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Autore: Lely1441    16/06/2008    10 recensioni
“Si avvicinava il giorno in cui io, Bella Swan, sarei passata a miglior vita. In tutti i sensi.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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“Si avvicinava il giorno in cui io, Bella Swan,
sarei passata a miglior vita.

In tutti i sensi.”

E’ la prima volta che mi cimento in una fanfic su Twilight, anche perché non ho mai frequentato molto il fandom. Questa improvvisa redenzione è dovuta al fatto che mi sono letta Eclipse tutto d’un fiato, solamente ieri. E be’, ho rivangato le mie vecchie conoscenze ed eccomi qui, dopo che questa notte ho dormito particolarmente male, e non so se questa visione sia dovuta ad un sogno, al dormiveglia, o a qualche psicofarmaco che mi viene somministrato di nascosto XD Fatto sta, che mi sono alzata con delle parole precise in mente, e delle immagini. Le parole sono poi quelle che vedete qua sopra. Sono gli psicofarmaci, sicuro XD
So che non è granché, e spero di non essere andata OOC con i personaggi, poi mi saprete dire, se ne avrete voglia ^^

A comfortable bed

« E questo cosa significa? ».
Fissavo accigliata il negozio dove Edward mi aveva portata, quel pomeriggio. C’era una nebbia paurosa che avvolgeva tutto in una patina sfocata e umida. Che novità.
« Semplice: vorrei solamente che tutti i preparativi per la partenza fossero perfetti ».
Lo guardai, mentre quel suo dannato sorriso sghembo mi faceva perdere come sempre un battito. Pochi mesi, e dei battiti persi sarebbe rimasto solo l’eco nei miei ricordi. Cercai di combattere contro il calore che si stava lentamente diffondendo sulle mie guance, passando prima per il collo.
Presto, sarebbe passato anche quello.
Mi concentrai nuovamente sull’insegna del negozio, non mi voltai fino a quando non formulai la domanda precisa nella mia testa e gliela esposi.
« Sì, ma che ci facciamo proprio qui? ».
Lui ridacchiò piano, mentre la mia faccia esprimeva chiaramente tutto il disappunto che potevo esternare. Come già detto, eravamo davanti ad un negozio. Un negozio di letti. Non sapevo neanche che esistessero veramente! Insomma, sicuramente non mi aspettavo che il mobilio piovesse dal cielo direttamente nelle case, ma non ci avevo mai pensato. E trovarmi lì davanti, a poche settimane dal matrimonio, – e un nuovo capogiro mi colse, a quella parola – era decisamente l’ultima cosa che avrei mai potuto immaginare quando Edward era piombato in casa mia, poche ore prima, insistendo a che andassi con lui per una certa faccenda che si era rifiutato di specificare.
« Bella, tesoro, non ricordi per caso una certa conversazione che abbiamo avuto nella mia camera, proprio qualche settimana fa? »
Avvampai di vergogna, mentre sentivo il riso di Edward rimbombare nel suo petto. E come avrei potuto dimenticare quella notte? Anzi, una qualsiasi delle notti passate insieme a lui… Ma avevo capito a cosa stava alludendo esattamente. Si riferiva a quella notte. Alla notte in cui mi ero addormentata sul suo divano e mi ero risvegliata sul suo letto. Su quel comodo letto che a lui non serviva e che aveva acquistato solo per me, perché in quanto essere umano io avevo bisogno di dormire e voleva che lo facessi nel migliore dei modi, al solito. Per un attimo fui presa dal panico. Se eravamo lì, significava forse che lui stava rinunciando a…
« No! », strillai, e lui si voltò sorpreso verso di me.
« No, cosa? Non ricordi? »
Lo guardai, sopraffatta per qualche istante dal terrore.
« Io… Io ricordo, sì, ma non riesco ancora a capire. Insomma, quando sarò una vampira, a cosa ci servirà un letto? »
Forse stava nuovamente cercando di combattere la mia decisione, di convincermi che l’eternità non faceva per me. Forse non voleva più trasformarmi. Mi si strinse lo stomaco al solo pensiero. Edward si accorse del panico che verteva sui miei lineamenti, e mi prese il viso con una mano.
« Calmati. Temo proprio che tu abbia frainteso le mie intenzioni ».
Sospirò e mi baciò la fronte, mentre me ne rimanevo imbambolata a fissarlo. Poi mi prese una mano e la strinse con la sua, ghiacciata come sempre.
« Bella, non infrangerò i patti, stai tranquilla ».
Solo in quel momento tornai a respirare normalmente. Mi sorrise e si guardò intorno per vedere se arrivavano macchine, prima di attraversare la strada. Gesto assolutamente inutile perché, tanto per dirne una, la strada era praticamente deserta – tranne una vecchietta che neppure ci aveva degnato di uno sguardo – e poi il radar perfetto nella sua testa lo avrebbe avvisato anche se fosse arrivata una macchina a chilometri di distanza.
