosamente Kurt che stava gestendo al meglio delle sue possibilità l’euforia che gli saltellava nello stomaco stordendolo.
«Sei nervoso?» domandò Amy premurosa
«Già - ammise imbarazzato - Mi dispiace, sono ridicolo» si schernì tingendosi di rosa ovunque
«No, io penso che tu sia adorabile - si oppose dolcemente Amy - E credo che tu non abbia motivo di essere nervoso perché gran parte delle persone che incontrerai oggi non hanno neppure la metà della tua classe» lo adulò con quel fare materno a cui Kurt sperava di non abituarsi o non avrebbe più saputo rinunciarci anche a costo di chiedere asilo in casa Anderson, magari in camera di Blaine: in fondo il rosso degli arredi si sarebbe sposato bene con il suo incarnato e il letto sembrava grande abbastanza per due persone, non che lo spazio ridotto sotto le lenzuola fosse realmente un problema, anzi… Ma non era il momento di pensare a questo, perciò si divincolò immediatamente dalle trame seducenti della sua immaginazione aggrappandosi all’ego saldamente vanesio di The Diva.
«Beh, questo è vero» si pavoneggiò.
Amy ridacchiò ma sentiva che non era questo il motivo di tanta agitazione perciò istintivamente si accostò al ragazzo e cinse delicatamente il suo braccio con un carezza calda e confortante che districò un nodo dentro Kurt e la sua più autentica vulnerabilità si sciolse in un sospiro tenue.
«O forse no. Non sono agitato solo perché sto per mettere piede nel tempio della moda e rischio un infarto, è questa città a rendermi nervoso» si aprì sorretto dallo sguardo tenero e incoraggiante di Amy mentre camminavano sottobraccio per le strade chiassose di New York
«Qui ci sono così tanti miei sogni e desideri, anche quelli più grandi, anche quelli che non dovrei neppure accarezzare col pensiero, anche quelli che non riesco neppure a confessare a me stesso - sibilò arrossendo - Ma da quando sono qui, li sento invece tutti così vicini, tutti così possibili, tutti così “giusti” anche per uno come me, e questo mi fa sentire strano» sussurrò esilmente con candida fragilità
«Dovrai abituarti a sentirti strano allora, perché “uno come te” ha il diritto di fare grandi sogni e ha tutto ciò che serve per realizzarli» gli assicurò Amy facendosi più vicina e regalandogli un’occhiata complice e ammirata che rivelava con tale limpidezza la somiglianza con suo figlio che Kurt sentì il fiato venirgli meno
«È quello che mi dice sempre Blaine» soggiunse con un drappo tremulo d’emozione nella voce
«Blaine è un ragazzo molto saggio - constatò Amy sorridendogli - E anche molto innamorato» aggiunse rimarcando l’ovvio e comprendendo sempre meglio perché suo figlio avesse perso la testa per quel ragazzo che rabbrividì nel sentirglielo dire.
 
Non fu necessario che Kurt rendesse esplicito in parole che quel sentimento fosse totalmente ricambiato o che Blaine fosse gran parte dei suoi sogni, quelli che occupavano la cima della sua lista, perché Amy poteva vederlo filtrare nello splendore acquoso dei suoi occhi, nel suo sorriso pulito, nel pudore rosato del suo viso mentre continuavano a camminare in silenzio, stretti in quella presa intima e rassicurante.
 
 
«Da che parte cominciamo?» domandò Amy quando raggiunsero la Quinta strada
«Dipende da cosa stiamo cercando»
«Non ne ho idea» rise Amy
«Dunque… - ricapitolò Kurt - Sappiamo che dobbiamo trovare qualcosa che dia un messaggio bello chiaro a certe sciacquette illuse che non sanno stare al loro posto, e immagino che sarà bianco, giusto?»
«Esatto»
«Allora credo che l’Europa sia il posto giusto dove iniziare la ricerca» concluse con un improvviso luccichio nello sguardo
«Hai qualcosa di preciso in mente, vero?» paventò Amy
«Sì» ridacchiò eccitato Kurt e con fare molto cavalleresco si inchinò e porse nuovamente il braccio ad Amy che si affrettò a cingerlo contagiata dall’entusiasmo incantevole del ragazzo. 
 
«Sai che la prima volta che sono stata da Chanel ho avuto una sorta di attacco di panico? - raccontò per stemperare il tremore reverenziale che paralizzò Kurt davanti alla prima tappa del loro tour europeo, ovviamente in Italia - Mi sembrava folle spendere così tanti soldi per un abito»
«Ma la moda è arte - contestò il ragazzo riavendosi dalla défaillance pur senza riuscire a staccare gli occhi dalla vetrina - Il suo valore non è nel tessuto di cui è fatto, esattamente come non è nella tela tesa di un pittore, o in un pezzo di marmo o bronzo scolpito: è la magia che un artista racchiude dentro ogni sua creazione a renderla preziosa» sussurrò con convinzione, difendendo quella forma artistica che avrebbe sempre avuto un posto speciale nel suo cuore, nell’espressione di sé e nella difesa coraggiosa di ciò che era.
«Il bello della moda è che puoi metterti addosso quella magia, farla tua e portarla con te per condividerla con il resto del mondo più facilmente di quanto si possa fare con un quadro appeso al muro o una statua equestre» concluse indossando un sorrisetto irresistibile. 
«Hai ragione, è quello che disse anche Desmond quando mi raggiunse fuori dall’atelier con lo Chanel che avevo provato dentro un sacchetto» sorrise di rimando Amy illuminandosi come faceva solo quando il nome dell’uomo che amava le sfiorava le labbra.
«È un uomo molto saggio - la citò Kurt accarezzandole la mano stretta al suo braccio - E anche molto, molto innamorato» aggiunse sognante.
Amy sorrise e si dispiacque un po’ per suo figlio: avere a che fare con i corteggiatori che avrebbero inevitabilmente insidiato quell’adorabile ragazzo che ora le apriva la porta cedendole il passo, sarebbe stato un vero inferno.
 
 
Così quel mondo di stile e bellezza che aveva sognato da sempre, aprì le sue braccia a Kurt Hummel che adempì con il cuore in gola al suo rito di iniziazione. Fu un’esperienza quasi mistica che più tardi avrebbe riversato fluida su Blaine, rifugiandosi tra le sue braccia e stordendolo con la passione trascinante del suo racconto, dei suoi occhi ancora intrisi di quella magia e delle sue labbra che lo avrebbero accarezzato tra un delirio e l’altro.
 
Quel giorno Kurt Hummel viaggiò per l’Europa sotto l’ala candida di una donna straordinariamente familiare, esaudì un altro dei suoi desideri e si convinse di aver trovato anche lui il suo punto “G”:  Galliano, Gaultier e Gucci.
 
Amy provò a convincerlo della necessità che accettasse una di quelle creazioni in regalo, ma il ragazzo non si lasciò tentare  e rimase concentrato unicamente nella sua missione: trovarle l’outfit perfetto.
 
Come aveva previsto, la signora Anderson vestiva magnificamente qualunque modello e stile, anzi ogni abito su di lei sembrava intensificare la sua magia, ma quando il raso candido di Vercace con una pennellata di rosso lacca avvolse la sua figura, fu una folgorazione per entrambi: la ricerca era terminata.
 
Kurt chiamò subito Blaine per informarlo dell’ottimo epilogo travolgendolo con il suo entusiasmo sotto lo sguardo divertito di Amy.
Quando ritenne di aver riempito abbastanza le sue orecchie del suono partecipe del respiro di Blaine, Kurt si rammaricò di non potergli significare con parole adeguate quanto avrebbe preferito averlo lì con lui in quel momento «Avrei voluto che fossi qui anche tu - si limitò a dirgli - per vederlo» mentì parzialmente perché non era questo il motivo reale per cui desiderava Blaine stretto alle sue dita, sempre.
E Blaine lo sapeva.
O almeno questo intuì Amy quando sentì Kurt ridacchiare nervosamente implorando il compiaciuto warbler di non prenderlo in giro.
«Devo salutarti» sospirò Kurt
«Chiedigli cosa vuole mangiare così prendiamo qualcosa anche per lui lungo la strada» suggerì Amy
«Dice che ha già mangiato» riferì Kurt
«Allora chiedigli se posso portare il suo incantevole ragazzo a pranzo fuori» propose sorridendogli.
Blaine acconsentì con fin troppo slancio e Kurt finse di non aver colto il sollievo di saperlo occupato ancora un po’ in modo da avere più tempo per preparare la sua sorpresa.
«Non faremo tardi» gli assicurò dolcemente arrossendo un po’ alla risposta di Blaine ed Amy si allontanò per concedere loro un po’ di privacy.
«A dopo» soffiò sorridendo stupidamente
«Blaine?» soggiunse trattenendolo ancora un po’ sul suo orecchio
«Niente - ammise ridacchiando della sua ridicolaggine - volevo dirti che hai ragione: mi manchi» sospirò colorandosi poi di un più intenso imbarazzo mentre ascoltava un ragazzo altrettanto ridicolo confessargli la stessa virale nostalgia.
«Non rendermi le cose più difficili» lo pregò mentre recuperava la distanza che lo separava dalla madre del ragazzo che lo coccolava dall’altro capo del telefono ricordandogli ad ogni sussurro perché lo amasse così tanto.
«Anch’io…» rispose quando Blaine concluse quella che Amy intuì fosse l’ennesima dichiarazione di evidente schiavitù amorosa
«A più tardi, ti lascio ai tuoi preparativi per sorprendere quel ragazzo» sorrise torturando con le dita il bordo della sua maglietta per stemperare la strisciante agitazione per la sorpresa di Blaine e soprattutto per il ritorno a Lima, da solo, il giorno dopo.
 
 
«Allora, posso invitarti a pranzo?» chiese Amy spezzando sul nascere l’imbarazzo incipiente sul volto di Kurt quando ripose il telefono in tasca e tornò sul pianeta Terra realizzando d’aver flirtato spudoratamente con Blaine davanti a sua madre.
«Sì» mormorò sorridendole
«Bene, c’è un ristorante libanese molto carino qui vicino e il cibo è squisito, che ne dici?»
«Non ho mai mangiato libanese» confessò Kurt
«Preferisci un cinese o italiano?» gli propose per metterlo a suo agio
«No, il libanese va benissimo!» le assicurò con un sorriso raggiante pregustando l’esperienza.
Amy si lasciò contagiare dal suo entusiasmo esplodendo in una risatina di cui non aveva sentito il suono per così tanto tempo da ritrovarsi senza fiato. Sorpresa e dolorosamente felice. Se stessa.
«Tutto bene?» si preoccupò Kurt osservandola socchiudere gli occhi e respirare profondamente mentre riprendevano a camminare.
Il sorriso che gli regalò schiudendo gli occhi su di lui fu la migliore delle risposte.
 
La bellezza della madre del suo Blaine aveva colpito Kurt fin dal loro primo incontro, si era impressa nei suoi ricordi eterea, irraggiungibile, sublime nella sua cattività di ghiaccio. Nella donna a cui ora offriva il suo braccio perché vi si aggrappasse, c’era tuttavia qualcosa che trascendeva la bellezza e gli riversava dentro un tepore palpabile ad ogni sguardo, ad ogni parola, ad ogni gesto inequivocabilmente affettuoso che aveva per lui, riscaldandogli il petto in un modo che Kurt credeva di aver dimenticato e che non aveva il coraggio di classificare.
 
«I miei genitori adoravano quel posto - raccontò Amy mentre procedevano splendidi sulla Quattordicesima strada - andavamo sempre a mangiare lì quando venivano a trovarmi dalla Florida»
«È cresciuta laggiù?»
«Kurt, devi davvero sforzarti di darmi del tu - lo rimproverò - Per favore» aggiunse con un fin troppo familiare sorrisetto implorante che levò ogni dubbio a Kurt sul fatto che la genetica fosse una scienza esatta: ora sapeva con chi avrebbe dovuto prendersela per tutte le volte che quell’identica espressione sul volto di Blaine l’aveva costretto ad arrendersi miseramente a qualunque sua richiesta.
Il ragazzo sorrise rassegnato al potere ammaliante degli Anderson su di lui e si corresse «Sei cresciuta in Florida?»
Amy annuì e iniziò a raccontargli dell’arrivo dei suoi genitori negli Stati Uniti senza nulla in tasca se non il loro amore appena consacrato e la speranza di vederlo crescere nella terra delle opportunità.
«All’inizio è stata dura, hanno fatto qualunque lavoro possibile, poi sono stati assunti come domestici da un famiglia che ci ha praticamente adottati» ricordò con tenerezza e il nome del signor Steward, il suo pianoforte bianco e il debito che avrebbe sempre avuto con quell’uomo di straordinaria dolcezza e sensibilità artistica, le scivolarono dalla bocca senza forzature.
 
Parlare di sé stessa con Kurt fu sorprendentemente naturale: c’era qualcosa di rassicurante e incoraggiante nell’azzurro limpidissimo dei suoi occhi, nel suo sorriso partecipe, nel modo in cui la guardava lasciando filtrare la comprensione e la cura autentica di lei e della sua storia. Amy non era mai stata generosa nel concedere agli altri la sua fiducia, ma Kurt era riuscito a scavarsi una via privilegiata per raggiungerla oltre le sue barricate e stabilirsi tra i suoi affetti. Inizialmente aveva creduto che a renderglielo immediatamente così caro fosse stata la gratitudine per l’amore e l’attenzione che il ragazzo assicurava a suo figlio, ma ora che imparava a conoscerlo meglio, le era sempre più chiaro che ci fosse dell’altro: era stato sufficiente aprirsi un po’ perché affiorasse una inconsueta somiglianza tra loro e talvolta perfino un’identità.
Sì, Amy e Kurt si corrispondevano.
E Blaine l’aveva sempre saputo.
 
«Certo - rispose Amy quando Kurt manifestò il desiderio di sentire suonare il signor Steward - Ho qualche registrazione a casa, ma se non ricordo male Desmond mi ha detto che i suoi concerti sono disponibili anche online».
Kurt si ripromise di setacciare il web sperando ci fossero anche dei video, incuriosito dal racconto di quell’uomo straordinario che nella sua testa aveva un volto e un sorriso simili a quelli incancellabili del signor Colfer, ma aveva bisogno di più dati per la ricerca «Steward…?» chiese quindi
«Blaine» rispose Amy
«Blaine? - si stupì Kurt - Blaine Steward?»
«Sì» confermò Amy mentre un sorriso teneramente colpevole le illuminava il viso e Kurt indovinò che la ragazzina di cui aveva appena sentito la storia, avrebbe potuto destinare quel nome solo a qualcuno che avesse davvero significato tanto per lei. 
«È un bel nome» le sussurrò con un’evidente punta di emozione nella voce
«L’ho sempre pensato anch’io» ammise racchiudendo nel timido riserbo di un sospiro la conferma che Blaine non appartenesse solo ai sogni di suo padre.
Kurt le sorrise intensamente cingendole delicatamente la mano stretta al suo braccio ed Amy si lasciò confortare dal suo tocco.
 

«Siamo quasi arrivati» lo avvisò qualche passo dopo e Kurt sollevò lo sguardo davanti a sé guardandosi distrattamente intorno finché vide in lontananza qualcosa che lo folgorò.
Esposto in un quadro armonico di creazioni di uno dei suoi stilisti preferiti, c’era un abito che aveva grattato via un pezzo del suo cuore ogni volta che l’aveva sfiorato sulle pagine patinate delle riviste, fino a ritagliarsi un posticino tra i suoi desideri, quelli futili a cui non dava voce neppure con se stesso. Era proprio lui, arricchito con qualche accessorio che lo rendeva ancora più interessante e, se possibile, ancora più suo. Passargli accanto per caso e poterlo osservare attraverso un vetro, era più di quanto avesse mai sperato possibile, perciò sorrise tra sé e sospirò emozionato.
Amy seguì la direzione del suo sguardo per capire cosa lo avesse colpito e non si stupì che si trattasse di un’esposizione di abiti maschili di gusto ineccepibile pur nella loro ispirata eccentricità. La donna osservò i capi uno per uno finché scorse un modello che aveva qualcosa di familiare, nel senso più dolce del termine, e le fu subito chiaro a cosa fosse dovuto il sospiro del ragazzo: quella creazione non era solo un prodotto raffinato del team artistico di Alexander McQueen o un’infusione della magia del suo estro, in quell’abito c’era innegabilmente un po’ di Kurt Hummel.
Ed Amy era determinata a restituirglielo.
 
«Ti dispiace se prima di andare a mangiare, approfitto ancora del tuo aiuto?» gli chiese sfoggiando le sue qualità d’attrice «Stavo pensando di prendere qualcosa anche per Blaine, magari una camicia, ma non so bene cosa gli piaccia, non conosco neppure la sua taglia, mi puoi dare una mano?»
«Certo!» annuì immediatamente Kurt
«Grazie, allora andiamo» sorrise soddisfatta godendosi i tentativi malriusciti di Kurt di deviare il suo sguardo su qualcosa che non fosse il suo abito.
 
«Qui?» domandò il ragazzo incredulo della sua fortuna quando Amy si fermò davanti all’ingresso della boutique che custodiva il suo sogno in grigio antracite
«Sì, penso sia il posto perfetto» sorrise Amy
«Lo penso anch’io» si illuminò il ragazzo esultando interiormente al pensiero di riuscire forse anche a sfiorare l’oggetto dei suoi desideri.
 
Una volta dentro, Amy invitò Kurt a dare un’occhiata in giro per scovare qualcosa che potrebbe interessare a Blaine, scommettendo tuttavia che se suo figlio fosse stato lì con loro, avrebbe di certo concordato con lei nel ritenere che quell’abito indosso al suo ragazzo fosse effettivamente quanto di più interessante avrebbe potuto regalargli.
 
Un giovane e biondissimo assistente alle vendite si avvicinò ad Amy che gli spiegò le sue intenzioni chiedendo la sua collaborazione.
«Deve essere una sorpresa - sottolineò più volte - E deve vestire perfettamente» si raccomandò
«Non si preoccupi, signora - la rassicurò il ragazzo - Credo di sapere come fare per prendere le sue misure…» sospirò soffermandosi con lo sguardo un po’ troppo a lungo e intensamente sul corpo flessuoso di Kurt di cui pareva apprezzare parecchio ogni dettaglio
«Immagino… - lo fulminò Amy - Spero soltanto che né io né mio figlio siamo costretti a prendere anche delle altre misure… restrittive, per esempio» gli intimò con un ghigno indiscutibilmente intimidatorio
«Certo, può stare tranquilla - arrossì imbarazzatissimo il ragazzo distogliendo immediatamente lo sguardo - e anche suo figlio» assicurò rivolgendosi brevemente verso Kurt per poi riabbassare lo sguardo a scanso di equivoci
«No, non è lui mio figlio, è il suo fidanzato» chiarì appagata dall’espressione sempre più mortificata del giovane commesso
«Mi scusi di nuovo» balbettò affranto ed Amy rifoderò gli artigli, in fondo non poteva biasimarlo per essere attratto da Kurt, quindi lo soccorse con un sorriso comprensivo che stemperò la tensione e i due misero in atto il piano.
 
Per loro fortuna l’attenzione di  Kurt era totalmente rivolta in parte al suo meraviglioso abito e per il resto alla ricerca di una camicia perfetta per il suo ragazzo sforzandosi di ignorare quella vocina diabolica nascosta da qualche parte sotto la sua cintura che lo spingeva a più riprese verso un modello rosso provocatoriamente sagomato, ma facile da sfilare via, che sarebbe stato benissimo sulla pelle di Blaine e sotto le sue dita. Era talmente concentrato che non si chiese come mai un attimo prima tentasse di scacciare strani pensieri natalizi sull’aderenza di quel tessuto rosso su un affascinante Santa Blaine e l’attimo successivo si fosse trovato ad indossare un completo nero, particolarmente aderente, per aiutare Amy nella scelta del colore della camicia, né si accorse che, per tutto il tempo della prova abiti, l’assistente alle vendite lo aveva scrutato attentamente scribacchiando qualcosa su un taccuino.
«Ho bisogno di visualizzare gli abbinamenti» aveva spiegato la donna e a Kurt non dispiaceva affatto farle da modello, anzi si chiese se avesse potuto approfittarne per indossare il suo McQueen, ma non era certo che poi avrebbe potuto separarsene, perciò si accontentò di sfiorarlo con deferenza dopo essersi assicurato di non essere visto.
Sherlock Hummel era evidentemente troppo distratto.
 
Quando lasciarono il negozio, l’armadio di Blaine si era arricchito di tre camicie nuove dal taglio europeo, di cui una rosso carminio molto aderente che qualcuno gli avrebbe scartato di dosso a Natale, e la lista di Kurt era stata appena sfoltita di un desiderio inespresso in grigio opaco che sarebbe stato recapitato la mattina successiva ad una raggiante Amy.


*****


Da: Kurt
A: B♥
Sono seduto al tavolo di un ristorantino libanese adorabile: il cibo è fantastico e credo di essermi innamorato di tua madre.


Da: Blaine
A: K♥∞
Sapevo che sarebbe successo… Ma sai che per averla dovrai passare sul corpo di mio padre?


Da: Kurt
A: B♥
Preferisco passare sul corpo di suo figlio. Tutte le volte che posso. Su ogni centimetro disponibile. Da ogni angolo possibile.


Da: Blaine
A: K♥∞
KURT?


Da: Kurt
A: B♥
È colpa delle spezie. Brucio. Letteralmente. Scusami (?)


Da: Blaine
A: K♥∞
Fammi controllare... Ora brucio anch’io.  Ovunque. Letteralmente.


Da: Kurt
A: B♥
Tu e la cucina speziata sarete la mia morte.


Da: Blaine
A: K♥∞
Farti morire è la mia ragione di vita, baby penguin


Da: Kurt
A: B♥
Ti odio


Da: Blaine
A: K♥∞
Ti amo anch’io. A dopo. ♥



«Tutto bene?» domandò Amy mentre riprendeva posto al tavolo
«Sì» sospirò Kurt distogliendo l’attenzione dal led con quel sorriso persistente sul volto ancora rosso brillante che Amy interpretò come la prova dell’impertinenza di Blaine piuttosto che gli effetti collaterali delle spezie.
«Desmond ti saluta - sospirò accarezzandolo con lo sguardo - di nuovo» aggiunse ridacchiando visto che era la terza volta che si alzava dal tavolo per rispondere alle chiamate di suo marito in privato onde non mettere in imbarazzo Kurt e se stessa con una dimostrazione evidente di come il flirting telefonico non fosse una prerogativa delle coppie di adolescenti.
Kurt si unì alla sua risata condividendo il sentimento mentre la cameriera si avvicinava con un vassoio allettante di piccoli involtini spolverati di pistacchi e anacardi.
«Non sono sicuro di avere spazio per il dessert» si rammaricò ormai sazio Kurt
«Devi trovarlo!» lo invitò Amy pregustando la delizia al latte e mandorle che condivideva sempre con il suo papà prima di fiondarsi a rubacchiare un’altra mezza porzione di dolce dal piatto di sua madre
«Io mi sarei fermato al mez…» esitò Kurt ancora in estasi per quel rito iniziale di piccoli piattini colorati ripieni di ogni deliziosa varietà di antipasti di cui non ricordava il nome
«Mezzeh - lo aiutò Amy - Ma non puoi non assaggiare queste meraviglie!» tentò di corromperlo rivolgendogli ancora quello sguardo che piegava la volontà di Kurt in un modo che iniziava seriamente a preoccuparlo
«Che c’è?» si incuriosì Amy vedendolo roteare gli occhi frustrato
«Niente, è che mi sono sempre chiesto da chi avesse preso Blaine»
«La golosità?» lo anticipò
«No, la capacità di farmi fare tutto quello che vuole» sbuffò esasperato rendendosi conto troppo tardi dei sottintesi che implicavano le sue parole e, arrossendo furiosamente, tentò di aprir bocca per spiegarsi ma Amy lo soccorse immediatamente
«Ho capito - sorrise affettuosa - Va bene, non insisto, però ne portiamo un vassoio a casa così li assaggerai più tardi con Blaine, d’accordo?».
Kurt annuì con trasporto e si sforzò di restituire al suo viso il pallore naturale anche se non era impresa facile mentre la sua testa veniva invasa da immagini tutt’altro che innocenti di Blaine che avvolgeva tra le sue labbra morbide i piccoli baklava godendo dell’esplosione del gusto con mormorii che destavano in lui quel genere di fame che temeva di non poter mai saziare abbastanza.



*****


«Siamo a casa» annunciò Amy non appena rientrarono nell’appartamento.
Prima che arrivassero, Blaine era riuscito a fare una doccia per lavar via quintali di polvere e frustrazione per l’allestimento della cena sul tetto il cui risultato era ancora molto lontano dai suoi obiettivi e dagli standard del suo affascinante commensale. Si precipitò fuori dal bagno per raggiungerli e salutarli con un luminoso «Ciao!» mentre si strofinava i capelli bagnati con l’asciugamano e sembrava non essersi accorto di come la t-shirt e gli shorts di morbido cotone grigio aderissero alla sua pelle ancora umida. Kurt invece sembrava decisamente esserne accorto.
 
«Com’è andata?» domandò avvicinandosi sorridente, ma Kurt era troppo impegnato a tatuarsi sulle cornee ogni centimetro del suo corpo per rispondergli o anche solo per capire cosa avesse detto.
Amy non sapeva se fosse più ridicolmente adorabile lo sbarellamento ormonale di Kurt o il fatto che suo figlio ne fosse totalmente inconsapevole - certo se avesse distolto lo sguardo dalla sagoma dei pantaloni di Kurt magari avrebbe avuto una qualche possibilità di prenderne atto - in ogni caso di una cosa era certa: si sentiva assolutamente di troppo.
«Beh, io sono un po’ stanca perciò andrò a riposare un po’ - disse ridestando i neuroni dei due ragazzi dal coma ormonale - Ti racconterà tutto Kurt»
«Va bene» balbettò il redivivo Hummel
«Per cena ordiniamo cinese?» propose Amy, ma i due ragazzi avevano altri piani.
Per tutta l’estate il martedì era stata la loro serata di finger food casalinghi e film su cui fingere di non piangere, e non volevano rinunciare a quel rito che aveva il sapore agrodolce dei ricordi del divano del signor Colfer e del suo giardino sul retro dove trascorrevano il resto delle loro serate impegnati in un altro genere di rituali…
Amy continuava a sentirsi di troppo, ma Kurt era intenzionato ad includerla nelle loro tradizioni di coppia, perciò insistette e Blaine lo sostenne scatenandole contro il più irresistibile degli sguardi imploranti.
Amy cedette immediatamente.
«Puoi scegliere tu il film - le concesse entusiasta Blaine - Oppure, se preferisci, possiamo vedere altri tuoi spettacoli»
«Uh sì!» si accodò elettrizzato Kurt
«No, basta! - ridacchiò Amy - Io ho già dato, stavolta tocca a voi»
«Io non ho nulla con me» si rammaricò Kurt
«Io ho qualcosa» sussurrò eccitato Blaine e per “qualcosa” intendeva tutto il repertorio degli Warblers, comprese le prove, in tutti i formati audio e video disponibili.
«Perfetto, allora avremo una Warblers night» concluse deliziata Amy
«Una Blaine night» la corresse The Diva che ancora non riusciva a credere di non aver portato con sé le prove del suo talento
«Siamo un coro» gli ricordò Blaine roteando gli occhi
«No, un coro sono delle persone che cantano insieme, qui invece ci sei tu con dei tizi in orrendi blazer che ti ondeggiano intorno mentre ti esibisci» obiettò sarcastico
«Mi pareva di aver capito che apprezzassi quei blazer…»  non resistette a provocarlo Blaine godendosi trionfante il rossore che divampò sulle sue guance.
«Però l’unica cosa che ho visto io degli Warbler era un vostro duetto» sottolineò Amy in soccorso del figlio ignorando i sottintesi imbarazzanti tra i due
«Quello non conta, era solo un modo per corteggiarmi» replicò Kurt non senza un senso di compiacimento ancora vivo nella voce
«Cosa? - sbottò Blaine - Non è vero»
«Le parole esatte sono state “è solo una scusa per passare più tempo con te” - puntualizzò Kurt pareggiando il match di rossori imbarazzati - O ricordo male?»
«Sì, è vero, ma non avrei mai messo a rischio la partecipazione degli Warblers alle Nazionali se non avessi pensato che tu ed io sul palco fossimo un’arma vincente» disse tutto d’un fiato e tutti gli intenti bellicosi di Kurt e persino di The Diva si infransero nella trasparente sincerità di quegli occhi maledetti che si muovevano agitati e premurosi sul suo volto in cerca di un sorriso che non tardò a fiorire, morbido e appassionato.
Amy iniziò a rassegnarsi alla sensazione di essere perennemente di troppo in loro presenza.
 
«Avevi ragione a pensarlo» sussurrò convinta constatando l’ovvio
«Abbiamo perso però» sospirò Kurt abbassando lo sguardo
«Non per demerito vostro» assicurò Amy
«Lo rifarei, comunque - intervenne Blaine ricercando lo sguardo di Kurt che risalì subito fino ai suoi occhi - E quanto agli Warblers, so che a volte sembriamo ridicoli, ma ci sentiamo davvero un gruppo: hanno scelto me come solista il più delle volte… okay, sempre, ma non sono io il protagonista, la nostra vera forza è cantare insieme e loro sono molto più che i miei coristi, sono i miei amici e da quando ho messo piede alla Dalton sono stati la mia famiglia» si giustificò e se da un lato si poteva quasi sentire ogni residuo di sarcasmo in Kurt sgretolarsi, dall’altro nessuno parve notare la lama della colpa affondare gelida nel petto di Amy.

