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Autore: Helmyra    11/02/2014    1 recensioni
[TES Morrowind] “Sarò chiaro sin da subito, donna. Se preferisci sentirti tale, dato che indossi abiti maschili... ti tocca fare il callo a molte cose, il tuo nome sarà il male minore. Capisci cosa intendo?”
“Sì.” Rispose, con le mani che le prudevano per la rabbia.
“Purtroppo, ti ritrovi a pagare gli errori di un'altra persona. Ed io ho una reputazione da mantenere, giochiamo a carte scoperte, in modo da venirci incontro. Il nome è un male minore: dovrai mentire, rubare, uccidere. Fare il lavoro sporco, ciò che i tuoi superiori definiscono gavetta. Il labirinto in cui ti stai addentrando ti potrebbe portar via il senno. Sei un'elfa spensierata, anche se hai l'età per metter su famiglia: ti fingi adulta, ti fingi uomo. Sai mentire, bene. È un passo avanti.”
Aryon, il più giovane consigliere Telvanni, si ritrova contro l'intero concilio e una nuova, maldestra assistente da addestrare. Ma non tutto il male viene per nuocere...
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il viaggio in nave durò due lune, trascorse in un costante stato di frenesia. Perla non riusciva a contenere l'entusiasmo: passeggiava avanti e indietro lungo il ponte della chiatta, col dito puntato verso terre lontane ed una spiccata parlantina, nel porre domande e chiedere spiegazioni.

Dopo il primo giorno, passato ad ammirare il profilo frastagliato della costa e ad illustrare la geografia del paesaggio, Galos si chiedeva se sarebbe mai sopravvissuto ad un ciclone del genere.

Proprio come una bambina, aveva bisogno di pregarla per fare in modo che stesse seduta: quindi, imbracciava un tomo di storia Dwemer e le mostrava progetti di antiche rovine e disegni di scheletri metallici, arricchendo le descrizioni con le teorie più attendibili riguardo la scomparsa degli antichi nani.

“Se i Dwemer si sono estinti, come mai non esiste un segno delle loro vestigia mortali? Intendo... se sono passati a miglior vita...”

“Ecco, hai colto il senso del dilemma prima ancora della mia risposta. A quanto pare, è possibile che i Dwemer non siano scomparsi in quel senso... semplicemente, hanno aperto un portale verso una nuova dimensione abbandonando per sempre il Mundus. Perciò, parlare di 'morte' sarebbe incorretto. Alcuni libri recano di certo testimonianze accurate, ma sono considerati rarità da museo.”

“E Aryon... non ne possiede uno, nella sua collezione?”

“Oh, non proprio. Diciamo... un reperto molto importante, ma non si tratta di un libro. Potresti aiutarlo a rimediarne altri, però.”

Adrusa li aveva accompagnati fino al porto, ed era rimasta lì fino a quando la nave non avesse preso il largo verso est. Si sentì il peggiore dei dunmer ad assistere a quel commiato: la zia abbracciava la nipote, giurandole che tutto sarebbe andato bene e che avrebbe avuto cura anche della vecchia Seryne. Perla versava in uno stato di prostrazione incredibile, che per fortuna aleggiò su di lei fino a quando la sua devastante curiosità non prese il sopravvento.

“Quella statua laggiù, arroccata in cima alle montagne, è il santuario di Azura... giusto?”

“Esatto.”

“Mi piacerebbe scalare la roccia ed osservare il panorama da lontano. E chiedere un favore alla Dea. Un giorno mi accompagnerete, Sera?”

“Forse più in là. Comunque, non chiamarmi 'Sera'; Galos va più che bene... quando non siamo a distanza udibile per gli altri membri del Concilio. Con le conoscenze che hai non avrai problemi ad avanzare i primi gradini della scala Telvanni. Però, dovrai eseguire i compiti che le Bocche ti affideranno: ricorda, la loro parola riflette quella dei ministri.”

“Va bene, Galos.”

Udire il suo nome, pronunciato da quella voce bassa, ma innocente, gli diede il buonumore. Non era male, tutto sommato: l'avrebbe tirata a lucido come un vecchio servizio di stoviglie in peltro, fino a farla splendere. Aryon ne sarebbe stato deliziato.