Aprì la porta del negozio e subito ci trovammo in una specie di sala, strapiena di intelaiature per letti, molle e montanti vari. Tossii per la polvere che avevo fatto alzare sollevando appena un oggetto di bronzo accanto a me e mi chiesi perché Edward, una delle persone più ricche del Paese (ma come sospettavo, grazie alle previsioni di Alice probabilmente il capitale della sua famiglia superava di gran lunga quello dello stesso Presidente) si fosse disturbato a far tanta strada solo per visitare un negozio di letti di seconda mano. Be’, ok, magari non erano già stati usati da qualcuno in precedenza, ma non avevano neppure l’aria di essere appena usciti dalle mani del loro artefice. Lo guardai, in attesa che mi dicesse qualcosa, che mi spiegasse finalmente. Vidi il suo volto distendersi in un sorriso mentre salutava qualcuno. Mi voltai anch’io per vedere e mi trovai davanti ad un anziano signore, che ci guardava con una serenità che si spandeva anche negli occhi, oltre che nei gesti.
« Signor Cullen, che sorpresa rivederla qui! Come posso esserle utile? »
Guardai sospettosa Edward. Che sorpresa rivederla? La cosa mi puzzava, e non ero affatto a mio agio.
« Scusi il disturbo, signor Aldrich. Mi chiedevo solamente se potessimo dare un’occhiata in giro e se avesse ancora l’articolo dell’altra volta ».
Il vecchio sorrise, rivelando una dentatura tutt’altro che perfetta, e rispose:
« Ho ancora tutto, qui è difficile vendere qualcosa! » Poi mi fissò per un attimo e soggiunse:
« Dunque questa è la sua fidanzata, signor Cullen ».
Non c’era traccia di malignità in quella domanda, puramente retorica, ma arrossii comunque. Sentì la risata di Edward e questo mi fece desiderare di sprofondare ancora di più. Come se essere timidi fosse una colpa.
« Sì, lei è Bella ».
Lo guardai titubante mentre mi tendeva la mano, e gliela strinsi con poca foga. Mi sentii in dovere di precisare.
« Isabella Swan, piacere ».
Il solo pronunciare il mio nome di battesimo mi fece arricciare il naso, però mi sembrava un nome appropriato per quel posto. Come se migliaia di Isabelle mi avessero preceduta e fatto strada. Guardandomi intorno, fra tutte quelle testate di letto antiche, mi dissi che poteva anche essere così.
Il vecchio scoppiò a ridere e ricambiò la stretta con più forza di quanto potessi immaginare per una mano all’apparenza così fragile.
« Il piacere è mio, signorina Swan ».
Ci guardò, sempre sorridendo, e aggiunse:
« Vi accompagno di là, allora ».
Edward annuì e mi prese per una spalla con gentilezza, conducendomi davanti a sé. Ero sicura che sarei inciampata tra tutta quella paccottiglia stesa a tradimento sotto i miei piedi, era solo questione di attimi. Il signor Aldrich ci guidò attraverso quel labirinto fino a portarci in un angolo più nascosto rispetto agli altri. Rise quando vide il mio stupore ed Edward sorrise, orgoglioso. Con discrezione, si allontanò e ci lasciò da soli.
« Allora, cosa ne dici? »
Ero troppo stupita anche per parlare. Continuavo a fissare quel letto, incantata. Al confronto, quello che aveva acquistato Edward per me era solamente una merce rozza, dozzinale. Quel letto stupendo, a paragone con quello che mi stava davanti, risultava grezzo, addirittura pacchiano. Mi avvicinai, per toccare con la punta delle dita il materiale.
Una complicata serie di incisioni rendevano il pezzo di bronzo della testata e della parte inferiore del mobile un capolavoro. Volte che si intrecciavano ad altri fili attorcigliati fra loro stessi, creando complicati disegni, impossibili da riprodurre. Ma ciò che colpiva di più erano i due angeli, scolpiti in modo che sembrassero quasi vivi e che osservavano i guanciali con aria pura ed innocente, di fianco alla testiera superiore. Erano meravigliosi, sembravano quasi opera del Canova, l’autore di Amore e Psiche. Il baldacchino era fissato negli appositi fermi e ricoperto di polvere. Eppure, questa polvere non sapeva di sporco. Aveva il profumo di altre storie, altri amori, dietro di sé.
« È… ».
« È stupendo, vero? »
Notai il sorriso che gli increspava le labbra, ma non era un sorriso beffardo. Era un sorriso sincero.
« Già ».
Rimanemmo in religioso silenzio per un po’, fino a quando mi tornò in mente la domanda che continuavo a pormi da quella mattina e che mi era solo temporaneamente uscita di mente.
« Edward… ».
Mi fissò per un momento, in attesa che continuassi il discorso. Presi fiato due volte, prima di riuscire a dirgli ciò che pensavo.
« Ecco, continuavo a domandarmi il perché di tutto questo… ».
Sorrise, per qualcosa che solamente lui poteva sapere, per la risposta che mi stava dando nella sua mente. Prima che potessi accorgermi del suo gesto, mi trovai il suo respiro gelido soffiare sul mio orecchio, la guancia fredda sulla mia nuca. Rimasi immobile, e il mio cuore cominciò a battere furiosamente.
« Ti ricordi del nostro impegno dopo il matrimonio, vero? »
« Sì, certo… La trasformazione ».
Lo sentii ridacchiare.
« Diciamo dopo il matrimonio e prima della trasformazione… ».
Quando capii, diventai paonazza. Lo guardai esterrefatta ma non riuscii a dire nulla, perché il signor Aldrich soggiunse proprio in quel momento. Naturalmente Edward l’aveva sentito molto prima di me, quindi gli disse, senza smettere né di sorridere né di fissarmi:
« Lo prendiamo ».