«Scusami - soggiunse Kurt - Lo sai che quei ragazzi hanno significato molto anche per me. È che credo di essere geloso perché tra poco loro potranno salterellarti intorno per tutto il tempo, mentre io me ne starò da solo al McKinley a fare il corista di Rachel Berry» confessò remissivo
«Tu non sarai il corista di nessuno, compresa Rachel» obiettò Blaine adorabilmente stizzito
«È quello che ho fatto negli ultimi due anni» constatò rassegnato appoggiandosi alla carezza lenitiva della mano calda di Blaine sulla sua schiena
«Beh, ma quest’anno sarai il direttore artistico di uno spettacolo importante, per cui deciderai tu il cast e cosa far fare a ciascuno» lo incoraggiò Amy perché per gli Anderson infondere courage sembrava essere una missione di vita, specie se si trattava del giovane Hummel.
«Allora devo essere proprio un idiota visto che ho già dato via il numero d’apertura e tutto il mio Glee club sarà il protagonista dello show» rise di sé scrollando la testa
«Se preferisci fare tu il numero d’apertura, sai che per noi va bene» gli assicurò mortificato Blaine
«No, il numero d’apertura non si discute» ribatté deciso sorridendogli dolcemente.
«Hai deciso cosa canterai tu?» domandò Amy mentre nella sua testa vorticavano idee e proposte da suggerirgli e rinasceva una parte di sé che credeva di aver perso per sempre
«No, so solo cosa canterò con Blaine»
«Vuoi duettare con me?» si illuminò Blaine
«Ovviamente - ridacchiò Kurt - Non sei l’unico a pensare che tu ed io sul palco siamo un’arma vincente» gli chiarì attorcigliandosi alle sue dita.
Amy colse il suggerimento per andare a riposare e lasciarli soli, perciò salutò e con l’animo raddolcito dall’immagine dell’amore di suo figlio intrecciato alla sua mano, raggiunse felice la sua camera.
 
«Davvero mi vuoi con te su quel palco?»
«Assolutamente sì» e non ci fu bisogno di aggiungere che lo volesse con sé sul palco e ovunque: gli si poteva leggere tra le ciglia mentre gli confessava di essere vittima della sindrome degli Warblers
«La cosa?»
«La sindrome degli Warblers - ripeté divertito - In pratica ogni volta che mi viene in mente una canzone per lo spettacolo, immagino come la canteresti tu e so già che non riuscirò più ad affidarla a qualcun altro. Insomma, il mio primo spettacolo da regista sarà l’ennesima Blaine night» sospirò reggendosi platealmente la testa sconsolato.
Blaine sorrise e si fece più vicino «È un’idea allettante, ma no, non stavolta - declinò stringendolo a sé - Io preferirei una Klaine night, ma solo a patto che stavolta sia io il tuo corista» gli sussurrò sulle labbra
«Si può fare… - ammiccò Kurt - Ho già inviato una richiesta ufficiale alla direzione della Dalton per avere te e gli Warblers nel mio spettacolo»
«Sul serio?»
Kurt annuì e gli ricordò che oltre ad una certa passione per i blazer, di cui lui aveva avuto ampie e sensuali prove, si era sinceramente affezionato a quei ragazzi e desiderava dare il giusto risalto all’impegno dell’Accademia Dalton per l’integrazione «Tu , Wes e David siete una sorta di manifesto di un genere di politica che voterei» concluse chiedendosi in quante altre scuole, pubbliche o private, un gruppo eterogeneo di ragazzi avrebbe riconosciuto la leadership artistica di un frontman gay e quella decisionale di un afroamericano e un asiatico. La Dalton era un posto speciale in più di un senso.
«Grazie, anche a nome loro» mormorò Blaine
«Tuttavia - incalzò Kurt smorzando il suo entusiasmo - non posso prometterti di riuscire a non odiarli per il fatto che loro condivideranno con te quest’ultimo anno di liceo mentre io…»
«Shhh, non ci pensiamo adesso - lo interruppe accarezzandogli le labbra con le sue - Non vedo l’ora di cantare con te» sospirò baciandolo e probabilmente non vedeva l’ora di fare anche dell’altro con lui, se il modo in cui i suoi occhi lo divoravano significasse qualcosa.
 
«Cosa hai scelto?» si incuriosì mentre seguitava a torturare le sue labbra
«È una sorpresa» cinguettò Kurt
«Un indizio?» tentò di corromperlo sottraendogli la sua bocca
«Niente Katy Perry né deprimenti similitudini su candele da soffiare per dimenticare amori finiti male» infierì beffardo alzando gli occhi al cielo
«Non prendermi in giro! - brontolò Blaine - L’avevo scelta perché speravo di colpirti»
«Mi avevi già colpito» gli sussurrò lasciandosi stringere di nuovo, «dal primo sguardo» aggiunsero i suoi occhi e Blaine lo sentì fin dentro le ossa.
 
«Sarò orgoglioso di essere al tuo fianco su quel palco e ovunque vorrai - mormorò esilmente accarezzandogli il viso - E sono così fiero di te, Kurt, ho sempre saputo che avresti cambiato il mondo»
«Non esagerare» minimizzò mascherando l’emozione dietro un sorrisetto scettico
«Beh, di certo hai cambiato il mio e…»
«… and we’ll never be the same again» canticchiò Kurt e Blaine lo fissò confuso
«Mi hai chiesto un indizio per il duetto…» spiegò allusivo
«Le Spice girls? - rise Blaine - Seriamente?»
«È di Melanie C a dire il vero» puntualizzò sforzandosi si star serio guadagnandosi uno sguardo circospetto e un accenno di panico del povero Blaine che scatenò le sue risate
«No, niente Spice girls - lo rassicurò - Anche se quel testo potrebbe parlare di noi»
«Già, come altre duemila canzoni di amori destinati a durare per una e mille vite - considerò con enfasi Blaine - A me interessa solo che sia chiaro a tutti che ti amo e che non c’è niente di sbagliato in questo» dichiarò orgoglioso.
Kurt annuì sulle sue labbra e quando infine lo baciò con passione, sentendo le dita riscaldarsi sulla sua schiena mentre lo teneva stretto a sé, confermò a se stesso che quello che provavano l’uno per l’altro non fosse solo giusto, ma anche inevitabile, legittimo, naturalmente perfetto.
 
«Ho un sacco di cose da raccontarti - mormorò Kurt mentre riprendevano fiato - Ti ho già detto che sono innamorato di tua madre?»
«Sì, almeno un milione di volte» finse di risentirsi Blaine guadagnandosi una risata di Kurt e un bacio di scuse sulla fronte
«Dammi solo cinque minuti: ho bisogno di una doccia per togliermi di dosso la città»
«Posso aiutarti?» si propose il generoso warbler molestandolo con lo sguardo
«Tua madre riposa dall’altra parte del muro» ricordò ad entrambi
«È tutto il giorno che penso a questi dannati pantaloni, dammi almeno la soddisfazione di sfilarteli via» lo pregò aggrappandosi tenacemente ai suoi fianchi
«Non credo sia una buona idea» sussurrò Kurt divincolandosi a fatica e lasciandogli un ultimo bacio prima di raggiungere la porta dove tuttavia si fermò per qualche istante prima di voltarsi indietro con una strana luce negli occhi che trafisse Blaine dritto nello stomaco, o poco più sotto.
«Allora? Resti lì? - domandò ad un perplesso Blaine - Ho detto che non è una buona idea, non che non potessi farlo» spiegò intensificando quella luce nel suo sguardo e le relative conseguenze patite da Blaine che si precipitò rapace su di lui
«Se ti limiti a toglierli e basta» lo avvisò quando fu abbastanza vicino da godersi la smorfia di disappunto e frustrazione che si dipinse sul volto del povero Blaine.
«Sei sadico, sai?» grugnì esasperato girandogli le spalle sprezzante per tornare dignitosamente sul divano dove avrebbe atteso il suo ritorno meditando la giusta vendetta. 
 
Kurt riapparve circa dieci minuti più tardi a piedi nudi, con i capelli ancora umidi e il profumo preferito di Blaine aggrappato alla sua pelle: indossava gli stessi dannati pantaloni e un sorrisetto saturo di promesse. A Blaine non servì altro per capire che avrebbe avuto un’altra occasione per sfilarglieli via e tutti i suoi piani di vendetta si dissolsero.
«Grazie» gli sussurrò sul collo non appena Kurt scivolò sul divano accanto a lui per farsi ospitare tra le sue braccia
«Hai rinunciato ad una giornata con tua madre per colpa mia, penso di dovermi sdebitare in qualche modo»
«Non è colpa tua, ma se vuoi sdebitarti io sono totalmente disponibile ad approfittarne» promise Blaine godendo del peso del suo ragazzo steso su di lui, racchiuso nel suo abbraccio, a portata della sua bocca.
Kurt d’altra parte sembrava gradire l’interesse della sua bocca. E delle sue mani. E di nuovo della sua bocca.
 
«Allora? Com’era la Quinta strada?» domandò Blaine quando ritenne di aver saziato abbastanza la bocca di entrambi
«Fantastica» annaspò Kurt sulle sue labbra prima di riprendere fiato e riversargli addosso tutti i sapori di quell’esperienza non tralasciando alcun dettaglio perché Blaine ne gustasse ogni sfumatura.
 
Mentre perdeva il fiato smarrendosi nella bellezza di porcellana perfetta che era il volto di Kurt illuminato dalla passione del suo racconto concitato, Blaine iniziò a pregare intensamente che quei loro giorni a New York non finissero mai, che potessero restare su quel divano per un tempo indefinito e che ci fosse sempre un posto per lui tra quelle braccia, su quella bocca, dentro quel cuore.


*****

Quando Amy raggiunse i ragazzi per la cena, la Warbler night ebbe finalmente inizio.
Kurt aveva dato sfogo al suo estro cucinando deliziose piccole quiches al salmone, polpettine di verdure e mini crêpes.
Blaine si era limitato per lo più a guardarlo, distraendolo nel modo meno virtuoso possibile, ma nei rari momenti in cui era riuscito a staccargli gli occhi di dosso, aveva allestito una sorta di picnic davanti alla tv che gli valse i complimenti estasiati di Kurt e anche l’accesso privilegiato ai suoi pantaloni durante una rapida sessione di coccole nell’attesa che il popcorn smettesse di esplodere, almeno lui.
 
Mentre sullo schermo un gruppo di ragazzi in blazer armonizzavano tutto il peggio della Top 40, Amy assaggiò ogni pietanza disposta con cura da Blaine nei piattini Royal Copenhagen con dipinte le fiabe di Anderseno che Kevin regalò a Desmond poco prima che la malattia gli portasse via la sua bella voce: «Per ricordarti che le fiabe esistono davvero» gli aveva sussurrato e Desmond aveva desiderato tanto credergli.

Amy assaporò con entusiasmo il gusto sapido di ogni boccone e divorò l’atmosfera che irradiava quella serata così intima da stringerle il cuore in una morsa che faceva quasi male.
Non ci aveva ancora fatto caso, ma erano giorni che il suo scialle bianco era rimasto piegato ai piedi del letto, dimenticato. Amy aveva ora qualcosa di più caldo e morbido ad abbracciarla, a farla sentire protetta, a darle il sostegno necessario per continuare il suo percorso verso quella serenità che per tanti è un possesso dovuto, per lei un dono immeritato: la sua famiglia. Riusciva a sentirla intorno a lei, a respirarla nel suono delle battutine sarcastiche di Kurt sugli Warblers alternate agli sguardi  di reciproca devozione che si scambiarono i due ragazzi mentre si imboccavano a vicenda con la spontaneità di un gesto naturale, istintivo, ovvio. Nutrire chi si ama è una forma di piacere intimo e ancestrale, un compito che le madri onorano per privilegio del loro genere, ma Amy se l’era negato e forse per questo il cuore le si sciolse tra le ciglia quando porse la metà di quell’ultima quiche a suo figlio che se ne sfamò direttamente dalla sua mano.
Blaine non aveva mai mangiato niente di più buono.
 
Una parte di Amy avrebbe voluto che quella serata non finisse mai, ma quando Blaine cedette al sonno reclinando la testa su quella di Kurt che già dormiva sulla sua spalla, la Warbler night era ufficialmente finita.
In silenzio Amy ripulì e sistemò quel che restava del picnic di Blaine, spense la tv e prima di raggiungere la sua camera cercò qualcosa per coprire i due ragazzi addormentati sul divano, dando loro un’ultima lunga carezza con lo sguardo prima di chiudere la porta e lasciarli ai loro sogni, stretti uno all’altro.
 
Fu così che li ritrovò Desmond quando rientrò a casa qualche ora dopo: addormentati sul divano uno sull’altro, avvolti nell’abbraccio caldo di uno scialle bianco.


*****

Amy sentì la porta d’ingresso aprirsi e sussultò: suo marito era appena rientrato a casa e lei aveva letteralmente contato i minuti da quando aveva ricevuto il suo messaggio che la avvisava di essere atterrato a New York.
Lasciò andare un sospiro di sollievo e accarezzò l’ultima riga delle sette pagine appena scritte sul suo quaderno rosso prima di riporlo e istintivamente sistemarsi i capelli e la camicia da notte, nervosa come una quindicenne che sta per incontrare il ragazzo di cui è pazzamente innamorata e vorrebbe che lui la trovasse bellissima fin dal primo sguardo. La Amy di un tempo avrebbe irriso spietatamente se stessa per questa recrudescenza adolescenziale, ma ora concedersi di essere ridicola era quasi una conquista perciò si immerse in quella sensazione di fibrillazione e sfarfallio nello stomaco con la fierezza di un generale vittorioso.
Il generale e la teenager furono dunque estremamente gratificate dall’espressione decisamente sedotta che apparve sul volto di Desmond quando scostò delicatamente la porta e posò i suoi occhi su di lei trovandola bellissima, fin dal primo sguardo.
 
«Ciao» lo salutò sorridendogli
«Ciao - rispose Desmond abbandonando distrattamente la ventiquattrore sul pavimento senza staccarle gli occhi di dosso - Sei ancora sveglia» constatò e avrebbe dovuto essere un rimprovero ma la sua voce aveva una spiccata nota di dolcezza e compiacimento
«Non riuscivo a dormire» si giustificò osservandolo accigliarsi mentre si sedeva sul bordo del letto accanto a lei
«Stai male?» si preoccupò posando una mano sul suo ventre a cui Amy intrecciò subito la sua
«Ora non più» gli assicurò lusingandolo e Desmond si sporse su di lei per baciarle il suo grazie sulla fronte
«Mi sei mancato» sussurrò respirandogli sulle labbra prima di stringerle tra le sue e sentire nel calore intimo di quel bacio quanto anche a Desmond fosse mancata. Terribilmente.
 
«Dammi cinque minuti - annaspò Desmond dopo una lunga apnea nella sua bocca - faccio una doccia e arrivo»
«Te ne concedo due, tre al massimo» rilanciò categorica
«Adoro quando usi quel tono autoritario con me» mugolò Desmond
«Muoviti! - lo zittì provocante - I tre minuti sono già partiti»
«Ai tuoi ordini» ridacchiò l’uomo che amava.
 
Desmond riemerse dalla doccia circa sette minuti dopo, ma in fondo Amy era un despota generoso perciò non recriminò. Preferì concentrarsi a far finta di non notare come i pantaloni di cotone di suo marito cadessero morbidi ben oltre la vita, aggrappati appena ai suoi fianchi
«Sono perdonato?» le domandò mentre raggiungeva il letto affondando ad ogni passo negli occhi di sua moglie che brillavano di una luce scura e potente.
Amy annuì distogliendo quello sguardo acceso dal suo corpo e Desmond non poté fare a meno di sorridere.
 
«Come stai? Nostalgia di me a parte» le chiese mentre scivolava sotto le lenzuola regalando ai suoi occhi un’ultima intensa carrellata sulla sua donna prima di spegnere la luce e stendersi al suo fianco.
«Sto bene. Nostalgia di te a parte, è stata una bellissima giornata» sospirò rannicchiandosi tra le sue braccia
«Lo shopping con Kurt?»
«Un’esperienza fantastica - respirò sul suo collo - Kurt è un ragazzo meraviglioso, Desmond, davvero meraviglioso» ripeté senza far nulla per nascondere quella sua evidente contentezza tutta materna per la scelta di suo figlio
«Lo so» concordò Desmond pervaso dalla stessa sensazione di sollievo profondo nel sapere il suo bambino tra le mani di una persona meravigliosa
«Credo di essermi innamorata di lui» ammise Amy ridacchiando
«Sapevo che sarebbe successo - finse di disperarsi suo marito - Ma dovrai passare sul corpo di Blaine per averlo»
«Preferisco impegnarmi per riuscire di nuovo a passare su quello di suo padre» sussurrò esilmente sulla sua pelle ancora umida assaporandone il gusto a fior di labbra
«Mi sembra un’ottima idea» le soffiò tra i capelli tenendola più stretta
«Comunque dubito che esista qualcuno che possa portarglielo via»
«Lo credo anch’io» sorrise Desmond
«Sono così innamorati… - sospirò Amy - Eravamo così anche noi?»
«Inebetiti e sdolcinati fino al punto di essere nauseanti e anche un po’ irritanti? Assolutamente sì» rispose lasciandosi scorrere dentro il brivido della risata soffocata di Amy.
 
«Quando gli darai il barong tagalog1?» le chiese accarezzandole la schiena
«Credi davvero che possa piacergli? Voglio dire, è così attento alla moda, non so se apprezzereb..»
«Amy, è abbastanza evidente che anche lui è innamorato di te, perciò credo adorerebbe anche uno straccio se fossi tu a regalarglielo - la rassicurò - Anzi, sono sicuro che lo apprezzerebbe anche se ignorasse il significato che riveste per la nostra famiglia».
Da generazioni, infatti, le donne della famiglia di Amihan perpetuavano quella tradizione solo loro: quando le loro figlie avevano trovato l’uomo giusto, regalavano a quell’unico possibile, una camicia leggera, finemente ricamata, in attesa di vederla indossata il giorno delle nozze, secondo il costume della cultura filippina. Avendo avuto un maschietto, Amy non avrebbe dovuto assecondare quel rito di famiglia, ma evidentemente il destino aveva deciso altrimenti.
«Forse hai ragione, ma per ogni evenienza gli ho comprato anche un abito»
«Sei riuscita a convincerlo? - si stupì Desmond - Deve amarti sul serio, allora!»
«No, non ne sa nulla - ridacchiò Amy - Glielo darò domani»
«E il barong?»
«Non lo so - sospirò incerta - Ho paura»
«Avevi detto che non avresti più permesso alla paura di decidere per te» le ricordò assecondando delicatamente la curva dei suoi fianchi con le dita
«Già, ma… - esitò - Non voglio affrettare le cose. O fare pressioni. Insomma, è poco che si conoscono e sono ancora così giovani!»
«Tua madre non ha perso tempo con me» ricordò Desmond e non senza una lieve incrinatura nella voce che indusse la donna che amava a lenire quella ferita con la sua bocca, leggera, sulla pelle tesa del suo collo
«È diverso però, mia madre era convinta che non avrei mai trovato uno che mi sopportasse, perciò ha chiuso l’affare in tempi record prima che tu ci ripensassi» rise Amy
«Non ho mai capito come potesse essere così sicura di noi, non mi aveva neppure visto di persona»
«Lo so - sorrise ripensando con nostalgia alla determinazione di sua madre - ma aveva visto me dopo averti incontrato e non ha mai avuto dubbi che fossi tu»
«Che fossi io… cosa?»
«Vuoi davvero sentirmelo dire?» intuì Amy che odiava vederlo compiacersi nel sentirla pronunciare espressioni quali “anima gemella”, “uomo della mia vita” e altri cliché sdolcinati che le ustionavano terribilmente la lingua come il peggior acido  
«Sì» la sfidò divertito  
«La mia palla al piede» lo accontentò.
Desmond sbuffò una risata tra i suoi capelli e tentò di replicare ma Amy lo anticipò «Ed è una condanna a vita, tienilo bene in mente, non importa quante “Nancy” tenteranno di convincerti del contrario» accentuò possessiva
«Lo so, mi avrai ai tuoi piedi per sempre» le sussurrò trascinandola su di sé per dissetare il suo corpo tutto.

«Tua madre ha sempre avuto ragione su di me - continuò tessendole i capelli con le dita - e noi abbiamo ragione su Kurt perché è vero, sono ancora troppo giovani, ma io non ho alcun dubbio che siano destinati ad essere uno la palla al piede dell’altro. Voglio dire: pensi che Blaine possa davvero trovare qualcun altro che lo corrisponda in quel modo? O che si prenda cura di lui e della sua famiglia, come fa Kurt?»
«No, nessun dubbio» concordò Amy
«Allora il barong è già suo, a prescindere da come finirà tra loro» concluse Desmond.
Amy intrecciò le dita a quelle dell’uomo che amava e annuì.

Non ci fu bisogno di dar voce al fatto che entrambi sapessero come sarebbe finita tra Blaine e Kurt: si limitarono ad immaginare con quali colori avrebbero riempito lo spazio vuoto intorno alle loro impronte intrecciate sulla parete della loro famiglia.
 

«Tutto bene a Boston? - domandò Amy scrollandosi di dosso quell’arcobaleno di piccole dita - Hai incontrato Kelly?»
«Sì»
«E allora?» domandò eccitata
«È tutto a posto, predisporrà ogni cosa in tempo per lo spettacolo»
«È meraviglioso! Kurt sarà felicissimo - cinguettò Amy - Voglio essere presente quando glielo dirai» lo pregò
«Non lo farò - smorzò il suo entusiasmo Desmond - Lo contatterà Kelly per dargli tutti i dettagli e si metteranno d’accordo tra loro»
«Perché?» sbuffò esasperata Amy
«Perché cosa?»
«Perché devi sempre concedere agli altri meriti solo tuoi?» rispose stizzita
«Perché non è importante» si giustificò Desmond a disagio
«Cosa? Che tuo figlio e il suo ragazzo sappiano che tu hai finanziato l’intero progetto dell’inaugurazione e hai fatto in modo che abbiano a disposizione per lo spettacolo il teatro migliore, un’orchestra blasonata e chissà che altro?» protestò la donna che lo amava a tal punto da non sopportare quel genere di mortificazione che era diventato il modo di suo marito di espiare colpe non sue
«Come ho già detto, non è importante che lo sappiano» si ostinò a controbattere Desmond serrando la mascella per trattenere la frustrazione
«Io penso di sì invece, perché per Blaine non credo ci sia niente di più importante al mondo che sapere di avere l’appoggio e l’approvazione di suo padre, e non mi riferisco ai finanziamenti» lo inchiodò implacabile come la verità che le fiorì sulle labbra
«Ho paura» cedette Desmond
«Avevi detto che non avresti più permesso alla paura di decidere per te» lo parafrasò raggiungendo il suo viso con le dita e lenendo con il suo tocco caldo quel nodo di avvilimento insensato che lo bloccava
«Già, è che non voglio sbagliare di nuovo - mormorò lasciandosi accarezzare anche dentro dall’amore di sua moglie - E non voglio neppure che pensi che sia un modo per comprare il suo affetto»
«Sarebbe una spesa inutile - sussurrò Amy aggrappandosi alle sue spalle per sollevarsi e raggiungere la sua bocca - Hai già tutto l’affetto di Blaine, l’hai sempre avuto» gli soffiò sulle labbra prima di baciarlo.

Desmond non riuscì a contraddirla perché una parte di lui sapeva che era la verità e scalciava per essere ascoltata.
Amy ascoltò dunque il suo silenzio, con devozione, colse la distensione nel suo respiro e attese che il battito del suo cuore si acquietasse, poi si strinse a lui e gli raccontò della Warblers night, del talento di loro figlio, della tenerezza dell’amore dei due ragazzi  e di quanto si fosse sentita a casa abbracciata dalla sua famiglia.
Questo era quel genere di storie che Desmond avrebbe voluto vedere dipinta sui piattini di Kevin, una di quelle fiabe a cui iniziava a credere.


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*** Parte III ***


Fu Blaine a svegliarsi per primo la mattina successiva: era intorpidito e un intenso formicolio serpeggiava sulla metà del suo corpo gravata dal peso di Kurt che dormiva beatamente su di lui, drappeggiato sul suo torace, e con il viso immerso nella sua t-shirt.
Lo scialle bianco di Amy li avvolgeva entrambi e Blaine si rammaricò di non avere avuto la possibilità di fissare nella sua memoria di figlio il momento in cui la sua mamma si era presa cura della sua nanna per la prima volta. Socchiuse gli occhi perché la sua fantasia colmasse quel vuoto e sospirò accarezzando la lana candida sulla schiena di Kurt.
Si sentiva sazio, insperabilmente completo, traboccante di qualcosa di dolcemente amaro di cui conoscono il gusto solo i figli negati, ignorati, respinti.
 
Quando riaprì gli occhi, Kurt continuava a sbavare sul colletto della sua t-shirt e il lato destro del suo corpo a reclamare la sensibilità persa. Tentò delicatamente di sistemarsi meglio, ma Kurt guaì in protesta muovendosi possessivo su di lui fino a farlo aderire più saldamente al divano e al suo corpo. Blaine non riuscì a trattenere un sorriso e lo baciò dolcemente tra i capelli godendosi il mugolio di apprezzamento del suo principe addormentato che iniziava a svegliarsi.
 
Kurt aprì a fatica gli occhi e gli ci volle qualche istante per realizzare di essersi addormentato sul divano o meglio su Blaine che attese di averlo dentro i suoi occhi per regalargli il primo sguardo epifanico della giornata, un sorriso adorabile e un roco «Buongiorno» che lo scaldò tutto.
«Buongiorno» rispose e dannazione! Era sveglio da mezzo secondo ed era già arrossito?
 
«Devo essermi addormentato da qualche parte tra “Misery” e “Raise your glass” - tentò di andare oltre - Non ricordo niente dopo»
«Neppure io» soggiunse Blaine e nuovi scenari di imbarazzo si aprirono all’orizzonte per un agitatissimo baby penguin.
«Vuoi dire che mi sono avvinghiato a te davanti a tua madre?» realizzò mortificato
«Probabilmente sì» infierì Blaine sorridendo alla sua frenetica agitazione
«Ti prego, dimmi che tuo padre non ci ha visti così!» balbettò sgranando gli occhi mentre raffiche di consapevolezza scarlatta sferzavano la sua pelle
«Amore, calmati! - ridacchiò Blaine - Nessuno ci ha svegliato per separarci, dunque prendiamola come una benedizione» suggerì strizzandogli l’occhio.   
Kurt sorrise abbassando lo sguardo mentre il suo stomaco pativa come sempre la più dolce delle torture nel sentirsi chiamare in quel modo da lui.
«Ti ho sbavato la maglietta» si scusò osservando la forma umida delle sue labbra stampata sulla maglietta di Blaine
«Puoi sbavare su di me quando vuoi» gli assicurò tentando di stringerlo a sé più saldamente, ma il suo braccio addormentato cedette procurandogli una lieve fitta
«Oh, scusami! - si rese conto Kurt affannandosi per spostarsi e liberarlo dal suo peso - Avrai dormito malissimo» intuì imbarazzato
«No - lo fermò Blaine che non aveva alcuna di intenzione di toglierselo di dosso - Sto sempre benissimo sotto di te» gli sussurrò appena fu abbastanza vicino ai suoi occhi perché potesse leggervi dentro tutti i sottintesi implicati
«Mi stai lanciando un messaggio?» rilanciò seducente Kurt inarcando un sopracciglio
«Forse…»
«Beh, forse potrei scoprirlo da solo» lo sfidò minaccioso incombendo su di lui, bloccandolo tra le sua braccia e poi aderendo in ogni angolo al suo corpo che, senza sorpresa per nessuno, ora non era più così addormentato.
«Non tentarmi - lo avvisò Blaine con la voce già segnata dall’affanno mentre il cucciolo di pantera scivolava provocante sulla sua pelle calda - Sai che sono sempre ispirato al mattino»
«Lo so - mormorò Kurt mentre si incastrava impietosamente tra i suoi fianchi provocandogli un’onda di piacere più intenso che serrò tra i denti rabbrividendo - Posso sentirlo» aggiunse con un sorrisetto fin troppo soddisfatto perché Blaine potesse mettere in dubbio che lo stesse tentando. 

«Ti avevo avvisato» sussurrò Blaine mentre la sua ispirazione mattutina decollava insieme alle sue labbra che si schiantarono voraci su quel sorrisetto. 
«No - lo scansò Kurt - non ho lavato i denti ieri notte» si scusò goffamente
Blaine però era un ragazzo determinato e pieno di risorse, per cui gli sorrise e virò l’attenzione della sua bocca sul collo pallido del suo ragazzo.
«Tu trovi sempre una soluzione, non è vero?» ridacchiò Kurt mentre le labbra di Blaine si sfamavano della sua pelle
«Ho sempre un piano B» sorrise prima di riprendere a torturarlo.

«Mi lascerai dei segni» si sforzò di ricordargli Kurt mentre pativa quel meraviglioso supplizio mordendosi il labbro per trattenere il piacere sonoro che quel maledetto ragazzo riusciva a suscitargli mappando uno per uno tutti i suoi punti deboli
«Preferisci che li lasci dove non li vedrà nessuno?» propose speranzoso Blaine in un impeto di generosità
«È un altro piano di riserva?» rise Kurt
«No, quello è sempre il mio piano principale, sua altezza reale» confessò amplificando la risata del ragazzo che amava a cui si unì con troppa enfasi.
«Shhh, sveglieremo i tuoi - ricordò soprattutto a se stesso Kurt - I piani per la giornata invece?» tentò di cambiare argomento
«Mmh, vediamo… inchiodarti a questo divano sopra di me?» rispose Blaine agganciandosi alla sua schiena.
Tentativo numero uno: fallito.

«Non è male come piano - tentò di divincolarsi Kurt - ma dubito che i tuoi genitori approverebbero»
«Mi pare che stanotte abbiano lasciato intendere di non avere nulla contro noi due avviticchiati uno sull’altro sul divano» obiettò facendogli spazio tra le sue gambe.
Tentativo numero due: fallito.

«Non possiamo stare tutto il giorno sul divano» si sforzò di essere razionale Kurt ma non gli era facile con le mani di Blaine che esploravano le borchie dei suoi pantaloni
«Dammi una sola ragione valida per alzarci da qui» gli soffiò caldo sul collo.
Tentativo numero tre: fallito.

