Camelia
Simbolo
di
gratitudine
L’ombra
della sera andava oscurando il cielo, tingendolo di un azzurro sempre
più
intenso, fino a trasformarlo in un blu acceso e lucente.
L’oscurità che pian
piano diveniva dominante, s’affacciava con sforza, attraverso
le finestre di
una stanza. Ma l’uomo che sostava lì, non si era
accorto del precoce scorrere
delle ore. Continuava infatti, indifferente, a scrivere, senza prestare
attenzione al ticchettio dell’orologio, che interrompeva quel
silenzio così
cupo. All’improvviso il cigolio della porta interruppe la
quiete creatasi. Una
bambina dai capelli scuri, ricci e lucenti, entrò cautamente
nella stanza. Non
appena la vide, l’uomo si illuminò con un grande
sorriso. La bimba, rassicurata
dalla sua espressione, mosse dei passettini veloci verso la sua sedia.
Lui la
fissò, colmo di ammirazione. Lei gli porse delicatamente,
con la manina minuta,
un piccolo fiore appena colto. Egli lo fissò, sorpreso, poi
si abbandonò nella
dolcezza dei ricordi.
“Cosa
vuoi da me?”,
sbottò lui, rivolgendosi ad una ragazza.
Lei
rimase indifferente
al suo tono di voce.
C’era
qualcosa di
angelico nel suo volto, incorniciato da morbidi riccioli neri ed
illuminato da
occhi scuri e profondi.
“Ti
ho visto, oggi.”
“Con
quel ragazzo.”,
aggiunse, al suo sguardo interrogativo.
“La
cosa non ti
riguarda.”, esclamò.
La
rabbia lo pervadeva
completamente.
“Lo
so”, rispose
tranquilla.
“Allora,
che fai ancora
qui?”
Era
infastidito dal suo
tono pacato, dal suo viso sereno.
“Ti
faccio compagnia.”
“Non
ho bisogno di te.
Vattene.”
A
questo punto, lei lo
fissò dritto negli occhi.
“Perché
ti comporti
così?”
“Così
come?”, era sul
punto di dire, ma si trattenne.
“Non
mi conosci. Sei
solo una mia compagna di classe. Non sono fatti tuoi.”
“Hai
ragione”, disse.
Si
voltò, dirigendosi
velocemente dall’altra parte, ma poi aggiunse:
“Mi
dispiace solo
vederti così.”
“Che
intendi dire?”, le
urlò dietro.
“Sei
tormentato da una
profonda sofferenza. E la sfoghi
nell’aggressività.”
Gli
aveva fatto un
ritratto perfetto, ma lui non era disposto ad ammetterlo.
Perché conosceva così
tante cose? Perché?
“Ti
sbagli.”
“I
tuoi occhi ti
tradiscono.”
Quell’affermazione
lo
trattenne. Rimase interdetto.
“I
miei occhi non
possono spiegarti tutto.”
“Ma
quanto basta, per
capire che stai sopportando un enorme dolore.”
“Sei
un’osservatrice
piuttosto attenta.”, si rassegnò lui.
Lei
sorrise.
“Perché
ti interessi
proprio di me?”
Lo
guardò per un attimo,
silenziosa.
“Perché
ti voglio bene.”
L’uomo
fissò la bimba, che gli sorrideva. Le sfiorò il
viso, con dolcezza. Era così
bella. Così innocente. Come quella confessione. Quelle tre
parole che avevano
fatto crollare il suo piccolo mondo, tanti anni prima. Quelle dolci
parole,
pronunciate con ingenuità, che avevano risvegliato quella
parte del suo cuore,
non invasa dal rancore. Già, il rancore. E l’odio
di un ragazzino di 16 anni,
sbalzato in una situazione a cui non era preparato, senza via di
scampo, senza
possibilità di scelta. Strinse in un abbraccio affettuoso la
sua piccola Sara,
guardandola con amore incondizionato.
“Ciao,
Aurora.”
La
ragazzina bruna si
voltò.
“Michele”
Un
sussurrò sorpreso,
gli occhi colmi di felicità.
“Avevi
ragione”
Lei
lo fissò, corrugando
la fronte.
“Sono
afflitto da
un’insormontabile sofferenza.”
Sorrideva,
ma la ragazza
intuì quanto quell’affermazione provocasse in lui.
“Non
devi parlarmene, se
non vuoi.”
“Ed
invece temo che
dovrai sopportare le mie parole, perché ho urgente bisogno
di sfogarmi.”
Lei
sorrise, gli si
avvicinò e lo invitò delicatamente a sedersi
sull’erba.
Lui
parve un po’ in
difficoltà.
Respirò
a fondo.
“Mi
manca mio fratello.”
Lei
lo guardò, curiosa,
ma non lo interruppe.
“I
miei non sono più
insieme da un po’.”, spiegò lui.
Aurora sgranò gli
occhi, stupita.
“Mio
padre è andato a
vivere a Roma, con mio fratello.”
“Non
ci vediamo quasi
mai.”
La
ragazza rimase
interdetta.
Senza
dire una parola
l’abbracciò.
Lui
la lasciò fare,
dimenticando di essere stato il ragazzo più aggressivo della
classe.
Dimenticando
di non
sopportare i suoi compagni, tutti così felici.
Dimenticando
di odiare
il resto del mondo.
I
due si lasciarono.
Scese
un silenzio, ma
entrambi sapevano che non c’era bisogno di parole.
Poi,
Michele posò lo
sguardo sulla cartella, che aveva abbandonato accanto a lui, poco prima.
“Ho
una cosa per te.”
Mise
la mano nello zaino
e prese un fiore.
“È
una camelia.”
“Per
ringraziarti di
avermi ascoltato.”
Lei
sorrise, con
un’espressione di gioia pura.
“Dove
hai preso questo fiore, tesoro?”, domandò lui.
“Me
lo ha dato la mamma. Ha preso una nuova pianta, da mettere sul
balcone.”
Lui
sorrise, la prese in braccio e si diresse in cucina.
Non
ci fu bisogno di domande.
Lei
lo guardò, in tutto la sua bellezza, che aveva egregiamente
conservato negli
anni.
“Per
ricordarti che devi essermi grato”, disse, con una punta di
malizia.
Salve
a
tutti!! Vorrei ringraziare tantissimo tutti lettori di questa raccolta,
ma in
particolare Blu Rei e Padme Undomiel, per le loro recensioni. Sto
aggiornando
questo capitolo perché sappiate che questa storia non
avrà un seguito almeno
fino a settembre. Purtroppo andrò in vacanza in un posto
dove, ahimè, non c’è
il computer. Vi prego però di aspettare con pazienza,
perché la raccolta non è
affatto completa. Grazie di tutto!!
Shine