Camminammo in silenzio fino alla sua Volvo (stavolta niente jeep, mi aveva praticamente rapita) ed ebbi un rapido flash back della prima volta che ero salita in macchina con lui, a Port Angeles. Mi fermai con una mano sulla portiera, poi scossi la testa ed entrai. Edward aspettò di imboccare l’autostrada prima di parlare.
« Secondo me, andrà benissimo per la nostra camera da letto ».
Lo fissai. Quel suo sorriso non accennava ad andarsene. Buttai uno sguardo sul ciondolo a forma di cuore fissato sul braccialetto che avevo al polso, ripensai ad Alice e mi chiesi con orrore se il fatto di fare le cose in grande fosse una caratteristica di famiglia, se ne potessi venire contagiata anch’io. Magari, abituandosi ad avere tanti soldi dopo un po’ si cominciava a usarli come acqua.
Chinò il volto per guardarmi e, lasciando una mano dal volante, mi accarezzò una guancia.
« Sempre agitata, Bella? »
Sbuffai. Lui parlava di letti nuziali e io non dovevo essere preoccupata?
« No », mentii. Tanto ero sicura che mi avrebbe scoperta.
Infatti lo vidi sospirare e mi strinse una mano.
« Bella, è solo un letto… ».
Scossi la testa, non era solo una questione di letto. Poi mi ricordai del motivo per cui avevo deciso di diventare vampira. Lo amavo sopra ogni cosa. Sopra ogni altra cosa.
Pazienza per il letto, tanto prima o poi ci avrei fatto l’abitudine.
« Più che altro, mi sembra uno spreco. Per usarlo una notte sola… ».
Uno scintillio malizioso gli bruciò nello sguardo, e allora capii. Avvampai dalla vergogna, di nuovo, e gli diedi uno schiaffo sul braccio, simbolicamente, tanto sapevo che non potevo fargli del male. Lui cominciò a ridere mentre io prendevo la decisione che, una volta neonata, mi sarei vendicata.
In più, avevamo un’eternità da dividere insieme.
Al nostro secondo matrimonio, mi sarei presa la mia rivincita.

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Questa fanfic partecipa partecipa al contest Lovely Valentine <3 indetto dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }, se volete premiarla (non serve essere iscritti al forum) basta votare in questo sondaggio e lasciare un post di conferma ^^

   
 
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