«Dovremmo mangiare ad un certo punto» accettò la sfida con tono petulante
«Tutto ciò di cui ho fame è già su questo divano» sussurrò Blaine assaporando sulla punta della lingua il gusto della sua pelle.
Tentativo numero quattro: fallito.

«E p..poi c’è la serata di t..tuo padre» annaspò Kurt in un ultimo, inutile, tentativo di arginare l’inevitabile
«Uh già» ricordò Blaine staccandosi dalla sua pelle.
Tentativo numero cinque: riuscito.

Ma Kurt non sembrò gioirne affatto e il suo volto manifestò immediatamente il suo disagio che purtroppo non era frutto soltanto delle proteste del suo collo per l’improvvisa perdita delle attenzioni della bocca di Blaine.
C’era dell’altro a preoccuparlo.

L’idea di partecipare all’evento di quella sera aveva infatti instillato in Kurt un germoglio infestante di apprensione e dubbi fin dal momento in cui Desmond l’aveva invitato. Armato unicamente delle sue insicurezze, aveva tentato da allora di darsi una risposta rassicurante, ma evidentemente aveva fallito se ora, alla sola menzione dell’appuntamento che li attendeva quella sera, si irrigidì inquieto.
«Che c’è?» gli chiese premuroso Blaine cogliendo all’istante il cambiamento del suo umore e ricordandogli perché fosse sempre più certo che un giorno lo avrebbe sposato, anche a costo di obbligarlo con ogni mezzo a diventare legalmente e indissolubilmente suo.
«Hai cambiato idea? Non vuoi venire?» aggiunse preoccupato senza fare nulla per dissimulare il tono deluso nella sua voce
«No, ma tu… sei sicuro che sia il caso che venga anche io?»
«Cosa? Perché?» ridacchiò del tutto spiazzato Blaine ma l’espressione seria sul volto Kurt spense immediatamente il suo sorriso
«Non capisco» sussurrò nervosamente
«Blaine, è la prima volta che partecipi ad una serata con la tua famiglia - iniziò timidamente a spiegargli Kurt - Loro non ti conoscono e non sono sicuro che sia il caso di presentarti con me al tuo fianco: non voglio che ti senta a disagio» sussurrò in un sol fiato
«Kurt? - si accigliò incredulo Blaine - Come puoi pensare che averti al mio fianco mi metta a disagio?»
«Ti prego - protestò esilmente Kurt - Sappiamo entrambi quanto può essere difficile esporre chi siamo a…»
«Io non mi vergogno di ciò che sono - lo interruppe sfiorandogli il viso delicatamente - E ancora meno mi vergogno di te»
«Lo so - sorrise dolcemente - ma non voglio complicarti le cose»
«Da quando ti conosco, l’ultima cosa che hai fatto è complicarmi le cose - sussurrò Blaine - Kurt, ascoltami bene:  io non andrò a quella festa senza di te, okay?»
«Okay - annuì Kurt appoggiandosi al tocco delle sue dita - Magari penseranno che siamo amici» rifletté facendo esplodere la risata di Blaine
«Che c’è di così divertente?»
«Tu - rispose innamorandosi ancora una volta della sua deliziosa ingenuità - Davvero pensi che qualcuno possa credere che siamo solo amici?»
«Certo! - affermò sicuro - Se teniamo le distanze» aggiunse con maggiore obiettività
«Kurt - sospirò completamente sedotto - io non ho mai guardato nessun amico come guardo te» confessò l’ovvio sorridendogli mentre le sue dita scendevano lungo il suo corpo per raggiungere la sua mano e stringerla «E forse possiamo anche tenere le distanze, ma non potrò fare a meno di guardarti e anche il più cieco lì dentro si accorgerebbe che ti amo» aggiunse incoraggiato dall’intreccio delle loro dita, e il sorriso grato e inebriato di Kurt era più che una conferma del fatto che condividesse ogni parola.

«Voglio solo che sia una serata speciale» gli sospirò sprofondando di nuovo su di lui, rannicchiandosi sul suo petto
«Beh, allora dovrai necessariamente essere lì con me - chiarì Blaine accogliendolo tra le sue braccia - E niente distanze» gli intimò sentendolo sorridere nel suo collo
«Spero solo che tuo padre la pensi come te» mormorò con tono sofferto
«È stato lui ad invitarti - gli ricordò premuroso Blaine abbracciandolo più stretto - Inoltre credo che non veda l’ora di presentarti a tutti come il fidanzato di suo figlio»
«Io non credo invece» gli tremò tra le labbra
«Ehi, guardami - lo pregò sollevandogli il viso per immergersi nei suoi occhi - Davvero non ti sei accorto di quanto i miei genitori ti adorino? Di quanto ti siano riconoscenti per esserti preso cura di me e aver reso possibile tutto questo: niente di tutto ciò sarebbe mai successo senza di te» sussurrò guardandosi intorno prima di tornare su di lui e scontrarsi con quei meravigliosi occhi blu, straniti e scettici
«Non è vero» sospirò pianissimo Kurt
«Sì invece» si oppose Blaine e si scostò leggermente per raggiungere ancora quegli occhi e rimediare ad un errore imperdonabile benché inconsapevole «Non devo essere stato molto bravo a fartelo capire se hai pensato anche solo per un attimo che stasera qualcuno di noi avrebbe potuto sentirsi a disagio ad averti vicino, ma ora ascoltami bene - lo pregò - La mia famiglia si è innamorata di te, Kurt, tu… tu sei la cosa più bella che ci sia mai capitata» gli soffiò tremante sul viso prima di baciarlo e stavolta Kurt non lo schivò.
 
Kurt si lasciò baciare perché ne aveva bisogno, perché neppure nei suoi sogni si era mai concesso di sperare in una dichiarazione d’amore come quella,  perché lo amava quasi dolorosamente, perché non avrebbe potuto riprendere a respirare se non dentro la sua bocca.
Blaine baciò Kurt abbastanza a lungo da fargli dimenticare tutti gli altri “perché”.
 

Quando smisero di respirarsi dentro, si sorrisero e si strinsero uno all’altro incastrandosi in un nuovo abbraccio.
«Mi concederai di ballare con te stasera?» sussurrò Blaine
«Si ballerà?» si stupì Kurt
«Beh, penso di sì»
«Meglio di no - declinò con un bacio di scuse sul suo petto - Non voglio essere al centro dell’attenzione di tutti vestito come uno straccione» 
«Sarai bellissimo ed elegantissimo anche se ti presentassi in pigiama - lo rassicurò - E poi neppure io ho portato abiti eleganti con me»
«Ma nessuno farà commenti negativi sul figlio del protagonista della serata, io invece sarò per tutti il tuo fidanzato sciatto, con scritto “from Ohio” sulla fronte - si allarmò iniziando a prendere coscienza della realtà che lo attendeva - Oddio, avrei dovuto accettare il regalo di tua madre!» realizzò con gli occhi sbarrati dimenandosi nell’abbraccio di Blaine
«Kurt, va bene un piccolo delirio, ma stai esagerando - ridacchiò accarezzandogli la schiena - Calmati» sussurrò morbido baciandogli la fronte
«La verità è che non avrei dovuto googlare per vedere quel posto: è totalmente fuori dalla mia portata, sarei fuori luogo anche se vestissi Armani» gemette sconfitto
«Sai, questo è molto strano - rifletté acutamente Blaine - Hai sempre combattuto a testa alta per dimostrare chi sei a chi pensava che tu fossi fuori luogo ovunque, ma poi quando ti si presenta l’occasione di essere finalmente in un posto che ovviamente è fatto per te, tu la pensi esattamente come loro? Dove è finita la Diva di cui mi sono innamorato? Lui non penserebbe mai che esista un ruolo, un abito o un posto di cui non sia all’altezza»
«È sopra di te, ovviamente» sussurrò malizioso sulle sue labbra
«Bene, è al suo posto allora - confermò Blaine restituendogli lo stesso sguardo - Inoltre se vuoi diventare il marito del futuro presidente degli USA dichiaratamente gay, dovrai iniziare ad abituarti a partecipare a serate ed eventi eleganti» gli fece notare e Kurt ridacchiò per stemperare il brivido che lo scosse
«E poi - riprese Blaine sollevandosi per raggiungere le sue labbra - Se avessi bisogno di conferme sul fatto che tu sia la persona più elegante ed interessante lì dentro, cerca i miei occhi»
«D’accordo signor presidente» annaspò Kurt prima di accettare l’invito della sua bocca.  
 
«Mi sono meritato una colazione speciale?» mugolò Blaine soddisfatto dell’entusiasmo del suo pinguino
«Più tardi, ora avrei un’altra idea» sorrise Kurt sfiorandogli le labbra ancora una volta
«Quale?»
«Che ne dici di una doccia?» 
«Mi sembra una buona idea» convenne Blaine anche se avrebbe preferito rinviarla in favore di pratiche più interessanti, ma se Kurt aveva in mente coccole e doccia in ordine inverso, lui era completamente a favore della proprietà commutativa, purché il risultato con cambiasse.

«Vai prima tu?» gli chiese talmente preso a pregustare la fase due del piano, da non cogliere il bagliore divertito nello sguardo di Kurt 
«No, la mia idea era più ecologica - gli sorrise - Pensavo che in due potremmo ridurre gli sprechi d’acqua, e poi avevi promesso di sfilarmi via questi pantaloni, no?» rivelò sfoggiando il suo miglior repertorio di ammiccamenti seduttivi che tuttavia gli sarebbero riusciti decisamente meglio se non fosse arrossito istantaneamente
«Questa mi sembra l’idea migliore di oggi!» esultò Blaine dipingendosi dello stesso impacciato imbarazzo.

Kurt lo prese come un sì e rise sommessamente di loro stessi mentre si alzava a fatica dal divano.
«Andiamo?» lo invitò porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi
«Sì - cinguettò Blaine balzando in piedi ignorando il suo corpo intorpidito - Oh, aspetta! Ho tutta una parte addormentata» piagnucolò appoggiandosi su Kurt per non cadere
«Non ti preoccupare, ci penso io a svegliarla» gli promise lanciandogli un’occhiata di fuoco mentre lo stringeva saldamente a sé.
Blaine rise e zoppicando si lasciò guidare verso la loro camera.

«Sai? - gli sussurrò all’orecchio appoggiando la testa sulla sua spalla - Almeno una parte, posso assicurarti che è molto svegl..»
 «Buongiorno!» lo interruppe una voce femminile alle sue spalle
«Avevo sentito bene: siete svegli - constatò Desmond raggiungendo Amy - Buongiorno» li salutò e i due ragazzi avrebbero desiderato sprofondare sul pavimento al pensiero che a) avessero sentito le loro conversazioni b) avessero sentito le loro conversazioni e intuito cosa facessero tra una conversazione e l’altra c) avessero sentito le loro conversazioni, avessero intuito cosa facessero tra una conversazione e l’altra, e ora avrebbero anche letto sulle loro facce il programma della mattinata.
Kurt sapeva che avrebbe dovuto muoversi per primo perché Blaine era semi-invalido a causa sua, perciò rinunciò ad ogni residuo rispetto di se stesso e si voltò per rispondere al saluto ben consapevole della tonalità carminio del suo incarnato.
Blaine si aggrappò a lui per sorreggersi e salutò a sua volta.
«Stai male?» si preoccupò Amy
«No» rispose Blaine
«Ma zoppichi» gli fece notare Desmond
«È colpa mia» si affrettò a dire Kurt ignorando ogni genere di possibile fraintendimento che realizzò solo quando sul volto di Desmond si dipinse una strana espressione di sorpresa mista a disagio
«Oh…» espirò l’uomo alzando un sopracciglio
Kurt iniziò a balbettare una spiegazione non potendo optare per la prima opzione: sparire dalla faccia della terra in quell’istante «Cioè, ho dormito su di lui e…»
«Ho una gamba intorpidita» tagliò corto Blaine che, con i suoi tempi, aveva colto anche lui l’equivoco
«Certo - annuì Desmond sforzandosi di star serio - Perché ora non andate a mettervi più comodi mentre noi prepariamo la colazione?»
«D’accordo» risposero all’unisono felici di poter uscire di lì prima che i visi di entrambi andassero a fuoco
«Blaine? - lo fermò Desmond - La doccia calda… è l’ideale per distendere i muscoli intorpiditi» gli consigliò divertendosi a vederli sbiancare di nuovo
«Sì, grazie» biascicò il ragazzo prima di sparire dietro la porta.
 
«Sei terribile!» sussurrò Amy una volta sola con suo marito dandogli una gomitata
«Perché?» domandò con un’espressione innocente
«Non dovresti infierire su quei poveri ragazzi» lo rimproverò
«È divertente vederli arrossire» ridacchiò Desmond
«Ripeto: tu sei terribile!» ribadì alzando gli occhi al cielo, ma le era difficile non essere d’accordo con lui.
«Per farmi perdonare preparo i pancakes alla cannella per Blaine - pensò mentre si procurava gli ingredienti necessari - Tu cosa vuoi?»
«Questo - si guardò intorno Amy con occhi umidi - Ogni mattina, per tutto il resto della mia vita» concluse regalandogli un sorriso dolcissimo
«È già sul nostro menu» le promise Desmond custodendola tra le sue braccia.


*****

«Voglio morire ora» gemette mortificato Kurt gettandosi sul letto e coprendosi il viso con le mani
«No, prima devo sfilarti i pantaloni» obiettò Blaine che evidentemente aveva tempi di recupero dalle figuracce molto più rapidi, specie se distratto dalla visione del suo ragazzo sparso sul letto
«Blaine, ti prego, non è il momento. L’umore è andato» piagnucolò ignaro dello sguardo acceso di Blaine sulla pelle esposta del suo ventre, svelata dall’accartocciarsi della maglia mentre strisciava verso il bordo del letto per rialzarsi
«A me invece è tornata la sensibilità - svelò il giovane warbler raggiungendo Kurt sul letto - Ovunque» specificò in un sussurro caldo costringendolo a scoprirsi il viso per fulminarlo con lo sguardo
«Ti prego - perseverò Blaine sfoderando il più sleale degli sguardi da cucciolo - Tutto il resto lo rimandiamo a stanotte, ma tra me e questi dannati pantaloni non può finire così».
Kurt roteò gli occhi ma si arrese concedendogli la vittoria.
 
Blaine si sforzò di non esultare troppo limitandosi a sorridergli, poi si dedicò ai suoi nemici, tesi e sfacciatamente incollati alla pelle del suo ragazzo.
Sbottonò i pantaloni con lentezza, poi si inginocchiò sul pavimento, si fece spazio tra le gambe di Kurt e li sfilò via concedendo alle sue dita di sfiorare con tocco bruciante la pelle svelata dal tessuto, quasi volesse reclamare il suo diritto esclusivo di poterla cingere in quel modo.
Le mani di Blaine scivolarono sui fianchi e poi sulle gambe di Kurt fino alle caviglie liberandolo da quella costrizione e imponendone un’altra ad entrambi, una più intima e pressante, a cui fu difficile non prestare la dovuta cura.

«Ora vai» tremò Kurt accarezzandogli il viso quando quella meravigliosa tortura finì
«Mi devi una doccia» si fece promettere Blaine ancora in ginocchio tra le sue gambe
«E tu mi devi un cuore nuovo - mormorò affannato mentre gli prendeva la mano e la posava sul suo cuore in burrasca - Perché è certo che questo esploderà prima o poi»
«Ti darei il mio, ma credo di averlo già fatto» sussurrò Blaine scostando la mano per posare le labbra sul suo cuore
«Ecco, vedi? - sbuffò Kurt incrociando le braccia - Lo fai apposta? Tu non vuoi che arrivi al diploma»
«Io non voglio che arrivi la fine di questa settimana - sospirò Blaine abbassando lo sguardo - perché non so come potrò…»
«Shhh, non pensiamoci ora» lo interruppe Kurt baciandogli la fronte  «Viviamo giorno per giorno, va bene? - continuò sorridendogli fiducioso - Dunque, oggi ci aspetta un’intera giornata insieme, una serata elegante con un sacco di persone nuove da scandalizzare, un ballo al centro della pista, e da qualche parte dovremmo inserire una doccia ecologica e un trapianto di cuore» ridacchiò arrossendo
«Ti amo» lo travolse Blaine stringendolo a sé e qualunque fosse la risposta di Kurt, restò incastrata tra le loro bocche, fuse ancora e ancora e ancora.
 
Qualche minuto più tardi, Blaine era sotto la sua doccia calda da solo e Kurt chiacchierava con Burt che era apparso sul led del telefono del suo bambino con allarmante tempismo.
Da buon papà, Burt Hummel finse di non notare l’affanno nella voce di Kurt o il suo imbarazzo, perché c’era qualcos’altro che lo colpì con più forza. Una musica dolcissima danzava infatti nelle parole di suo figlio, con un ritornello di quelli che ti scavano dentro e non si dimenticano facilmente: «Noi…». Iniziavano così tutte le frasi di suo figlio. Fino ad allora quel “noi” erano stati solo loro due, ora erano anche Kurt e Blaine, Kurt ed Amy, Kurt e gli Anderson. Sul volto di Burt si dipinse un sorriso velato della più tenera malinconia, ma anche di speranza e di quel genere di orgoglio che conoscono solo i padri.

Quando la chiamata finì, raggiunse Carole che preparava la colazione in cucina.
«Sta bene?» gli chiese accogliendolo tra le sue braccia
«Sta benissimo» realizzò rilassandosi nel suo abbraccio e lasciando andare un sospiro che sembrava trattenere da una vita: non si era mai sentito così leggero.


*****

Blaine apprezzò sul serio i pancakes alla cannella del suo papà, tanto da piagnucolare letteralmente quando Kurt tentò di servirsi l’ultimo rimasto costringendolo a cederglielo in cambio di qualcosa che si promisero con una carezza dello sguardo e delle dita, intrecciate sotto il tavolo.

Amy e Kurt monopolizzarono d’attenzione dei due Anderson con alcuni dettagli inediti sulla loro mattinata di shopping. Blaine avrebbe sinceramente preferito ignorare l’esistenza di un commesso zelante che aveva messo gli occhi sul suo ragazzo, ma la faccia ignara e confusa di Kurt mentre Amy raccontava l’episodio, mutò la gelosia in completa adorazione.
Desmond si allontanò a malincuore dal tavolo per rispondere ad una telefonata, ma riapparve qualche minuto più tardi con un gran sorriso sul viso.
«Era l’adorabile Nancy?» lo provocò acida Amy
«Era Sean» rispose l’uomo roteando gli occhi mentre Blaine e Kurt si scambiavano un’occhiata confusa.

Desmond spiegò che l’amico e sua moglie Katherine sarebbero arrivati in mattinata e chiese loro se avessero piacere di pranzare tutti insieme. La proposta fu accolta con entusiasmo dalla sua famiglia, soprattutto da Amy.
«Prenoto subito - sorrise Desmond - Dove preferite pranzare?»
«Qui?» suggerì sua moglie
«Va bene, avete preferenze su cosa ordinare?»
«Niente ordinazioni, cucinerò io i piatti forti di mia madre» cinguettò Amy
«Vuoi ucciderci tutti?» la prese in giro Desmond esplodendo in una risata
«Grazie eh!» lo fulminò la donna
«Scusa - tossicchiò per scacciare l’ilarità prima di correre il rischio di essere severamente punito dall’angelo vendicatore che aveva sposato - Ma tu non sai cucinare» le ricordò dolcemente sporgendosi per baciarle la fronte
«So cucinare filippino meglio di te - precisò stizzita sottraendosi alle sue labbra - E poi magari qualcuno mi aiuterà…» aggiunse speranzosa rivolgendosi ai due ragazzi
«Conta su di me» si propose subito Blaine
«E me» si unì nello stesso istante un adorante Kurt.
«Bene, bene - si sfregò le mani soddisfatta - Siamo tre contro uno e, mi corregga se sbaglio mister io-sono-un-mago-della-finanza, questo significa che ho ottenuto una larga maggioranza» infierì soddisfatta.
Il mago della finanza si dichiarò sconfitto con un bellissimo sorriso sul volto, ma sua moglie era una donna magnanima perciò lo assunse come segretario e alluse sottovoce al fatto che non avrebbe disapprovato l’adozione del protocollo molto poco professionale di Nancy: venerazione, totale asservimento e avances esplicite al capo. Desmond si dichiarò disponibile a soddisfare ogni genere di ordine di servizio del suo capo, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Per iniziare si fece carico di fare la spesa e Blaine si offrì di accompagnarlo mentre sua moglie e Kurt iniziarono a trafficare ai fornelli sperando di fare onore ai piatti della madre di Amy così devotamente custoditi nel ricettario di Kevin.
 
 
Cucinare con Kurt fu un’esperienza a dir poco sorprendente per Amy: c’era qualcosa di confortante e familiare nella naturalezza con cui si muoveva tra i fornelli e seguiva religiosamente ogni passaggio della ricetta. Sorrise e lo lasciò fare, completamente conquistata.
«Comunque Desmond ha ragione, sono negata per la cucina» ammise ora che suo marito era fuori casa
«Non credo sia possibile: cucinare è una forma d’arte e anche un modo per coccolare le persone che amiamo» le assicurò Kurt sorridendole incoraggiante
«Di sicuro lo era per Kevin» sospirò la donna
«Si vede» concordò accarezzando le pagine del ricettario e poi restituendolo alle mani di Amy
«Mi piacerebbe che Blaine conoscesse tutti questi piatti» auspicò stringendo delicatamente quel quadernetto viola sul petto
«Avrai modo di cucinarglieli tutti» immaginò pieno di speranza
«Ho un’idea migliore» gli sorrise luminosa porgendogli in dono quella piccola parte di sé raccolta con amore da un amico indimenticabile
«No, non posso accettarlo» sussultò Kurt meravigliosamente confuso
«Per favore - insistette - Non potrei immaginarlo in mani migliori»
«Grazie - arrossì - ma io…»
«In cambio promettimi che li cucinerai anche per me, se mi inviterai a cena» lo interruppe Amy custodendo in una presa calda e intima le mani di Kurt e insieme i sapori della sua famiglia che il ragazzo stringeva tra le dita
«Ogni volta che vorrai» le promise in un sussurro grato lasciandosi accarezzare.
«Bene, ora posso smettere di fingere di saper cucinare! - esultò Amy sollevata facendosi da parte per lasciargli il campo libero - Mi limiterò a farti da assistente, se per te va bene»
«Ne sarò onorato» ridacchiò Kurt immergendosi nel suo elemento.
 
Fare l’assistente di Kurt consentì ad Amy di conoscere un lato di lui finora in ombra: il piglio deciso e autoritario del ragazzo emersero con tale adorabile genuinità che divenne inevitabile per lei innamorarsene ancora più intensamente.
 
Kurt non aveva cucinato con nessuno a parte suo padre, Blaine e la sua mamma, e fu proprio il ricordo di quest’ultima che pennellò un velo di malinconia sul suo sguardo che non sfuggì agli occhi di Amy.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese mentre si sforzava di affettare i cetrioli a rondelle tutte uguali
«No, è tutto a posto» le sorrise e l’immediata sensazione calda che gli provocò il luminoso sollievo che balenò nello sguardo della madre del suo amore, gli rese evidente che fosse vero.
Il silenzio che seguì mentre preparavano gli ingredienti per la cottura, aveva quel non so che di intimo, come il tepore rilassante di una copertina sulle spalle nelle fredde serate piovose di novembre, e se lo raccontarono a vicenda con gli sguardi incoraggianti di Kurt e i sorrisi mortificati di Amy per l’evidenza della sua incapacità culinaria.
 
«Basta! - sbottò frustrata Amy spezzando il silenzio - Questa carota mi odia!» piagnucolò brandendo con disprezzo l’ortaggio che tentava da cinque minuti di tagliare in modo uniforme senza risultato
«Aspetta, ti aiuto io» rise Kurt e in quell’istante il citofono trillò.
«Puoi rispondere tu, per favore?» chiese Amy e il ragazzo salterellò giulivo - sì, salterellò - fino alla porta.
«È il portiere - comunicò - Dice che c’è una consegna per la signora Anderson»
«Sarà l’atelier» intuì Amy.
 
Un minuto più tardi Philip aveva consegnato quattro pacchi ad un Kurt molto perplesso che attendeva impaziente sulla porta.
«C’è un errore - si rivolse ad Amy dopo aver congedato il portiere - Le camicie per Blaine erano solo tre, ma qui c’è un pacco di troppo ed è più grande degli altri» constatò deponendo con cura i pacchi sul divano
«Aprilo» suggerì Amy mentre si lavava le mani dai residui della dannata carota per poi raggiungere il ragazzo che armeggiava nervosamente con la scatola antracite per svelarne il contenuto.
 
Kurt capì di cosa si trattasse ancora prima di scartare la bianchissima velina che custodiva l’indumento dentro la scatola: ne intravide l’inconfondibile foggia nella trasparente luminosità della carta e si raggelò.
«Nessun errore, questo non è per Blaine» sussurrò dolcemente Amy dietro di lui.
«Scusami - soggiunse timidamente mentre il ragazzo fissava immobile la scatola - Ma non potevo lasciarlo lì: quest’abito è fatto per te»
«No» scosse la testa completamente spiazzato  
«Mi spiace di aver agito alle tue spalle e non aver rispettato la tua volontà - si scusò ancora Amy colpita dal fiero imbarazzo del ragazzo che temette d’aver ferito con quella, seppur dolce, imposizione - Ma quando ho visto il modo in cui lo guardavi, non ho resistito: ti avrei comprato qualunque cosa ti illuminasse il viso in quel modo» confessò con un tono di tale affettuosa premura che Kurt dimenticò perché avrebbe dovuto essere risentito.

«Io non posso…» mormorò a disagio sforzandosi di non rivolgere lo sguardo verso l’abito dei suoi sogni o rinunciarvi sarebbe stato impossibile.
«Per favore, accettalo: è solo un regalo - incalzò Amy - Non è un modo per ringraziarti o dimostrarti quanto ti apprezzi e sia felice che tu sia accanto a mio figlio, perché non sarebbe abbastanza: ciò che hai fatto per Blaine e per la mia famiglia non ha prezzo, Kurt»
«Io non ho fatto niente» soffocò in un sospiro di puro imbarazzo mentre abbassava lo sguardo
«Già, niente» sorrise Amy facendosi più vicina e concedendo alla sua mano di scivolare sul braccio del ragazzo fino a stringersi delicatamente intorno al polso: un gesto di conforto e familiarità tale che Kurt rabbrividì al suo tocco e sollevò lo sguardo per incontrare i suoi occhi, vivi e determinati, come non li aveva mai visti.
«Tu ti sei preso cura di mio figlio - riprese Amy specchiandosi nel suo sguardo - Tu gli hai mostrato come ci si sente ad essere amati, cosa in cui abbiamo fallito sia io che mio marito. Tu hai tenuto la sua mano mentre faceva i primi passi verso di noi. Tu sei stato capace di farmi ritrovare una parte di me che credevo di aver perso. Tu, Kurt, nessun altro. E io sarò sempre in debito con te e fiera di esserlo. Sempre».
 
Forse sarebbe stato più facile capire ogni parola se la voce non le si fosse rotta in più punti, ma per qualche straordinaria alchimia, Kurt le sentì tutte vibrare più forti e chiare proprio in quei suoni spezzati.
La risposta di Kurt fu altrettanto limpida, scaturì inevitabile dalle sue braccia che si strinsero intorno alla donna rivelando il più intimo dei “Grazie”.
Qualsiasi timore di inopportunità del gesto o invadenza che saettò nella mente del ragazzo, si dissolse quando l’iniziale rigidità di Amy si sciolse e rispose al suo abbraccio stringendosi a lui con la delicatezza del suo fragile riserbo ma anche il calore meraviglioso del suo affetto.
 
Quando Amy si sciolse dall’abbraccio, gli sorrise accarezzandogli il viso materna e rassicurante.
«Sarebbe troppo sdolcinato se ora dicessi che anche io sarò sempre in debito con voi per aver messo al mondo Blaine?» domandò Kurt con un sorrisetto goffo
«Direi di sì - rise Amy - Ma chi sono io per giudicare? Mi avete trasformato in una patetica sentimentale» sbuffò roteando gli occhi
«È colpa degli Anderson - ridacchiò Kurt declinando ogni responsabilità personale - Sono molto contagiosi»
Amy annuì solidale, quindi invitò il ragazzo a provare l’abito ma Kurt inorridì al solo pensiero di contaminare il suo McQueen originale con i residui effluvi di cipolla e peperoni sulle dita
«Però posso indossarlo stasera? - ipotizzò quasi come se avesse bisogno della benedizione della donna - O venerdì?» si illuminò intenerendo il cuore della donna
«È tuo, puoi farne ciò che vuoi» lo rassicurò con dolcezza
«Giusto - arrossì evidentemente ancora incredulo - Farò una sorpresa a Blaine, magari però gli dispiacerà non avere un abito nuovo anche lui» si preoccupò
«Ho messo da parte per lui ciò che ho trovato conservato da suo padre, c’è anche qualcosa di Kevin che potrebbe fare al caso tuo, ma se anche decidessi di mettere quest’abito, penso che Blaine farà tutto tranne che dispiacersi, una volta che te lo avrà visto addosso» gli sorrise complice.
Kurt peggiorò il suo rossore e mentre correva a riporre l’abito lontano dalla portata degli occhi dorati che amava, la sua mente volò via senza che riuscisse a fermarla: avrebbe potuto indossare l’abito quella sera o venerdì o chissà quando, ma ciò che gli scatenava un fuoco dentro sempre più ingestibile, era il pensiero di quanto desiderasse che Blaine glielo sfilasse via.

È strano come un cultore del design sartoriale, degli strati di tessuto, della necessità di munirsi di tanti accessori quanti il suo gusto ne richiedesse, fosse stato costretto a ricalibrare le sue priorità sull’abbigliamento dal momento in cui assaporò per la prima volta le mani di un altro sulla sua pelle e d’improvviso la nudità ebbe senso. Moltissimo senso. 