“Mi sono dimenticato di avvisarti che dormirai presso il Gateway Inn, com'è consuetudine dei nuovi allievi. Ho firmato per te un lasciapassare che ti permette di accedere ai servizi della locanda evitando di sbrigare le formalità burocratiche per dimorare a Sadrith Mora. Vedi... la nostra capitale è un centro esclusivo, per pochi eletti. Avere il permesso di alloggiare in città, anche per brevi periodi, è considerato un grande onore. Quindi, la prima cosa da fare sarà assicurarti un letto per la notte. Non credo che avrai problemi... almeno lo spero.”

Sarebbe stato inutile leggere il futuro in una sfera di cristallo, Galos non era un esperto di preveggenza, ma la razionalità l'aveva portato lontano nel corso degli anni.

Concesse qualche ora di libertà alla discepola, la quale vagò per la città alla ricerca di libri ed un paio di scarpe nuove, benché non le fosse possibile fare acquisti senza un soldo in tasca. Si divertì a fare domande sulla mercanzia, a toccare armature e spade sui banchi, per poi esser redarguita dai commercianti. Sadrith Mora le sembrava affollata, viva; un cumulo di funghi appena raccolti riposti uno ad uno in una gerla, pronti per essere cucinati. A sud-est sorgeva Wolverine Hall, presidio imperiale in un'area ostile, di sicuro mal tollerato per via dei servizi offerti all'interno.

Già, la concorrenza leale dei Telvanni.

Una taverna fatiscente e poco raccomandabile, file di negozi con stendardi sventolanti e casette dalle basse cupole aprivano la strada verso il centro città; una rumorosa orgia di bancarelle, carretti ambulanti, ciarlatani ed allibratori. Le urla e il chiacchiericcio erano assordanti, nonostante Perla amasse la varietà di suoni e colori. Si fermò di fronte al portale della Sala del Concilio, uno svettante sole dai mille raggi, ma si guardò bene dal varcarne il confine: doveva attendere il permesso di Galos.

Ritornò sui suoi passi, si sarebbe soffermata al Gateway Inn per una bevanda calda, spiando l'andirivieni dalla pensione seduta al tavolo, imitando le vere signore Telvanni.

E una mano sgarbata l'afferrò per la camicia, impedendole di salire le scale. Una nube di muschio e spezie, a confonderle ulteriormente le idee.

“Dove credevi di andare?” Il timbro della voce era vellutato, ma il modo di esprimersi minaccioso. Volse la testa, ritrovandosi a fissare un curioso paio di occhi verdi su un incarnato indefinito: quello di un dunmer, forse. Anche se...

“Ce... cercavo la mia stanza.”

“Nessuno ha il diritto di sostare qui, a meno che non abbia un permesso speciale... o una prenotazione. Documenti, prego.”

Perla gli spiegò in faccia la pergamena e il dunmer... già, quell'elfo oscuro dagli occhi strani, i lineamenti regali e troppo alto rispetto alla media, si risentì ancor di più.

“Hm. Cosa abbiamo qui? Una nuova arrampicatrice sociale. E ti aspetti che io creda alle tue fandonie?”

“Ma io ho un permesso!” Si difese, giungendo le mani e fissandolo con gli occhi umidi. “Firmato dal referente, Galos Mathendis. Se non ci credete...”

“Io sono abituato alle falsificazioni, più di quanto immagini. Sì, dietro a questa c'è la mano di uno bravo. Mettiamola così: venticinque pezzi d'oro per il foglio d'ospitalità ufficiale, e io dimenticherò l'intera faccenda. Altrimenti, puoi scegliere di abbandonare la città... ulteriori insistenze ti procureranno un'investitura speciale: saranno le guardie, però, a designarti paladina degli accattoni.”

“Dovete ascoltarmi, Sera!” Lo pregò invano. “Sono io la persona della prenotazione. Oh, il nome può trarre in inganno...”

“Che insolenza! Ho forse l'aria di uno che si lascia abbindolare da semplici scuse? O paghi, o farò rapporto alle guardie. A pensarci meglio, comunque... potremmo raggiungere un accordo.”

