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Autore: Lady Five    10/02/2014    3 recensioni
Una bellissima donna consapevole del suo fascino. Un uomo apparentemente di ghiaccio. Una passione improvvisa che non sanno dove li condurrà. E un fatto doloroso del loro passato che li accomuna, un'oscura minaccia che devono finalmente affrontare...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Goemon Ishikawa XIII, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alle 6 in punto Fujiko lasciò la sua stanza con i suoi bagagli, la preziosa valigetta e il cuore oppresso dall'ansia.
Aveva saldato il conto la sera prima (sì, erano una banda di ladri, ma i conti degli alberghi li pagavano sempre). Dopo pochi minuti aprì il portabagagli della sua Maserati Gran Cabrio gialla decapottabile. Intanto si guardava intorno.
Nessuno.
Sospirò. Doveva aspettarselo. Si era comportata da donna di facili costumi e come tale veniva trattata. Si era illusa se sperava che uno come Goemon volesse una storia di più di una notte con una come lei.
Salì in macchina e stava per mettere in moto, quando da un angolo buio emerse lentamente un'ombra, che lì per lì la fece trasalire. Ma poi riconobbe il profilo inconfondibile dell'ampio abito e della katana.
Goemon!
Avrebbe voluto gridare di gioia, corrergli incontro, ma la sorpresa la paralizzò. Poi lui non le diede il tempo di fare nulla. Con uno dei suoi balzi da felino saltò letteralmente in macchina sul sedile accanto a lei. La luce di una lampadina gli illuminò il viso per un istante e Fujiko vide che le sorrideva. Gli sorrise a sua volta, accese il motore e si lanciò su per la rampa del garage e poi per le strade della città ancora mezza addormentata. Aveva capito che con lui non sarebbero mai state necessarie troppe parole.
Conosceva Parigi come le sue tasche, poi, data l'ora, c'era poco traffico e in breve raggiunsero l'imbocco dell'autostrada. Il vento giocava con i suoi capelli e il sole appena sorto ne traeva riflessi di rame.
“Se va tutto bene, saremo a destinazione tra poco più di 5 ore. Se ti dà fastidio l'aria tiro su la capote.”
“No, grazie, va bene così, per ora. - pausa - Conosci bene Parigi...”
“Sì, è la mia seconda casa. Ci ho vissuto anche, per un po', quando facevo l'Accademia.”
“Accademia?”
“Sì, l'Accademia di Belle Arti, una specie di università per aspiranti artisti... Non te l'aspettavi, vero?”
Gli scoccò un'occhiata divertita.
“Non so, non ci avevo mai pensato... è strano, noi tutti lavoriamo insieme da anni, ma non sappiamo quasi nulla gli uni degli altri...”
“Sì, ma è meglio così, credimi. Altrimenti saremmo troppo vulnerabili, davanti alla polizia o eventuali nemici.”
“Sì, certo. Ma è strano lo stesso... Però ora tu mi stai portando con te... diventerai più vulnerabile così...”
“Oh no, mi sono procurata un cavaliere che mi difenderà sempre a costo della vita!”
Goemon sorrise.
“Perché hai detto che casa tua è in Svizzera?”
“Perché è lì che sono cresciuta. Mio padre era giapponese, per questo io sono nata in Giappone, ma mia madre era francese, e quando siamo venuti in Europa abbiamo preso la residenza in Svizzera, in un piccolo paese abbastanza vicino al confine con la Francia.”
“I tuoi genitori vivono ancora lì?”
Lo sguardo di Fujiko si velò di tristezza.
“In un certo senso... no, sono morti tutti e due quando avevo 14 anni. Incidente stradale.”
“Oh! Mi dispiace....”
L'auto filava veloce. Goemon chiuse gli occhi e tacque a lungo. Fujiko pensò che quella era la conversazione più lunga che avessero mai fatto da che si conoscevano. Pensò anche che lui non l'aveva ancora nemmeno sfiorata, da quando si erano lasciati la sera prima. Ma forse era meglio così. Già solo a guardarlo si sentiva ardere tutta.
Dopo un paio d'ore si fermarono in un autogrill per un caffè. Tutti naturalmente osservavano perplessi quella strana coppia, un samurai piombato lì da un altro secolo e una procace ragazza dai capelli rossi. Ma entrambi ci erano abituati.
Risaliti in macchina, lei lo stuzzicò.
“Su, ora tocca a te raccontare qualcosa!”
L'uomo aprì gli occhi, che teneva socchiusi come al solito.
“Che...? Che cosa vuoi sapere?”
“Non so... per esempio, mi sono sempre chiesta... tu che cosa sei esattamente? Sei un vero samurai?”
“No, non ho ancora completato l'addestramento. E non so se lo completerò mai, a questo punto...”
“Come mai non l'hai completato?”
“Ho dovuto lasciare il mio maestro 8 anni fa e al momento non posso tornare in Giappone, quindi...”
“E non puoi terminarlo qui, con un altro maestro?”
“No, non è possibile.”
Il tono perentorio della sua voce la fece desistere dal porgli altre domande su quell'argomento.
Goemon si richiuse nel suo silenzio e Fujiko si chiese se fosse stata una buona idea portarselo dietro. Vorrei qualcuno che mi facesse un po' compagnia anche fuori dal letto - pensò.