***

Quando Blaine e Desmond tornarono a casa con la spesa, l’appartamento era già inondato da profumi deliziosi. Blaine si precipitò su Kurt - letteralmente - per dargli una mano e perché, come gli confessò più tardi lontano da orecchie indiscrete, aveva sviluppato una sorta di malsana ossessione per lui ai fornelli e soprattutto per i suoi fianchi fasciati da grembiuli vezzosi che avrebbe voluto volentieri sostituire con le sue mani.
Kurt annotò mentalmente di sfoderare all’occorrenza la sua versione chef bollente e, a giudicare dal suo sorrisetto diabolico, non avrebbe atteso troppo a lungo né Blaine si sarebbe lamentato.
 
Desmond apparecchiò la tavola con cura maniacale e quando decorò la tavola con un mazzetto di margherite acquistate al mercato, si guadagnò il sorriso incantato di tutti.


*****

Quando Katherine e Sean arrivarono, furono accolti da un vecchio amico felice come non lo vedevano da troppo tempo e da un ragazzo orgoglioso di presentare loro il suo timido fidanzato in tutta la sua eterea bellezza; ma ciò che li lasciò stupendamente senza fiato furono le piccole mani di un’amica risorta strette alle loro.

Il tocco di Amy, il suo sorriso e quello sguardo scintillante di vita, sgorgarono tra le ciglia di Katherine e Sean in un rivolo salato che segnò anche per loro la fine di un incubo.
Erano stati informati da Desmond dei progressi della donna che amava, ma ritrovarsi finalmente davanti quella stessa ragazza con lo sguardo di fuoco che era entrata nel loro cuore con la sua vitalità contagiosa, fu totalmente devastante, nel modo più meraviglioso possibile.  
Amy li osservò mortificata.
Non aveva mai realmente compreso quanto il suo dolore fosse stato condiviso negli anni da coloro che le volevano bene. E forse non aveva mai davvero capito quanto fosse stata amata finché non lo vide scorrere lungo il loro viso fino ad incorniciare il più fraterno dei sorrisi.

Incoraggiata dallo sguardo caldo di Desmond, Amy si avvicinò a Katherine e la abbracciò esitante «Mi dispiace» le sussurrò debolmente.
La donna la rassicurò con quella sua affettuosa concretezza di sapore irlandese e la strinse forte a sé come aveva sempre fatto quando ne aveva avuto bisogno, fin dalla prima volta quando, giovane e spaventata, si era rifugiata tra le sue braccia due settimane prima delle nozze perché si sentiva smarrita e incapace di quel genere di devozione che Desmond meritava e che temeva che non avrebbe mai saputo dargli. Katherine non aveva mai dubitato che Amihan fosse nata per amare ed essere amata da Desmond, l’aveva capito proprio lì, in quell’appartamento del Village, la prima volta che li vide insieme.


***

«Ricordo perfettamente la prima volta che ho messo piede qui dentro» sospirò nostalgica Katherine mentre osservava gli ultimi due bocconcini di pollo speziato nel suo piatto indecisa se mangiarli o meno per non porre fine alla delizia che era stata gustare quella squisitezza
«Anche se abbiamo rischiato di non arrivare mai visto che qualcuno è tornato indietro nove volte per cambiarsi d’abito» aggiunse Sean lanciando un’occhiata beffarda all’amico
«Erano solo tre e siamo arrivati puntuali» borbottò Desmond
«Erano nove - ribatté divertito Sean - e abbiamo dovuto correre perché non volevi fare brutta figura arrivando in ritardo» lo prese in giro mentre Katherine annuiva in conferma
«Sarebbe valsa la pena aspettare, visto il risultato» sussurrò Amy che ancora faticava a respirare quando ricordava il momento in cui lui varcò la soglia del suo appartamento e abitò il suo cuore, per sempre. 
«Ti ricordi com’ero vestito?» si stupì Desmond
«Certo, era un po’ il nostro primo appuntamento ed eri vestito di bianco, pensi che avrei potuto dimenticarlo?»
«No, è che non pensavo che ci avessi fatto caso» sospirò con un sorriso stupidamente felice che fece roteare gli occhi di Sean e Katherine, e splendere i sorrisi di Blaine e Kurt.
«Purtroppo per te ricordo bene ogni dettaglio di quella serata - sbuffò Amy con tono accusatorio e Desmond sapeva esattamente come avrebbe finito la frase - Compreso il fatto che ti sei presentato con un’altra»
«Te l’ho già detto miliardi di volte: non sapevo neppure che fosse stata invitata e io non sono venuto con lei» tentò di giustificarsi fingendo di non notare gli sguardi taglienti di Blaine e del suo fidanzato che evidentemente lo corrispondeva in ogni sentimento
«Certo - rise sarcastica - si è solo accidentalmente avvinghiata al tuo braccio e anche a tutto il resto» lo fulminò astiosa mentre riponeva lentamente il coltello sul piatto
«Ti prego, basta con questa storia - la scongiurò alzando gli occhi al cielo - Cosa avrei dovuto fare?»
«Non lo so, avvisarla che esiste lo spazio personale? - incalzò con sprezzante ironia - O indicargli un luogo più adatto in cui affondare i suoi artigli smaltati? Io ne avrei avuto in mente almeno uno, sai?» sorrise perfida e forse avrebbe affondato ulteriormente la lama se le risatine di Sean e Katherine non avessero rotto gli argini facendosi più sonore. 
«Scusate» farfugliò imbarazzata
«Oh no! - la pregò Katherine tra le risa - Solo il cielo sa quanto ho sperato di rivedervi così!» rivelò felice
«Comunque non lo sapeva davvero - intervenne Sean soccorrendo l’amico - Kathleen era stata invitata da Kevin che era una persona adorabile, ma anche un abilissimo stratega» sorrise ripensando alle trame sottili del giovane amico scomparso che sapeva esattamente come costringere la sua Amy ad aprire gli occhi e rendersi conto di quanto fosse interessata a Desmond: metterle un ostacolo davanti.
«E in ogni caso non avrebbe fatto differenza visto che non ti ha tolto gli occhi di dosso per tutta la serata» concluse Katherine e francamente nessuno seduto a quel tavolo ebbe dubbi in merito.
 
Blaine strinse le dita di Kurt allacciate alle sue sul suo grembo e gli sorrise per rassicurarlo che non fosse di troppo nel condividere quel momento con i suoi genitori e i loro amici. Kurt non si chiese neppure come facesse a sapere di quel disagio, si limitò a ricambiargli un sorriso che tremava d’amore e ad accarezzargli la sua gratitudine sul dorso della mano.
 
«Ehm Blaine?» tossicchiò Amy
«Eh?» rispose confuso prestando finalmente attenzione al resto del mondo intorno a loro
«Katherine ti ha fatto una domanda»
«Scusa, non ho sentito» arrossì
«Non devi scusarti, mi hai risposto comunque» sorrise materna Katherine accarezzando i due ragazzi con lo sguardo.
«Voi ragazzi come vi siete conosciuti?» domandò Sean approfittando di quel raro momento di pausa dal perdersi l’uno negli occhi dell’altro
«Faccio parte del Glee Club del mio liceo - iniziò a raccontare Kurt incoraggiato dall’intreccio delle loro mani - Prima delle gare Provinciali ero andato a controllare la concorrenza alla Dalton, ma c’era una gran confusione e mi sentivo un po’ perso, perciò ho fermato la prima persona che ho incontrato…»
«Ed ero io» concluse Blaine raggiante e ancora evidentemente compiaciuto della benevolenza del destino nei suoi confronti
«Già, ovviamente era il leader del Glee club rivale, così la mia carriera di spia è morta sul nascere - ridacchiò Kurt - Due secondi dopo mi ha preso per mano e mi ha trascinato lungo i corridoi della Dalton per portarmi nella sala prove degli Warblers e mi ha cantato una canzone terribile»
«Ehi, è la nostra canzone!» borbottò imbronciato Blaine
«Sì, ed è terribile» lo prese in giro Kurt
«Non mi era parso che disprezzassi mentre mi guardavi» ribatté compiaciuto
«Fingere interesse faceva parte della mia copertura - si difese con sagacia - E poi non ho voluto deluderti, visto che cantavi ogni nota senza mai togliermi gli occhi di dosso» lo inchiodò implacabile
«Ti volevo provocare» tentò di controbattere Blaine
«Appunto» sorrise diabolico.
Un lieve tossicchiare interruppe le schermaglie amorose e li riportò sul pianeta terra: fu un atterraggio imbarazzante, ma ormai arrossire goffamente era diventato talmente ricorrente per loro, che speravano nessuno ci facesse più caso.
«Mi daresti una mano con il dolce, Kurt?» gli venne in soccorso Amy.
Il ragazzo annuì grato e le corse dietro. 
 
«È carino da morire» bisbigliò entusiasta Katherine
«Già» cinguettò fiero Blaine con il viso ancora spolverato di rosso  
«Ottima scelta» si congratulò Sean
«Sono stato fortunato» sospirò con lo sguardo perso su Kurt che con quella sua innata grazia disponeva sui piatti un dolce di cocco e pistacchi che di lì a poco sarebbe esploso nelle bocche dei commensali in un vortice di voluttuosa estasi
«È stato amore a prima vista?» intuì Katherine mentre sorrideva a suo marito che si faceva riscaldare dentro dal ricordo del suo amico d’infanzia riflesso perfettamente in suo figlio
«Sì» ammise Blaine senza riflettere, perché la verità si espone in tutta la sua integra nudità solo se non si frappone alcun filtro.


*****

Dopo pranzo Blaine e Kurt si offrirono di lavare i piatti e, nonostante le proteste degli adulti, riuscirono a spuntarla per la gioia del giovane padrone di casa che avrebbe avuto un’altra occasione per ammirare le linee toniche del corpo del suo ragazzo fasciate in quel delizioso grembiulino rosso.  
 
Sean e Desmond si trattennero a parlare sul divano del progetto che sarebbe stato presentato quella sera, mentre Katherine aveva trascinato Amy nella sua camera per godersi un momento esclusivo di chiacchiere tra amiche.
 
Tra tutte le persone a cui Amy si era affezionata nella sua vita, Katherine aveva un posto speciale: adorava il suo modo di fare schietto e aperto, la sua straordinaria capacità di mettere tutti a loro agio e di rendere tutto più facile per chi le stava intorno. Per questo non si stupì di ritrovarsi distesa sul letto accanto a lei a guardare il soffitto e ridere come due dodicenni alle spalle del povero Sean e le sue disavventure in palestra.
«Del resto, non tutte abbiamo la fortuna di aver sposato un uomo che ha fatto un patto col diavolo per essere ancora così illegalmente bello e in perfetta forma» protestò giocosamente Katherine
«Già» annuì debolmente Amy rabbuiandosi
«Come ti vestirai, stasera?» le domandò cambiando subito argomento perché Katherine sapeva sempre come donare un soffio lenitivo ad una ferita aperta quando ne aveva una davanti.
Così Amy le mostrò l’abito acquistato per la serata guadagnandosi, con un altro soffio affettuoso, l’approvazione di cui la sua autostima lacerata aveva bisogno.
«È bellissimo - sospirò incantata Katherine - Come vorrei essere qui per vedere la faccia di Des quando te lo vedrà addosso!» trillò smaniosa
«Lasciamo perdere, probabilmente si chiederà perché ho scelto qualcosa che evidenzia tutti i miei difetti» considerò Amy riponendo l’abito nell’armadio
«Quali difetti, scusa?» sbottò incrociando le braccia
«Non sono più la ragazza che ha sposato» sospirò Amy ricadendo pesantemente sul letto
«Certo che no, sei molto più bella - le garantì l’amica sedendosi più vicina a lei - E di sicuro lo sei per lui. Forse non te ne sei accorta, ma in tutti questi anni lui non ha mai smesso di guardarti come durante quella prima cena qui» le sussurrò accarezzandole i capelli con fare materno.

Amy si sciolse in quel tocco e un grumo amaro di frustrazione le sfuggì tra le ciglia.
«Che c’è?» le sussurrò amorevole spazzandole via le lacrime con una carezza confortante
«Niente - ansimò Amihan - è che vorrei davvero esser di nuovo quella ragazza e dimostrargli quanto lo amo, in ogni modo»
«Datti tempo» le consigliò cingendola con un braccio e lasciando che posasse la testa sulla sua spalla.
«È quello che mi ripeto sempre, ma ho paura che ci siano delle cose che non riuscirò mai più a fare come abbracciare mio figlio o fare l’amore con mio marito»
«Tesoro, tu e Desmond fate l’amore ogni volta che vi guardate» le sussurrò con fermezza e quando Amy si strinse a lei più forte, la confortò con un’altra verità «Lascia che sia il tuo corpo a guidarti, e se non dovessi riuscire, non credo che questo possa mai cambiare ciò che c’è tra voi. Non ho mai visto nessuno amare qualcuno nel modo in cui Desmond ama te»
«E lo amo anch’io - incalzò Amy con un singhiozzo - Lo amo da morire»
«Lo so, lo so più di chiunque altro - la rassicurò dolcemente - Per questo sono sicura che riuscirai a ritrovare anche quel genere di intimità con lui, come sono certa che Blaine riproverà il tuo abbraccio»
«Non l’hai mai provato» precisò in un soffio colpevole
«Sì invece» obiettò decisa
«No, non l’ho mai abbracciato»
«Sì, l’hai fatto almeno una volta, l’ho visto con i miei occhi - le assicurò - Non lo ricordi?» intuì di fronte allo sguardo confuso e incredulo dell’amica
«No» tremò senza voce.
«Blaine avrà avuto tre o quattro anni - iniziò a raccontarle mentre le accarezzava la schiena delicatamente - Era corso giù per le scale per salutarci prima che Sean ed io partissimo, ma inciampò e non so come sarebbe finita se tu non ti fossi precipitata a prenderlo al volo. L’hai stretto forte a te a lungo, finché sei stata certa che fosse al sicuro, poi l’hai lasciato andare» concluse sorridendole dolcemente mentre Amy cercava nella sua memoria anche solo un frammento di quel momento per aggrapparvisi avidamente, ma non ve n’era alcuna traccia. Niente. L’aveva rimosso. O meglio se l’era negato, come tutte le cose belle della sua vita.

«Aveva bisogno di te e tu non ti sei fermata a pensare, ma come ogni madre hai protetto tuo figlio» rifletté Katherine stringendola a sé
«Credo sia questa la chiave, sai? - le sussurrò poi tra i capelli - Non pensare troppo, dimentica tutto il resto e concentrati solo su quanto tuo figlio ha bisogno di te. E tu di lui».
Amy tremò nell’abbraccio caldo di Katherine e si lasciò pervadere da quel mare calmo di sicurezza che sanno infondere gli amici veri, quelli che conoscono il tuo cuore così bene che non esiste nebbia abbastanza fitta da impedire loro di avvistare la verità e renderla ovvia ai tuoi occhi.


*****

Sean e Katherine avevano lasciato l’appartamento da qualche ora per andare a sistemarsi in albergo e prepararsi per la serata.
Desmond era già pronto per uscire ed attendeva Amy per raggiungere il Cipriani insieme con un po’ d’anticipo rispetto agli altri ospiti in modo da organizzare gli ultimi dettagli.
Blaine e Kurt avrebbero raggiunto la location più tardi e ora fingevano di prestare attenzione al film trasmesso in tv, con un occhio fisso sulla porta in attesa di essere folgorati dall’apparizione di Amy nel suo Versace di raso bianco con una pennellata di rosso vivo sulla scollatura. E così fu.

«Dio, mamma, sei bellissima!» esclamò Blaine seguito da un esaltatissimo Kurt quando sua madre apparve in tutta la sua radiosa grazia.
L’ultimo a ritrovare l’uso della parola fu Desmond, ma ciò che le disse restò un segreto tra lui e l’orecchio di sua moglie in cui soffiò la sua totalmente sedotta approvazione.
«Pensi sia eccessivo?» si preoccupò Amy
«Sì» rispose deciso Desmond «Ma non è il vestito, sei tu - le sussurrò stregato accarezzandole il viso - Ho paura che non riuscirò a concentrarmi su nient’altro»
«L’intenzione era proprio questa» sorrise soddisfatta lanciando un’occhiata complice a Kurt che le strizzò l’occhio entusiasta.
«Bene, allora noi andiamo - soggiunse Desmond rivolgendosi ai ragazzi - Manderò un’auto a prendervi tra un’ora e mezza circa. Ci vediamo lì»
«Va bene» annuì Blaine
«A più tardi» salutò Kurt osservando incantato la splendida coppia finché non scomparve oltre la porta.
 
«Sono innamorato di tua madre» sospirò languido
«Lo so» sbuffò Blaine
«E di tuo padre» aggiunse Kurt con un sorrisetto colpevole
«Questa è una novità» si soprese Blaine
«Ma dai! Come si fa a non innamorarsi di tuo padre? È l’uomo più bello che io abbia mai visto!» farfugliò con ancora davanti agli occhi la maestosa bellezza del signor Anderson in tutto lo splendore del suo outfit impeccabile
«Non me l’avevi mai detto» gli fece notare con un adorabile tentativo di non sembrare stizzito
«Pensavo fosse sottinteso, visto che tu gli rassomigli parecchio» lo lusingò baciandogli delicatamente via ogni residuo di disappunto finché il sorriso di cui si era innamorato riapparve splendido sulle sue labbra.
 
«Vuoi mangiare qualcosa prima di andare? Ti preparo un tè?» propose premuroso Blaine mentre tentava di trovare un motivo valido per sollevare la testa dalla spalla di Kurt e alzarsi dal divano
«Non ho fame, grazie»
«Vai a vestirti?»
«Già - annuì Kurt alzandosi dal divano - Però…» indugiò per qualche istante dandogli molto intenzionalmente una perfetta visuale dell’aderenza dei suoi pantaloni sulle tasche posteriori
«Però?» lo imbeccò Blaine deglutendo a fatica prima di distogliere lo sguardo
«Però prima credo che farò una doccia» sussurrò voltandosi brevemente per riversargli nel sangue un sorriso invitante, poi si allontanò sforzandosi di non traballare perché a giudicare dalle fiamme che erano divampate nello sguardo di Blaine, la loro doccia ecologica sarebbe stata piuttosto calda.


*****

Blaine fissò la porta della camera per qualche istante prima di prendere un respiro profondo, afferrare la maniglia, girarla ed entrare.

Kurt era seduto sul letto con indosso soltanto una canotta e i boxer, sussultò nel sentirlo entrare, ma il suo sguardo rimase ancorato alle sue mani che torturava nervosamente. Era agitato, più di quanto Blaine avesse immaginato. Ed era bellissimo, più di quanto Blaine fosse mai stato capace di immaginare.
«Pensavo non saresti più arrivato» sussurrò sentendolo avvicinarsi dietro di lui
«Sono qui - rispose Blaine adagiando una mano sulla sua spalla - Ma possiamo rimandare ad un’altra volta, se preferisci» lo rassicurò sedendosi al suo fianco e lasciando scorrere le dita lungo il suo collo pallido fino a spazzolare con affetto l’attaccatura dei suoi capelli
«Vuoi rimandare?» si stupì Kurt guardandolo, finalmente
«Io voglio quello che vuoi tu» gli chiarì sporgendosi su di lui per sfiorargli dolcemente la tempia con le labbra
«E io non voglio rimandare» gli sorrise Kurt e forse arrossirono entrambi, ma il bagliore nei loro occhi offuscò ogni altra fiamma un attimo prima che le loro labbra si incontrassero.
 
«Oh - esclamò Kurt staccandosi dalla sua bocca - ad una condizione però»
«Lo sapevo» sospirò affranto Blaine che iniziava a dubitare che questa fosse la tattica che lo avrebbe visto sconfitto per il resto della sua vita: provocarlo slealmente fino a concedergli qualunque cosa pur di ottenere in cambio le attenzioni promesse.
Kurt ridacchiò e lo baciò di nuovo prima di dettare le sue condizioni «Promettimi che se stasera ti sentissi a disagio a chiarire cosa c’è tra noi, me lo dirai e io…»
«Kurt, ti prego - lo interruppe subito Blaine - ne abbiamo già parlato»
«No, lasciami finire - lo pregò Kurt - Io non voglio che questa serata si trasformi in una battaglia per i diritti dei gay o un’ostentazione dell’orgoglio di essere se stessi: vorrei che fosse una bella serata per te, e che tu possa supportare tuo padre e mostrare a tutti quella famiglia che ho visto in questi giorni e di cui mi sono innamorato. Se questo significa che non potrò ballare con te o mostrare a tutti che ti amo, tu devi permettermi di farlo, per favore» sussurrò prendendogli il viso tra le mani per chiederglielo ancora una volta con lo sguardo
«Non posso promettertelo - rispose Blaine scostandosi appena di lato per baciargli il palmo della mano stretto alla sua guancia - Perché se vuoi che sia una bella serata per me, allora dovrai tenermi la mano, ballare con me, concedermi di dimostrare a tutti che ti amo e che tu sei parte della mia famiglia, la parte migliore» concluse deciso illuminandolo con la verità che splendeva tersa nei suoi occhi.
«Ti odio quando sei così…» sospirò Kurt
«Testardo?» lo anticipò Blaine
«Persuasivo» sorrise arrendendosi Kurt
«Allora ti ho convinto?» concluse sollevato il giovane Anderson e Kurt annuì.

«Però… - aggiunse ridacchiando nel vedere Blaine sollevare gli occhi al cielo esasperato - Posso decidere io come ti vestirai?» gli chiese Kurt baciandogli la punta del naso
«La scelta è molto ridotta: pigiama, jeans e l’unico paio di pantaloni eleganti che ho portato» lo avvisò Blaine
«Anche se l’idea che tu vada lì in pigiama è molto allettante - ammiccò Kurt - Ci sono anche gli abiti di tuo padre» gli ricordò
«Certo, peccato che sia molto più alto di me e dubito che possano starmi bene»
«Cercheremo tra quelli di Kevin» propose Kurt che già pregustava di trovare anche per se stesso un abito adeguato tra quelli di quel ragazzo così tanto amato da Amy e Desmond, che aveva conquistato anche il suo rispetto, umano ed artistico.
«Kurt, anche lui era più alto di me, chiunque è più alto di me - mugugnò Blaine - Non troveremo nulla» sbuffò
«Troveremo qualcosa, Brontolo - lo prese in giro amorevolmente Kurt - E se avesse bisogno di qualche ritocchino, sistemerò tutto io con qualche punto» lo rassicurò
«Hai portato ago e filo con te?» si soprese l’ottavo nano
«Io non esco mai senz..» ma prima che potesse finire, la bocca di Blaine era sulla sua per rubargli il fiato con un bacio caldo, lento e accurato.
 
«È un modo per ringraziarmi o hai un debole per me anche nelle vesti di sartina d’emergenza?» ridacchiò Kurt ignorando il modo in cui il suo corpo si era sciolto nell’intimità del tocco della lingua di Blaine.
«Ho un debole per te in qualunque veste, ma soprattutto senza» gli confessò accarezzandogli il collo con le labbra
«Va bene - si arrese Kurt rabbrividendo sotto quel tocco - Allora stasera sei fortunato» gli sussurrò alzandosi, quindi gli porse la sua mano e una chiara proposta
«Vuoi dire che possiamo davvero fare la doccia insieme?» gli chiese conferma Blaine aggrappandosi subito alla sua mano
«Beh, non sei l’unico ad avere dei kink…» rivelò con nello sguardo uno scintillio di candida colpevolezza misto alla più seducente provocazione, quindi si voltò, anche per nascondere il rossore, e proseguì spedito verso il bagno trascinandosi dietro un molto divertito Blaine

«Mi fai impazzire quando sei così…» gli soffiò nell’orecchio afferrandolo per le spalle
«Idiota?» finì per lui Kurt
«Sensuale - lo corresse Blaine - Il mio sexy baby penguin» mugolò affondando il viso nel suo collo e stringendolo più forte.

Kurt si fermò e si voltò indietro per guardarlo: c’era qualcosa di così intimo e domestico nella facilità del loro modo di stare insieme, così spontaneo e familiare, che il ragazzo avrebbe voluto fermare quel momento per sempre, dimenticarsi del rientro a Lima e di tutto ciò che ora gli artigliava dolorosamente lo stomaco e il petto. Blaine sollevò il viso e lo guardò adombrandosi della stessa amara malinconia, ma fu solo un attimo prima che l’esigenza di confortarlo avesse la meglio fiorendo in un sorriso timido e insieme così apertamente fiducioso, come se già sapesse che un giorno avrebbero avuto tutto questo ogni giorno della loro vita. Kurt gli corrispose lo stesso sorriso, poi si sporse un po’ più indietro e lo baciò.
 
Fu un bacio dolce, in linea con quell’atmosfera raccolta: un tocco mosso di labbra che si amano lievi, senza fretta, senza avidità, senza urgenza, certe di avere davanti tutto il tempo del mondo per continuare a farlo.
 
Quando Kurt si ritrasse per aprire la porta, Blaine si strinse nuovamente a lui lasciandogli piccoli baci impercettibili sul profilo della sua guancia
«Mi fai il solletico» ridacchiò Kurt una volta varcata la soglia e richiusa la porta e il resto del mondo dietro di loro
«Preferisci che sia più impetuoso?» lo sfidò ammiccante Blaine
«No, non credo sia una buona idea presentarmi ai colleghi di tuo padre ricoperto dai segni del passaggio della tua bocca sulla mia pelle» rispose Kurt, anche se non poteva negare a se stesso che quell’idea forse non fosse buona, ma di certo scatenava qualcosa di decisamente buono e caldo tra le sue gambe.
«A proposito, forse è meglio se vado a prendere il telefono nel caso mio padre chiami per l’auto» lo avvisò con un ultimo tocco di labbra sulla tempia
«Scusa, ma quanto pensi durerà questa doccia?» rise Kurt
«Non lo so, ma oggi mi sento fortunato - sorrise Blaine - Tu inizia pure, ti raggiungo subito» gli sussurrò prima di volare a prendere il telefono.


*****

Dopo aver recuperato il telefono, Blaine tornò di corsa da Kurt, ma quando fu davanti alla porta l’impeto si dissolse: sentiva già scrosciare l’acqua ed esitò, come se temesse di violare qualcosa che evidentemente non sentiva ancora sua.
Scostò la porta con timida discrezione e Kurt era lì che testava un’ultima volta la temperatura dell’acqua allungando la mano sotto il getto: era nudo e bello in un modo che Blaine non avrebbe mai potuto spiegare a qualcuno che non avesse i suoi occhi, quelli ora in fiamme che lo sfioravano lenti, né a qualcuno che non avesse il suo cuore, quello giovane e innamorato che gli crepitava caldo e dissonante nel petto.

Kurt sentiva lo sguardo di Blaine vibrargli addosso, scandagliare la sua pelle, la sua carne, la sua anima, ma anziché patirne il disagio, che attendeva trattenendo il respiro, si ritrovò invece scaldato da qualcosa di inaspettato, qualcosa di morbido e dolce come i ricordi di un bambino, qualcosa a cui non seppe dare un nome.

Blaine posò il telefono senza mai distogliere lo sguardo da Kurt che si voltò verso di lui e gli sorrise fiducioso.
«Hai deciso di startene lì?» gli sussurrò teneramente vedendolo indugiare sulla porta
«No» rispose Blaine muovendosi prontamente verso di lui
«Penso che quelli non ti serviranno» gli fece notare Kurt indicando divertito i suoi vestiti
«Uh, già» rise Blaine e, senza alcuna esitazione, afferrò un lembo della sua maglia e lo fece scorrere sulla testa fino a liberarsene, quindi slacciò i pantaloni e li lasciò cadere, sempre avanzando verso di lui saldamente ancorato al suo sguardo.
E per tutto il tempo in cui Blaine si svestì, neppure Kurt lasciò i suoi occhi né smise mai di sorridergli.
 
«Ora va meglio» mormorò Kurt quando anche l’ultimo indumento fu scartato e Blaine respirava sulla sua nuca, pronto a seguirlo.
Blaine ridacchiò e gli lasciò un bacio sulla spalla nuda, quindi entrò con lui, richiuse l’anta in vetro satinato alle sue spalle e il getto dell’acqua caldo e gentile rivestì la loro pelle e i loro sorrisi.
 

«Posso?» domandò Kurt quando Blaine iniziò ad insaponarsi i capelli.
Il ragazzo annuì e si lasciò coccolare dalle dita agili e decise di Kurt che borbottò qualcosa sulle conseguenze nefaste dell’abuso di gel cementificante e sul fatto che la calvizie precoce di suo marito fosse un’opzione del tutto inaccettabile, soprattutto perché temeva che neppure questo avrebbe scoraggiato eventuali corteggiatori dal tentativo di portarglielo via.
Blaine lo lasciò delirare divertito mentre l’acqua si portava via gli ultimi residui di schiuma e Kurt iniziava a lavare le sue preziose chiome.

«Posso?» si offrì Blaine per sdebitarsi ben sapendo che i capelli di Kurt fossero off-limits per lui, e invece con sua grande sorpresa, acconsentì.
Con un sorrisetto enormemente felice, Blaine fece un respiro profondo e si accostò quasi con reverenza ai capelli di Kurt che subito chiuse gli occhi rilassandosi sotto il suo tocco estremamente delicato e tremante.
«Sei nervoso?» intuì aprendo un occhio su Blaine
«Sono emozionato - rispose onestamente - Non mi avevi mai concesso i tuoi capelli» sorrise ancora incredulo e stupidamente orgoglioso.
Kurt non riuscì neppure a prenderlo in giro perché ormai gli era chiaro che sul dizionario, alla voce “Essere assurdamente adorabile”, ci fosse una foto del suo Blaine.
«Non farmene pentire» si limitò ad avvisarlo, ma con uno sguardo tutt’altro che intimidatorio, quindi richiuse gli occhi e lo lasciò fare.
 