“Io non ho quella somma. Di quale accordo parlate?”

Angaredhel sentì che non stava abusando del suo potere... che poteva andare oltre. Era cosciente della sua audacia, ma... un elfo di sangue misto non avrebbe avuto altre possibilità. Detenere il titolo di Magistrato della Pace gli conferiva autorevolezza, avere una potente famiglia alle spalle aveva dei lati positivi... ma il suo aspetto insolito ripugnava le nobili signore. Restava pur sempre il frutto dell'unione tra un altmer ed una dunmer...

“Ora che ti guardo con più attenzione, non sei poi così male. Hai l'aspetto di un ragazzaccio, ma posso sorvolare, se ti facessi indossare un abito grazioso: cena con me stasera, trattieniti fino a tardi, ti canterò una canzone. E spero che non ti dispiaccia dormire... accanto a me.”

Definì i tratti del suo volto con un dito, e fu un tocco delicato, pieno di esaltazione: un antiquario di fronte alla statua più preziosa della bottega. Un brivido le percorse gli arti, ed avvertì la paura scuoterle le viscere.

“Lasciatemi in pace. Statemi lontano!”

“Non sono di tuo gusto, vero?” Il mezzosangue sobbalzò, sotto il fendente di una pugnalata invisibile. “Il modo in cui mi osservi lo conferma, l'occhio è un morboso indagatore, quando si tratta di indulgere nel bello o... non importa! Le guardie si prenderanno cura di te: non puoi girare per Sadrith Mora evadendo le finalità burocratiche!”

“Sera, perché siete mal disposto verso il prossimo?” Inflessibile, la corresse col pensiero: anni di scherni e canzoncine sarcastiche lo avevano temprato a dovere. “Mi trattate come una criminale, a nessuno importa qui dentro se agite secondo i vostri comodi, vero? Nessuno oserà contraddire certe decisioni. Riservate questo trattamento alle donne che incontrate? Suggerite... comportamenti peccaminosi, contrari al volere degli Dei. Io... io non posso.”

Si rabbonì, mentre la dunmer scandiva una risposta che trasudava rabbia, ma anche imbarazzo, ingenuità... l'aveva incatenato con poche parole. Era stato ammaliato con un incantesimo? Assurdo.

“Vieni, ti accompagno da Mathendis. Alla fine, anch'io ho commesso una scorrettezza a giudicarti su due piedi: mi saprò far perdonare, in caso tu avessi ragione.”

“No... non ve n'è bisogno.” Perla ripeteva tra sé la proposta del prefetto... dormire accanto. Magari aveva a che fare con l'avvertimento di Seryne. Persino Ilyan, lo stregone di corte del conte Indarys, prima di minacciarla a morte le aveva rivolto allusivi inviti. Cosa mai avevano notato in lei? E dire che portava i capelli legati in una contegnosa treccia. Percorrendo il corso principale fino alla piazza della Sala del Concilio, notò le guance del mezzosangue imporporarsi leggermente. Davvero, non riusciva a spiegarselo.

Qualcuno bussò alla porta, mentre era chino nel compilare la lettera di presentazione da inviare ad Aryon. Galos cercò d'ignorare quei colpi insistenti, ma fu vinto dal senso del dovere... occuparsi di Perla, che di sicuro gli avrebbe causato guai.

“Allora, cosa c'è? Non siamo neanche arrivati, che ti è successo?” Dietro al volto imbronciato dell'allieva torreggiava la figura a mezzo busto di Angaredhel, combattuto tra la solita alterigia e un barlume di costernazione.

“Costei... sostiene di vivere a vostro carico, Maestro.” Interruppe la solenne loquela con un inchino altrettanto rispettoso. Damerino. “Potrei esser portato a credere a tale... uhm, rivendicazione, solo se corrispondesse al vero. Invece, i documenti parlano chiaro, quindi...”

“Quindi...” continuò il portavoce, spazientito. “Metti in atto ciò che è scritto su quel foglio, e non disturbarmi per simili inezie. Sono stato chiaro?”

“Ma non è possibile!” Esclamò il prefetto. “Si tratta dell'ennesimo scherzo ordito ai miei danni, giusto?”

