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Autore: MockingbirdBlack    11/02/2014    4 recensioni
‘’HARRY!’’ sbraitò, ‘’come diavolo ti è venuto in mente di… di… ? ‘’ sembrò perplesso, ‘’ che cavolo hai fatto ieri sera? Si può sapere? In ogni caso, non devi comportarti da ***!’’
La guerra è terminata; Harry e Ron intraprendono la carriera di Auror, durante la quale incontreranno esilaranti ma anche gravi problematiche. Il mondo magico è cambiato, proprio come Harry stesso: "mutato" dalla guerra e da altre cause. Una singolare e inattesa amicizia riuscirà a guarire il giovane mago?
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Pairing: Draco/Harry

Disclaimer: Harry Potter, Draco Malfoy e tutti gli altri personaggi dell’universo di Harry Potter sono di proprietà di J.K. Rowling e di coloro i quali sono stati autorizzati a usarli. Non si intende violare nessun copyright.

Note dell'autrice: Il titolo ("Unchained Melody") è il titolo di una canzone dei Righteous Brothers, testo e musica oltretutto molto sdolcinati ed incarnano tutto il mio amore per la Drarry! Il titolo di questo primo capitolo, invece, è preso dal testo della canzone "Iridescent" dei Linkin Park (che ha un grande significato emotivo per me).
Buona lettura! 


Capitolo 1 - Lost in desperation 
 
 ‘’Harry!’’

L’incessante pioggia ricopriva in maniera parziale le urla dell’alto ragazzo che colpiva con forza la porta d’ingresso del numero dodici di Grummauld Place. La sua voce era graffiata e affaticata e aveva i vestiti completamente zuppi. Il sole non era ancora sorto, i lampioni erano ancora accesi.

 ‘’Harry, aprimi immediatamente!’’

Ogni tanto alzava istintivamente la bacchetta in aria, ricordandosi poi che a causa degli incantesimi protettivi ogni suo sforzo sarebbe stato nullo, oltre all’urlare a squarciagola e frantumarsi la mano contro il legno.

‘’Harry, giuro che se non apri questa stramaledetta porta –“  

Si sentì un suono sordo. Una ragazza riccia comparse accanto al giovane mago.

‘’Ron,’’ Hermione guardò il ragazzo sconcertata, ‘’l’hai trovato? Non risponde? Sono sicura che-‘’

‘’Tranquilla.’’ Ron le cinse la schiena con un braccio e la baciò dolcemente sulla guancia.

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto poi da un cigolio fastidioso proveniente dai cardini della porta. Le sopracciglia dei due maghi si alzarono all’unisono e prima che l’ospite comparse dietro lo spesso legno, Ron irruppe con forza nell’appartamento dei  Black rischiando di inciampare per la foga.

‘’Ora mi devi spiegare perché cavolo ci hai messo tanto a –“ Con due enormi passi attraversò metà corridoio, ma prima di poter urlare un altro insulto contro il suo amico, la visione di una creatura ben diversa da un essere umano lo immobilizzò dallo stupore per poi arrabbiarsi maggiormente. ‘’Tu!’’ Sputò quelle parole guardando con furia l’elfo domestico.

‘’Ron!’’ Hermione entrò nell’abitazione scansando il suo ragazzo preoccupata ed infastidita, ‘’sii più gentile!’’

‘’Kreacher,’’ riprese con tono più dolce, ‘’devi scusarlo. Piuttosto, dov’è Harry?’’

L’elfo guardò la ragazza dal basso verso l’alto con i suoi enormi occhi tondi, ‘’il signor Potter mi ha detto che nessuno poteva entrare in casa –‘’ tenendo fisso lo sguardo su Ron si allontanò con precauzione, spaventato dal suo sguardo crudele, ‘’a meno che non mi fossi accertato che si trattasse di voi due. Ma ci ho messo del tempo nel riconoscervi.’’
Kreacher mostrò un foglio ai due maghi. Era una foto e risaliva a parecchi anni prima, forse frequentavano il terzo anno di Hogwarts; tre ragazzi molto più giovani e felici sorridevano felici all’obiettivo, stringendosi in un tenero abbraccio. Hermione sussultò appena quando guardò il pezzo di carta ingiallito, scacciò in fretta il sentimento di nostalgia ricordandosi del reale problema.