Blaine insaponò i suoi capelli con cura, prestando attenzione a non far ricadere la schiuma sui suoi occhi sensibili, e mentre tutto concentrato gli pettinava con le dita i capelli perché non si aggrovigliassero, Kurt poteva sentire il suo respiro caldo sul viso, sempre più vicino, sempre più invitante. Deglutì quando lo sentì sospirare soddisfatto ad un soffio dalla sua bocca e, incapace di resistere oltre, aprì gli occhi per guardarlo: si mordeva il labbro e sembrava godere di quella vicinanza almeno quanto lui, visto come scrutava la sua bocca.
Kurt si mosse per primo liberando le labbra di Blaine dalla tortura dei suoi denti per offrirgliene un’altra, più morbida, più lenta, più intensa, dentro la sua bocca.
Blaine gli sorrise nel bacio e affondò le dita tra i suoi capelli, dimenticando ogni prudenza, ma Kurt non sembrava affatto intenzionato a biasimarlo, anzi lo strinse più a sé e si spinse più in profondità nella sua bocca.

Quando il suo baby penguin molto appassionato reclamò un po’ d’aria lasciandogli un’ultima carezza umida sulle labbra, Blaine posò la fronte sulla sua e si sorrisero.
«Risciacquo?» domandò premuroso e Kurt annuì reclinando indietro la testa per accogliere il getto dell’acqua: un movimento che non avrebbe dovuto avere alcunché di sensuale, ma lo stomaco di Blaine non pareva essere d’accordo a giudicare dal flutto caldo che lo avvolse forzandolo a contrarsi in un morso di fame che scivolò fino alle ginocchia destabilizzandole.
«Ti aiuto» si offrì intrecciando le dita tra i suoi capelli per bloccare sul nascere le sue incipienti fantasie dissolute su altri utilizzi delle sue mani, e di altre parti di sé.
Kurt si raddrizzò per guardarlo, ma il sapone dissolto infierì sui suoi occhi costringendolo a richiuderli.

«Mi dispiace» si scusò Blaine, quindi gli lavò via ogni residuo di shampoo e poi si sporse su di lui per lenire il fastidio dei suoi occhi con un soffio leggero e delicato.
Kurt tremò e in quel momento iniziò a capire cosa fosse quel “qualcosa” che riscaldava il suo cuore.

«Anche mia madre lo faceva» sussurrò riaprendo gli occhi, umidi ma non per via del sapone.
Blaine lo guardò in soggezione, come se si sentisse colpevole, inopportuno, invadente, ma prima che potesse mortificarsi inutilmente con parole di scuse, Kurt gli sorrise e gli chiarì perché non avrebbe mai dovuto dispiacersi di ricordargli la sua mamma.

«Si occupava sempre lei di lavarmi, sai? Ogni sera mi preparava un bagno caldo pieno di schiuma, mi insaponava tutto e per i capelli usava il suo shampoo perché sapeva che mi piaceva avere addosso il suo profumo di vaniglia» iniziò a raccontare torturandosi le dita finché Blaine non le custodì tra le sue.

«Stava sempre attenta che il sapone non mi colasse sugli occhi perché si arrossavano subito, ma se accadeva, ci soffiava sopra e mi passava tutto» gli sorrise timidamente e il cuore di Blaine iniziò ad affondare nel suo.

«Adoravo fare il bagno con lei, era un momento solo nostro, di coccole e di storie meravigliose che inventava per me, soprattutto sull’omino del sapone - ridacchiò teneramente al ricordo - Era alto alto e sempre curvo perché viveva da sempre in una bolla: ci era cresciuto dentro, da solo, ma sognava di uscire, scoprire il mondo, avere amici, innamorarsi, toccare qualcuno, però non poteva farlo da solo e nessuno avrebbe dovuto vivere in una bolla» sussurrò omettendo che sua madre aggiungeva questa considerazione solo quando Kurt era triste e avrebbe voluto sparire, chiudersi nella sua cameretta e tenere tutto il resto di quel mondo crudele lontano da lui: lo omise, tuttavia era implicito nel modo in cui la sua voce iniziava ad incrinarsi, come il cuore di Blaine.

«E allora - continuò prendendo un ampio respiro - Allora io scoppiavo tutte le bolle di sapone con le dita per liberarlo, e lei mi sorrideva e sembrava così… orgogliosa…» balbettò in poco più di un soffio spezzato mentre abbassava la testa e tremava tra le mani di Blaine che lo avvolse subito tra le sue braccia, più forte che poté, per proteggerlo da un dolore che sentiva forte nel petto anche lui, perché era anche suo.

«Amore mio» gli sussurrò tra i capelli accarezzandogli la schiena
«Sto bene» lo rassicurò Kurt lasciandogli un bacio sulla spalla prima di sollevare lo sguardo per concludere il suo discorso «E sono molto, molto felice di aver trovato finalmente qualcun altro che… mi lavi di nuovo i capelli» gli sospirò appena sorridendogli limpido e innamorato.
 
Di tutte le dichiarazioni d’amore che Blaine Anderson ricevette nella sua vita, questa gli fu da subito la più cara, quella che, ricordandola, gli avrebbe fatto tremare le gambe e sobbalzare il cuore ogni volta, come se fosse ancora dentro quella doccia: giovane, insicuro, follemente innamorato e indefinitamente felice. 

Si strinse a Kurt con il cuore in tumulto e gli baciò la fronte promettendogli di lavargli i capelli ogni sera per il resto della loro vita «Se tu riesci a trovare una scusa valida per tuo padre» aggiunse un po’ preoccupato
«Non sarà facile» ridacchiò Kurt
«Però dovrai dirmi tutto sull’omino del sapone, così anch’io potrò raccontare di lui ai nostri figli» gli chiese con un sorriso pieno di speranza che Kurt lambì con le sue labbra mentre si dipingeva nitida nel cuore di entrambi l’immagine di Blaine che raccontava la storia dell’omino del sapone ai loro bambini durante il bagnetto: un nuovo meraviglioso desiderio da aggiungere alla loro lista.
 
Se l’amore che li univa mosse quel bacio, presto fu la passione che avevano cercato di trattenere fino ad allora ad impossessarsene, e persero la testa.
 
La lingua di Kurt invase ogni angolo della bocca di Blaine, muovendosi lenta e costringendolo ad aprirsi per fargli spazio e respirargli scompostamente dentro.
Blaine lo stringeva a sé aderendo alla sua pelle per sfamarsene, compiaciuto e sopraffatto nel sentirla incresparsi contro la sua, tremare sotto le sue dita che affondavano nelle sue spalle, solcavano la schiena sospingendosi in ogni curva e cavità, soffermandosi in vita per aprirsi possessive e accostarlo saldamente ai suoi fianchi che già pulsavano di vita e l’attrito fece gemere entrambi nell’intimità delle loro bocche fuse.
 
Mentre le labbra di Kurt assaporavano il tepore umido del suo collo, le mani di Blaine ripresero a muoversi più audaci scendendo oltre la vita sottile, catturando la forma perfetta su cui i suoi occhi non riuscivano a fare a meno di aggrapparsi quando gli ondeggiava intorno fasciato nei suoi skinny jeans: fu quasi una vendetta sottile concedersi di sondarne la pienezza soda, un piacere assoluto accarezzarne la sinuosità di velluto, e una vertigine che strisciò sotto la sua pelle come vento caldo di tempesta, reclamarne il possesso.

Il caldo iniziava a diventare intollerabile e Blaine pativa nuovamente l’impeto della bocca Kurt nella sua, mentre le sue dita continuavano a rivendicare ogni angolo della perfezione scolpita che era il fondoschiena del suo ragazzo, aprendosi strade inesplorate nella foschia densa del desiderio che faceva evaporare la sua mente.

Quando sentì le dita di Blaine sfiorarlo così intimamente dove non si erano mai spinte, Kurt si irrigidì ritraendosi e istintivamente richiudendo le braccia sul suo petto.

Blaine si sentì morire e forse avrebbe desiderato esserlo piuttosto che vedere il ragazzo che amava proteggersi da lui e fissarlo con occhi spauriti.

«Scusami - annaspò con la voce spezzata - non…»
«No, scusami tu - si affrettò a chiarire Kurt - È che mi hai colto di sorpresa» si giustificò a sua volta sentendosi infinitamente ridicolo
«Mi dispiace, non volevo spaventarti» seguitò Blaine sempre più mortificato facendo un ulteriore passo indietro per non ferirlo ulteriormente e Kurt si sentì ancora peggio.
«Blaine - gli sussurrò dolcemente prendendogli le mani e avvicinandolo a sé - Non mi hai spaventato» gli assicurò abbozzando un sorriso quando lo sentì rilassarsi un po’ tra le sue dita «È solo che… - indugiò arrossendo a disagio - Quella è una cosa completamente nuova per me» farfugliò sperando di non dover essere più preciso.

Stavolta fu il turno di Blaine di lenire i suoi immotivati imbarazzi facendosi più vicino e sollevandogli il viso con delicatezza mentre teneva l’altra mano saldamente intrecciata alla sua e se la portava sulle labbra per accarezzarla con un bacio tenue e poi posarla sul suo cuore.
«Non l’hai mai fatto?» gli sussurrò con tenerezza
«No - gli confermò Kurt -Tu?»
«Sì» ammise Blaine colorandosi leggermente di rosa ovunque
«Oh… E com’è?» domandò esitante Kurt
«Strano all’inizio - rispose con sincerità Blaine - Poi…»
«Poi?» incalzò incuriosito
«Poi, non lo so: a dire il vero, non è che io sappia molto altro» arrossì Blaine
«Perché?» chiese preoccupato con appena un fil di voce, già immaginando i peggiori scenari possibili di disagio e dolore, e quindi la loro vita sessuale complicarsi irreversibilmente.

Blaine tergiversò per qualche istante perché non era sicuro di voler rispondere a quella domanda né sapeva mentirgli perciò…
«È davvero così male?» ipotizzò scoraggiato Kurt interpretando il suo silenzio
«No - replicò deciso bloccando sul nascere ogni inutile angoscia del suo pinguino - anzi…»
«E allora perché non sei mai andato fino in fondo?» ribatté adorabilmente confuso e Blaine capì che avrebbe dovuto rispondere a quella domanda, quindi prese un respiro e si rassegnò a rendersi ridicolo.
«Perché ho sempre immaginato che fossi tu a farlo e sono venuto quasi subito» confessò in un sol fiato.

Il sollievo di Kurt e il più delizioso imbarazzo di entrambi esplosero nella stessa risata che sfumò poi nei loro sorrisi scintillanti e nello sguardo completamente invaghito che si scambiarono prima di farsi nuovamente vicini.   
«Posso chiederti come mai tu non hai mai…?»  mormorò Blaine
«Ci ho pensato, molte volte - ammise Kurt - Ma ho sempre immaginato che fossi tu a farlo, perciò…» annaspò un po’ abbassando lo sguardo
«Perciò?» sollecitò Blaine col fiato sospeso
«Perciò voglio che sia davvero tu a farlo - continuò Kurt di nuovo nei suoi occhi - E dopo voglio anche tutto il resto» sussurrò risoluto e, se arrossì, Blaine non ci fece caso perché era completamente arso dal fuoco nel suo sguardo.

«Io però non posso prometterti di durare abbastanza da darti anche tutto il resto dopo - lo avvisò sorridendo di sé - Voglio dire: il solo il pensiero di…» rivelò con affanno, ma il resto della frase gli soffocò in gola quando Kurt posò le mani sui suoi fianchi ospitandolo di nuovo su di sé e porgendogli le sue labbra segnate, arse, sgretolate dalla migliore delle usure: Blaine le racchiuse tra le sue, inumidendole per lenirne l’offesa e Kurt si lasciò curare con pazienza finché il bisogno di gustare più in profondità quel sapore che amava, gli fece schiudere la bocca e soffiargli caldo il suo nome con un singhiozzo disperato che vibrò ovunque dentro Blaine scuotendo il suo ventre e accartocciando il suo cuore.  

«Tu non ti rendi conto dell’effetto che mi fai, vero?» gli domandò Blaine senza più fiato inciampando nelle parole mentre lo inchiodava al muro e lo circondava con le sue braccia, rabbrividendo con lui nel sentire la sua virilità crescere ancora e contrarsi a contatto con la sua pelle candida
«Penso di sì invece - obiettò Kurt aggrappandosi alle sue spalle e insinuando una coscia tra le sue gambe perché ogni parte di sé desiderava fondersi a lui - Ed è piuttosto evidente che tu mi fai lo stesso effetto» gli ansimò indicando con un sorrisetto colpevole la prova più evidente del suo desiderio intrappolata nel modo migliore tra i loro stomaci, come quella di Blaine.

«P..posso?» ansimò Blaine e Kurt annuì subito, non sapendo neppure a cosa stava acconsentendo, ma non gli importava perché avrebbe detto sì a qualunque cosa ci fosse sul piatto, e se in altre occasioni ne era stato quasi certo, ora quel “quasi” si era definitivamente dissolto: era pronto a qualsiasi cosa venisse da quel ragazzo, lo desiderava con ogni fibra di sé che era già sua, ancora prima che finalmente la rivendicasse, come si erano promessi.

«Ti amo» gli sussurrò e forse non era la cosa più giusta da dirgli mentre pensava a quanto desiderasse averlo dentro di sé, ma per Kurt fu l’unica possibile, la più autentica, la più ovvia. 
E quando Blaine gli soffoco sulle labbra «Ti amo da morire anch’io» tremando un po’ nel guardarlo da sotto le ciglia umide mentre le sue dita si richiudevano intorno alla sua virilità, fu evidente a Kurt e a chiunque avesse dubbi, che fosse anche la più giusta.
 
La mano di Blaine si mosse lentamente sull’intimità fremente del ragazzo che amava, rivestendola dei primi segni viscosi del piacere che gli scalpitava dentro, impaziente di liberarsi del tutto, quindi accarezzò se stesso in egual modo prima di cingere entrambi nella stessa morsa decisa e fervida.

Quel contatto nuovo e intenso, bruciò nei loro visi e saccheggiò quel che restava del loro fiato: lo sguardo di Blaine si precipitò sul viso di Kurt per accertarsi di poter continuare, ma ciò che vide rischiò di portarlo oltre il limite ancora prima di cominciare.

Ignaro degli effetti che stava destando nel suo amante, Kurt continuava a mordersi il labbro con la testa curvata all’indietro, gli occhi chiusi, e i pugni stretti sul muro dietro di lui ringraziando il cielo che lo sostenesse perché era sicuro che le sue gambe non sarebbero state in grado di reggerlo per un lungo tempo. Quando la mano di Blaine si fermò, riaprì gli occhi e incontrò il suo sguardo insicuro e disperato, il suo respiro affannato, le sue labbra contratte in apprensione, e per qualche strano motivo quell’immagine di fragilità e passione lo scosse dannatamente più in profondità di qualunque tocco.

Kurt gli sorrise e una mano cercò le sue labbra per riportale sulle proprie, l’altra si intrecciò a quella avvolta intorno ai loro sessi e si mossero insieme, scorrendo delicate sulla carnosità piena dello stesso impellente bisogno.
Blaine guidò le mani di entrambi in un ritmo sempre più sostenuto, rapido eppure accurato, dosando pressione e dolcezza, muovendosi senza sosta nella bocca di Kurt e tra le sue gambe per ancorarsi a lui che lo stringeva al suo petto e potevano così sentire i loro cuori scandire la stessa frenesia, colpo dopo colpo. 
 
La costruzione del piacere a cui avevano negato il suono nei loro momenti di intimità rubati nei giorni precedenti, riacquistò allora tono, timbro e fiato in parole insensate come le preghiere dei giovani amanti, e l’aria, già carica del calore umido dei corpi e dei loro profumi mescolati, fu presto satura di sospiri, gemiti strozzati, e del riverbero tremulo dei loro nomi, sussurrati, ansimati, spezzati, e infine urlati, benedetti senza voce nell’orgasmo condiviso.
 
Si accasciarono uno sulla spalla dell’altro, tremanti e senza fiato, assicurati al muro per non sgretolarsi al suolo, dissolti dalla passione consumata che ancora pulsava ovunque.
 

«Okay, hai avuto la tua doccia - ansimò Kurt incapace di muovere un solo muscolo - Ora voglio, anzi pretendo quel trapianto di cuore, subito, se ci tieni alla mia vita» gli ricordò sbuffando una risata affannata nel suo collo, prima di tentare di sollevare la testa.
Blaine rise con lui e si scostò dalla sua spalla per incontrare i suoi occhi «Ti ho detto che il mio è già tuo, e non lo vorrò mai più indietro - sussurrò ripulendogli premurosamente il viso dalle tracce perlacee del loro piacere appena esploso - E non ne avrò mai più un altro, per nessuno» specificò perché desiderava fugargli ogni dubbio, perché era vero, perché non era mai stato così sicuro di nient’altro in tutta la sua vita.
E Kurt lo sapeva.
«Lo custodirò per sempre nel mio» gli promise quasi senza voce Kurt, quindi gli sfiorò le ciglia per catturare quel genere di umidità che non aveva a che fare con la doccia o i segni residui della passione, era qualcosa di più intimo che sentiva sciogliersi anche nei suoi occhi: assomigliava alla parola “speranza”  e iniziava, con il coraggio e la trepidazione dei loro anni, a coniugarsi al tempo futuro, il loro futuro.
 
Il bacio di Kurt sigillò quell’istante nelle loro labbra, lo dipinse delicatamente lungo i loro sorrisi, lo fece filtrare tra i denti, tremare sulle loro lingue, per poi ripeterlo dentro le loro bocche ancora e ancora.
Blaine lo racchiuse tra le sue braccia e rispose ad ogni tocco con la delicatezza dell’uomo che sarebbe diventato crescendo accanto al suo cuore, certo di non poterlo sapere custodito in luogo migliore.
Si baciarono pigramente per tutto il tempo in cui l’acqua calda lavò via dalla loro pelle le prove degli effetti dell’attrazione reciproca, e non smisero neppure quando il getto iniziò ad intiepidirsi e avrebbero dovuto intuire di essersi sufficientemente ripuliti.
 
«K..Kurt» ansimò Blaine scostandosi leggermente quando il suo pinguino intensificò l’impeto della sua bocca
«Mmh?» mugugnò Kurt inseguendo le sue labbra nello spostamento 
«Kurt - ridacchiò Blaine sottraendosi malvolentieri a quell’adorabile accanimento - Se continui a baciarmi così, ti avviso che dovrai concedermi un secondo round» preferì chiarire subito per non sentire proteste dopo, quando sarebbe stato crudele pretendere che si fermasse.
Kurt lo scrutò per qualche istante, quindi sfoderò un sorrisetto perverso, prese il suo viso tra le mani e riprese a baciarlo.
Bene, era una risposta piuttosto chiara, nonché esattamente quella in cui Blaine sperava. 
 
«Tu sarai la mia morte» farfugliò Blaine mentre Kurt lo sospingeva contro il muro
«Non lamentarti - annaspò il pinguino - È un buon modo di morir…» tentò di convincerlo, ma la suoneria del telefono irruppe su di loro e Blaine cominciò a rassegnarsi all’idea che ad ucciderlo sarebbero stati di sicuro questi maledetti trilli di ogni genere ma tutti ugualmente dotati di un pessimo tempismo: timer, squilli, campanelli, dannate pianole, cos’altro avrebbe potuto infierire su di lui in futuro?
Il povero warbler sbuffò frustrato e Kurt lo consolò con un bacino sulla guancia.
«È mio padre» dedusse dalla suoneria
«Vai - lo incoraggiò dolcemente Kurt - Continueremo questo discorso un’altra volta» si impegnò sorridendogli.
Blaine baciò quel sorriso ancora una volta, quindi uscì da quel loro mondo di intimità e vapore, afferrò l’accappatoio e corse a rispondere a suo padre.
Kurt sospirò e, dopo essersi guardato intorno per assicurarsi che non ci fossero più indizi compromettenti, accarezzò il muro sorridendo a se stesso e sì, arrossì.
 

«D’accordo papà, a più tardi» chiuse la telefonata Blaine mentre Kurt lo raggiungeva avviluppato nel suo accappatoio bianco.
«Tutto bene?» domandò avvolgendo in un morbido asciugamano i suoi preziosi capelli che non aveva mai esposto così a lungo all’azione rovinosa dell’acqua non decalcificata, ma ne era valsa assolutamente la pena
«Sì - rispose Blaine - Ma hai meno di un’ora per trovarmi qualcosa da indoss…» fece in tempo a dire prima di essere travolto dal ciclone Hummel e trasportato freneticamente nella loro stanza: non c’era un attimo da perdere o la missione del giovane stylist sarebbe naufragata miseramente.
 
Armato di asciugacapelli in una mano e mini-kit da sarto nell’altra, Kurt procurò ad entrambi la giusta piega e a Blaine una rosa di abiti papabili adatti alla serata tra quelli che Amy aveva messo a loro disposizione.
«Ora controlliamo tra quelli di Kevin?» propose Blaine convinto che vi fosse senz’altro qualcosa di perfetto per il suo splendido accompagnatore.
Kurt annuì e aprì la scatola con trepida soggezione presentendo che ciò che vi avrebbe trovato, avrebbe conquistato il suo gusto e il suo cuore.
 
Mettere via i vestiti di Kevin fu un’operazione a cui Desmond si dedicò da solo, una volta scacciato il gusto mai dimenticato della bile che gli risalì in gola quando i genitori del ragazzo gli avevano chiarito senza troppi giri di parole di non desiderare nulla di quel figlio ripudiato che aveva avuto ciò che capita “a quelli come lui”. Confezionò con cura ogni capo griffato che consegnò all’associazione di cui l’amico fu l’anima per tanti anni, perché mettessero all’asta il suo stile per portare avanti le sue battaglie, il resto lo regalò in beneficenza. Non riuscì tuttavia a separarsi da alcuni capi come il suo pigiama preferito, quella giacca rossa con i bottoni gialli che indossava solo quando era allegro, i pantaloni di San Patrizio, il suo papillon portafortuna e l’abito che indossava al loro matrimonio: un meraviglioso trionfo di seta nera che si era conquistato a suon di gomitate all’apertura dei saldi da Gucci, secondo nel suo cuore solo al suo primo Armani originale, quello che Desmond scelse per il suo ultimo viaggio, vestendolo con cura e sperando di aver abbinato gli accessori giusti. Ancora oggi, ogni volta che i suoi pensieri correvano a quel pezzo del suo cuore perduto, lo confortava sapere che avrebbe riposato per sempre dentro qualcosa di bello, dotato di un fascino senza tempo, elegante e impeccabile, discreto e prezioso, esattamente come Kevin.
 
Quello smoking di seta nero firmato Gucci scivolò sul corpo di Kurt come un guanto, come se fosse stato fatto per lui, e il ragazzo era talmente emozionato da non riuscire neppure ad allacciarsi il papillon per completare l’outfit in attesa che Blaine uscisse dal bagno con indosso l’abito di suo padre, e se l’orlo fu scorciato di quasi venti centimetri dalle abili mani di un sarto molto speciale, beh ne valse decisamente la pena, anche Desmond sarebbe stato d’accordo. Il grigio chiaro del tessuto faceva infatti cose meravigliose per la carnagione dorata di Blaine e per i suoi occhi, a giudicare dal modo in cui lo guardò il suo elegantissimo amore, quando riapparve oltre la porta, pronto ad uscire.
«Sei bellissimo» sospirò Kurt completamente stregato
«Stavo per dire la stessa cosa» annaspò Blaine accendendo il suo sguardo su di lui.

Kurt gli sorrise e poi realizzò che ci fosse un dettaglio stonato nei loro look, perciò di precipitò a rimediare sfilandosi il suo papillon di seta nera e allentando il nodo della cravatta grigia di Blaine per sfilargliela via e indossarla lui stesso.
«Ora va meglio» sospirò soddisfatto dopo aver sistemato il papillon sul collo del suo ragazzo
«Perché così i nostri colori corrispondono?» ipotizzò divertito Blaine
«No, perché così è chiaro a tutti che sei abbinato a me» rispose accentuando nel tono quel senso di possesso che scaldò il sangue di Blaine
«Dove è finito tutto quel discorso sulla prudenza, “fingiamo di essere amici”…?» lo prese in giro
«Sono stato convinto da un abile oratore - lo lusingò Kurt - E poi l’ho detto prima di averti visto con questo addosso» aggiunse dandogli un’altra lunga occhiata di apprezzamento e sì, Blaine arrossì, prima di passare al contrattacco facendosi più vicino.
«Pensavo mi preferissi con niente addosso» gli soffiò sull’orecchio
«Beh, di questo possiamo discutere più tardi» sussurrò Kurt sulle sue labbra chiarendo a Blaine che non l’avrebbe mai superato quanto ad innata attitudine alla seduzione, perciò si arrese ripromettendosi tuttavia di ricordargli più tardi di discuterne sul serio e approfonditamente.

Il giovane stylist aggiunse infine un ultimo dettaglio che Blaine approvò scagliandosi fervido sulle sue labbra e baciandolo accuratamente, intensamente, in profondità.

«Possiamo andare?» domandò Blaine offrendogli il braccio galante dopo aver risistemato le margherite all’occhiello di entrambi accertandosi che non fossero rimaste vittime della loro passione
«Sì» respirò profondamente Kurt sorridendogli splendido mentre si avvinghiava al suo braccio e Blaine intrecciava le dita alle sue.
 
Stretti l’uno all’altro, uscirono dunque per quella serata che spaventava ancora un po’ entrambi, ma erano insieme, eleganti e bellissimi, pronti a spuntare un altro desiderio dalla lista e scrivere un’altra pagina indimenticabile della loro storia.


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*** Parte IV ***


Blaine e Kurt, scesero dall’auto a Wall Street, orgogliosi di loro stessi per non aver sgualcito i loro splendidi abiti saltandosi addosso come avrebbero desiderato fare per tutto il viaggio. Si erano invece limitati a tenersi per mano e mangiarsi con gli occhi, come continuarono a fare finché non giunsero davanti all’imponente ingresso del club Cipriani con le sue quattro serie di colonne monolitiche, e ne furono sopraffatti.
 
Non era necessario dirsi cosa provassero, era già scritto nel loro respiro sospeso, si rapprendeva gelido nei loro occhi e tremava già ovunque dentro di loro. Tutto ciò di cui avevano bisogno era piuttosto un po’ di coraggio per
muovere i loro passi tremanti su quel tappeto rosso che accarezzava le loro scarpe lucidissime ed entrare lì dentro anche se si sentivano piccoli e inadeguati, anche se oltre quella porta girevole c’era un mondo a cui non appartenevano, perché certo i loro abiti si sposavano perfettamente con quel posto, ma loro erano ancora i due ragazzini con scritto “from Ohio” sulla fronte e sarebbero volentieri tornati indietro per passare la serata a pomiciare sul divano con addosso solo le mani e la bocca dell’altro, il miglior outfit che avrebbero mai potuto indossare.
Quel po’ di coraggio lo trovarono dove era sempre stato: Blaine si voltò verso Kurt e gli sorrise, quindi gli accarezzò le dita allacciate strette strette alle sue, ed entrarono.
 
E fu come atterrare nella città di Smeraldo.
Così infatti apparve ai loro occhi sgranati l’immensa sala con il suo altissimo soffitto dalla cupola decorata con bassorilievi, la maestosità della struttura e la preziosità dei decori: ogni angolo sembrava avere quella stessa magia di Baum, ma qui non c’erano occhiali speciali per non esserne accecati.
Ovunque i loro occhi si perdessero rapiti, il gusto per il dettaglio ricercato si intrecciava alla più raffinata eleganza in un connubio di stile che a Kurt parve divino, tuttavia qualcosa di ancora più straordinario sfiorò i loro cuori fin dal primo sguardo: l’intero allestimento, fin nelle più irrilevanti minuzie, era tutto rigorosamente bianco.
 
Si cercarono con lo sguardo per condividere lo stesso sorriso tremante nel realizzare facilmente di avere davanti agli occhi l’omaggio delicato di un uomo ferocemente innamorato che aveva voluto rendere quel posto più familiare a sua moglie nell’unico modo che gli era possibile: circondarla di quel candore che lei amava e che da sempre la faceva sentire a casa.
Desmond infatti non aveva resistito quando incontrò lo staff organizzativo del locale per accordarsi circa lo stile da adottare per l’evento. «Vorrei che fosse tutto bianco» aveva detto un po’ a disagio perché la Direzione si era già offerta di ospitare gratuitamente l’evento benefico su segnalazione dei soci stessi dell’uomo, per cui sarebbe stato più elegante concedere loro piena libertà per ciò che concerneva le scelte decorative, senza condizioni, limiti o interferenze. Tuttavia per Desmond Anderson l’eleganza non era un’opzione possibile quando avrebbe potuto invece regalare alla donna che amava un impatto più morbido con il resto del mondo da cui si era schermata per anni, così regalò alla sua Amihan sedicimila metri quadrati di nivea purezza: un bouquet bianchissimo da abbinare al suo vestito e al suo cuore.
 
«Eccoli!» cinguettò Amy vedendo Blaine e Kurt fare il loro ingresso in sala
Desmond si voltò e il suo sguardo cadde subito su Kurt e l’abito che indossava.
«Sono bellissimi» sospirò vinta dalla perfezione dell’immagine che aveva davanti che svelava un desiderio di madre che non aveva mai provato: suo figlio e la persona che amava, stretti uno nella mano dell’altro, elegantissimi, in una sala per ricevimenti… mancavano giusto le fedi al dito perché il quadro fosse completo.
«Non trovi che siano bellissimi?» ribadì rivolta a Desmond, ma nessuna parola venne dall’uomo che continuava ad osservarli con un’espressione indecifrabile ed Amy avvertì una fitta molto nitida in petto: avrebbe dovuto intuire che avrebbe potuto ferirlo vedere quell’abito su qualcun altro.
«Spero che non ti dispiaccia se ho messo a loro disposizione gli abiti di Kevin» sussurrò mortificata
«No, hai fatto benissimo - le assicurò suo marito - Lo indossa perfettamente, anche lui sarebbe stato d’accordo» aggiunse con un sorriso dolcissimo che restituì al cuore di Amy il battito perso, ma più frenetico e intensamente caldo.
«Ma quello è un mio vestito» realizzò osservando meglio Blaine
«Già» annuì compiaciuta Amy
«Ha scelto un mio vestito?» si stranì Desmond
«Sinceramente non credo abbia preso neppure in considerazione l’idea di indossare quello di qualcun altro» rispose sicura sorridendogli orgogliosa.
Ed era vero, Blainey avrebbe scelto sempre di avere per sé qualcosa che apparteneva al suo papà, anche se solo per una sera.    
 