“No, è uno scherzo della natura. Hai trovato qualcuno capace di comprenderti, Angaredhel. Finalmente, il tuo primato di eccentricità è infranto. Non sei contento? Perla capirà le tue lagnanze, ha tutto il diritto per farlo, se hai letto bene quel certificato.”

“Che... che coraggio! Rovinare una leggiadra signora in questa maniera...” Finse di non aver visto le dita inanellate che lambivano la lunga treccia, cupide e languenti. Perla scosse la testa, tenendo la fronte bassa: così acconciati, i capelli volteggiarono in aria e le ricaddero sul petto, frenando ogni insidia. Galos represse un grugnito d'indignazione, non sopportava che le usasse siffatte attenzioni.

“Sì, e spero che tu non contribuirai a scempiarne la reputazione. Comprendi, nevvero?”

“Oh, ve lo assicuro!” Angaredhel fece un passo indietro, ricacciando in dentro la schiena e piegandosi come un fuscello.

“Bene. Mostra alla mia allieva la stanza in cui alloggerà, e ti prego... fa' in modo che non sia la stessa del suo predecessore.”

“Come comandate: avrà la camera più luminosa e confortevole di tutta la pensione.”

“Non sarai tu a stabilirlo. Ne risponderai per qualunque motivo d'indisposizione. E ora non farmi perdere altro tempo.”

Le escrescenze nodose dei palazzi viventi fremevano nella nebbia del vespro: il sole morente e le prime torce sfilavano in processione, fuochi fatui nell'umida bruma di un cimitero. Perla si strinse nel lungo pastrano di fustagno, sudando freddo. Il vapore si condensava sulla pelle, ebbe l'impressione che il proprio sé si dissolvesse in una corrente di impercettibili molecole.

Di granelli di sabbia, e sale sulle labbra.

Il mezzo dunmer dissipava il fiato in accurati aneddoti sulla città, sulla fondazione dell'albergo ed elogiò la sagacia, l'altezza di spirito dei signori Telvanni. Si mostrava spiritoso, ironico: doveva pur riparare all'increscioso equivoco. A malapena lo ascoltava, annuendo per semplice cortesia.

“Oh, e questa è la tua stanza. Bella, vero? C'è tutto: un baule per sistemare gli oggetti a te cari, una soffice trapunta di damasco verde, e la cassettiera lì in fondo. Sentiti libera di girovagare per la pensione, ma evita la torre sud, perché... ah, niente in particolare.”

“Cosa c'è nella torre sud?” Era l'unico spunto nell'intera conversazione che riuscì ad attrarre il suo interesse, ed era risoluta a non lasciarselo sfuggire.

“Bah. Prima o poi udiresti qualche voce di corridoio, tanto vale che sia io ad avvisarti.” Rastrellò la folta zazzera castana con la punta delle dita, una delle varianti di pettinatura in voga tra i nobili stregoni. “Uno spettro... appare e svanisce nell'alloggio lì in cima. Inutile placarlo con la violenza, o esorcizzarlo con le preghiere... continua imperterrito a manifestarsi, spaventando i clienti. Non so quanto tu sia abile in questo genere di cose, ma... ti sarei grato se potessi darmi una mano. Molto più grato di quanto non lo sia già, per aver evitato di screditarmi di fronte ad una Bocca. Mi chiedo perché tu non l'abbia fatto... Eppure, ne avevi il diritto.”

Perla osservò le spalle larghe, la figura slanciata e flessuosa piegarsi verso di lei. In effetti, era molto alto. Aveva ereditato i tratti più incisivi della sua persona dal padre altmer.

“Io... trovo che sia superfluo rinfocolare la colpa di chi è già disposto a fare ammenda. Parimenti inutile è usare vendetta a sproposito, per manipolare la psiche dell'antagonista. Per ottenere la fedeltà di un individuo è necessario il rispetto reciproco, per conquistarlo si elargisce il beneficio come emanazione della propria magnanimità. Si converte un nemico ad alleato aiutando chi offende, quando meno se lo aspetta. Per ottenere la sua stima, o lasciarlo marcire nell'ossessione, il sistema migliore è ostentare un atteggiamento contrario alle aspettative comuni. Da questo si può desumere se esso è meritevole di considerazione.”

