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Autore: Rejected    10/02/2014    4 recensioni
Quasi dimenticavo, tra poche ore avremmo dovuto lasciare casa, a San Diego: ci saremmo definitivmente trasferite a casa del nuovo fidanzato di mia madre, ad Huntington Beach.
Lei non era di qui, di San Diego. Era nata ad Huntington Beach, appunto, e si era trasferita una volta sposata con mio padre, per motivi di lavoro. [...] Lì aveva incontrato un suo vecchio compagno, con il quale andava molto d'accordo quando stava al liceo, e che aveva divorziato qualche anno prima. Ricominciarono a parlare e a frequentarsi, finché lui non si dichiarò, un anno fa, e chiese a mia madre di sposarlo. [...] Aveva anche un figlio della mia età, ma non sapevo nulla di più, mamma disse che sarebbe stata una sorpresa.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due

Dopo aver cenato insieme a mia mamma e Joe - Jimmy era uscito da solo con dei suoi amici, nonostante Joe gli avesse detto di portarmi con lui, per farmi conoscere qualcuno - passai la serata tranquillamente chiusa in camera mia, sistemando le cose che avevo ancora ammassate negli scatoloni.
Iniziai con mettere i miei vestiti nell'armadio: per di più erano magliette di band, felpe e jeans, mia mamma mi rinfacciava sempre il fatto che non avessi mai nulla di carino da mettermi e iniziò ad essere ancora più opprimente proprio in vista del suo matrimonio, era preoccupata per come mi sarei presentata ai nostri nuovi parenti.
Finito di sistemare quello, passai ad appendere i poster nella camera - ne avevo davvero parecchi - per poi dedicarmi ai miei CD. Li sistemai su una mensola, posizionata sopra il mio letto, tutti ordinatamente in fila. Non ero mai stata una ragazza ordinata, tranne quando si parlava dei miei dischi, erano il mio piccolo tesoro e ne ero gelosissima; fu mio padre a passarmi la passione per la musica, da quando, l'anno prima che morisse, mi regalò il primo disco ("Let's go!" dei Rancid), iniziai a comprarne sempre più, era lìunico modo che avevo per sentirlo ancora vicino a me.
Una volta finito, mi misi il pigiama e andai a coricarmi.
Dormii stranamente bene e mi svagliai di buon umore, così andai a farmi una doccia. 
Quando aprii la porta del bagno, con addosso un asciugamano avvolto intorno al corpo e i capelli bagnati che mi coprivano le spalle, mi imbattei in una figura alta, ferma immobile proprio lì davanti: era Jimmy.
"Buongiorno" disse, prendendomi per un braccio e spostandomi da lì, per poi entrare nella stanza.
"Ciao" riposi fredda, ricordandomi come mi aveva trattata la sera prima.
"Senti scusa per ieri" affermò, aprendo leggermente la porta del bagno, giusto per far uscire la testa.
"Non ti preoccupare" dissi io, entrando in camera mia.
Nonostante si fosse scusato, avevo una brutta sensazione. Mi asciugai i capelli, mi vestii con dei leggins, una maglia bianca dei Rancid e delle All Star nere, poi scesi a fare colazione.
Poco dopo arrivò James, indossando una maglia nera dei Metallica. Continuai a fissarlo mentre sorseggiavo il mio latte, finché non si voltò verso di me.
"Bella maglia" affermò, fissando la maglietta che indossavo.
"Grazie, anche la tua" dissi, arrossendo e abbassando lo sguardo, ma riuscendo comunque a intravedere un suo sorriso.
A quel punto mi alzai, andando in camera mia a prendere l'occorrente per la scuola.
Quando scesi, James stava aspettando sul portico, probabilmente voleva che andassimo a scuola insieme. Mi avvicinai a lui, sorridendogli, ma lui cambiò subito espressione.
"Senti, non pensare che, ora che siete venute ad abitare in questa casa, io mi comporti in modo carino con te, non ne ho alcuna intenzione" sputò acido.