«Ora che sono arrivati anche i ragazzi, non devi più preoccuparti per me e puoi occuparti dei tuoi ospiti - lo rassicurò Amy slacciandosi dal suo braccio - Sean e Katherine sono già qui, perciò tu vai e fa’ tutto quello che devi, io starò bene»
«Ma io no» si oppose Desmond e, vedendola sorpresa, le sfiorò delicatamente il viso, incredulo che davvero non capisse di avergli appena proposto un’assurdità
«Ho bisogno di te, Amy - le sussurrò il ragazzo fragile di cui si era innamorata - Perciò se hai intenzione di lasciare il mio braccio stasera, anche solo per un istante, possiamo andarcene ora» soggiunse determinato a dare un seguito alle sue parole mentre la rivestiva del verde limpido dei suoi occhi.
Amy si chiese per qualche istante se sarebbe stato considerato socialmente riprovevole saltare al collo di suo marito e baciarlo fino alla fine della serata, poi pensò che avrebbe avuto la sua bocca più tardi, nell’intimità che aveva sempre custodito il loro amore, e si accontentò di stringersi al suo braccio e innamorarsi ancora di lui guardandolo sorriderle grato.
«Nancy non la prenderà molto bene» considerò intensificando la presa, ma Desmond era troppo occupato a reprimere il bisogno urgente di baciarla per darle ascolto.
 
«Ci hanno visti» constatò Amy non appena i due ragazzi rivolsero i loro sorrisi abbaglianti verso di loro, e con un cenno delicato della mano li invitò ad avvicinarsi.
 
Blaine annuì a sua madre e scortò Kurt attraverso la sala per raggiungere lei e suo padre.
«I tuoi genitori sono la cosa più bella qui dentro» mormorò languido Kurt mentre, aggrappato alle dita di Blaine, camminava stordito su una nuvola di emozioni.
«Non sono d’accordo» sorrise Blaine rivolgendogli uno sguardo piuttosto eloquente su cosa fosse invece la cosa più bella lì dentro per lui: ce l’aveva al suo fianco e arrossiva.
«Non farmi arrossire, per favore» lo pregò
«Sai cosa penso di te che arrossisci…» gli sussurrò Blaine con un’occhiatina maliziosa, chiarendo che non avesse alcuna intenzione di dargli tregua e Kurt si rassegnò a diventare presto lo zimbello di tutta la sala
«Ti odio!» sibilò tra i denti frustrato
Blaine ridacchiò e accarezzò le sue dita «Ti amo anch’io» gli sussurrò pianissimo perché nessuno lo sentisse, compresi i suoi genitori che sospiravano in perfetta sincronia mentre li guardavano emozionati avanzare tra la folla.
 
I complimenti molto lusinghieri di Amy e Desmond non aiutarono Kurt nella sua campagna “SBATT”
(Stop Blushing All The Time), ma era solo un piccolissimo prezzo da pagare rispetto alla sensazione di appartenenza che avrebbe catturato il suo stomaco durante quella serata conficcandosi nel suo petto per sempre.

Mentre Desmond spiegava loro come si sarebbe svolta la serata, si avvicinò infatti un anziano signore accompagnato da quella che sulla carta avrebbe potuto essere sua nipote, con un gusto piuttosto avanguardistico quanto a look, considerò tra sé Kurt, ma si rivelò invece la rispettiva consorte, probabilmente di terzo o quarto letto, e con un gusto invece piuttosto retrò quanto a uomini.
«Anderson! - salutò l’uomo piombando alle spalle di Desmond e dandogli una pacca affettuosa sulla spalla - È mai possibile che non sbagli mai un colpo?» lo rimproverò scuotendo la testa, ma nei suoi occhi brillanti era palese tutto l’orgoglio autentico che lo muoveva
«Professore» gli sorrise immediatamente Desmond salutandolo calorosamente
«Lui è Bentley MacLeod: la persona che mi ha insegnato tutto ciò che so del mio lavoro» chiarì alla sua famiglia che non l’aveva mai conosciuto.
«Ma per favore! - obiettò l’anziano - Ne sapevi più di me già dal primo giorno in cui hai iniziato a seguire il mio corso» ridacchiò ripensando a quel ragazzo timido ma risoluto che occupava sempre la terza fila nell’aula e non prendeva mai una riga di appunti mentre tutti i suoi colleghi stavano curvi ad infierire sulle loro mani e sulla carta per assicurarsi di non perdere neppure una parola delle sue spiegazioni.
 
«Perché lei non scrive mai nulla?» gli aveva domandato un giorno trattenendolo al termine della lezione, già pronto ad invitarlo a non ripresentarsi perché evidentemente non era interessato
«Penso sia maleducato guardare altrove mentre qualcuno parla con me, signore» aveva spiegato Desmond e certo non era la risposta che il professore si aspettava
«Non crede di dimenticare qualche passaggio se non lo appunta?» aveva proseguito incuriosito
«Credo di no - aveva risposto con limpidezza il giovane specializzando - Ma mi può fare delle domande per esserne sicuro?» l’aveva invitato e forse avrebbe dovuto suonare presuntuoso o sfrontato, ma negli occhi di quel ragazzo non ve n’era neppure l’ombra.
Il professor MacLeod aveva accettato la sfida subissandolo di domande che spaziavano su tutto il programma del corso che aveva trattato fino ad allora e Desmond aveva risposto ad ogni quesito con padronanza e nel dettaglio.
«Sono bravo ad ascoltare» si era quasi giustificato alla fine di fronte allo stupore del docente
«Saper ascoltare è un’ottima qualità per un uomo d’affari - gli aveva concesso con un sorriso compiaciuto - signor…»
«Anderson, Desmond Anderson» si era presentato, nuovamente timido, e il professore gli aveva stretto la mano
«A giovedì prossimo, signor Anderson» l’aveva salutato sorridendogli, quindi era uscito dall’aula.
Vedere crescere ed affermarsi il suo studente della terza fila, che continuò ad ascoltarlo guardandolo negli occhi senza mai prendere una riga d’appunti per tutto il semestre, fu uno dei ricordi più belli della sua lunga carriera di docente.
Concluso il suo master in Economia e Finanza, il talento di Desmond gli garantì una rapida ascesa in quel mondo intricato, volubile e insidioso, in cui lui sembrava tuttavia muoversi con disinvoltura e al quale si era avvicinato senza rinunciare alla dimensione idealista del sogno e all’ambizione caparbia di riuscire a dimostrare che per farlo funzionare non fosse necessario essere cinici e spietati, e che saper creare ricchezza non fosse un disvalore di per sé, ma dipendesse dalle mani che ne avrebbero goduto i frutti.
Quella sera l’avrebbe dimostrato, ancora una volta, e il suo vecchio professore non si sarebbe mai perso l’occasione di essergli accanto per assistere ad un altro successo del suo ragazzo della terza fila.
 
«Sono felice che sia venuto» mormorò grato Desmond quindi rivolse lo sguardo alla donna che lo accompagnava
«Mia moglie Camille» chiarì il professore che aveva sempre ammesso di conoscere una strategia vincente e una procedura sensata per ogni genere di affari, tranne quelli di cuore
«Ma può chiamarmi Milly» si affrettò ad aggiungere la donna sfoderando il suo più seducente sorriso laccato amaranto en pendant con i dettagli del fazzoletto di stoffa che appena la copriva
«Lieto di conoscerla, Camille» la omaggiò Desmond mentre sentiva dietro di sé un tridente acuminato di fulmini saettare verso l’ignara donna.

Desmond si voltò verso la punta di quel tridente e la presentò prima che si scatenasse l’inferno «Lei è mia moglie» sorrise luminoso.
«Può chiamarmi “sua moglie”» scandì per bene Amy con un sorrisetto velenoso mentre porgeva la mano a Milly che ebbe almeno la decenza di abbassare lo sguardo a disagio.
«Incantato, signora Anderson» intervenne il signor Bentley e lo era davvero a giudicare dal suo sguardo mentre le baciava la mano pallida
«Amy» lo corresse sorridente perché come ogni alfa non si poteva accontentare di segnare il suo territorio, doveva anche chiarire alla povera avversaria che avrebbe potuto sconfinare facilmente nel suo, se non si fosse fatta docilmente da parte
«Beh, Amy - accettò il suggerimento affascinato - Non ho mai capito perché da quando conosco Desmond ha sempre fatto i salti mortali per assicurarsi di tornare a casa ogni sera, ma ora mi è tutto più chiaro» la lusingò dando una rapida occhiata di approvazione al suo pupillo i cui occhi però restarono avidamente ancorati alla donna che amava e quella fu la prima volta che lo ignorò mentre gli parlava.
Quando poi lei gli rivolse lo stesso sguardo, come se fosse ancora stupita della devozione di suo marito, il vecchio professore capì ancora meglio perché lui avesse rinunciato alle facili lusinghe mondane, anche a costo di compromettere la sua carriera: «Non capisci che se vuoi davvero affermarti, i migliori affari si fanno fuori dagli uffici? - gli aveva sempre ribadito - Se vuoi avere davvero successo in questo mondo, gli devi dedicare tutto te stesso»
«Forse quelli non sono un genere di affari che mi interessano, e di sicuro questo non è il mondo a cui appartengo» gli aveva risposto con un sorriso dolce ma risoluto prima di uscire, prendere un taxi e tornare da lei.
 
Mentre Desmond continuava a specchiarsi nello sguardo del mondo a cui sarebbe appartenuto per sempre, il professore si rivolse ai due ragazzi accanto ad Amy riconoscendone subito uno.
«Tu sei Blaine, giusto?» lo salutò con affetto
«Sì, signore» gli strinse la mano il ragazzo
«Oh ti prego, niente signore! - contestò premuroso - Tu forse non ti ricordi, ma ti ho tenuto in braccio quando eri piccolo e tuo padre ti portava con sé in ufficio perché era convinto che gli portassi fortuna» ridacchiò
«Beh, avevo ragione» confermò Desmond sorridendo a suo figlio che era ancora disabituato all’idea di essere stato per tante persone sconosciute quel bambino adorato dal suo papà che aveva visto nel video del suo compleanno
«Hai intenzione di seguire le orme di tuo padre?» domandò il professore
«No, non sono tagliato per gli affari» sussurrò goffamente
«Peccato, tuo padre è una leggenda nel suo settore, con il tuo cognome avresti tutte le porte aperte» pose in risalto nel totalmente vano tentativo di convincerlo
«Penso di sì, ma non è una cosa di cui andrei fiero in ogni caso» rispose abbassando lo sguardo sperando di non essere stato maleducato, ma l’idea di farsi strada nella vita sfruttando un talento non suo, era talmente lontana dal modo di essere di Blaine, che non riuscì ad impedirsi di ricusarla apertamente.
L’anziano docente iniziò a credere che dare risposte poco scontate fosse una caratteristica degli Anderson e sorrise compiaciuto, poi si voltò verso Desmond per gustarsi l’espressione di fierezza che era certo avrebbe addolcito il suo visto e non si stupì che fosse la stessa di quando Blaine aveva meno di due anni e si dimenava sulle sue ginocchia perché voleva stare in grembo soltanto al suo papà.
 
«Lui è un artista, come sua madre» spiegò Desmond con un tono dolcissimo posando una mano sulla spalla del suo bambino perché gli fosse ancora più chiaro che avesse la sua completa approvazione.
Il professor MacLeod annuì sorridente, poi si rivolse a Kurt che aveva osservato ogni cosa sperando di essere diventato invisibile per evitare di dover chiarire chi fosse e rovinare così un momento perfetto, ma prima che potesse torturarsi oltre, Desmond continuò le presentazioni.
«Lui è Kurt, Kurt Hummel, il fidanzato di Blaine» spiegò senza alcuna esitazione
«Molto lieto» sussurrò Kurt in apnea porgendogli la mano e se tremava un po’ nessuno ebbe tempo di accorgersene perché l’anziano la strinse subito alla sua, sorridendo ai due ragazzi
«Il piacere è mio Kurt, spero tu lo tratti bene» soggiunse osservandoli intenerito tingersi di un adorabile rosa
«Nessuno l’ha mai fatto meglio» ammise Desmond adagiando l’altra mano sulla spalla di Kurt e confermandoglielo con un sorriso orgoglioso che traboccò agli angoli di quegli occhi azzurrissimi nel più intimo dei “grazie”.
«Hai una splendida famiglia» constatò l’anziano e Desmond intensificò appena un po’ la presa sulle spalle dei due ragazzi custodendoli tra le sue braccia prima di annuire sotto lo sguardo caldo e inumidito di Amy.
 
«Signor Anderson? È tutto pronto per iniziare la presentazione» lo avvertì un uomo elegante alle loro spalle.
«D’accordo, James, arrivo subito - rispose Desmond - Puoi accompagnare il signor MacLeod e sua moglie ai loro posti?»
«Certo» annuì James e così fece.
«È ora di iniziare - sospirò Desmond offrendo il braccio ad Amy - Voi non venite?» si rivolse poi ai due ragazzi
«Dove?» domandò perplesso Blaine
«Ho prenotato dei posti anche per voi» spiegò ignorando la fitta nel petto che gli causò il vedere la più inattesa sorpresa dipingersi sul volto di suo figlio.
«Andiamo?» si limitò a dire con un sorriso di scuse, pronto ad accompagnare la sua famiglia ai loro posti
«Sì» sussurrò felice Blaine mentre Kurt si stringeva alle sue dita e insieme attraversarono la sala.
 
Durante il tragitto Amy domandò a Desmond chi fosse James, perché non l’aveva mai visto né sentito nominare ed era sicura di conoscere, almeno di nome, tutti i collaboratori di suo marito.
«È il mio nuovo segretario» rispose Desmond senza darle troppa soddisfazione
«E l’adorabile Nancy?» chiese spiazzata
«Ha avuto un’offerta molto vantaggiosa da un’altra compagnia, perciò partirà per Miami - spiegò senza far nulla per nascondere l’espressione colpevole circa l’origine di quell’improvvisa proposta di lavoro - Ma tra una settimana, dopo che avrà insegnato a James tutto ciò che deve sapere sul suo lavoro»
«Spero non gli insegni proprio tutto perché io non ce la faccio a far fronte anche ai tuoi corteggiatori maschi» sospirò dissimulando la morsa allo stomaco che le procurava guardarlo in quel momento e sapere che non ci fosse davvero nulla che non avrebbe fatto per lei
«È sposato e ha due bambine adorabili» la rassicurò
«Non avresti dovuto licenziarla per davvero» mormorò cedendo al rimorso
«Sì invece, avevi ragione - le concesse Desmond accarezzandole il dorso della mano - E poi l’ho fatto per lei, ho voluto evitarle una morte violenta» le sorrise e non era sicuro che non sarebbe andata così sul serio
«Hai fatto bene - ammise Amy sorridendo di sé - E scusami anche per prima con Milly, era del tutto fuori luogo, mi dispiace»
«A me non è dispiaciuto affatto» le sussurrò sedotto facendosi più vicino e dando alla sua Amy l’unico motivo ancora valido perché continuasse a difendere il suo diritto esclusivo di essere la prima e unica donna della sua vita.
 
Kurt non fu affatto stupito di scoprire che i loro posti riservati fossero proprio quelli davanti a dove di lì a poco Desmond avrebbe parlato all’intera platea, i più importanti, i più vicini, quelli accanto a Sean e Katherine che li raggiunsero poco dopo salutandoli con affetto. Di certo, però, il giovane Hummel non si aspettava che il signor Anderson avesse destinato a lui il posto tra sua moglie e suo figlio: sarebbe stato più ovvio che Blaine e la sua mamma fossero vicini, perché mai avrebbe voluto separarli mettendolo in mezzo? Ma in realtà fu l’unico a sorprendersi e a non capirne il motivo finché Desmond raggiunse il palco, le luci si abbassarono un po’, e le dita nervose di Blaine ed Amy cercarono subito le sue.
Desmond non li avrebbe mai lasciati in mano a nessun altro.


***

Mentre alle sue spalle scorrevano le immagini del villaggio ugandese dove il progetto stava prendendo vita, mostrando i visi e le mani che gli davano forma, Desmond ne raccontò ogni dettaglio con quella sua voce calda e un po’ roca che conquistò l’intera sala avvolta nel più ammirato silenzio. In tutto lo splendore del suo tuxedo nero con revers ton sur ton in raso di seta, il suo gilet aderente, la camicia bianchissima che pennellava un bagliore di luce che screziava il verde intenso del suo sguardo, l’uomo splendido che era Desmond Anderson costrinse parole di verità e spessore anche nelle orecchie meno disposte a sentirle, non risparmiò critiche ai programmi anche governativi messi in atto per la riduzione della povertà in Africa, chiarendo che i miliardi di dollari in essi impiegati fossero inevitabilmente destinati ad essere sprecati, perché quelle iniziative non si ponevano come obiettivo un reale sviluppo economico, ma solo un aiuto e non era ciò di cui quei visi e quelle mani avevano bisogno. Non risparmiò nulla della sua infallibile dialettica per ricordare a tutti i manager presenti che l’impresa privata avrebbe dovuto giocare un ruolo chiave nell’incoraggiare lo sviluppo, e chiarì a tutti gli ambasciatori e alle organizzazioni invitate, che la cooperazione concreta, non il soccorso, fosse la strada da intraprendere, nonché il cuore pulsante del suo progetto.
 
Al termine del suo discorso, quando i ringraziamenti avrebbero dovuto lusingare le personalità più influenti presenti all’evento, Desmond si limitò ad un «Grazie» cumulativo e destinò le parole residue alle uniche persone che avessero un valore autentico per lui e che non aveva smesso di accarezzare con lo sguardo per tutto il tempo in cui la sua voce aveva sedotto e convinto l’intero uditorio.
 
«Uno dei miei insegnanti più validi, diceva sempre che “Senza l’azione i progetti sono solo sogni”: aveva ragione e conto sul vostro aiuto per realizzare quell’azione» sottolineò distogliendo per un attimo lo sguardo dalla sua famiglia per sorridere fiducioso alla platea prima di rituffarsi negli occhi che amava e concludere il suo discorso sperando che la voce lo sostenesse fino in fondo
«Ma è anche vero che sono i sogni a dare forma ai progetti migliori e io non sono mai stato un grande sognatore finché vent’anni fa non ho incontrato la donna più incantevole che io abbia mai visto che mi ha insegnato a farlo, e qualche anno dopo mi ha regalato il mio sogno più bello, mio figlio» dichiarò a quel ragazzo che, stretto alle dita del suo fidanzato, si lasciava scorrere lungo il viso il luccichio meraviglioso di un desiderio esaudito
«Grazie per essere qui - concluse Desmond sorretto dall’amore di sua moglie e di suo figlio - E grazie anche a te, Kurt, per avermi restituito quel sogno» gli sorrise dolcemente e forse non si rese neppure conto di quanto profonda fosse l’impronta che stampò nel cuore di Kurt Hummel che da quella sera non avrebbe avuto più paura di essere una presenza scomoda accanto a Blaine e alla loro famiglia.
 
Desmond augurò a tutti una buona serata poi corse dalla sua famiglia che lo strinse a sé, come avrebbero fatto subito dopo Sean e Katherine, quindi i suoi soci e collaboratori più fidati, e dopo aver assicurato la mano di sua moglie intorno al suo braccio, si lasciò infine travolgere dall’entusiastico apprezzamento dei suoi ospiti che si contesero la sua attenzione per il resto della serata.
 
Accompagnati dalle note calde dell’orchestra che si era sistemata sul palco e avviluppò l’atmosfera con un elegante manto caldo di sapore jazz, Blaine e Kurt si defilarono per raggiungere l’area dove era imbandito il sontuoso buffet, incastonato in una nuvola bianca di calle, bisso di lino e organza. Kurt scelse il menu per entrambi e andarono ad assaporarlo in un angolino riposto dove avrebbero potuto guardarsi negli occhi e sorridersi come due idioti per tutto il tempo senza che nessuno ci facesse caso, poi a malincuore tornarono a dividere il loro tempo insieme con il resto del mondo.
 
Desmond presentò la sua famiglia alle persone con cui lavorava da anni e ai finanziatori del progetto, e come Blaine aveva previsto, non vedeva l’ora di presentare a tutti il fidanzato di suo figlio, perciò l’orgoglioso warbler fu costretto a sciogliersi dalle sue dita e osservare stregato l’amore della sua vita combattere una battaglia già persa contro il delizioso rossore che infieriva sulle sue guance.
 
Tra le mani che strinse Kurt quella sera, c’erano anche quelle di Kelly O’Connor, la donna che avrebbe dovuto incontrare nel suo soggiorno con gli Anderson a Boston, dove presiedeva la sede della PFLAG.
«Mi avevi detto che non ce l’avresti fatta a venire a New York stasera» si stupì Desmond abbracciandola
«Lo so, ma poi sono riuscita a rimandare i miei impegni ed eccomi qui» sorrise Kelly che salutò con affetto Blaine e regalò a Kurt un grande sorriso
«Finalmente ti conosco, Kurt! - esultò - Amihan?» domandò guardandosi intorno
«È laggiù con Sean e Katherine» rispose Desmond
«Vado a salutarla, ma tu aspettami qui perché ho bisogno di parlare con te» si fece promettere da Kurt prima di raggiungere Amy e i loro amici.
 
Kelly era una donna minuta ma di grande energia e coraggio, forte e leale, come raccontavano i suoi occhi verdi, caldi e sinceri. Era una di quelle persone a cui appoggiarsi senza paura di cadere e possedeva un fascino discreto e sottile che non era difficile credere avrebbe conquistato il cuore di chiunque, ma lei non lo seppe mai perché fin da quando aveva sedici anni si era rassegnata ad amare per sempre la sua migliore amica, Kathleen: qualunque altra scelta sarebbe stata una bugia, e mentire a se stessa era l’unica cosa che Kelly O’Connor non era mai riuscita a fare.
 
Kurt fu conquistato immediatamente da quel ciclone rosso che gli strappò un appuntamento per pranzo l’indomani per chiarire i dettagli dello spettacolo che il ragazzo stava allestendo. L’invito era esteso a tutta la famiglia, ma Blaine ed Amy si scambiarono un’occhiata complice di allarme e Desmond intuì che avessero altri progetti di cui Kurt avrebbe dovuto ignorare l’esistenza, perciò si offrì subito di accompagnarlo
«Mi dispiace, ho già un impegno» si scusò Amy
«Io ho delle cose urgenti da fare» si giustificò Blaine e per quanto fosse stordito, anche Kurt capì che i due avrebbero fatto quelle cose urgenti insieme, per lui, e gli fiorì sul viso un sorrisetto magnificamente felice.
 
Kelly fu poi sequestrata da Sean e Katherine per raccontarsi le ultime novità, mentre gli Anderson furono reclamati dai loro ospiti.
 
«Mi allontano un attimo» sussurrò Kurt all’orecchio di Blaine
«Vengo con te» si propose subito il warbler sperando che anche un altro desiderio stesse per esaudirsi: uno che le sue mani e la sua bocca attendevano di realizzare fin da quando avevano messo piede sul taxi
«No, stai con i tuoi genitori» lo pregò Kurt frantumando miseramente le sue focose illusioni
«Cosa devi fare?» si incuriosì
«Ho promesso a Rachel che l’avrei chiamata, non mi perdonerebbe mai se non lo facessi - rispose mentendo solo in parte - E poi quando mi ricapita l’occasione di farla morire d’invidia?» aggiunse con più verità e Blaine ridacchiò
«Salutala per me» gli chiese prima di seguirlo con lo sguardo mentre si allontanava ondeggiando giulivo per godersi in disparte il suo momento di gloria.
 
Quando riemerse soddisfatto dal suo trionfo epocale sulla bile dell’amica, che tuttavia sembrava anche sinceramente felice per lui e la cosa lo scaldava dentro più di quanto avrebbe mai ammesso,  Kurt raggiunse Amy che riprendeva fiato ai margini della sala, osservando la sala gremita ancora incredula di essere riuscita a vincere la tentazione seducente di fuggire via che l’aveva accompagnata ad ogni passo, ad ogni sguardo indagatore, ad ogni stretta di mano.
«Tutto bene?» domandò il ragazzo riscuotendola dai suoi pensieri
«Sì» rispose Amy sorridente, ed era vero.
«Blaine è da qualche parte con suo padre» lo informò vedendolo guardarsi nervosamente intorno e cercarlo tra la folla
«Okay - arrossì lievemente - Ma posso restare qui per un po’?» le chiese premuroso      
«Certo - sussurrò grata Amy - Adoro questa canzone» sospirò sorridendo a Sean e Katherine che si muovevano armonicamente tra le altre coppie sulle note di “It had to be you”2
«Anch’io» cinguettò Kurt che poteva così aggiungere l’amore per la colonna sonora di “Harry ti presento Sally” alle cose che già lo accomunavano a quella splendida donna
«È una delle mie preferite, come tutte le altre in realtà» constatò in quell’istante Amy
«Beh non mi stupisce» sorrise Kurt
«Perché?»
«Perché se un uomo è riuscito a rivestire completamente un’enorme sala del colore prediletto dalla persona che ama, dubito che poi non si sia preoccupato di farle ascoltare anche le sue canzoni preferite» rispose evidentemente ammirato pur cercando di sedare la sua vocazione ai deliri romantici di fronte ad esempi così meravigliosamente evidenti.
Amy si guardò intorno senza fiato e rabbrividì. Non ci aveva fatto caso e questo era esattamente il motivo per cui Desmond l’aveva fatto: accoglierla in suoni e colori talmente familiari, noti, ed ovvi, da non destare la sua attenzione e difenderla da ogni possibile stridore.  
«Credo che tu abbia ragione» annaspò osservando suo marito sorridere stupendo all’anziana madre dell’ambasciatore ugandese che lo fissava già perdutamente invaghita.
 
«Che ne dici di far ballare una vecchia signora?» propose poi a Kurt porgendogli la mano
«Dov’è?» domandò il ragazzo guardandosi confusamente intorno
Amy ridacchiò al complimento e gli ribadì che, se avesse avuto vent’anni di meno, avrebbe fatto qualunque cosa per conquistarlo e il fatto di essere gay non l’avrebbe fermata, con buona pace del povero Blaine.
«Allora vuoi ballare con me?» gli propose di nuovo
«Ne sarei onorato - sorrise Kurt - Ma forse il primo ballo spetta a Blaine»
«Non pensi si imbarazzi a ballare con sua madre?» immaginò Amy pervasa da una paura più profonda a cui tuttavia non volle dar voce.
Stavolta fu Kurt a ridacchiare perché di certo questo non era un ostacolo per Blaine Anderson «Ha invitato me quando mi hanno eletto reginetta del ballo per umiliarmi e abbiamo ballato insieme davanti a tutta una sala ostile senza che smettesse per un attimo di sorridermi, direi che l’imbarazzo non sia un problema per lui - raccontò con lo sguardo intriso nella pura dolcezza di quel ricordo - E poi  io ho sempre sognato di ballare con mia madre in un posto del genere, e penso che sia lo stesso per Blaine» ipotizzò timidamente sfuggendo allo sguardo attento della donna perché non voleva ferirla con quel vuoto solo suo che si sarebbe portato dentro per sempre
«Hai ragione, andrò a chiederglielo» si convinse Amy ritrovando coraggio, poi ignorò ogni voce che non fosse quella che gli vibrava nel petto e la lasciò fluire tra le sue labbra «E gli chiederò anche se dopo posso invitare a ballare il suo dolcissimo fidanzato. Se ti va… - tentennò prima di continuare - So che non è la stessa cosa, ma penso che a tua madre non dispiacerebbe» sussurrò infine sperando a sua volta di non ferirlo perché quel vuoto che Kurt proteggeva dalla commiserazione degli altri, lei lo conosceva molto bene: era anche il suo.
«Lo penso anch’io» sorrise tremante il ragazzo, quindi le porse la mano e si avvicinarono alla pista mentre l’orchestra continuava a riversare su di loro le note preferite di Amy… o almeno parte di essa, perché uno dei musicisti sembrava invece molto più interessato a riversare se stesso su Blaine, a giudicare da come sorrideva stupidamente ad ogni sua parola sporgendosi languido su di lui. Era alto, pallido, con una cascata di ricci chiari vanamente costretti in una coda, insomma il tipo di Blaine se un certo vice gestore del GAP fosse stato un indizio.
 
«Scusami un attimo» sibilò Kurt lasciando la mano di Amy che sorrise ampiamente pregustando con un certo orgoglio materno l’imminente dimostrazione che ci fosse un altro giovane alfa in città.
 
Ignaro degli intenti omicidi del suo ragazzo, Blaine gli sorrise appena lo vide arrivare presentandolo subito al malcapitato «Oh John lui è Kurt, il ragazzo di cui ti ho parlato»
«Il suo fidanzato» specificò il giovane alfa porgendogli la mano e un ghigno mefistofelico che sulla carta avrebbe dovuto essere un sorriso
«Piacere» mormorò il ragazzo
«Immagino…» ironizzò Kurt
«John si è diplomato in violino al NEC3 a Boston!» intervenne entusiasta Blaine per spezzare la tensione
«Ma guarda! Complimenti! - lo blandì The Diva con enfasi artefatta - Beh allora saprai che la prima regola di un buon violinista è di assicurarsi che lo spartito che ha davanti sia il proprio prima di iniziare a mettere in moto l’archetto, perché se invece fosse di qualcun altro, l’armonia sarebbe rotta e il suono può risultare molto, molto sgradevole, credimi» sottolineò con un bagliore sinistro nello sguardo e John deglutì forzatamente abbassando la testa
«Beh la mia pausa è finita - balbettò evitando i suoi occhi perché era sicuro che l’avrebbero incenerito - Buona serata» si congedò immediatamente
«Anche a te, John il violinista» lo salutò Kurt con un sorriso trionfante mentre si allontanava velocemente per tornare al suo posto.
 