Ron la precedette, ‘’dov’è Harry?’’ disse ancora gridando ed avvicinandosi minacciosamente all’elfo.

‘’Io… Kreacher non sa dove sia,’’ farfugliò impaurito, ‘’l’ultima volta che l’ha visto era qui, saliva le scale… era conciato male, ma non ha voluto che il suo elfo lo aiutasse. Mi ha minacciato! A me! Io ho servito la stirpe dei Black per tutti questi anni! E ora, devo sorbirmi anche lui…’’ percorse il corridoio continuando a farfugliare invettive contro padron Potter e i suoi amici, fino a fermarsi all’inizio della rampa di scale. Ron ed Hermione lo seguirono. ‘’Era furioso, faceva tanta paura a Kreacher e lui mi ha scacciato via! Ah! Faceva proprio paura!’’

Hermione guardava preoccupata Ron, il quale repentinamente balzò sula scalinata saltando tre gradini alla volta.
Cominciò freneticamente ad entrare in ogni stanza di casa Black, aprendo e in contemporanea sbattendo le porte con fare violento. Hermione lo seguiva silenziosa, ad ogni tonfo sobbalzava guardando preoccupata il ragazzo dai capelli rossi, rimanendo tuttavia in silenzio; lanciava ogni tanto qualche incantesimo riparatore per rimediare alla goffaggine esasperata di Ron.

Il mago oltrepassò di corsa l’entrata di una camera, sulla cui porta la targhetta ‘’Sirius Black’’ guardava sbilenca la stanca Hermione, che rimase immobile all’entrata della camera.
‘’Oh mio… ‘’

Harry era steso a terra, probabilmente crollato ancor prima di riuscire a raggiungere il grande letto a baldacchino ordinatamente rifatto, e presto Ron capì il perché.
Non era difficile intuirlo. La moquette verde era coperta di macchie bordeaux di un liquido denso, probabilmente proveniente dal fianco del ragazzo bruno che giaceva per terra.

‘’Harry! Harry!’’ Ron gridava nell’orecchio dell’amico, inizialmente provò a scuoterlo ma capì subito che ciò gli avrebbe solo arrecato danni ancor più seri. ‘’Harry… Ti prego!’’
La sua voce si spezzò una volta resosi conto della gravità della profonda ferita appena sotto la costola destra del suo amico.
Ron rivolse in fretta il suo sguardo ad Hermione, la quale era sopraffatta dal nervosismo, ma che si avvicinò prontamente a Ron. Sebbene avesse visto in diverse occasioni il suo amico ferito, il dolore non tardava a sopraggiungere e recuperare il controllo diventava estremamente complicato, ma necessario. Si accovacciò accanto ad Harry e pensò quanto fosse irresponsabile quel ragazzo.

‘’Hermione, fai te qualcosa.’’ Sospirò Ron, esausto. ‘’Io non ho idea di cosa – ‘’

Harry fece un verso strano, il suo viso era distorto dal dolore.

‘’Oh, ma è mai possibile che quello stupido elfo non se ne sia accorto quando è rientrato?!’’

Ron rimase sbalordito nel sentire quelle parole provenire proprio da Hermione, la guardò esterrefatto, calmandosi subito dopo, consci entrambi che la causa delle sue fredde parole fosse la preoccupazione che annebbiava la mente di entrambi.

‘’Oh andiamo, Ron! Guarda com’è conciato!’’ Poi, con le mani tremanti prese la borsetta di perle che pendeva dalla spalla e all’interno di essa pescò una fialetta. Alzò la maglietta di Harry con delicatezza e iniziò a versare lentamente il contenuto di essa. Ogni goccia che cadeva sulla ferita del ragazzo guariva un lembo della sua pelle.

‘’La porti ancora con te?’’ le sussurrò Ron.

‘’Quasi sempre.”

‘’Tranquilla,” le baciò la fronte e si accasciò per terra esausto.

*

Urla, un medaglione, un diadema, Nagini, maledizioni senza perdono.

Il pensatoio, sua madre, Severus Piton. Suo padre, Lupin, Sirius.

Quella risata… così fredda, così crudele. Lo sguardo assassino che ormai disprezzava, ma inevitabilmente compariva nei suoi incubi.