"Come scusa?" chiesi io, sgranando gli occhi.
"Hai capito bene" continuò.
"Sei proprio uno stronzo" dissi io, allontanandomi da lui e avviandomi verso la scuola.
Non ho proprio capito cosa passi per la testa di questo ragazzo, poche ore fa si è scusato per come mi ha risposto ieri sera, per poi trattarmi di nuovo così. Manco gli avessi fatto qualcosa.
Una cosa è certa: non capiterà mai più. Vuole fare lo stronzo? Bene, io lo sarò di più.
Continuai a camminare pensando a quello che era appena successo e non mi resi conto di aver sbagliato strada; così tornai indietro e riuscii comunque ad arrivare a scuola prima dell'inizio delle lezioni. 
Quando entrai in classe, non riuscii a credere ai miei occhi: seduto, vicino a Zacky, c'era James. Alzai gli occhi al cielo, sbuffando, ed entrai in classe.
"Ciao Phoebe!" mi salutò Zacky.
"Ciao Zacky" ricambiai il saluto e lanciai un'occhiataccia all'altro ragazzo, che era intento a fissarmi.
"Come mai così tardi? Ti sei persa per strada?" disse il più alto.
"Non sono affari tuoi" risposi acidamente.
"Sei proprio stupida"
"Almeno non sono stronza"
"Ma...voi due vi conoscete?" ci interruppe Zacky.
"Purtroppo..." affermai, sedendomi nel banco dietro di loro.
"Mio padre sta per sposare sua madre" spiegò Jimmy.
"Che fortuna..." aggiunsi io.
Zacky si ammutolì appena entrò il professore in classe, forse anche perché percepiva la tensione che c'era nell'aria.
L'insegnante cominciò a spiegare: stava parlando della guerra di secessione, argomento che io avevo già affrontato nella mia vecchia scuola, quindi mi misi a disegnare su un foglio, non ascoltando una sola parola di quello che diceva. Riuscii solo a sentire che fece una domanda, rivolta alla classe, alla quale però nessuno rispose.
"Sono sicuro che la nostra Phoebe saprà rispondere alla domanda, visto che non sta seguendo dall'inizio dell'ora" saltò su James, vedendomi persa nei miei pensieri. A quel punto mi voltai verso l'insegnante.
"E' vero quello che dice il signor Sullivan, Phoebe?" chiese il professore.
"Assolutamente no" riposi io, cercando di non andare nel panico. 
"Quindi saprai sicuramente dirmi quando terminò la guerra di secessione" continuò, cercando di mettermi in difficoltà.
Sentii la risatina di James in sottofondo, che pensava di avermi incastrata, così schiarii la voce.
"Certo, il 9 aprile del 1865, con la vittoria degli stati del Nord" risposi.
"Esattamente! Mi complimento con te! Per domani ragazzi voglio che mi facciate degli schemi riassuntivi di tutto l'argomento" disse il professore.
Jimmy si voltò a fissarmi, incredulo, e io feci una smorfia di sfida.
"Secchiona" disse, per poi alzarsi e dirigersi verso il cestino, per buttare un foglio di carta.
Quando tornò a sedersi, mi venne spontaneo levargli la sedia con il piede, facendolo cadere a terra e provocando le risate dell'intera classe.
"Sullivan..." lo riprese il professore.
"Ma è stata Phoebe!" cercò di giustificarsi lui, mentre io alzai le mani, come per far intendere che non fosse colpa mia. 
"Questa me la paghi, puttanella" continuò poi, alzandosi da terra e sistemandosi sulla sedia.
"Non vedo l'ora" risposi io, con tono di sfida.
"Ti darà del filo da trocere" aggiuse Zacky, beccandosi un pugno sul braccio dall'amico e un occhiolino da parte mia.
Dopo questo scherzo, James non mi calcolò più per tutta la durata delle lezioni, finché non tornammo a casa.