Kurt poteva sentire Blaine roteare gli occhi dietro di lui e infatti quando si voltò il suo warbler incrociò le braccia in attesa delle sue scuse.
«Non era necessario - lo biasimò - Non aveva intenzione di…»
«Mettere le mani sul tuo archetto? - incalzò Kurt alzando un sopracciglio - Ce l’aveva scritto in faccia» sbuffò stizzito e Blaine alzò gli occhi al cielo sforzandosi di non sorridere. 
 
«E va bene, scusami, ho esagerato ed era fuori luogo! - si arrese Kurt colorandosi leggermente di rosa - Non è che non mi fido di te, ma…»
«Ti piace segnare il suo territorio» concluse per lui Blaine
«Già» sospirò con un sorriso goffo mentre arrossiva più intensamente
«Senti… - sussurrò Blaine avvicinandosi a lui finché le labbra non sfiorarono il suo orecchio ancora rosa - Perché non ci rintaniamo da qualche parte e segni anche me?» gli propose seducente in un respiro rovente e bisognoso
«Non credo sarebbe gentile nei confronti di tuo padre - gli ricordò Kurt riscaldandosi ovunque - Ma ricordamelo stanotte» rilanciò con un sorrisetto predatorio e Blaine amò ogni sillaba della minaccia del suo alfa.
 
«Come va?» domandò Desmond raggiungendoli prima che mandassero alle ortiche ogni prudenza e si rintanassero da qualche parte per una lezione molto privata sul miglior uso possibile dei rispettivi archetti
«Bene» risposero contemporaneamente con un’aria per nulla colpevole.
 
E mentre Blaine rassicurava suo padre sul fatto che si stesse divertendo, Amy si avvicinò a Kurt e gli bisbigliò i suoi complimenti «Ottima tecnica - si congratulò orgogliosa - Ci hai messo due secondi netti per farlo scappare con la coda tra le gambe» ridacchiò ammirata
«Ho esagerato» si scusò Kurt
«A giudicare da come ti guardava mio figlio, non credo abbia disprezzato» lo rassicurò amorevole lasciandosi accarezzare dal suo sorriso imbarazzato.
 
«Posso rubarti nostro figlio per un ballo? - domandò poi a suo marito - Se non ti mette a disagio ballare con tua madre» sussurrò a Blaine disperando che la voce e le gambe le reggessero
«Per niente» si illuminò il ragazzo e dopo aver cercato gli occhi di Kurt per sentirsi più forte, le porse la mano e le fece strada.
 
Amy posò la mano sinistra sulla spalla di suo figlio come se temesse di romperlo anche solo sfiorandolo, e forse aveva ragione perché Blaine trattenne il respiro sentendola così vicina e tremava mentre le cingeva la vita e custodiva la sua mano destra nella propria.
Si mossero lentamente, accompagnati da note che non riconobbero neppure, mentre si rifugiavano in quella prima esile stretta, impacciati e scossi dalla stessa dirompente emozione. Certo, non era ancora l’abbraccio che Amy sognava di dare a suo figlio, ma chiunque li avesse guardati ballare insieme quella sera, avrebbe giurato che non avrebbe dovuto attendere ancora a lungo per vedere realizzato il suo sogno: era evidente agli occhi di Katherine dai quali sfuggì un rivolo di speranza dolcissima mentre osservava commossa la sua amica guarire dal suo dolore, risplendeva nel sorriso luminoso di Kurt e scalciava feroce nel petto di Desmond.
 
Blaine danzò con la sua mamma senza mai smettere di sorriderle, perché era felice, perché era qualcosa che da piccolo non si era mai neppure concesso di sognare, perché lei era tra le sue braccia, perché quando il passo di sua madre si inceppò tra le pieghe del vestito facendola vacillare, lei si aggrappò con più forza alla sua mano e si strinse al suo collo, e non c’era alcun segno di dolore sul suo splendido viso, né disagio nei suoi occhi, né più paura nel suo cuore.


***

Furono le note di “Moon River”4 a fondere gli sguardi di Kurt ed Amy mentre volteggiavano leggeri in quell’aurea di eleganza raffinata e inconsueta che era connaturata in loro come la bellezza, l’arte, la vocazione al sogno e all’amore di un Anderson. 
 
«Anche questa è una delle tue canzoni preferite?» domandò sognante Kurt
«No, questa era la preferita di mia madre» rispose con un sorriso malinconico e una stretta allo stomaco al pensiero che Desmond avesse omaggiato anche sua madre
«Anche della mia, me la cantava sempre» sussurrò Kurt distogliendo lo sguardo perché da quando l’aveva persa, c’era una profonda cicatrice in lui che aveva sempre difeso dagli occhi altrui con il pudore più ostinato, come se fosse un segreto tra lui e la sua mamma, l’unico che gli era rimasto e che lo legava a lei insieme a tutti i ricordi e a quella ninnananna speciale che da bambino gli aveva aperto le porte dei sogni, ogni notte.
Amy lo osservò adombrarsi e poi tornare a lei con un sorriso pulito, come se volesse rassicurarla, e prima che potesse ragionare sul fatto che forse avrebbe dovuto assecondarlo e cambiare argomento, intensificò la presa sulla sua spalla e si fece più vicina mentre spazzolava con il pollice la mano che stringeva la sua.
«Mi dispiace tanto» disse semplicemente, senza retorica, ed era talmente vero che Kurt non lasciò che il suo cordoglio scivolasse via nel silenzio o fosse dirottato dietro uno scudo d’ironia, come faceva sempre: annuì invece e le sorrise, poi le mostrò un lembo di quella cicatrice.
«Ho tanti bei ricordi di lei a farmi compagnia, ma non smetterà mai di mancarmi - sospirò - E non riuscirò mai a capire come si possa donare a qualcuno un amore così grande e poi strapparglielo via».
 
«Lo so, è crudele - convenne la donna - Ma è un rischio che si corre sempre quando ci si affeziona a qualcuno» sottolineò porgendogli uno sguardo confortante e amorevole mentre dentro di lei cercava le parole adatte a dar voce a qualcosa che inspessiva il suo respiro ogni volta che lo guardava e le appesantiva la coscienza.
«A proposito di questo…» iniziò timidamente, quindi prese un bel respiro e si liberò.
«Penso che tu sappia ormai che sei molto importante non solo per Blaine, ma anche per me e mio marito. Averti con noi in questi giorni ci ha resi felici e non eravamo tanto abituati ad esserlo, ma penso tu sappia anche questo - sorrise indifesa - Desmond ed io siamo già certi che non sarà facile abituarci a non averti più intorno e non solo perché ci siamo affezionati a te, ma anche perché sei stato essenziale per noi, Kurt, in più di un modo. Perciò siamo stati egoisti e non ti abbiamo tutelato da tutto questo, anzi te l’abbiamo riversato addosso insieme alle nostre aspettative sul futuro di nostro figlio, con te. Ma non ne avevamo il diritto e mi dispiace, credimi. Però forse non è troppo tardi per assicurarti che l’ultima cosa che vorremmo è che ti sentissi intrappolato perché noi ti abbiamo fatto pressioni o perché ci siamo innamorati di te e ti vogliamo nella nostra vita»
«Ma io non…» la interruppe Kurt senza fiato
«No, per favore fammi finire - lo pregò mentre se ne stavano immobili in quell’abbraccio strano, visto che nessuno dei due si era accorto che avevano smesso di ballare - Tu e Blaine siete ancora così giovani e per quanto indubbiamente vi amate moltissimo, non sapete cosa riservi il futuro al vostro rapporto, e voglio che tu ti senta libero di viverlo con tutta la spensieratezza necessaria, senza portarti sulle spalle anche noi, d’accordo?» si raccomandò con una dolcissima ansietà tutta materna a cui Kurt avrebbe voluto cedere per vederla rasserenarsi, ma non poteva perché c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quella richiesta.  
«Non posso» le rispose dunque sorridendole e quando lei protestò, lo ribadì spiegandole che quando Blaine gli aveva proposto di partire con lui, la sua più grande paura fosse stata proprio quella «Affezionarmi a qualcuno che avrebbe potuto essermi portato via, di nuovo. Ma mi spaventava soprattutto scoprire cosa si prova ad avere vicino qualcuno che mi sembrava così simile a me, così simile a qualcuno che ho già perso» lo sussurrò con una riservatezza tale che insinuò per sempre dentro Amy qualcosa di cui si sarebbe resa conto solo anni dopo: si era convinta che quell’estate a New York le avesse restituito suo figlio, in realtà gliene regalò anche un altro.
«Poi però sono partito - continuò Kurt - e quel qualcuno mi ha portato con sé a fare shopping, mi ha fatto conoscere sapori nuovi, mi ha regalato le ricette di sua madre e l’abito che non mi sono mai davvero concesso neppure di sognare; quel qualcuno mi ha invitato a ballare una delle mie canzoni preferite e ho iniziato a chiedermi come suonerebbe con la sua voce. Ero spaventato? Sì, ma rifarei tutto altre mille volte, perché è esattamente come con Blaine: non importa se il nostro amore durerà per sempre o se diventerà qualcos’altro, perché lui sarà sempre parte di me, dei miei ricordi più belli, di ciò che sono, e questo nessuno potrà mai portarmelo via. Ed è così anche per questi giorni con voi, per questa serata, per te: avrete sempre un posto speciale nel mio cuore, ovunque mi porterà la vita» e il modo il cui la sua voce si assottigliò, rese ancora più evidente che avesse ragione.
«Se mai Blaine mi darà dei nipoti, vorrei tanto che assomigliassero a te - cadde dalla bocca di Amy senza filtri - Questo a proposito del non farti pressioni» si schernì colpevole rompendo la tensione emotiva in una risata liberatoria che si intrecciò a quella di Kurt in un’armonia dolce e rassicurante
«Anch’io vorrei che la nonna dei miei figli assomigliasse a te» sorrise poi Kurt
«Canterò loro “Moon River” per farli addormentare» gli promise
«Sarebbe perfetto» concordò il ragazzo lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo che non sapeva di aver trattenuto per anni.
«Lo sarà» pregò il Cielo Amy tra sé mentre riprendevano a muoversi sulle ultime note della loro ninnananna preferita.  
 
«Bene, ora posso finalmente riavere indietro mia moglie?» domandò Desmond raggiungendo la coppia al termine della canzone
«È tutta sua» rispose Kurt lasciando Amy nelle mani di suo marito e allontanandosi per rimettere le sue al loro posto: su Blaine.
 
Kurt si guardò intorno impaziente, ma del giovane warbler non c’era traccia, così si diresse di nuovo verso la pista ed eccolo lì in tutta la sua bellezza ardesia che parlottava con mister archetto accanto all’orchestra. Qualcuno aveva i minuti contati.
 
Blaine sorrise soddisfatto al violinista che tornò al suo posto prima che Kurt incombesse su di lui.
«Oh eccoti» sussultò Blaine quando si voltò e si trovò davanti il suo ragazzo che lo guardava circospetto con le braccia incrociate
«Cos’è, hai cambiato idea? Hai deciso di prendere lezioni private di violino?» gli domandò pungente.
Blaine gli sorrise deciso a non intraprendere quell’inutile conversazione
«Shhh» sospirò posando l’indice sulle sue labbra
«Non zittirmi» gli intimò Kurt scostandosi
«Non ti zittisco, cerco solo di evitarti sensi di colpa» spiegò Blaine trovandolo irresistibilmente adorabile mentre cercava di fare il sostenuto e sfuggire il tocco delle sue dita
«Anch’io - replicò sarcastico - Cosa facevi lì con quel tizio?»
«Avevo qualcosa da chiedergli» gli rispose incurvando ancora le sue labbra in un sorriso travolgente e Kurt lottava con se stesso per non racchiuderlo dentro la sua bocca
«Ah sì? E cosa? Volevi che ti desse una dimostrazione privata di come sa usare il suo archetto? - inveì accigliandosi beffardo - Perché poss…»
«Shhh - lo fermò di nuovo Blaine posando le dita sulla sua bocca - È questa» sussurrò rivolgendo per un istante lo sguardo all’orchestra che iniziava a suonare un nuovo brano, e poi tornando su di lui con lo stesso maledetto sorriso
«Cosa?» sbuffò confuso Kurt
«Ciò che gli ho chiesto, ascolta…» lo esortò.
Kurt fece come chiedeva e riconobbe la melodia, ma prima che potesse chiederne il motivo, Blaine si schiarì la voce facendo un passo indietro
«Posso avere questo ballo?» gli domandò porgendogli la mano fiducioso.
Era uno splendido dejà vu e a Kurt tremarono le gambe esattamente come la prima volta, e come allora gli sorrise goffamente, sollevato e sedotto, quindi prese fiato e sussurrò la sua risposta, l’unica possibile
«Sì, puoi».
Il suo warbler gli cinse allora la vita e lo tenne stretto a sé per respirargli sulla pelle increspata del viso arrossito il testo di “The Way You Look Tonight”5  che aveva scelto per il loro ballo, e in quell’istante tutto il resto della sala divenne una macchia informe intorno a Kurt: non c’era che il suono caldo della voce di Blaine a sfiorargli l’orecchio, le sue mani salde e possessive su di lui a proteggerlo da tutti, anche da se stesso e le sue assurde paure che potesse mai preferirgli qualcun altro, e infine il suo sguardo, scuro come il desiderio e screziato d’oro puro e abbagliante come l’amore che gli portava. Blaine lo guidò con garbo tra le note cantandole per lui mentre lo guardava dentro e gli ricordava di non avere bisogno di corone per sentirsi un re.
 
«Sono la cosa più bella che io abbia visto stasera» mormorò stregata Amy tra le braccia di Desmond mentre osservava i due ragazzi ballare
«Dopo di te» aggiunse sorridendo a suo marito che invece riusciva a guardare solo lei, premuta al suo petto mentre ballavano insieme dopo anni
«Mi stai ascoltando?» chiese perplessa Amy
«No - ammise Desmond con un sorriso di scuse - Sono troppo distratto dalle tue labbra» si giustificò mentre la causa della sua deconcentrazione si schiudeva in un’espressione di sorpresa
«Ho il rossetto sbavato?» si preoccupò Amy che non era più abituata al trucco, né lo era mai stata in verità tranne che sul palcoscenico, ma non aveva mai rinunciato a quel tocco di rosso lacca intenso e vivo sulla sua bocca per cui Desmond aveva sempre mostrato una sorta di attrazione sconsiderata 
«No, ma posso provvedere» si propose immediatamente ed Amy ridacchiò.
Nessuno fece caso che prima della fine del brano l’uomo della serata fosse sparito dalla pista e dalla sala stretto al braccio di sua moglie, né che quando riapparve avesse un’aria molto soddisfatta, né che il rossetto della donna fosse stato accuratamente rimosso benché lei non sembrasse affatto preoccupata a giudicare dal sorriso fulgido che le illuminava il viso.  
 
Non ci fecero caso soprattutto Kurt e Blaine che ballavano avviluppati nel loro mondo esclusivo di sussurri e sguardi complici che sembravano racchiudere il segreto della felicità, la più ovvia, quella fatta di pochi ingredienti che stringevano già tra le loro braccia: un sorriso così caldo, delle guance morbide, una risatina che arriccia il naso e tocca uno stupido cuore, un fascino che toglie il fiato and the way you look tonight.  
 
Al termine della serata, mentre attendevano Desmond ed Amy fuori dal Cipriani, Blaine e Kurt si soffermarono ad osservare per qualche istante quella porta girevole che li aveva spaventati qualche ora prima, quando erano convinti di entrare in un mondo a cui non appartenevano. Ora, mentre si accingevano a salire sull’auto che li avrebbe riportati a casa, erano ancora più convinti di non appartenere a quel mondo, ma quel posto non li spaventava più: erano stati circondati da lusso e sfavillio, ma in quella enorme sala pennellata d’avorio erano stati anche abbracciati dall’affetto più esplicito, sorpresi dalla riconoscenza più autentica, rafforzati nell’orgoglio di essere se stessi.

Quella sera due ragazzini dell’Ohio, con i loro abiti elegantissimi in prestito e i loro desideri stretti tra le dita annodate le une alle altre, si erano amati nel cuore pulsante di New York.


***** ***** *****

Quando rimisero piede nell’appartamento, erano tutti sfiniti ma ancora elettrizzati dalle emozioni della serata, perciò dopo aver indossato qualcosa di più confortevole per la notte, si soffermarono sul divano a scambiarsi impressioni, complimenti e sguardi di gratitudine reciproca che non avevano bisogno di trasformarsi in parole perché acquisissero più peso, nitidezza e intensità.
Desmond preparò per tutta la famiglia un infuso di camomilla che gustarono fumante in quell’atmosfera di morbida distensione e dolce intimità, poi rimasero a coccolarsi l’un l’altro finché Kurt socchiuse gli occhi sulla spalla di Blaine e si convinsero a darsi la buonanotte.
Amy e Desmond salutarono i due ragazzi ancora una volta prima di raggiungere la loro camera, quindi Kurt sparì nella sua mentre Blaine ripose le tazze e stese le lenzuola sul divano.
 
Il giovane Hummel risistemò con più cura lo smoking, accarezzandolo delicatamente, prima di infilarsi sotto le lenzuola e attendere trepidante che il suo ragazzo lo raggiungesse.
I minuti tuttavia trascorrevano innaturalmente lenti e Blaine tardava a comparire oltre la porta che Kurt osservava ansiosamente, perciò lo raggiunse nel living e sorrise nel constatare che sembrasse soffrire della sua stessa necessità ad averlo accanto, a giudicare da come le lenzuola si erano avviticchiate alle sue gambe mentre si girava e rigirava frustrato.
«Non vieni?» gli bisbigliò avvicinandosi
«Pensavo volessi dormire» rispose Blaine liberandosi dai vincoli delle lenzuola
«Infatti, con te - sussurrò con un sorriso che però cadde subito - A meno che tu non preferisca dormire da solo»
«Ovviamente no!» gli assicurò Blaine incredulo che potesse seriamente ritenere possibile il contrario - Volevo che fossi più comodo» spiegò mettendosi seduto
«Bene, allora alzati subito e vieni con me: ho bisogno del mio cuscino preferito per stare comodo» mormorò Kurt posando una mano sul suo petto e offrendogli l’altra a cui Blaine si aggrappò immediatamente indossando il più adorabile dei suoi sorrisetti.
 
Una volta finalmente nello stesso letto, Kurt si strinse subito al suo cuscino preferito accoccolandosi sul suo torace
«Finalmente - sospirò sollevato - Non riuscivo a dormire senza di te»
«Neppure io» ammise Blaine
«Penso che potrebbe essere un problema quando torneremo a Lima» considerò Kurt rabbrividendo al solo pensiero
«Potrei intrufolarmi nella tua stanza ogni notte» meditò il warbler già pianificando mentalmente i dettagli dell’assedio alla fortezza Hummel
«Pensi che nessuno se ne accorgerebbe?» ridacchiò Kurt
«Beh, se stiamo attenti…»
«Stai sottovalutando l’intelligenza di almeno due persone che vivono con me» considerò Kurt ammettendo molto realisticamente che Finn forse potrebbe anche non accorgersene
«E se ti rapissi e non dovessimo più tornare a Lima?» propose ancora Blaine
«E dove mi porteresti?» domandò divertito e anche riscaldato all’idea di una fuga romantica per morir di fame insieme da qualche parte nel mondo
«Non lo so, qui?»
«È il primo posto dove verrebbero a cercarci!» rise Kurt
«Forse, ma tenterei comunque - sospirò Blaine - Non so se potrò mai più prendere sonno senza te che mi dormi addosso» gli confessò abbracciandolo più stretto
«Blaine - sussurrò Kurt sollevandosi per baciargli delicatamente la guancia tesa in una smorfia di preoccupazione e necessità - Tra meno di un anno questa sarà la nostra normalità: ci sveglieremo insieme, andremo a conquistarci un po’ di spazio là fuori sfoderando il nostro talento, e poi torneremo a casa, mi porterai a letto per dormirti addosso e io sarò l’ultima persona a cui darai la buonanotte, per tutto il resto della tua vita» gli prospettò e sebbene la sua voce fosse venuta meno, lo sguardo invece restò saldo e sicuro mentre naufragava negli occhi innamorati di Blaine
«Me lo prometti?» lo pregò senza fiato
«Eh no, sarebbe troppo facile, mio caro - lo frenò Kurt inarcando il sopracciglio prima di comminargli il più dolce dei ricatti - Dovrai mettermi un anello al dito se vuoi che te lo prometta».
Blaine ridacchiò e ogni parte di sé sapeva già che sarebbe successo, che un giorno gli avrebbe messo al dito quell’anello, perché quel ragazzo che ora lo guardava con gli occhi scintillanti nella semioscurità, il respiro irregolare e le guance scaldate da quel suo imbarazzo che lo faceva impazzire, era fatto per lui, per essere amato da lui, non c’era alcun dubbio.
«Buonanotte, amore» gli sussurrò esilmente Blaine sfiorandogli la fronte con la bocca e Kurt si sistemò meglio su di lui e gli scrisse quella promessa sulle labbra, baciandogli lì la sua buonanotte.


***** ***** ***** ***** *****

Era già giorno quando Kurt si risvegliò nel letto da solo, ma il profumo di Blaine era ancora lì, tra le lenzuola e sul cuscino dove aveva lasciato una nota di scuse che rischiarò il suo primo sorriso.
          «Buongiorno principe addormentato,
so che dovrei essere lì a risvegliarti ovunque, ma domani ho un appuntamento con l’amore della mia vita e sono in ritardo con i preparativi.
Mi farò perdonare in qualunque modo riterrai opportuno.
    Ti amo, lo sai vero?
                                 B.»
Sì, Kurt lo sapeva, ma ancora se ne sorprendeva e si sentiva tutto scombussolato come la prima volta che Blaine glielo aveva confessato.
Con un sorrisetto ancora più ampio al ricordo, si stiracchiò e si trascinò a passo di danza in bagno, ben consapevole di quanto fosse ridicolo, ma aveva una nuvoletta rosa sotto i piedi e per nessun motivo avrebbe permesso alla logica di dissolverla.
Svolazzò così fin sotto il getto della doccia, e se una volta dentro fu assalito dai ricordi molto vividi dell’ultima volta che era stato lì, addossato a quel muro, con un corpo caldo premuto contro e mani affamate su di lui, chi avrebbe potuto biasimarlo se le sue guance presero fuoco e fu costretto a soddisfare il desiderio ridesto che pulsava esigente contro il suo stomaco?
 
 
Era stata la paura di non riuscire a predisporre ogni punto del programma che aveva ideato per la sua giornata con Kurt nella città dei loro sogni, a convincere Blaine a rinunciare al tepore morbido dell’abbraccio del suo ragazzo addormentato contro il suo fianco e a lasciare il letto molto presto.
Si trascinò intorpidito fino ai fornelli dove preparò in silenzio la colazione per tutti. Sua madre lo raggiunse quasi subito, evidentemente preda della stessa agitazione visto che la prima domanda che gli fece mentre sorseggiava il suo tè, fu un tenerissimo «Quando cominciamo?» che riempì il petto di Blaine di un calore nuovo e una fiducia che solo le mamme sanno infondere e forse per questo, quando lei gli sfiorò timidamente la mano e gli sussurrò sorridente «Sarà tutto perfetto», il suo bambino ne fu certo.
Amy si sentiva infatti investita della più dolce delle responsabilità, aiutare suo figlio, e non intendeva fallire.
 
Kurt li raggiunse mentre ripassavano la scaletta delle cose da fare: camminava ancora sulla sua nuvoletta rosa e la sua pelle arrossata sembrava aver abusato del getto caldo della doccia, ma Blaine era troppo occupato a rispondere al delicato «Buongiorno» che gli accarezzò sulle labbra senza scandalizzare sua madre, per farci caso.
 
«Papà dorme ancora?» domandò Blaine
«No, è uscito molto presto, aveva appuntamento con un cliente» rispose Amy
«Non mi sono accorto» mormorò il ragazzo
«Dormivi ancora» sorrise sua madre sforzandosi di non notare l’accenno di imbarazzo che colorò il viso di Blaine perché sì, in effetti dormiva ancora, ma da tutt’altra parte e probabilmente ciò ora era molto, molto chiaro anche a suo padre.
«Ma rientrerà in tempo per accompagnarti da Kelly» continuò la donna rivolta a Kurt che sorrise e annuì.
 
«Non mi ricordavo di lei» osservò Blaine distogliendo l’attenzione dalla bocca peccaminosa di Kurt avvolta intorno ad ogni maledetto boccone di pancake e ai i rumorini di approvazione che ronzavano tra le sue labbra
«Beh finché abbiamo vissuto a New York eravamo più uniti, soprattutto per via di Kevin che era molto legato a Kelly e a tutti gli altri: erano un gruppo di irlandesi terribilmente fastidiosi, ma si volevano molto bene - ridacchiò persa nella malinconia di quei ricordi - Poi però ci siamo persi di vista, anche se tuo padre ha mantenuto i contatti con tutti»
«Tranne Kathleen» puntualizzò suo figlio ed Amy sorrise un po’ a disagio mentre annuiva
«Comunque Kathleen non è una cattiva persona, anzi - precisò perché era vero e in fondo glielo doveva - È solo che…»
«Si è innamorata di papà» concluse per lei Blaine
«Già, ma io non posso certo biasimarla per questo» sussurrò con tutta la dolcezza che si deve ad una dichiarazione d’amore e fece brillare lo sguardo dei suoi giovani commensali che ancora meno avrebbero potuto biasimare Desmond per non aver mai avuto occhi che per lei a scapito di qualunque altra donna.
 
«Kelly mi piace» considerò Kurt che, con sollievo di Blaine e del suo scarso autocontrollo, aveva finito di mangiare
«Sono sicura che anche tu piaci a lei e che avrà delle buone notizie per te» gli assicurò Amy che trepidava anche per lui e per la grande occasione che avrebbe avuto di mettere a frutto il suo talento per dimostrare agli altri e a se stesso il suo valore e capire finalmente quanto fosse speciale.
 
Kurt si allontanò per rispondere alla chiamata di suo padre, ansioso di sapere come fosse andata nonostante suo figlio gli avesse inviato una ricca galleria di immagini della serata e tutte le rassicurazioni di cui sapeva che avrebbe avuto bisogno. Certo, Burt non si aspettava di leggere tra i vari “Sto bene” e “Vorrei che tutti voi foste qui con noi”, anche un estemporaneo “Non credevo esistesse un posto in cui mi sarei sentito un alieno più che nella tua officina!”, ma questo era il suo bambino: un delirio adorabile di imprevedibilità.
 
Dopo aver riordinato il living, Blaine seguì Kurt nella sua stanza e lo trovò davanti all’armadio che accarezzava la seta dello smoking appeso all’anta.
«Che fai?» gli domandò avvicinandosi alle sue spalle e avvolgendolo tra le sue braccia
«Niente, ripensavo a ieri sera - sospirò Kurt rilassandosi nel suo abbraccio - Ti saluta mio padre»
«Ricambia e ringrazialo ancora da parte mia per averti messo al mondo» gli sussurrò sulla nuca
Kurt esplose in una risata che presto sfumò in un brivido intenso quando Blaine iniziò ad accarezzargli il collo con le labbra prima di schiuderle per assaggiarlo delicatamente
«Eri bellissimo con quel vestito» gli soffocò sulla pelle mentre lo teneva premuto al suo petto scavando le dita nel suo ventre caldo
«Tu eri bellissimo - contestò Kurt arrossendo inevitabilmente mentre si voltava indietro per saziare i suoi occhi - Lo sei sempre» soggiunse porgendogli le sue labbra che Blaine non esitò a lambire con il calore umido della sua lingua prima di farla scivolare nella sua bocca.
 
«Buongiorno» gli sussurrò non appena lo liberò da quel lungo e accurato assedio, perché quello era l’unico saluto che avesse senso per il suo adorabile principe che ridacchiò senza fiato
«Mamma dice che puoi tenerlo» gli sussurrò ancora Blaine rivolto all’abito
«Non posso accettarlo» mormorò Kurt che sentiva di aver già approfittato oltre il lecito della generosità dei suoi genitori
«Allora lo farò io - lo informò Blaine - E tu farai un regalo a me ogni volta che lo indosserai» gli propose come una preghiera a cui Kurt disperava di essere capace di opporre resistenza
«Se tu ne farai uno a me sfilandomelo via ogni volta che lo indosserò» rilanciò Kurt sorridendogli con l’intento di essere malizioso, ma il respiro lo tradì e i suoi occhi raccontavano piuttosto la trepidazione e la dolce insicurezza di chi sa di volere disperatamente qualcosa che non conosce, qualcosa che avrebbero conosciuto insieme, qualcosa a cui avrebbe assistito quell’abito che ora li guardava baciarsi di nuovo per suggellare quella promessa.
 
«Ti dispiace se mia madre ed io ti lasciamo solo? Abbiamo delle cose da sbrigare insieme e non abbiamo molto tempo» gli chiese Blaine mentre continuava a coccolarlo con le labbra
«È ancora per l’appuntamento con l’amore della tua vita?» ipotizzò Kurt accarezzandogli il viso e illuminandosi quando Blaine annuì sorridendogli
«Lo sai che non hai bisogno di preparare grandi cose, vero? - si preoccupò - Non devi disturb…»
«No, lui merita il meglio che posso fare» si oppose Blaine baciandogli le punte delle dita che disegnavano il contorno perfetto delle sue labbra lievemente arrossate
«Quello l’hai già fatto quando ti sei innamorato di lui» sussurrò Kurt ricordandogli l’ovvio prima di affondare di nuovo nella sua bocca.
«Lo faccio spesso, sai?» ansimò Blaine tra i baci
«Cosa?»
«Innamorarmi di te - rispose sorridendogli - Anche adesso» confessò con un fil di voce e Kurt gli soffocò sulle labbra il più vero degli «Anch’io».
Blaine lo strinse a sé specchiandosi nella vulnerabilità che ammorbidiva il suo sguardo e mentre lo baciava ancora, e ancora, e ancora, desiderò di innamorarsi di lui per il resto della sua vita.
Ancora non aveva capito di esser nato per questo.