Hagrid che lo portava in braccio, piangendo come un disperato.

Fred.

La creatura orrenda nell’abbagliante stazione di King’s Cross.

Neville che era disposto a sacrificarsi pur di sconfiggerlo.

Tonks, Canon, Lavanda Brown.

La bacchetta di sambuco.

L’anatema che uccide scagliato contro di lui.

Finalmente si svegliò.

‘’Hmm, cos- ’’ Harry aprì gli occhi, sentì alla testa un male atroce, ma non era niente in confronto alle fitte al ventre che sentì un attimo dopo, ‘’Ah!’’

Non appena i due ragazzi sentirono Harry gemere si avvicinarono a lui.

‘’Harry, mi dispiace! Oh, che stupida, mi dispiace tanto! Non ti ho dato niente per eliminare il dolore!’’ Hermione cominciò a rovistare nella sua borsetta, ‘’Perdonami!’’

La reazione di Ron fu completamente l’opposto.

‘’HARRY!’’ sbraitò, ‘’come diavolo ti è venuto in mente di… di… ? ‘’ sembrò perplesso, ‘’ che cavolo hai fatto ieri sera? Si può sapere? In ogni caso, non devi comportarti da coglione!’’

‘’Mhmgh – aspettate, ‘’ Harry cercò di sistemarsi meglio, così che riuscisse a guardare i suoi due migliori amici bene in faccia.

Ancora confuso dagli ormai abituali incubi, si volse verso quella che sembrava una macchia rossa che si agitava nell’aria. Cercò i suoi occhiali su degli eventuali comodini, tastando alla cieca. Finalmente li trovò e infilandoseli si rese conto di non essere più nella casa del suo padrino, ma in un ospedale. Probabilmente si trattava del San Mungo, l’unico ospedale magico che conosceva.

Era sollevato che si fossero presi cura di lui, considerate le condizioni in cui si trovava la sera prima. Era rientrato a casa cercando di rimanere lucido, sebbene ogni secondo di più perdeva le forze. Si era trascinato lentamente verso la camera del suo padrino, e premeva con forza la mano sul fianco tentando di riuscire a trattenere il sangue per poter almeno arrivare al letto, trattenendosi dal non urlare per il dolore. In quel momento non gli importava se qualcuno fosse arrivato prontamente a salvarlo, non gli interessava. Sentì di non riuscire a fare più alcun passo e cadde a terra. L’ultima cosa che sentì fu la tiepida moquette sulla sua guancia sinistra. Sorrise lievemente, trovando un’aspra ironia in quella situazione.

Desiderava con tutto il cuore, almeno quella volta, di addormentarsi in un sonno senza incubi.

‘’Io non ho fatto niente di male,’’ disse in tono piatto guardando i volti preoccupati dei suoi amici, ‘’non volevo farvi preoccupare così tanto.’’ Il suo sguardo era incredibilmente apatico, privo di sollievo, felicità o dolore. ‘’Non è niente.’’

‘’Non è niente? NON E’ NIENTE?!’’ ruggì Ron contrò l’amico, alzando sempre più il tono della sua voce, ‘’Harry, ti rendi conto della situazione? Ti stai autodistruggendo! Quasi ogni sera è la stessa storia!’’ Aveva il viso paonazzo, rosso quanto i capelli brillanti, gli occhi determinati intrisi di preoccupazione. Tentò di abbassare il volume della voce a causa delle occhiatacce delle infermiere, ‘’Certo, scusa, devo essermi sbagliato! Dobbiamo ignorare che trascorri ogni sera a girovagare da solo in cerca di risse o chissà che altri guai! Questa volta hai solo esagerato un po’! Se di solito non ti becchi una pugnalata dritta allo stomaco, non ci sono motivi per cui preoccuparsi! Se una volta ti va peggio delle altre mica dobbiamo preoccuparci! Non credi?!’’ Il silenzio calò nella stanza, “RISPONDI!”

‘’Ron, ti prego!’’ lo implorò Hermione, posandogli una mano sul braccio tremante di lui.

‘’No, scusa. Capisco.’’ Disse piano Harry, abbassando lo sguardo.