Arrivammo insieme alla porta d'ingresso, nonostante lui camminasse qualche passo avanti a me, e, una volta che aprì la porta, la richiuse subito, facendomi sbattere il naso su di essa.
Rientrai nervosamente e chiusi la porta talmente forte, che mia madre, dalla cucina, mi chiese se fosse tutto a posto.
"Si, mi è solo scappata di mano la porta" mi giustificai.
"Vieni pure in cucina, è pronto da mangiare"
Così feci, mi sedetti al mio posto e iniziai a mangiare ciò che mia madre aveva cucinato.
"Allora ragazzi, com'è andata oggi a scuola?" 
"Benissimo mamma, ho fatto una buona impressione al professore di storia" spiegai.
"Era una domanda facile" intervenne Jimmy.
"Si certo. Lo sai, mamma, che James oggi è caduto dalla sedia? Non sai che risate!" puntualizzai.
"Oh, caro, e come mai?" chiese mia madre, preoccupata.
"Evidentemente, non sa prendere le misure per sedersi" ironizzai, mentre il ragazzo si alzò dalla sedia e si diresse in camera sua.
"Phoebe, sii carina con Jim, non fare come al tuo solito" mi rimproverò mia madre.
"Tranquilla mamma, farò del mio meglio" le risposi, alzandomi e dirigendomi anch'io in camera mia, per studiare.
Mi sedetti alla scrivania e iniziai a ripassare la lezione di storia di questa mattina, quando qualcuno bussò alla porta.
Era Jimmy, che altro poteva volere ancora?
"Che vuoi?" chiesi con tono scocciato.
"Vedo che la nostra secchiona sta studiando. Hai paura che il professore la prossima volta ti colga impreparata?" disse in tono ironico.
"Immagino che a te l'idea di essere pronto per una possibile interrogazione non passi nemmeno per l'anticamera del cervello, vero? Ah, giusto. Tu non hai un cervello" continuai.
"La gattina tira fuori le unghie, eh? Ti farò passare le pene dell'inferno" continuò, avvicinandosi minacciosamente a me.
"Passiamo alle minacce, adesso? Non mi lascerò mettere i piedi in testa da te, puoi starne certo" anche io mi avvicinai a lui, finché non fui così vicina da poterlo guardare attentamente nei suoi profondi occhi blu. Era un ragazzo altissimo, un metro e novantatré circa, e io, alta appena un metro e sessantacinque, mi sentivo una formica. 
Ci fissammo negli occhi per almeno un paio di minuti, quando lui finalmente decise di uscire da camera mia.
Feci finta di nulla e tornai al mio studio. Per calmarmi però, presi uno dei miei CD - quello che mi regalò mio padre - dalla mensola e lo misi nello stereo.
Tornai alla scrivania e continuai a scrivere gli schemi che ci aveva assegnato il professore. Non scesi nemmeno a mangiare, ero talmente preoccupata di fare una buona impressione davanti ai nuovi compagni. Una volta finito, preparai la borsa per il giorno dopo e mi misi a dormire. Arrivai tranquillamente in classe il giorno dopo, da sola e mi sedetti al mio posto, sempre dietro a Zacky e Jimmy, che, stranamente, arrivò con due ore di ritardo, entrando tranquillamente per l'ora di storia.
Appena dietro di lui c'era il professore, che entrò in aula e chiuse la porta dietro di sé.
"Bene ragazzi, ora passerò a controllare gli schemi che vi avevo assegnato per casa" disse, poggiando la sua borsa sul tavolo.
Subito aprii la borsa per cercare i miei appunti che, con mia sorpresa, non c'erano. Eppure ero convinta di averli portati, anzi, ne ero sicurissima!
"Perso qualcosa?" chiese James in tono ironico, quasi irritante, voltandosi verso di me e mostrandomi dei fogli, quelli dei miei schemi.
"Stronzo li hai presi tu dalla mia borsa! Ridammeli subito!" lo intimai, provocando una sua risata.
"Dormi proprio bene la notte, sai?" continuò, sfottendomi.