***** ***** *****

Desmond e Kurt raggiunsero Kelly in un ristorante italiano nel cuore di Manhattan dove pare cucinassero i migliori piatti della tradizione emiliana che stregò il giovane Hummel fin dal primo assaggio.
Tra un tortellino e una fetta di erbazzone, Kurt scoprì che il suo spettacolo avrebbe avuto più risalto e risorse di quanto si sarebbe aspettato, perciò avrebbe potuto dar sfogo alla sua creatività e progettare qualcosa di completamente suo: artisticamente innovativo e qualitativamente divino.

Nonostante la lusinga di avere a disposizione qualunque teatro desiderasse, optò con decisione per l’Auditorium del McKinley e non solo perché i destinatari del progetto e della campagna di sensibilizzazione fossero eminentemente i suoi compagni, ma perché quella era casa sua e lo faceva sentire più sereno sapere di debuttare in quel posto dove aveva trovato il coraggio di spiegare le ali e tentare i suoi primi piccoli voli senza compromessi né maschere.
Desmond apprezzò la sua scelta e sorrise compiaciuto al suo coraggio e alla sua fragilità, entrambi racchiusi nella trasparenza dei suoi occhi quando cercò timidamente l’approvazione nel suo sguardo, ed era proprio quella miscela di umanità discorde che rendeva il ragazzo ancora più autentico ai suoi occhi e più caro al suo cuore.

The Diva rischiò tuttavia di soffocarsi nel suo panpepato quando Kelly lo invitò ufficialmente a scegliere i numeri migliori del suo spettacolo per riproporli a fine ottobre all’Encore Theatre a Lima, dove era stata calendarizzata una serata di beneficenza per finanziare le borse di studio dell’associazione.

Più tardi, mentre rientravano a casa camminando uno accanto all’altro per le vie di New York, Kurt ringraziò Desmond perché sapeva che dietro quell’improvvisa attenzione dell’associazione non poteva che esserci lui.
«Spero che lo spettacolo sia degno di un biglietto così costoso» aggiunse in soggezione perdendo un po’ dello smalto fulgido di The Diva in favore della più autentica insicurezza che era parte di lui e che non era mai davvero riuscito a nascondere con le persone a cui era affezionato
«Credo che avrei potuto pagare qualunque prezzo pur di vedere anche solo il numero d’apertura» confessò Desmond e il tono sfilacciato della sua voce tradiva ogni sentimento inespresso, come i desideri che si era negato per diciassette anni e che Kurt condivideva profondamente perché erano diventati anche i suoi
«Già, sarà fantastico» sussurrò il ragazzo e se la pelle si increspò, si disse che fosse solo per via di un alito di vento più fresco
«Lo sarai anche tu» precisò Desmond posandogli una mano sulla spalla mentre gli sorrideva amorevole, e quello stesso vento fresco scosse con più forza la pelle arrossata di Kurt. 


***** ***** *****

Blaine si guardava intorno e faticava ancora a credere che quel piccolo angolo di mondo, intimo ed elegante, fosse lo stesso tetto su cui lui e sua madre erano saliti tre ore prima.
«Che dici, può andare?» domandò Amy che aveva trascorso l’ultima ora a risistemare tutte le decorazioni e le lanterne perché il risultato finale fosse almeno vagamente in linea con gli standard che si era prefissata per la cena di suo figlio
«È perfetto» sospirò entusiasta il ragazzo ancora incredulo
«Bene - sorrise Amy - Ora non ti resta che scegliere il menu e poi ci penserà tuo padre a farti trovare tutto pronto» lo rasserenò
«Okay» le sorrise debolmente Blaine torturandosi le dita nel tentativo di tenere a bada l’ansia, mentre si sedeva sul bordo delle fioriere di mattoni che recintavano l’area prescelta per la cena: un angolo riposto appena sotto il vecchio pergolato in legno di castagno scortecciato, usurato dal tempo, ma che conservava ancora il suo fascino intimo e la sua magia retrò nell’intreccio discreto della passiflora che ne abbracciava la struttura sfumandola in un’armoniosa cromia di azzurro e viola screziati di bianco.
«Sei nervoso?» si intenerì sua madre
«Un po’» ammise con una vocina piccola piccola ed Amy avrebbe voluto stringerlo a sé, ma le sue mani rimasero a mezz’aria prima di stringersi in un pugno impotente mentre si accontentava di sedersi al suo fianco e lo rassicurava sull’ottimo lavoro svolto.

Amy dosò le parole perché suo figlio ne fosse persuaso fino in fondo, perché non avesse alcun dubbio di aver organizzato per il suo ragazzo un appuntamento indimenticabile e soprattutto perfettamente su misura per lui: romantico, sorprendente, intenso, saturo di sogni e promesse per tutte le altre giornate che avrebbero trascorso insieme in quella città.
Blaine la ascoltò in silenzio e a poco a poco quel groviglio di dita che nascondeva tra le ginocchia, si sciolse.
«Grazie» le sussurrò assaporando il tocco accidentale delle loro spalle vicine
«Grazie a te per avermi coinvolto» gli sorrise bellissima sua madre.
 
C’era un’ultima cosa da definire perché tutto fosse realmente perfetto e Blaine rifletté per qualche istante su come introdurre l’argomento, poi si arrese e lasciò semplicemente che le parole gli cadessero dalle labbra.
«C’è un’altra cosa che vorrei chiederti» sussurrò
«Dimmi» lo invitò Amy
Blaine prese abbastanza fiato per dirlo in un unico soffio e poi lo rilasciò «Vorrei dormire con Kurt domani senza dover sgattaiolare fuori e fingere di aver passato la notte sul divano come ho fatto tutte le mattine da quando è qui»
«Oh» si soprese sua madre e forse avrebbe dovuto optare per quel «L’avevamo capito, sai?» che le ronzava in testa, perché Blaine iniziò ad agitarsi di nuovo
«Mi dispiace, non volevo trasgredire alle regole, ma avevo bisogno di lui - si scusò -  Ma non abbiamo fatto… cioè, sì, oddio no…» continuò a balbettare finché sua madre ebbe pietà di lui e intervenne
«Va tutto bene - gli assicurò sforzandosi di non ridacchiare - Perché stavolta chiedi il permesso?» si incuriosì
«Perché non voglio farlo di nascosto, come se fosse una cosa di cui vergognarmi - rispose dolce e risoluto - Insomma, io non mi vergogno di…»
«Aver bisogno di lui» concluse per lui Amy e Blaine annuì colorando d’imbarazzo il suo sorriso
«D’accordo - acconsentì completamente conquistata - E grazie per avermelo detto, stavolta» aggiunse con un’occhiatina maliziosa perché Desmond aveva ragione: c’era qualcosa di divertente nel prenderlo un po’ in giro e vederlo arrossire.

Ora che Blaine ebbe la conferma che le sue doti di insospettabile amante clandestino fossero solo vane illusioni, si sentì un idiota, ma fu solo un breve attimo prima di rendersi conto che aveva anche avuto la conferma che i suoi genitori non avessero nulla in contrario con il portarsi a letto Kurt sotto il loro tetto: un’ottima premessa per un futuro che si soffermò un po’ troppo a contemplare con lo sguardo invaghito, così da indurre sua madre a trarre le sue conclusioni e a dar loro voce.

«Vuoi che tuo padre ed io dormiamo fuori domani così vi sentirete più a vostro agio?» gli chiese sperando che l’impaccio nella sua voce fosse solo una sua impressione.
«Perché?» chiese il ragazzo sempre al top quanto a perspicacia
«Beh…» ridacchiò Amy sperando di non dover essere più precisa
«C..come? NO! - sussultò Blaine sgranando gli occhi - No, non c’è bisogno… noi non abbiamo in mente di… Beh sì, ma noi non… NO!» farfugliò
«Blaine, non c’è niente di male» lo soccorse pervasa dalla più pura tenerezza
«Lo so, ma noi non…» sussurrò pianissimo Blaine torturandosi nuovamente le dita e per sua fortuna non fu costretto ad aggiungere altro perché sua madre sapeva già come finiva quella frase.
«Sarebbe la prima volta» mormorò Amy con quel suo naturale riserbo grondante delle più dolorose insicurezze di donna e di madre
«Sì - rispose Blaine anche se non era una domanda - Ma non sarà domani, l’abbiamo già programmato»
Amy lo osservò esitante accartocciarsi a disagio e l’istinto ebbe la meglio: si fece più vicina e posò una mano sulla sua spalla mentre cercava di fargli capire che non si potesse programmare qualcosa del genere «Accade e basta quando è il momento che accada - lo incoraggiò premurosa - e forse domani è il moment…»
«No - la interruppe Blaine sempre più nervoso - Io voglio che stia tutto come l’abbiamo sognato»
«E cosa ti fa pensare che non lo sarebbe?» puntualizzò sorridendogli
«No, non credo sia una buona idea» sospirò con un fil di voce distogliendo lo sguardo e fu allora che Amy fu investita dalla reale portata dell’ansia e della tensione che scuotevano dentro suo figlio.

«Sei preoccupato?» gli domandò con appena un sussurro, come se temesse di infastidirlo e nutrisse ancora qualche residuo dubbio che il suo bambino non chiedesse altro che metterle tra le mani le sue paure perché se ne prendesse cura, eppure non appena Blaine annuì e le rivolse uno sguardo inconfondibile di disarmante fiducia e attesa, le fu subito chiaro.
Così, su quella terrazza, fu concesso il conforto della sua mamma anche a quel ragazzo che era andato nell’officina di Burt per pregarlo di essere lui a parlare di sesso a Kurt perché era convinto che suo padre fosse l’unica persona a poterlo fare come andava fatto, rassicurandolo e lenendo le sue paure, mentre a lui non era stata concessa la stessa fortuna. Finora.

«È normale essere un po’ spaventati, Blaine - iniziò con tutta la dolcezza di cui era capace - È una grande novità e conoscerla ti cambierà la vita in qualche modo, per questo credo che sia meglio lasciarsi andare piuttosto che pensarci troppo e farsi prendere dall’ansia»
«Non cambierebbe niente per me, anzi mi dà sicurezza preparare tutto e prendermi cura di ogni dettaglio perché sia come l’abbiamo sognato. Questo però non toglierà nulla al fatto che sarà spontaneo e praticamente improvvisato -  sorrise goffamente di sé appoggiandosi al tocco confortante della mano di sua madre su di lui -  Ma è così che vogliamo regalarci quel momento, perché ci assomigli»  
«Dimenticavo che siete due terribili romantici  - ridacchiò Amy - Sono certa vi assomiglierà e anche che sarà molto meglio di come l’avete sognato» gli assicurò affettuosa
«Lo spero» arrossì Blaine trattenendo il fiato ed era abbastanza evidente che la fonte delle sue ansie fosse ancora aggrappata alla sua gola, incapace di venir fuori.

Amy non fece neppure in tempo a imbarazzarsi o a riflettere sulle conseguenze, perché vedere suo figlio in quello stato le scatenava un bisogno tutto nuovo, incalzante e insopprimibile, così gli domandò ancora cosa lo preoccupasse e si offrì perfino di spiegargli quello che sapeva sul sesso promettendo a se stessa di documentarsi meglio perché al momento le sue fonti erano limitate alle chiacchierate notturne sotto le coperte con Kevin che al secondo bicchiere di vin brûlé si dimenticava di essere un signore e riteneva opportuno metterla a conoscenza del suo talento acrobatico o delle inaspettate doti di Mark Barrow, il presidente del club degli scacchi, la cui torre sapeva come mettere sotto scacco il re in ogni posizione.
«No, so come… beh, lo so - le sorrise Blaine con il viso ancora velato di rosso - Ma grazie» aggiunse timidamente
«Però c’è qualcosa che ti spaventa» seguitò preoccupata e il suo tono suonò come una preghiera alle orecchie di Blaine che la guardava incapace di resisterle
«Io… - cercò di spiegarle ma non ci riuscì - Scusami, è che non capiresti»
«Forse posso - sussurrò debolmente, quindi si armò di coraggio e tentò di indovinare - Hai paura che possa essere un disastro completo? Che non sia per niente come l’avete sognato? O forse che tu possa sentire dolore? Oppure…» ma non fu necessario aggiungere altro: il respiro mozzato di Blaine e il suo sguardo colpevole parlarono per lui ed Amy capì di aver colto nel segno, sentendosi quasi sollevata, perché di tutte le paure possibili, quella era la più insensata.

«Kurt non potrebbe mai farti del male» gli garantì andando dritta la punto, perché era talmente ovvio che non serviva aggiungere altro
«Lo so - sospirò Blaine - Ma sarò io a farne a lui» gli si spezzò in gola mentre chinava la testa ed Amy si ricredette: questa era la paura più insensata.

«Blaine, ti prego, guardami ­- lo implorò perché stavolta non sarebbe stato facile convincerlo e aveva bisogno che le leggesse sul viso quella verità per lei così evidente - Davvero pensi che tu potresti mai fargli del male? Non so cosa tu sappia, ma stai considerando solo l’aspetto fisico di questo passo e sbagli, perché quel disagio iniziale, che è naturale la prima volta, è solo una piccolissima parte dell’esperienza che vivrete che sarà forte e intensa, ma non dolorosa, mai, neppure per Kurt, credimi… forse almeno questo posso capirlo, no?» gli sorrise teneramente mentre Blaine la guardava con lo sguardo tremulo e forse più tardi si sarebbe vergognato da morire per la situazione in sé e per aver messo a nudo la sua fragilità senza alcuna protezione, ma in quel momento era tutto così dannatamente giusto che si ritrovò a bere ogni parola che cadde dalla bocca di sua madre e ad attendere il resto che lei gli avrebbe porto subito dopo, insieme al suo cuore.

«Sai cosa mi ha colpito la prima volta che vi ho visti insieme? Come tu lo toccavi. Sono quelle cose a cui nessuno fa caso, ma quando non riesci a toccare nessuno, diventano dettagli che catturano subito la tua attenzione - tremò tra le labbra di Amy - È stato quando è venuto a pranzo da noi: appena è arrivato mi hai portato da lui per accoglierlo in casa nostra e salutandomi non mi ha teso la mano per non mortificarmi, ma è comunque rimasta lì vuota e un po’ nervosa sul suo fianco, allora tu ti sei messo accanto a lui e nonostante fossi preoccupato per me e tentassi di tranquillizzarmi sorridendomi, nello stesso tempo hai schermato la sua mano accarezzandola e l’hai riempita con la tua, quindi gli hai fatto strada sfiorandogli appena il braccio per guidarlo fino al tavolo e l’hai accompagnato con un tocco leggero sulla spalla mentre si sedeva. Poi hai preso posto accanto a lui custodendo la sua mano per tutta la cena e ti sei sporto su di lui ogni volta che tuo padre ha alzato gli occhi dal piatto, per proteggerlo di nuovo nel caso volesse ferirlo. L’hai tenuto sulla punta delle tue dita per tutto il  tempo, come se fosse il cristallo più prezioso e fragile, non ho mai visto tanta cura in nessuno, Blaine, mai. Come puoi anche soltanto pensare di potergli fare male? Non ne sei capace, il tuo corpo non è capace - gli ribadì accarezzandogli sulla schiena ogni parola sussurrata - Dunque non lasciare che le tue paure ti rovinino un momento così bello, perché lo sarà, non devi dubitarne neppure per un istante».
E Blaine iniziò a crederci, a sentirsi più forte, a ritrovare il coraggio.

Eppure, mentre lui sembrava rasserenarsi, qualcosa dentro Amy iniziò ad infuriare, Blaine poteva sentirla rabbrividire e sforzarsi di sostenere il suo sguardo, finché non reclinò il capo e incrociò le braccia sul petto, richiudendosi in se stessa.
«Mamma?» si preoccupò Blaine
«S..scusa, so che non sono la persona più adatta a dare consigli su questo, ma proprio perché so cosa significa vivere imprigionati nell’angoscia e nel panico, ti prego comunque di darmi retta - annaspò con la voce spezzata mentre combatteva contro i suoi fantasmi - 
Il prezzo che si paga è troppo alto: la paura mi ha strappato via dal mio amore più grande e non mi perdonerò mai di averglielo lasciato fare» soffocò nelle sue mani strette al petto per tenersi insieme, per non sgretolarsi, per impedire al suo cuore di saltarle fuori dal petto.

Blaine si sentì terribilmente in colpa e maledisse se stesso per averla gravata delle sue paure idiote: era ancora troppo fragile per sopportarne il peso, ancora così simile all’angelo spezzato che aveva conosciuto per diciassette anni e che si prodigò subito a difendere e consolare volando in ginocchio ai suoi piedi senza tuttavia osare sfiorarla.
«Mamma - la scongiurò dolcissimo - Papà ti ama ancora più di prima e se vuoi riprende a cantare, puoi…» ma il resto gli implose in gola perché lo sguardo di sua madre scattò sconvolto su di lui e il ragazzo si raggelò.

«Scusami» balbettò mortificato scostandosi, ma era troppo tardi.

Qualcosa si era rotto definitivamente dentro Amy nel sentirlo rassicurarla sui suoi amori più grandi, come se non avesse alcun dubbio che Desmond e la musica si spartissero il suo cuore, come se lui si fosse serenamente abituato alla certezza di non farne parte, come se non ci avesse mai neppure sperato.

Qualcosa si era rotto definitivamente dentro Amy perché nelle parole di suo figlio, nei suoi occhi rassegnati, c’era tutto il suo fallimento e non riuscì a sopportarlo.

Qualcosa si era rotto definitivamente dentro Amy: la paura.

E fu libera.

«Sei tu» scivolò impercettibile dalle sue labbra mentre il dolore si frantumava in lacrime
«Cosa?» farfugliò confuso e spaventato Blaine
«Il mio amore più grande» rispose senza voce, ma Blaine lo sentì rimbombare ovunque dentro di sé.

Era lui il suo amore più grande, era sempre stato lui ancora prima che nascesse, quando era solo un nome nei suoi sogni e un’iniziale sulla sua fede: Blaine, che ora tremava inginocchiato ai suoi piedi e la fissava con lo sguardo smarrito finché non chiuse gli occhi, come se avesse perso d’un tratto l’equilibrio e temesse di muoversi o anche solo di respirare per non cadere o implodere o risvegliarsi e scoprire di averlo sognato, di nuovo.

Mentre chiudeva gli occhi, Blaine non sapeva che quella era stata l’ultima volta che avrebbe visto il suo fantasma bianco ferito: quando li riaprì era infatti tra le braccia della sua mamma che lo stringeva a sé per non farlo cadere, come quando aveva tre anni e lo afferrò al volo per le scale.
 
Amihan abbracciò suo figlio su un tetto di New York e fu come partorirlo di nuovo: intenso, doloroso, liberatorio, impossibile da spiegare a chi non l’abbia provato. Ma stavolta le sue braccia non erano desolatamente vuote, il suo bambino era lì dove avrebbe dovuto essere da sempre, stretto al suo seno, a bagnarle il petto con un pianto liberatorio che era anche il suo, a restituirle il suo cuore sepolto e la vita stessa che lei gli aveva donato.

Blaine ritrovò la sua mamma un pomeriggio d’agosto, mentre piangeva tra le sue braccia e per tutto il tempo lei non smise mai di sussurrargli «Sono qui», di baciarglielo tra i capelli quando un singhiozzo più alto le squarciava il cuore, di soffocarglielo sulla fronte stringendolo più forte perché smettesse di tremare, di ripeterglielo ancora anche quando le lacrime lasciarono il posto al più desiderato dei suoi sorrisi e lei gli asciugò il viso con le sue labbra mentre continuava a cullarlo.

Blaine aveva riavuto indietro la sua mamma e solo allora capì fino in fondo quanto gli fosse mancata.



Note
1Barong tagalog (o semplicemente barong): nella tradizione delle Filippine è un tipico capo da matrimonio o da cerimonia per gli uomini (ma anche delle donne) e consiste in una camicia leggera e ricamata.
2.
It had to be you, dalla colonna sonora del film “Harry ti presento Sally”, cantata da Harry Connick, Jr. http://youtu.be/2pN8OccsbPA
3. NEC = New England Conservatory
4. Moon River, dalla colonna sonora del film “Colazione da Tiffany”, versione di Barbra Streisand http://youtu.be/FXdcWWyRMLw
5. The Way You Look Tonight, cantata da F. Sinatra click here
6. No, non sono visionaria, c'è effettivamente stato uno spettacolo organizzato dalla PFLAG a Lima, Ohio, il 29/10/2011  click here


* Note a margine di chi scrive *

Lo so, mi odi ora, ma siamo in due: mi odio anch'io. E' che aspettavo di pubblicare questo capitolo praticamente da sempre, la parte finale è una delle cose a cui tengo di più e mi dispiace da morire se non fosse bella come avrebbe dovuto e meritato. Shame on me, sono stata completamente annientata da quell'abbraccio: mi sentivo di troppo e contemporaneamente troppo coinvolta. Questa è una di quelle scene che, se fossi stato un regista, avrei ripreso senza sonoro e in campo lungo, perché in qualsiasi altro modo il rischio di banalizzare tutto con una parola sbagliata, mi avrebbe tormentato. Non ci tornerò su perché non ce la faccio, ma ci tenevo almeno a scrivere questo.

Ora posso passare al resto, ma vi prego di farmi sapere se siete sopravvissuti, se effettivamente non è pensabile pubblicare tutto ciò in un unico capitolo (così mi regolo per il prossimo) e, per la mia sanità mentale, sarei felice di sapere cosa ne pensate, dunque se avete un po' di tempo per chiacchierare, mandarmi a quel paese, piangere con me, sono qui.

And now, a grandissima (???) richiesta (di Elisa, prendetevela con lei ù.ù), è tempo delle famigerate note dell'autrice +____+ Pronti? No? Lo so, ma io inizio lo stesso mentre qui al Lima Bean i poveri clienti intono a me iniziano a chiedersi perché quella solita pazza se ne stia completamente sola a torturarsi nella sua bolla d'ansia. 

1. Sleeping Beauty <-- Ciao, sono Pentesilea e ho un debole per Blaine cantastorie *ciao Pentesilea, siamo solidali ma hai sbagliato gruppo: questo è quello dei dipendenti dal kajal* Oh, okay, scusate. Ehm ciao, sono Pentesilea e sono pericolasamente dipendente dal kajal, dall'eyeliner e da qualsiasi altra forma di tortura ormonale a cui sono state sottoposte le mie povere pupille dai soggetti incriminati Criss & Colfer: e dire che, fatta eccezione per Jack Sparrow, ero sicura che l'uomo truccato non facesse per me! T_____T
Dicevamo? Ah sì, il risveglio Klaine numero nonsoquanto con annessi e connessi del cui risultato mi scuso per l'ennesima volta. Tralasciando l'ispirazione mattutina Blaine e le intenzioni maliziosette di Kurt, che sono sempre una buona cosa e dovrebbero essere canon anche nella serie, confesso che io scriverei tutta una fanfiction di fiabe di Blaine, compresa una comico-erotica (?) con Tarzan-Blaine e anthropologist-Kurt che non so come mi sia venuta in mente, ma mi sta ossessionando da mesi  O__o  IO.STO.MALE. *ma va?*
Sto chiaramente divagando perché non voglio parlare del fatto che a me fanno piagnucolare anche in questi momenti... *klainex moments*

2. Fan club Blushing Klaine <-- I'M IN! *rotola* Lo so, sono perfida, ma ho una sorta di kink per i blushing Klaine, non lo nego ù.ù perciò sguinzaglio i miei personaggi per metterli in imbarazzo, poveri tesori, e non so perchè, ma Desmond e Burt sono quelli che mi danno le più grandi soddisfazioni. xD Se mai un giorno i due papà dovessero sedersi allo stesso tavolo della coppietta felice, penso potrebbero dare il peggio di loro e ci saremmo giocati per sempre l'incarnato niveo di Kurt.

3. La parete dei ricordi <-- ecco, qui mi è più difficile girarci intorno o buttarla sul ridere perché è una delle parti che io preferisco dell'intera storia e uno dei Klainex Moment con le rispettive maiuscole. Lascio a voi ogni altro commento. 

4. Desmihan fangirl <-- che io li ami è indubbio, che si amino è sacrosanto, ma che riescano ogni volta ad intensificare entrambe le cose sembra impossibile, eppure è così. Dopo questo capitolo e parte del prossimo, li lasceremo un po' in pace e so già che mi mancheranno da morire, non mi consolerà neppure il fatto di saperli altrove ad amarsi, e che siano finalmente e maledettamente felici. Se questo capitolo è chilometrico, è in parte colpa anche loro perché avrei dovuto tagliare molte loro parti, ma non ce l'ho fatta: fatemi sapere se per voi ho sbagliato. 

5. Kurt e Amy <-- *klainex moment* Quando si dice "getta il cuore oltre l'ostacolo", ecco io l'ho fatto, ma quando ho chiuso questa parte, non l'ho ritrovato come l'avevo lasciato. Spero solo sia chiaro che nessuno sostituirà mai la mamma di Kurt e mi spiacerebbe se avessi dato l'impressione di voler fare questo, in realtà è esattamente il contrario. Mi ha sempre fatto un certo effetto che nella serie la presenza di questa donna sia per lo più un ricordo di Burt o che, quando Carole è entrata nella loro vita, non ci sia stato un approfondimento di alcun tipo sui sentimenti di Kurt al riguardo (mentre c'è stato per Finn benché lui non avesse neppure conosciuto suo padre), non che mi aspetti un minimo di introspezione quando si tratta del nostro pinguino - so che in più di un caso, se non fosse per il talento di Chris, avremmo avuto un personaggio con lo spessore di una tellina - ma mi sono spiegata la cosa nell'unico modo che per me avesse senso: Kurt non ha neppure preso in considerazione l'idea che Carole sostituisse la sua mamma, ecco perché non c'è mai stata collisione tra i due. Ed è da questo che sono partita, perché per me chi ha perso un genitore sa di essere condannato a sentirne l'assenza sempre, più o meno consciamente, e a tentare di colmarla nell'unico modo che gli resta: ritrovandolo negli altri. Nessuno può sostituirlo, ma è dolorosamente bello sentirlo più vicino nei gesti e nelle parole di qualcun altro. Volevo fare a Kurt questo regalo, ed è forse più un mio desiderio per lui che suo, ma questo è il privilegio di chi scrive o tenta di farlo. ♥

6. La doccia <-- So che può sembrare illogico ma questo è stato IL mio Klainex moment numero 1, e non per la devastante disperazione della baby penguin writer che sono (e non la finirò mai di scavare una buca abbastanza profonda dove nascondermi per questo), ma perché se c'è un dannato motivo per cui sarò sempre orgogliosamente una Klaine shipper senza cedimenti di sorta, è tutto raccontato lì, dentro quella doccia.

7. Sean e Katherine <-- Amori loro! *___* Non ho mai negato di avere un debole per questi due, soprattutto per Katherine che, insieme a Kelly e Kevin, sono tra quei personaggi di sfondo che mi sono più cari. L'amicizia è una di quelle cose che realmente fanno la differenza nella vita, fuori da ogni banalizzazione, e mi è sembrato giusto che partecipassero della rinascita di Amy e che un'Amica la aiutasse a vedere le cose nella giusta prospettiva e che la coccolasse, perché nessuno sa farlo altrettanto bene.

8. La serata al Cipriani <-- beeeene... Cosa devo aggiungere? T_____T Premesso che i momenti dei vari ALFA sono un altro mio kink, e che trovo terribilmente caldo Kurt che chiarisce al Jeremiah-bis di tenere le mani lontano dal suo archetto (perché è abbastanza evidente che sia suo), questa serata è stata un incubo da scrivere. Tra balli e la perfezione dei Klaine e di Amy e Desmond, ho avuto i miei seri problemi a venir fuori sana di mente (?) da questa parte. Nel Lima Bean virtuale su tumblr ci sono alcune immagini del club, se siete curiosi di vedere perché i nostri eroi si sentissero dei microbi in confronto. Eppure erano loro due la cosa più preziosa lì dentro e io li ho amati moltissimo. *vai di klainex moments* ç___ç

9. Desmond <-- Lui è L'AMORE. *ripete come un mantra* i Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. I Desmond non esistono: rassegnati. Ma perché? ç________ç  Cosa posso aggiungere? Non lo so, fate voi, io continuo a ripetermi il mantra o non capirò mai perché sono circondata da idioti o perché non dovrei rassegnarmi al nubilato perpetuo. 

10. Amihan <-- La donna, l'amica, la moglie e ora la madre, non saprei neppure dire in quale veste la ami di più. E' stato davvero complicato e insieme bellissimo partecipare alla sua dolorosa riconquista di sé e alla sua lotta per liberarsi dalla paura. Non sono affatto certa di averle reso giustizia, è un personaggio difficilissimo da scrivere per una persona della mia età, fondamentalmente ancora ignorante della vita, però l'ho sentita dentro più di chiunque altro, tranne l'omino del parco: sono due pezzi del mio cuore, e non voglio pensare di non poter più raccontarvi di lei.
Forse è il caso di andare oltre o altro che cascate del Niagara.

Penso di aver finito, anche perché sono già le 17:30 e mi sono ripromessa di pubblicare l'aggiornamento all'ora del tè. Mi scuso per la solita prolissità, per tutto ciò che di questo capitolo non va bene, per la mia mediocrità, per avervi nauseato. Ricordo che nulla di ciò che scrivo è betato, perciò se trovaste degli errori, fatemeli presenti, per favore.
Io vado a nascondermi sotto il tavolinetto del Lima Bean tra i cupcakes e ogni genere di bevanda di conforto per ho già ordinato per chi mi vorrà raggiungere.
Aggiungo solo una cosa: dio, quanto mi è mancato questo posto, questa storia, voi! ♥

Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, P.♥
[totale parole: 46.346]

   
 
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