Era profondamente dispiaciuto di essere una causa di stress dei suoi amici, ma il tono della sua voce rimase spaventosamente impassibile; questo perché si sentiva morto dentro: gli incubi, i ricordi, il senso di colpa lo tormentavano.

L’energia vitale che un tempo lo animava lo stava abbandonando man mano che il tempo passava, lentamente cadeva via dal suo corpo come petali appassiti.
Così Harry lasciava andare via tutto, perché non riusciva a sentire più niente. Ormai da tempo le emozioni positive appassivano fino a deperire e lo spazio libero lasciato da esse Harry lo riservava a sentimenti più cupi: paura, tristezza, colpevolezza. Queste tetre emozioni catturavano il cuore buono di Harry e lo imprigionavano nutrendolo solo con tristi e spaventosi ricordi.  

Hermione guardò allarmata Ron. Non stupore, bensì rassegnazione si presentò sui loro volti. Quella situazione ormai si stava prolungando toppo.

*

Harry Potter al termine di una delle più tragiche ed importanti guerre del mondo magico era psicologicamente e fisicamente distrutto; ogni essere magico lo era, chi più chi meno. Neanche una settimana la fine degli scontri, dopo essersi assicurato la buona salute dei suoi cari, riempì uno zaino di tutte le sue cose e partì. Solo molto tempo dopo il suo ritorno, comunicò quali furono le tappe del suo viaggio.

Spediva ogni tanto un Gufo ad Hermione assicurandole che stesse bene, senza farsi mai sfuggire alcun dettaglio riguardo luoghi o avvenimenti.
Harry ricordava ancora la reazione di Ginny al suo ritorno. Egli si era materializzato nel giardino di casa Weasley, trascorsi tre mesi dalla sua partenza. Non appena ebbe rivisto il luogo tanto familiare si sentì felice e al sicuro.

Aveva scorso in lontananza una ragazza che disinfestava il giardino dagli gnomi, cercando di afferrarne uno. Non appena Ginny si era accorta di Harry, lei era guizzata fra le braccia di lui. Il ragazzo l’aveva stretta forte a sé e le aveva accarezzato i soffici capelli rossi. Poi, con estrema delicatezza, aveva preso il suo volto umido di lacrime tra le mani e aveva appoggiato le labbra sulle sue.

Harry non aveva fatto in tempo ad allontanare Ginny che Ron era arrivato di corsa, non appena visto il suo amico dalle finestre della cucina. Il giovane Weasley si era letteralmente buttato nelle braccia di Harry, stringendolo in un abbraccio energico. Quest’ultimo rise, colmo di gioia, non solo per la vista di Ron, che non vedeva da diversi mesi, ma anche per il panino imbottito che Ron agitava in aria mentre lo abbracciava e del quale molto probabilmente si era completamente scordato non appena Harry era comparso.

Una cosa, che però sorprese ancora di più Harry, fu quando Ron aveva afferrato il suo braccio ed aveva agitato la bacchetta in aria. Subito dopo si erano materializzati in una camera assolata, dove una ragazza dai capelli crespi scriveva freneticamente su una pergamena, circondata da pile di libri miracolosamente in bilico.

“Harry!” aveva esclamato Hermione entusiasta, “Sei tornato!” Lo aveva stretto fra le sue braccia, poi gli aveva stampato un dolce bacio sulla guancia, “non mi avevi detto niente!”
I tre giovani maghi avevano trascorso tutto il resto della giornata insieme, come un tempo, come ad Hogwarts.
Harry era sempre stato preoccupato che se un giorno Ron ed Hermione si fossero fidanzati, loro lo avrebbero escluso, ma fortunatamente ciò non avvenne mai.
 
Il ritorno di Harry avvenne in Agosto, giusto in tempo per prepararsi ai test di ammissione per i corsi di preparazione Auror. Ron entrò nel panico fin da subito, Harry non si comportò diversamente. La generosa e volenterosa Hermione li preparò interrogandoli e facendoli sgobbare ogni giorno sui libri.

“E’ peggio di Piton!” esclamò un giorno Ron, distrutto, “Ci assegna anche dei compiti! Secondo te è normale?”

Harry rise di gusto, continuando a scarabocchiare su una pergamena, sulla quale aveva solamente scritto il titolo del compito: “Procedimenti in caso di coinvolgimento di Babbani” .
Fortunatamente avevano Hermione, pensò Harry divertito. Infatti la sua presenza fu fondamentale e preparò i due maghi alla perfezione: superarono il test d’ammissione con il massimo dei voti.
 

