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Autore: Tamar10    11/02/2014    3 recensioni
Se ti innamori solo di sociopatici non puoi pretendere che la tua vita sia tutta rose e fiori. Soprattutto se Sherlock Holmes ti sceglie come sua nuova coinquilina.
[Sherlolly con la partecipazione del nostro Jim Moriarty, John&Mary e altri]
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Molly era all'inizio della lettura di History of the Celtic origins of medicine. Glielo aveva regalato John, probabilmente come premio di consolazione per aver estratto dal mazzo la carta “Diventa coinquilina di Sherlock Holmes”. Non esattamente la ricompensa più ambita.
Forse John aveva trovato quella lettura interessante, o anche solo ricreativa, ma Molly si stava praticamente addormentando sul libro.
Sherlock era seduto sulla sua poltrona nella tipica posa che aveva quando stava riflettendo, le mani congiunte appoggiate alle labbra. Lei sapeva che generalmente non era una buona idea disturbarlo mentre pensava, ma era davvero troppo annoiata e uno degli aspetti migliori di essere diventati coinquilini era di poter porre a Sherlock tutte le domande che nel corso degli anni non aveva avuto il coraggio di porgli. Beh, non proprio tutte.
“Il tuo palazzo mentale?” esordì rompendo il silenzio del salotto.
Sherlock aggrottò le sopracciglia.
“Questa non è una domanda, Molly” disse scocciato.
Molly si morse le labbra e sembrava dispiaciuta, ma – per quanto ne capiva lui – poteva essere anche arrabbiata. Sherlock spesso non riusciva a decifrarla, magari poteva dedurre cosa avesse mangiato per pranzo o quante ore avesse dormito la notte, ma tutto quello che accadeva nella sua testa – i suoi sentimenti – non li comprendeva proprio.
Però non voleva essere schiaffeggiato di nuovo, se poteva evitarlo, quindi si esibì nel suo migliore sorriso incoraggiante.
“Eri nel tuo palazzo mentale?” riprese Molly e lui annuì “Come funziona?”
“Chiudo gli occhi, escludo il resto del mondo e visualizzo cose o persone. Serve per concentrarmi” rispose Sherlock che aveva deciso di essere accomodante.
“È un bel palazzo?”
“È irrilevante” sospirò prima di ricominciare a parlare “L'importante sono le cose che riesci a focalizzare”
“O le persone” aggiunse lei.
“O le persone” confermò Sherlock.
Molly si mosse a disagio sul divano cambiando posizione, segno che era indecisa se porre un'altra domanda.
“Che tipo di persone?” chiese infine evitando il suo sguardo.
“Quelle utili” disse lui decidendo che quella conversazione doveva decisamente finire, “Non tutti possono entrare nel mio Palazzo Mentale”
Se Molly fosse stata un'abile osservatrice avrebbe notato l'imbarazzo nella voce di Sherlock e un leggero rossore sulle sue guance. Invece Molly era Molly, quindi si limitò ad abbassare ancora di più lo sguardo e ad arrossire a sua volta.
Non sapeva per quale preciso motivo – perché una motivazione razionale c'era sicuramente – non volesse dire a Molly che lei, o meglio una sua proiezione, l'aveva aiutato a salvarsi quando gli avevano sparato.
Però restò in silenzio e Molly, dopo un attimo di esitazione, tornò al suo libro con le spalle un po' curve e le sopracciglia aggrottate, come se Sherlock avesse appena confermato i suoi peggiori sospetti.

 
L'arrivo di Molly al 221B di Baker Street aveva portato molti vantaggi: la casa aveva smesso di sembrare una discarica (il caos più totale si era ridotto a semplice disordine), la Signora Hudson aveva trovato una persona disposta a sorbirsi i monologhi sulla sua giovinezza e in generale si era diffusa una rassicurante serenità.
Eppure Sherlock non poteva dire di essere soddisfatto della sua nuova coinquilina. Lui e John avevano acquistato un certo equilibrio, con lui sapeva sempre cosa dire e come avrebbe reagito ad ogni suo gesto. Molly invece era incomprensibile, andava matta per cose inutili come i gatti o per le pessime sitcom romantiche che passavano in tv il lunedì sera, e non aveva la prontezza d'animo di John.
Ma soprattutto Molly era una donna.
Convivere con Janine era stato già abbastanza difficile, ma almeno lei sapeva come prenderla perché nonostante non fosse stupida era pur sempre una donna romantica e superficiale. Inoltre era inevitabilmente innamorata di lui.
Bastava una parolina dolce, un nomignolo, un bacio e lei cadeva in suo potere. Per lui era stata solo una recita, nessun sentimento e nessun rimorso.