Intanto si stavano ormai avvicinando alla meta e il paesaggio familiare delle montagne coperte di boschi e di prati, dei minuscoli paesi adagiati in riva al lago, cominciò a distenderla. Bisognava solo passare la dogana. Entrambi avevano messo in una borsa la quantità di banconote che si potevano importare in Svizzera senza documentazione, il resto era ben nascosto in vari punti della macchina. Il rischio era basso, perché quello era un posto di frontiera poco battuto e soprattutto Fujiko contava sul fatto di essere conosciuta nel paese vicino. In più, era ora di pranzo e c'era un solo doganiere, che, dopo aver lanciato un'occhiata perplessa a Goemon e un'altra ammirata al decolleté di Fujiko (per l'occasione messo più in evidenza del solito), li fece passare subito.
Goemon la guardò con disapprovazione.
“Beh, che c'è? Funziona sempre! Se fossi come me, lo faresti anche tu, te lo assicuro! Avrà pensato a un eccentrico ricco giapponese con la sua escort.”
“Bella roba!”
Fujiko scosse la testa sorridendo. La sua gelosia la metteva di buon umore.
Ormai mancavano pochi chilometri.
“Eccoci arrivati!” quasi gridò dopo una curva fermando l'auto davanti a un alto cancello.
Azionò il telecomando che teneva nel cruscotto e il cancello si aprì, rivelando un ampio giardino, ben curato, dominato da una piccola altura, su cui si ergeva una grande villa di pietra, dalle linee semplici e rigorose, ma molto bella.
Goemon, solitamente poco incline a esprimere i propri stati d'animo, era sbalordito.
“Tu...questa è casa tua?”
“Sì, questa è la casa dove sono cresciuta.”
Fermò l'auto davanti al box su un lato della casa, e salì a due a due i gradini della scalinata che conduceva al portico, incontro a due persone che erano intanto apparse fuori dalla porta, un uomo e una donna piuttosto anziani. Fujiko li abbracciò e li baciò sulle guance.
Goemon era sceso dalla macchina e stava in disparte, osservando la scena e non sapendo bene come comportarsi.
La ragazza fece le presentazioni.
“Ecco, questo è Goemon, l'amico di cui vi ho parlato. Goemon, questi sono Sophie e Gérard, la mia... famiglia.”
I due gli sorrisero e fecero un cenno di saluto con la testa.
Sophie era visibilmente commossa, continuava a dire frasi come “Margot... tesoro, quanto tempo... ma come sei magra... che bello averti di nuovo qui...”
Fujiko fece cenno a Goemon di seguirla al piano superiore. Anche l'interno della villa era sobrio, ma molto elegante.
“Questa è la tua stanza, così se vuoi puoi startene per conto tuo...”
Goemon era perplesso, mentre appoggiava la sua sacca sul letto. La donna gli indicò una porta.
“Quella è camera mia. Il tuo bagno è lì accanto. Si cena alle 13 in sala da pranzo, in fondo alle scale a sinistra. Puntuale, mi raccomando. Sophie ci tiene. E poi qui siamo in Svizzera.”
Uscendo si voltò e gli sorrise.
“Sono felice che tu sia qui....”

Goemon sentì scorrere l'acqua della doccia nella camera accanto. Gettò un'occhiata alla sveglia sul comodino. Troppo poco tempo... Sospirò e scacciò l'immagine di Fujiko nuda sotto il getto caldo. Si guardò intorno. La sua stanza era ampia e luminosa. Attraverso una vetrata si poteva ammirare il grande terrazzo dalla balaustra di pietra e il retro del giardino, leggermente digradante verso il basso, fino al cancello da cui erano entrati. Su un lato, in alto, si intravedeva una piscina. Decise di farsi una doccia anche lui. Fredda.

  
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