“Le tue parole mi colpiscono. Non sai che le contese, per noi Telvanni, si dirimono con la magia? Con le sentenze di morte?” Infilava e ricacciava via un bottone bronzeo dall'asola della camicia ricamata, solleticando la fantasia.

“Con la morte si ottiene poco: si decimano i nemici, le popolazioni. Quando Essa è, dimora anche il nulla. Non ho fame di carne mortale e sete di anime come Molag Bal. Non so che farmene di insulse vendette. Sono i legami, le interconnessioni di menti, propositi ed obiettivi ad essere auspicabili.”

“Hm. Parli come se ne sapessi qualcosa, sembri un trattato d'etica.” Angaredhel la provocò, gettando discredito sulle sue affermazioni.

“L'ho letto da qualche parte, su un libro. Non può essere sbagliato.”

“Ecco il tuo punto debole, razionalizzi tutto. Dai per buono ciò che ti sembra ponderato, che si confà al tuo schema mentale. Ti consiglio di rivedere un paio di cosette, se non vuoi finire all'Ethereus prima del tempo. Ti ritroverai a battere più volte la testa su un muro. Eppure, non nego che rianimeresti un po' la situazione.”

“Non ho esperienza. Solo ore di letture alle spalle. Di eventi storici, aneddotica, teologia, strategie di guerra.”

“L'esperienza è un estratto del proprio intelletto, un surrogato delle emozioni, uno schematico canovaccio del vissuto condensato in pochi, impietosi attimi. Pensaci, Muthsera: solo gli stolti perdono tempo a limitare errori che avrebbero potuto evitare, ragionando in anticipo sulle conseguenze delle proprie azioni. E quanto all'altro tipo di esperienza, quella amorosa... è frutto della passione. In certe situazioni, essere abili non conta...”

“Si è abili... anche ad amare?” Perla non si rese conto di quanto allusiva, invitante e provocatoria fosse la domanda.

“Be', sì... se la metti in un certo modo. Ti consiglio una cosa, comunque: rifletti su ciò che i libri non ti dicono di fare. Cerca i testi proibiti, quelli rari, assenti nelle biblioteche delle dunmer timorate e dei seguaci accaniti della Dottrina. Modella il pensiero ambendo al punto di rottura. Assimila il positivo, il negativo. E sarai realmente te stessa.”

“Questo è un discorso generico.” Si diresse alla consolle, per ispezionare i cassetti.

“Il senso è... vivi, non un mucchio di esperienze, ma il senso del momento. E potrai scrivere il tuo diario, non leggere quelli altrui. Secondo me neanche hai cominciato a farlo. Approfittane, finché ti è concesso. Muthsera...”

Il fragrante effluvio di erbe e resina continuò a farle compagnia anche se non era più lì, a stimolarle le corde dell'animo con sapienti accostamenti. Perla si sedé sul letto, trattenendo il respiro e la misticità delle essenze.

Forse, il mezzo dunmer non era poi tanto vanesio: persino il profumo che indossava era un'inedita esperienza. Cosa le avrebbero riservato i prossimi giorni?

 

Aveva attraversato brutti momenti, ma con la freddezza di chi mantiene il controllo e medita, attuando un piano di difesa. La rovina l'attendeva nelle sembianze di un servo corrotto, abile nella rasatura quanto nel dare una morte pulita, implacabile e senza onore. Un principio di demenza, il seme germogliava ovunque: traeva forza dalla terra umida e scura, nella tomba anonima in cui sarebbe stato gettato. Pasceva vigoroso, attecchendo in profondità, attingendo ad un'inestinguibile ghiandola velenifera. Visioni fallaci, deliri convulsi, la consapevolezza di esser circondato da nemici; non importava quanto bene gli avessero fatto, no! Gli erano tutti contro, nessuno escluso.

Era solo.

