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Autore: Monchele98    11/02/2014    0 recensioni
Anastasia, ragazza diciottenne appartenente ad una famiglia nobile in Spagna ma non ancora del tutto matura, dopo un tragico evento che ha dovuto subire all'età di sette anni, ha vissuto all'ombra di un padre totalmente cambiato, ma con l'appoggio del ciambellano di corte che, pur avendo dieci anni più di lei, diventerà presto il suo più grande amico. A causa di uno dei suoi scherzi finisce nei guai e si ritrova a vivere una vita che non avrebbe mai pensato di vivere, con una persona di cui mai si sarebbe immaginata di stringere un legame così speciale.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Mio padre voleva punirmi, e stavolta non sarà clemente come le volte precedenti. Ho voglia di uscire, di andare all'aria aperta, ma non vorrei di certo incontrare mio padre mentre cerco di rilassami. 
Mi alzo e mi affianco alla finestra. E' così dura essere una principessa. Non puoi fare mai quello che vuoi, ogni cosa che fai viene sempre controllata e criticata, e hai tante di quelle responsabilità. E' ancora più dura se hai un padre scorbutico che non ti fa uscire dai confini del castello da circa undici anni. Giuro di non fare di proposito i guai che combino. Cerco sinceramente di comportarmi in modo "normale", ma ogni volta ne combino una.
Mi domando se là fuori, nel villaggio, c'è qualcuno che si sente proprio come me, chiuso in una campana di vetro, dove nessuno si preoccupa dei miei sentimenti.
Girandomi verso la stanza, scontro il mio stesso sguardo nello specchio sulla parete. Sono la fotocopia di mia madre. Me lo dicono in molti ma fino ad ora non me ne sono mai resa conto. Capelli lunghi di un castano chiaro, quasi biondi, occhi azzurri e quel lieve rossore sulle guance.
-Signorina, scusi se la disturbo. Suo padre vuole vederla. La aspetta nella sala principale-
Carl, il cameriere, mi ha quasi spaventata. Ero così intenta ad osservare la somiglianza tra me e mia madre che non lo avevo sentito arrivare. Probabilmente ha anche bussato, o si è schiarito la voce per attirare la mia attenzione e non me ne sono accorta. Che figuraccia!
-Grazie Carl, arrivo subito-
Così mio padre è arrivato. E come previsto vuole vedermi. "O la va o la spacca" dico tra me e me mentre mi dirigo verso la sala principale.

Eccolo lì. Seduto sulla sua grande poltrona, la più grande della stanza (ovviamente), con entrambe le braccia sui rispettivi braccioli e il suo sguardo perso nel vuoto e più duro che mai. Oh santo cielo, prepariamoci al peggio.
-Heylà papà, volevi parlarmi?-
Alza lo sguardo su di me e rimane in quella posizione per dieci interminabili secondi.
-Sorvoliamo sul fatto che ancora una volta devo ricordarti come ci si presenta quando si entra in un altra stanza. Siediti.- dice mostrandomi una seconda poltrona, di fronte la sua.
Eccolo che comincia. Già non vedo l'ora di andarmene.
-Che cosa devo fare con te Anastasia ?-
-Che cosa vuoi dire?-
Sapevo benissimo a cosa si riferiva, ma le opzioni erano due: rispondere così o fare scena muta.
-Lo sai benissimo a cosa mi riferisco. Ogni settimana ne combini una delle tue e se siamo benedetti anche più di una alla settimana. La scorsa settimana hai rotto due finestre, ieri hai fatto lo sgambetto al principe di Svezia e non pensare che stamattina non mi sia accorto della statua in mille pezzi nel salone-
-Oh mio dio, ma te l'ho detto mille volte che non lo faccio di proposito. Le finestre si sono rotte perché sono inciampata a quel cavolo di tappeto e cadendo ho urtato lo scaffale che a sua volta è caduto sbattendo alle finestre... Per quanto riguarda ieri ho fatto solo quello che andava fatto. Quella pulce stava parlando male di me con tutti gli altri invitati. Mentre la statua è stato anch'esso un'incidente. Stavo...-
-Non mi interessa quello che stavi combinando. Quello che hai fatto ieri  è molto più grave di tutti i danni che fai in questa casa. Non pensi che se quel povero ragazzino parlava male alle tue spalle, allora molto probabilmente ne aveva una buona ragione?- 
Basta così poco per farmi stare zitta. Basta solo farmi sentire in colpa o semplicemente prendere le difese del mio nemico piuttosto che le mie.
-Anastasia hai diciotto anni. Per tutto questo tempo ho sperato che diventassi più matura, che la tua era solo una fase e sarebbe passata presto. Mi rendo conto di aver avuto torto. E la colpa è anche mia, per carità. Penso di averti viziata troppo e...-
-No no, frena, frena, frena. Tu non mi rivolgi un sorriso nè una frase gentile da quando avevo sette anni. Hai fatto di tutto tranne che viziarmi, te lo assicuro!-
-Invece è vero. Ti ho lasciato troppa libertà e ora non fai altro che disonorare questa famiglia-
-Libertà? Non farmi uscire dal castello per undici anni la chiami libertà? Fidati tu non mi vizi affatto. Penso che l'unica che mi abbia mai viziata qui dentro fosse la mamma-
Sono davvero arrabbiata. Mi ha offeso in tutte i modi possibili. Non gliene importa niente dei miei sentimenti. Mi ha ferita e dalla sua espressione penso di averlo ferito anche io.
-Non osare parlarmi così!-
-E come dovrei parlarti? Non fai altro che criticarmi e offendermi. La mamma non si sarebbe mai comportata così-
Il suo sguardo si indurisce sempre di più, ma non mi importa. In lontananza scorgo per un secondo Brus, in un angolo della stanza intento ad osservarci. E' abbastanza amareggiato e fa cenno di no con la testa mentre abbassa lo sguardo. Lui è l'unico che non oserei mai offendere. C'è sempre stato per me, molto più di mio padre.
-Stamattina ci ho pensato e ho preso una decisione. Te lo avevo detto che stavolta avrei preso decisioni più dure.-
-Cosa c'è di peggio che stare chiusi nella stessa casa per una vita?-
-Magari l'effetto contrario. Andrai a vivere nel villaggio.-
-Cosa? Mi stai cacciando di casa? Tu..tu..tu non puoi, non puoi farlo, sono una principessa. Queste cose succedono nei film, e non alle persone reali. Tu non puoi.-
Sono talmente arrabbiata e scioccata che sono scattata in piedi. La voce è qualche tono sopra il normale e credo di avere un sorriso stampato in faccia dallo shock.
-Posso e lo faccio. Prepara le tue cose. Verrai trasferita stasera.-
Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia. Non è più mio padre. Mi giro e con passo accelerato mi dirigo verso la porta.
-Ah, e Brus verrà con te-
Non mi fermo. Vado velocemente in camera mia e mi butto sul letto. Cominciano a scendermi lacrime calde sulle guance anche se cerco di trattenerle. Non sono un tipo che piange ma stavolta è più forte di me.
Sento qualcuno entrare lentamente in camera e sedersi accanto a me, sul bordo del letto. Non mi volto ma so chi è.
-Non ti preoccupare Anny, ci penserò io a te-
Grazie al cielo c'è lui. Alla fine qualcosa di positivo c'è in tutta questa storia. Finalmente posso provare una vita normale e avrò la compagnia di Brus ventiquattro ore su ventiquattro.
  
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