"Sei entrato in camera mia mentre dormivo? Oh, me la pagherai James, ci puoi scommettere!" mi sporsi sul banco per riprendere i fogli, ma il ragazzo si scansò.
Cercai di riprenderli ancora una volta, ma notai che il professore era dietro di me, così mi rassegnai.
"Dove sono i suoi appunti, signorina Davis?" chiese, fissandomi negli occhi.
"Emh...io...credo di averli lasciati sulla scrivania" cercai di giustificarmi.
"Per questa volta passi, ma che non ricapiti più. Non facciamo sconti ai nuovi arrivati" mi rimproverò, spostandosi verso Sullivan.
"Signor Sullivan, vedo che ha deciso di mettere la testa a posto e di fare, per una buona volta, i compiti che le sono stati assegnati" ironizzò l'insegnante.
"Sì, questo argomento mi interessa" fece una risatina, beccandosi, per tutta risposta, un mio calcio sulla sedia.
Il professore si voltò a guardarmi, così mi scusai, dicendo che il piede mi era scivolato.
Tornai a casa incazzata nera e, per il nervoso, non mangiai. Salii al piano superiore e, arrivata davanti la camera di James, mi fermai, fissando la porta: mi era venuta un'idea.
Entrai in camera sua e iniziai a frugare tra i cassetti, cercando qualcosa da poter prendere. Trovai di tutto: fogli sparsi, biancheria intima sparsa, la carta di un hamburger, un pacchetto di preservativi che, ovviamente, non sfiorai neanche. La mia attenzione, però, fu attirata dall'unico angolo "pulito" della camera: quello dove era situata la sua batteria. Evidentemente, ci teneva parecchio. 
In quel momento, senza pensarci due volte, presi una delle bacchette che erano posizionate affianco alla grancassa, mi avvicinai allo spigolo della scrivania e, facendo leva su entrambe le estremità, la spezzai, per poi rimetterla al suo posto.
Feci appena in tempo ad uscire dalla sua stanza, che Jim entrò dalla porta principale, così mi precipitai in camera mia, mi buttai sul letto con le cuffiette nelle orecchie e feci finta di dormire.
Passarono dieci minuti circa e lo sentii urlare, per poi irrompere bruscamente nella mia camera.
"Che cazzo hai fatto?" mi urlò in faccia.
"Come scusa?" chiesi, facendo finta di nulla.
"Sei entrata in camera mia e hai rotto una delle mie bacchette. Non dovevi farlo" si avvicinò al mio letto, così mi scansai.
"Ma cosa stai dicendo? Ero qui che dormivo!"
"Non dovevi toccarmi la batteria. Non dovevi farlo"
Sentite le urla, mia madre e Joe ci raggiunsero al piano di sopra, pretendendo delle spiegazioni.
"Che diavolo sta succedendo qui?" chiese l'uomo.
"Ha osato rompere una delle mie bacchette, tu sai quanto ci tengo"
"Hai davvero fatto una cosa del genere?" mia madre mi guardò malissimo.
"Ma no! Ero qui che dormivo!"
"Sei una bugiarda!"
"Parla quello che ieri notte è venuto in camera mia e mi ha fottuto i compiti!"
"Ora basta!" Joe riportò la situazione alla normalità "Voi due inizierete ad andare d'accordo, che vi piaccia o no. Quindi, Jimmy, stasera quando uscirai con i tuoi amici della band, porterai Phoebe con te"
"Cosa? No!"
"Non ci voglio uscire con lui e i suoi amici"
"Non si discute. Joe ha ragione, stasera uscirete insieme" 
Non potevo crederci, per fare un dispetto a James, ero finita per tirarmi la zappa sui piedi da sola. Perché avrei dovuto uscire con loro? E se fossero tutti antipatici e presuntuosi come lui? Non avevo idea di cosa mi aspettasse e iniziai a pentirmi seriamente di avergli rotto quella maledettissima bacchetta della batteria.
  
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