Aryon non aveva accettato di aver perso la battaglia contro Neloth: era riuscito a preservarsi in vita, ma a costo del proprio prestigio. Lo avrebbero marcato stretto, inviandogli un nuovo sicario. O perché no? Un professionista della Morag Tong. Magari, lasciandolo in pace, sarebbero riusciti indebolirlo maggiormente, illudendolo di non poter fiaccare il suo baluardo.

Gli avrebbero concesso tempo.

Sfibrandolo notte dopo notte. E uno, due. Lo stormire del vento. Il cigolare di un'intercapedine di legno. Scalpiccio, sbadiglio della guardia, ronda attorno le scale. Uno, due, tre.

Tempo, mi serve tempo. E ristoro. Ma questo sonno vigile attenta alla mia pretesa saviezza.

Ho paura.

E vergò la missiva, non seppe quando e come, se nel cuore delle tenebre o sul far dell'alba. Disegnò simboli arcaici e sibillini su un foglio ingiallito, nel linguaggio che Divayth Fyr gli aveva insegnato.

Galos si presentò dopo un paio di giorni, aveva scelto di trascorrerli a Tel Branora, dalla sua dunmer. La felicità che gli aleggiava in viso lo irritò alquanto, risultando quasi offensiva: non si era di certo divertito a gingillarsi in ridicole stucchevolezze. Aveva recuperato la testimonianza di Hlentos sul viaggio da Sadrith Mora a Tel Vos, in barca, tra dolore e stordimento da magie curative. Dispensò un indennizzo ai familiari degli altri due sfortunati corrieri, per mettere a tacere le chiacchiere sulla loro misteriosa scomparsa.

E lui che faceva? Si materializzava all'ingresso quando più gli faceva comodo, latore di belle notizie che finivano col rivelarsi completi disastri.

Non stava diventando cinico... almeno, non quanto il vecchio maestro. No, non ancora.

“Ministro...” Continuava a sorridere come un beota. Incurante di quanto avesse penato per mantenere integro quell'assurdo guazzabuglio. “Ecco, per voi. Le credenziali della nuova sostituta. La nipote di Adrusa è un'allieva Telvanni, ed io lo ignoravo... fino a quando ha avuto occasione per parlarmene. Pensate un po'! Non dovrete perder tempo ad insegnarle le formule basilari, perché ha avuto un'ottima insegnante.”

“Mi mancava la tua franchezza.” Commentò, mentre riponeva il foglio nell'ampia tasca dell'abito. “Avanti, parlami di lei. Una donna, Galos. Ti rendi conto di quello che stai facendo?”

“Scusate, maestro, che differenza fa?” Aveva persino il coraggio di sollevare obiezioni. Davvero, non sapeva in che razza d'impiccio lo stava trascinando.

“Una donna... ha delle necessità. Dei... problemi. Non è sempre efficiente, fisicamente ed emotivamente. Capisci cosa intendo, vero?”

“Ah, certo. Ovvio. Ma anche un uomo ne ha, dico bene?”

Aryon si voltò di lato, imbarazzato. Finché si trattava di avere a che fare con un individuo di sesso femminile in contesti formali, e non in confidenza, si sentiva padrone di se stesso. Ma... una donna come assistente? Lo avrebbe messo a disagio. Giudicato in fretta, oppure... l'ultima cosa a venirgli in mente non era tanto sgradevole, in fin dei conti. Tuttavia, non conosceva neanche la fanciulla in questione.

“Hm. Che tipo è?”

“È giovane. Più giovane di voi, di una manciata d'anni. Una ragazza di campagna, cresciuta nel villaggio di Tel Branora, circondata da adulti e poche amiche. Un tipo che legge, un po' svita... vitale.”

“Ah, vitale? Strano aggettivo, Galos. Poi?”

“Credo che sia un tipo interessante. L'arma segreta per conquistare la benevolenza di Dratha, che detesta gli uomini. Negoziare con una come lei le andrebbe a genio.”

“Non dirmi... che sarà un clone di quella strega incartapecorita a farmi da assistente!”

“Oh, no!” Galos smentì, mettendo le mani avanti. “Anzi, ha degli occhi grandi e tondi. L'aspetto fresco, la figura morbida.”

