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Autore: _Polx_    11/02/2014    2 recensioni
Storia dedicata a tutti coloro che amano il trash.
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Ciò che l'umanità può compiere grazie ai propri studi, all'interno dei grandi laboratori che con fatica e intelligenza si è creata, è grande. È pericoloso. E se sfuggisse di mano, causerebbe catastrofi inimmaginabili. Purtroppo diventa evidente solo quando accade. Quando è troppo tardi. A quel punto, l'unico modo è sperare nell'azione di uomini e donne più forti, più preparati e capaci di contrastare ciò che è troppo furioso e terribile per essere vinto. Se non si può avere la meglio, allora bisogna continuare a lottare, nella speranza che, un giorno, arrivi l'ora del riscatto.
Genere: Azione, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi è ancora una vecchia impalcatura di legno ancorata all’alta parete rocciosa. Su di essa, sono appollaiate R e C.
Come vi siano arrivate è per lei un mistero, ma ora il suo problema principale è come raggiungerle: vi sono tre bestie appisolate sull’imboccatura del tunnel ed è un’impresa davvero ardua passarvi davanti senza farsi notare.
La pistola che ha nella fondina è silenziata, ma è un calibro troppo piccolo per poter eliminare quelle creature al primo colpo senza attirare l’attenzione delle altre: servirebbero tre proiettili in piena fronte solo per ucciderne una e le granate, sebbene non siano pericolose perché troppo lievi per importunare il C4 attivato dall’altra parte delle gallerie, sono decisamente poco discrete.
Nonostante ciò, impugna la sua arma e procede cauta, cercando di poggiare silenziosamente gli alti stivali di pelle sulla terra battuta.
Le bestie scuotono la coda come gatti nervosi e grugniscono nel sonno.
F è lieta che R e C si accorgano della sua presenza e invia loro ampi gesti con il braccio, chiedendo che le venga lanciata una corda per potersi legare e arrampicare fino a loro.
R storce il naso e scuote il capo: niente corda.
F deve arrampicarsi a mani nude. Piuttosto che starsene in bella vista davanti a quelle bestie, farebbe questo e altro.
Così inizia la scalata tra un’asta di legno e l’altra. È quasi giunta in cima quando la tubatura di ferro arrugginito su cui ha messo piede sfonda il foro di legno marcilento in cui è inserita e cade a terra con un gran frastuono.
Lei si avvinghia alle aste e le bestie si svegliano di soprassalto, ringhiando fameliche in cerca della fonte di disturbo.
Quando la scovano, si avvicinano all’impalcatura e le tre agenti cominciano a temere un possibile fallimento della missione.
“Bel lavoro” urla C a F.
“Non fare la saccente” risponde quella e indica i pali di legno rotti a terra “non so come siate riuscite voi due a salire fin qui senza farvi notare, ma avete causato ben più danni di me”.
“R ha fatto più danno di te: io non ho spostato un granello di polvere” replica C.
“Vi sembra il momento?” esclama R.
L’impalcatura viene scossa da un colpo infertole da una bestia esile ma particolarmente aggressiva.
“Fai qualcosa!” urla R ed F guarda affannosamente l’orologio, pregando che il tempo scorra più rapidamente.
“È ancora troppo presto” afferma di rimando.
“Presto per cosa?” si aggiunge C.
Un nuovo schianto, stavolta più potente, e l’impalcatura traballa in modo allarmante. 
F guarda l’orologio per l’ennesima volta e finalmente esulta. Con la sua unica mano libera, impugna il bazooka ancorato alla sua schiena e spara dritto sulle tre creature, quasi a bruciapelo, considerata l’altezza cui si trova e la potenza dell’arma.
Il rinculo nonché il calore dell’esplosione scaraventano F all’indietro ed è per pura fortuna se C riesce con incredibile agilità a sporgersi quanto basta per afferrarle il braccio.
All’interno del tunnel si sente un gran trambusto: le bestie si sono svegliate.
“Che diavolo ti è saltato in mente?” urla C.
“Sta a guardare” sogghigna F.
Appena le prime creature sbucano dalla bocca nera della galleria, fameliche e ruggenti, un boato scuote le miniere, come un tuono esploso nelle viscere della terra.
Le bestie sobbalzano impaurite e inciampano l’una sull’altra nell’affanno della sorpresa.
Pochi istanti e un’immensa vampata di fuoco inghiotte il tunnel.
È la prima esplosione del C4. A essa ne segue un’altra e un’altra ancora, terremoti spaventosi che gettano le bestie selvagge nel panico più totale. Molte tentano di insinuarsi in altre gallerie, ma l’esplosivo è stato posizionato con estrema precisione e finiscono con l’essere travolte dalle pareti di roccia che crollano, sopraffatte dal contraccolpo.
Nonostante ciò, ve ne sono ancora a centinaia nel salone principale che si avvinghiano e mugolano in preda al terrore.
L’incarico di F è di farle entrare nell’unico tunnel ancora stabile, quello che conduce all’esterno. Lì, carri armati e mitragliatrici aspettano l’avanzata delle bestie per poterle attaccare e neutralizzare. Seguirà la distruzione totale delle gallerie.
“Come facciamo a spingerli là dentro?” chiede R.
Senza rispondere, F estrae le tre granate che tiene nella tracolla e le lancia una dopo l’altra. I suoi denti, stretti sulle linguette delle bombe a mano, si schiudono in un sorriso di soddisfazione mentre le bestie corrono all’impazzata, scavalcando le decine di propri simili carbonizzati dalle esplosioni o ancora agonizzanti a terra per dirigersi all’unico tunnel dell’enorme miniera immune alle detonazioni.
“Missione compiuta” sogghigna F, traboccante euforico compiacimento.
“Che ne dici di salire?” ringhia C, la cui stretta si fa sempre più tremante, sorreggendo il peso della collega.
Dandosi una bella spinta, F riesce ad arrampicarsi fino al piano su cui sono accovacciate le altre due agenti.
“Complimenti, ce l’hai fatta” annuisce R.
“Il problema è un altro” replica F e il sorriso che ora ha sul suo volto è ben lontano dall’esultanza di poco fa. È piuttosto di amara rassegnazione ed R comprende ben presto perché: le scosse e le esplosioni sono state troppo violente per le vecchie pareti scavate nella roccia e l’intera cava sta crollando in pezzi.
  
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