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Autore: Oducchan    11/02/2014    2 recensioni
A volte Lee si sveglia urlando, a volte invece comincia a singhiozzare nel sonno
Il tempo passa ma la ferita non riesce a chiudersi, per nessuno di loro. [Rock Lee - TenTen][implied NejiLee -NejiTen onesided, potrebbe passare anche per LeeTen]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Rock Lee, Tenten
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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'Cause this is what dreams should always be
Nick autore: Queen of the lower court
Titolo: 'Cause this is what dreams should always be
Personaggi: Rock Lee, TenTen (menzionati: Neji, Hinata, Gai, Kakashi, Naruto)
Genere: angst, drammatico, triste, introspettivo
Avvisi: depressione a gogo?
Rating: giallo
Note: 
La sushi voleva dell'hurt/confort e dell'Hurt/confort ho provato a darle.
Non posso dire che sia una LeeTen fatta e finita -perché alla fine il pairing non c'è, c'è uno strascico enorme di NejiLee e, beh, credo alla fine anche di NejiTen probabilmente onesided, più che di LeeTen vero e proprio.
Ho tirato fuori di nuovo il mio lato deprimente e spero non aver esagerato >.< A mia discolpa, Neji mi manca da morire e temo che la cosa influenzerà di brutto tutte le fic sul team Gai che scriverò, purtroppo. Forse c'è un po' di OOC di fondo, ma mi rimetto al parere del lettore.
[Forse, e dico forse, c'è anche del NejiHina perché anche quel pairing mi garba e boh, rileggendola c'è un passaggio in cui fore si sente, ma chissà].
Il titolo viene da Losing your memory by Ryan Star




'Cause this is what dreams should always be





A volte Lee si sveglia urlando, a volte invece comincia a singhiozzare nel sonno, tremuli pigolii e gemiti di dolore che riescono a svegliare lei ma non lui, se non quando il cuscino è zuppo di lacrime e il naso tanto pieno di muco da non farlo respirare.

Ha preso l’abitudine di dormire con lui, TenTen. A volte a casa di lui –colorata, disordinata, caotica, ma fredda e silenziosa- a volte a casa sua –ordinata, calda e accogliente, il respiro dei suoi genitori che si sente dalla stanza accanto e la rassicura che non sono soli, non ancora. Una volta ha chiesto a Hinata se potevano restare nella stanza di lui, per provare a sentirlo appresso un ultima volta come se fosse ancora lì, intriso nelle sue cose che Hiashi Hyuuga non ha avuto il coraggio di far spostare e che solo Hinata spolvera regolarmente, un mausoleo immoto alla sua memoria. Ma i risultati sono stati pessimi –Lee che urlava e piangeva e lo chiamava nel sonno e lei impotente che a stento è riuscita a svegliarlo.
La guerra è finita e ha lasciato un baratro attorno a sè, e anche se Konoha rifiorisce e Naruto ha una parola, un abbraccio, un conforto caldo e rasserenante per chiunque, le ferite non si cicatrizzano. Mai.
Lee piange la notte sognando chissà cosa e TenTen dorme poco o nulla, in parte per vegliare su di lui ed impedire che si strugga (e si distrugga), in parte perché ha il vivo terrore di fare lo stesso. Di chiudere gli occhi per un tempo sufficiente per permettere al suo inconscio di trasportarla ai giorni felici del passato, quando Neji faticava a sorridere e le sue mani erano cariche di graffi e lividi per l’allenamento e lui e Lee se le suonavano e poi se le suonavano con lei di mezzo e Gai strillava entusiasta su quando fossero giovanili e primaverili.
Gai ha smesso di strillare. Ha smesso di sorridere, se non quando incrocia Kakashi, che si sente due amici sulla coscienza e non sa che fare per rimediare.
TenTen prova a chiudere gli occhi, ed ignorare i singhiozzi soffocati che vengono dal futon opposto. Si dice che deve farlo, che devono andare avanti, che non possono continuare così, che devono farsi forza e porsi dei limiti in cui circoscrivere e rinchiudere il dolore.
Ma poi Lee inizia a chiamarlo, prima sommessamente, poi con un’urgenza sempre maggiore –Neji, Neji, Neji, NEJI- e il cuore le si lacera per l’ennesima volta, perché le viene spontaneo il desiderio di farlo tacere, di non riaprire quella ferita che sgorga ancora sangue, di non sentire mai più quel nome e non pensare al suo viso serio e al suo sorriso impercettibile. Scivola fuori dalle lenzuola e si tuffa in quelle di Lee, lo abbraccia, lo stringe a sé, lascia che soffochi quel dolore lancinante nei suoi lunghi capelli sciolti –che non sono neri e morbidi come i suoi- gli stringe le mani e gli bacia il volto –le sue labbra non sono sottili come le sue- e le palbebre e lo implora con voce rotta di smetterla –con una voce che non è bassa e grave come la sua-  di lasciarlo andare, perché se Lee lo lascerà andare, allora forse, forse sarà in grado di fare lo stesso anche lei.
Di lasciare che il suo ricordo si annidi famigliare in un angolo della mente e che venga a farle visita con garbo, come una memoria antica e offuscata, e non come un fantasma troppo vivido e troppo nitido e troppo reale.
Lee si acquieta, si avvinghia a lei con tutte le sue forze e piano piano il suo respiro rallenta e si regolarizza, le lacrime che si seccano in strie perlacee sulle guance e scivola in un sonno più sereno –TenTen lo tiene stretto a sè, perché lo spettro di Neji, a quanto pare, ha rispetto per la sua vicinanza; e resta ad occhi aperti nel buio, cercando disperatamente di non crollare a sua volta al pensiero che il terzo futon, che non è esimata dallo stendere, è pieno solamente dei loro rimpianti e del loro amore disperato.
   
 
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