“Non dicevo dal punto di vista fisico.” E portò una mano alla testa, contrariato. “Intendevo... non voglio una folle farneticante, qui a Tel Vos, qualcuno che attiri l'attenzione.”

“Se è per questo, Perla ha modeste origini...”

“Quello... è il suo nome?” Era come se un piccone avesse spaccato la pietra, per rivelare i preziosi giacimenti di ebano al di sotto. Sentì riaffiorare una speranza in lui.

“Be'... sì, diciamo. Allora, maestro... la prenderete a servizio, semmai riuscisse ad avanzare di grado?”

“Ho forse altra scelta?” E strinse il foglio sigillato, con una mano nella tasca e l'intenzione di esaminarlo in privato. “Sarò sincero, se non ti conoscessi da parecchio ti avrei spedito all'Oblivion con una maledizione, Galos. Io sono un ministro Telvanni. Capisci, no? Mi tocca mantenere un certo tenore, destare rispetto e reverenza nelle persone. Be', tutto fuorché questo, di recente. È la mia ultima possibilità, dovrei essere io a selezionare gli assistenti, ma...”

“Sono la vostra Bocca, e parlo per voi. Non v'è alcun bisogno d'abbandonare la torre, maestro. So che è difficile, dopo i guai che v'ho causato, ma abbiate ancora fiducia in me. Ne uscirete rafforzato.”

“A proposito...” Aryon recuperò la lettera in codice, sfilandola dall'ampia manica del vestito. “Questo è un messaggio per Divayth Fyr, a scopo preventivo. Ho bisogno del suo consiglio, ora più che mai.”

“Alla fine, vi siete deciso.”

“Già.” Ricordava gli attimi trascorsi nello studio dello stregone. “Se non puoi consegnarlo di persona, lascia che sia la ragazza ad impratichirsi un po'. Raccomandale di non mostrare il documento a nessuno, di non visionarlo senza il mio consenso. E poi... voglio vederla. Parlare con lei, scoprire cosa pensa e perché è intenzionata a mettersi al mio servizio.”

“Ho pensato io a convincerla. È molto riservata, a malapena intuisco i motivi che l'hanno spinta ad una vita noiosa, quasi da reclusa.”

Aryon sgranò gli occhi.

“Com'è possibile che una dama, piena di vita ed in età da marito, disprezzi l'estasi di mille occhi puntati su di lei; e la sensazione di sentirsi invincibile, di avere la vita in pugno?”

“Forse ha capito molte cose, prima del tempo. Sono desolato, maestro, ma mi toccherà andare. E grazie ancora per la vostra pazienza.”

“Non ce n'è bisogno. Vai, amico mio.”

L'assenza di presenze indiscrete pungolò l'interesse del ministro: aveva simulato un'eccessiva contrarietà per attenuare quella sensazione indefinita di trepidazione. Una persona giovane, una donna, per giunta. Completamente nelle sue mani, sotto la sua guida... un innegabile segno di autorevolezza. Era nella posizione di rivolgerle qualsiasi ordine, lei l'avrebbe seguito. Qualsiasi ordine...

E questo pensava della sua nuova allieva? Aryon fece ricorso al suo autocontrollo, anche se... desiderava che gli rivolgesse ammirazione, reverenza. Che lo venerasse e accudisse, consacrando a lui parte del suo tempo. Che diventasse il suo punto di riferimento, ma...

Il mento privo di barba, le lentiggini, le sottili increspature sulla sua chioma restituivano un'immagine scoraggiante. Ah, se solo avesse avuto un sembiante fosco, indecifrabile; la fierezza di Divayth, lo sdegno sussiegoso di Neloth, lo sguardo vigile ed accattivante di Gothren. L'avrebbe piegata al suo volere: sarebbe stato molto più semplice, e lei avrebbe ceduto, per deferenza o... Era questo ciò che voleva?

Si mise a sedere sul letto, tra una baraonda di libri aperti e pergamene srotolate. Tratteneva il foglio tra le dita, con delicatezza... stranito da quegli impulsi, fino ad allora estranei.

Seryne Relas: il nome non gli era nuovo, l'aveva scorto tra le pagine di un libro. Una maga girovaga, un'eccentrica. Com'era possibile?