Con Molly era diverso e Sherlock non aveva ancora capito se fosse un bene o no.
Sicuramente non si annoiava. Le sue conversazioni con Molly non erano mai banali – anche se lui faceva di tutto per mostrarsi annoiato e distaccato – e spesso avevano esiti imprevedibili.
Più volte si era ritrovato a chiedersi come un essere semplice come Molly Hooper potesse contenere pensieri e sentimenti così complessi. Non era un genio, né una persona comune come Lestrade, non era neanche come John – a cui Sherlock dedicava una categoria a parte – e non poteva essere classificata come veniva classificata la “Molly Hooper di due anni prima”.
Non era più la minuta dottoressa di laboratorio che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Era cambiata.
Molly Hooper era diventata un oggetto non identificato.
In particolare un oggetto non identificato che viveva al 221B di Baker Street, a casa sua. Sherlock decise che avrebbe fatto chiarezza.


 
L'ispettore Gregory Lestrade aveva avuto una giornata difficile. Non che ci fossero giornate facili a New Scotland Yard, ma da quando Moriarty aveva fatto il suo simpatico ritorno televisivo i criminali di tutta l'Inghilterra sembravano essersi decisi a dimostrare di non essere da meno e il numero di reati vari era aumentato a dismisura.
Solo quel giorno avevano sventato tre rapine, arrestato un assassino, acciuffato cinque taccheggiatori e fermato una vecchietta che stava tramortendo uno di questi colpendolo con la borsetta.
Quando Greg si lasciò cadere sulla sua sedia dietro alla scrivania avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lasciato in pace almeno fino all'indomani. Con un perfetto tempismo Sherlock Holmes entrò nella stanza e sembrava di pessimo umore.
“Del tutto inutile” borbottò a mezza voce e Greg non era del tutto sicuro che non si stesse riferendo a lui.
“Se sei qui per novità su Moriarty o per qualche altro caso interessante sono spiacente. Ci sono solo delitti da quattro soldi” lo precedette mettendo le cose in chiaro. Non aveva voglia di subire una delle crisi di noia di Sherlock, benché gli volesse bene Greg aveva una pistola e non avrebbe esitato ad usarla.
“Non sono qui per questioni di lavoro” rispose il detective con voce atona.
Lestrade aggrottò le sopracciglia, preso alla sprovvista. Se possibile le prospettive che gli si paravano davanti erano ancora peggio delle precedenti.
“Perché sei qui allora?” domandò temendo la risposta.
“Ti volevo chiedere...” esitò guardandosi intorno sospettoso come se non volesse essere sentito da orecchie indiscrete.
“Allora?” lo incoraggiò.
“...se ti va di andare a prendere un caffè” concluse Sherlock.
Quella per Gregory Lestrade era una proposta strana. Strana e allarmante. Conosceva Sherlock Holmes da anni e mai, mai avrebbe pensato di poter sentirgli pronunciare quelle parole. Sembrava un comportamento quasi umano.
Forse una persona qualsiasi sarebbe scappata davanti al pericolo lampante, ma non per niente Lestrade era un ID quindi afferrò la giacca senza esitazione e lo seguì fuori dal dipartimento di polizia con curiosità.
Si rifugiarono in un Costa che stava aperto fino a tardi. Lui e Sherlock come dei normali vecchi amici che si trovano per discutere del più e del meno, decisamente allarmante.
Ordinarono e poi presero posto ad un tavolino isolato, lontano dalla vetrina.
“Cosa volevi dirmi?” chiese Greg impaziente.
“Ho un problema” esordì il detective con voce grave “Molly si è trasferita a Baker Street. È in pericolo per via di Moriarty, come ben sai. La sua è una sistemazione temporanea”
Lestrade era confuso, aveva imparato – a sue spese – che Sherlock non ragionava come una persona normale. Le sue priorità la maggior parte delle volte erano cose insensate o banali per chiunque altro, ma davvero non capiva quale fosse il problema in questo caso.
“Stai dicendo che Molly non è una buona coinquilina?”
“Sì! O forse no” aggrottò la fronte “Perché non può essere come con John?” chiese seccato.
“Perché una donna” rispose Greg con ovvietà.
“E allora? Alla fine cambia solo la quantità in cui è presente qualche ormone!” protestò il consulente investigativo alzando la voce “Non tutte le donne sono così...” si interruppe.
“Come?” lo incalzò Lestrade che si stava divertendo un mondo nel vedere Sherlock in difficoltà.
Lui sembrò notarlo e serrò la bocca trattenendo la rabbia.