 

Io, Seryne Relas, a mio nome e nel rispetto delle leggi terrene e divine, certifico di aver curato al massimo delle mie possibilità l'addestramento di...

 

Cos'era, uno scherzo? Si trattava sicuramente di un errore. Galos gli aveva enunciato tutt'altre premesse. Garbo, pacatezza, una dunmer nel fiore degli anni, dal carattere morigerato. Invece! Era bastato poco a mandare in frantumi l'idea che si era fatto. Provava quasi imbarazzo, gli aveva persino affidato il messaggio segreto che l'allievo... sì, perché di un allievo si trattava, doveva affidare al maestro. Non aveva nessun motivo per provare delusione, e diresse la propria rabbia verso quel nome... quel nome orrido e desueto. A meno che...

Quale genitore sarebbe stato così insensibile da rovinare un figlio in tal maniera? E se Perla e... quell'individuo, fossero la stessa persona? Una copertura, un travestimento?

Il linguaggio dell'attestato, volutamente neutro, non lasciava trapelare alcun indizio. Ecco perché il portavoce si era mostrato reticente nel rispondere a quella domanda scomoda: era evidente che vi fossero complicazioni.

Oh, perché toccavano sempre a lui i casi impossibili? Le pergamene gracchiarono sotto il suo peso, mentre teneva le braccia in su ed esaminava le referenze del misterioso pupillo. In fin dei conti non era importante, ma sperava vivamente che la descrizione fornita da Galos fosse quella veritiera.

Si trattenne in quella posizione ridicola, e gli parve di tornare indietro... alle avventure fantastiche della sua infanzia, alle prime passioni adolescenziali. Nobildonne leziose ed ambigue, fatte di carta ed inchiostro.

Era bastato un nome pretensioso a richiamare uno sciame di memorie dimenticate: ricamava un viso, una personalità... lasciava che l'immaginazione gli restituisse un confidente. Non un semplice attendente, però: qualcuno a cui rivelare voli di fantasia, che rispondesse in versi alle sue battute. Aveva sempre desiderato giocare, scrivere... rivedere una parte di sé in un altro, sin da bambino.

E poi, questa dunmer... si sarebbe fidato di lei? Nessuno doveva sapere, neanche lui, quanto volesse misurarsi con uno spirito affine... senza titoli, senza convenevoli, due semplici compagni.

Compagna. Quella parola, riferita ad una donna, lo sgomentò: ma era il gioco d'intesa che suggeriva a renderlo oltremodo felice.
 



Eccomi qui, in ritardo e dopo qualche inconveniente, ma non sto mollando! :)
Altro capitolo che ho pensato di dividere in più parti, per rendere la lettura più scorrevole e per lasciarmi il tempo di scrivere altre pagine, anche ne ho altre pronte da pubblicare. Mi concedo un po' di tempo per controllare e curare meglio la storia, magari per correggere ed aggiungere qualcosa in più.
In questa nota, volevo chiarire meglio la personalità della protagonista, e magari accennare all'età dei personaggi.
Perla ha ereditato il carattere in parte serio e in parte burlesco dalla sua maestra Seryne, con cui è stata in contatto per la maggior parte del tempo. Essendo lei un'eccentrica, anche l'allieva ne ha ereditato le caratteristiche. Mi sono ritrovata in difficoltà a scrivere il dialogo tra lei ed Angaredhel proprio per questo motivo... volevo fare in modo che apparisse altisonante, ma anche falsato e non veritiero. Come se parlasse come un libro stampato, appunto... perché tutta la conoscenza e la serietà le vengono trasmesse dai libri, in cui crede ciecamente.
Se fosse umana... Perla avrebbe quasi trent'anni, anche se ha degli atteggiamenti infantili. Ed Aryon più di trentacinque, Adrusa più di quarantacinque, Galos quasi sessanta. Precisazione inutile, perché essendo dunmer e vivendo più a lungo l'età potrebbe essere relativa, ma tant'è...
Spero di aver chiarito i vostri dubbi, semmai ve ne siano. E grazie per aver letto, per la pazienza. Per le recensioni, a chi ha letto... per tutto. :D
A presto! ;)
  
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