“O andiamo! Non prendertela, Sherlock” continuò “Tutte le donne fanno questo effetto, se trovi quella giusta” disse ammiccando.
“No! No, no, no” lo fermò Sherlock “Se avessi avuto bisogno di un'agenzia matrimoniale avrei chiamato Mary e John”
Lestrade si limitò a sorridere ancora più apertamente.
“Questo è ridicolo!” sbottò Sherlock alzandosi in piedi “Non sono venuto qui per farmi prendere in giro da un ufficiale della polizia che non è neanche in grado di accorgersi che il barista arrotonda rubando automobili” disse indicando il ragazzo biondo e brufoloso che li aveva serviti.
Si riassettò il cappotto con un gesto di stizza e fece per andarsene.
“Per l'amor di Dio! Non c'è bisogno di fare tante scene” gli gridò dietro Lestrade.
“Non sto facendo scene. Ritengo semplicemente ridicolo stare ad ascoltare le tue teorie del tutto erronee su cose che non puoi comprendere” replicò Sherlock con freddezza.
L'ispettore gli lanciò uno sguardo scettico.
“Allora dimmi una cosa. Quando hai cominciato a mangiare milkshake?” chiese accennando alla bevanda abbandonata sul tavolo ancora mezza piena.
“Me l'ha fatto assaggiare Molly” Un'espressione di trionfo comparve sul volto di Greg “Ma questo non prova assolutamente niente!” si affrettò ad aggiungere Sherlock.
Lestrade non replicò. Lo seguì fuori con un sorriso soddisfatto sulle labbra, pregustando il momento in cui lo avrebbe raccontato a tutti in centrale, e con la certezza che le cose si sarebbero fatte interessanti.

 
Nel sottoscala del 221B – lo stesso in cui anni prima Sherlock aveva trovato le scarpe di Carl Powers – regnava la pace. Ormai Molly passava molto tempo in quella stanza buia e umida e aveva imparato ad apprezzarla per l'intimità che offriva.
Era proprio intimità ciò di cui aveva bisogno in quel periodo. Vivere con Sherlock significava condividere la maggior parte del tempo fianco a fianco e c'erano volte in cui Molly si sentiva schiacciata metaforicamente dalla sua presenza. Non che facesse in particolare qualcosa di male, bastava la consapevolezza di lui lì, nella stessa stanza, per distrarre in modo particolarmente fastidioso Molly. Nonostante avesse ammesso con sincerità a sé stessa di essere ancora innamorata di Sherlock si era anche ripromessa di non comportarsi più come una ragazzina impacciata ed adorante. E ci stava riuscendo egregiamente bene.
Molly controllò l'orologio. Sherlock era uscito un paio d'ore prima, aveva sentito sbattere la porta, e non era ancora tornato. Si chiese dove fosse finito finito. Non che avesse paura a restare a casa indifesa – la signora Hudson al piano di sopra non era esattamente una garanzia – ma negli ultimi giorni il suo coinquilino si comportava in modo più strano del solito.
Aveva persino cominciato a farle piccole cortesie che Molly aveva interpretato come gesti di scusa per la brutta situazione in cui si era ritrovata.
Era stata profondamente e piacevolmente sorpresa quando aveva visto il laboratorio dove adesso stava lavorando. Certo avrebbe potuto essere un vera scena da film. Con Sherlock che la costringe a indossare una benda, la conduce gentilmente giù per le scale fino alla porta e, dopo averle detto qualcosa di dolce, la sorprende togliendole la benda. Anche se sarebbe stato parecchio strambo, ridicolo e imbarazzante. Per non dire impossibile.
Si era semplicemente svegliata ed aveva trovato la signora Hudson che le aveva consegnato la chiave del sottoscala riferendole che Sherlock aveva riferito che avrebbe trovato qualcosa di suo gradimento.
Sulla porta vecchia e scrostata c'era un biglietto scritto frettolosamente, diceva “Happy Birthday! SH”. Sherlock non sapeva, e probabilmente non gli importava, che il suo compleanno era stato mesi prima.
Quando Molly aveva aperto la porta e acceso la luce rimase per alcuni secondi senza fiato. Non era esattamente il laboratorio dei suoi sogni e neanche all'avanguardia come quello del Bart's – anche se sospettava che alcuni strumenti fossero stati “presi” da lì – eppure sapere che tutto quello era stato fatto per lei (nello specifico da Sherlock per lei) la faceva sentire leggera.
Felice e leggera. Forse, si ritrovò a sperare, sarebbe riuscita a passare indenne attraverso la convivenza con Sherlock. Ovviamente si sbagliava.
 
  
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