I primi due anni procedettero velocemente. I due maghi erano costantemente esaltati, Ron non era neanche preoccupato dagli esami scritti e le prove di incantesimi, sebbene richiedessero molto impegno, e non mancarono esilaranti ed imbarazzanti incidenti.
 
La stabilità, tanto ricercata da Harry, venne annientata nel corso del terzo anno a causa di diversi cambiamenti. Durante l’ultimo anno di corsi agli aspiranti Auror volontari veniva affidato un periodo di praticantato al Ministero. I giovani maghi avrebbero dovuto lavorare un determinato numero di ore incaricatogli, prima di poter eseguire l’esame finale ed ottenere poi la laurea. In seguito, dopo aver ottenuto un lavoro al Ministero, essi potevano seguire altri corsi più brevi per specializzarsi in un preciso ambito, quali ad esempio Difesa delle Creature Magiche, Protezione dei semimagici oppure Diritti del Mago, etc.

Il lavoro non fu appagante, Harry e Ron vennero immersi di scartoffie restringendo così il loro campo d’azione a semplice lavoro d’ufficio. Inoltre, non avendo un salario, i due giovani persero ogni entusiasmo. Le loro uniche occasioni di svago erano delle brevi pause durante il lavoro, gli immancabili incidenti di Ron e le occasionali uscite con gli altri ex-studenti di Hogwarts. Così l’umore di Harry ebbe un lento e drastico cambiamento. Tuttavia, ci furono altre cause di malessere.
 

Un giorno, in particolare, fu terribilmente devastante per Harry.
Egli lo ricordava ancora. Era a lavoro, chino su disordinati fogli di pergamena. All’improvviso era entrato un gufo nella stanza. Meravigliato, il giovane mago si era avvicinato al gufo ed aveva sfilato il piccolo rotolo di pergamena dalla zampa dell’animale. Ancora prima di finire di srotolarlo aveva riconosciuto l’elegante e soffice calligrafia della sua amata.

Caro Harry,
ti chiedo scusa sia per il disturbo, che per la preoccupazione che ti avrà provocato questa lettera, ancor prima di leggerla.
Vediamoci stasera da te, ho bisogno di parlarti.
                                                                                                                   Ginny
Vuole parlarmi.

Harry si era smaterializzato immediatamente, ancora prima di posare la pergamena, ignorando del tutto l’obbligo di rimanere in ufficio.
Ricordava di essere comparso in una biblioteca di Diagon Alley, proprio accanto al tavolo presso il quale la giovane Wealsey era seduta.

“Harry!” aveva esclamato, sobbalzando.

“Sono qui. Dimmi.” Aveva detto Harry, estremamente serio.

“Hai letto il gufo, immagino. Ma ti avevo scritto di vederci stasera! Non ora!” La maga lo aveva guardato negli occhi notando che lo sguardo del ragazzo non era più amorevole, bensì glaciale, “Harry, io –“

“Avanti, fallo.”

“Amore ti prego, non voglio che tu soffra –“ aveva sussurrato Ginny.

“Non chiamarmi amore, non mi sembra il caso.” Il tono di Harry continuava ad essere piatto. In realtà stava utilizzando tutta la forza che aveva per non crollare.

“Harry, sei cambiato. Lo sai anche te. Non riesco più a comunicare con te, non mi ascolti, sei assente. Non vuoi parlarmi dei tuoi problemi, e questo mi fa male. Sai che io ci sono sempre stata per te, però sembra che non ti interessa più confidarti con me.” Ginny aveva gli occhi lucidi, aveva continuato a parlare per almeno un’ora.
La frase che aveva ferito Harry, come un colpo di pistola a bruciapelo, fu “io ti amavo”. Non appena aveva realizzato che quelle dolorose parole erano uscite dalle morbide labbra della sua amata, non era riuscito a trattenere la rabbia e il dolore. Lacrime pesanti scivolavano sulle sue guance e aveva cominciato ad urlare frasi scollegate.
Lei non lo capiva. Lui non sentiva più il bisogno di confidarsi con lei, ne era consapevole, come era certo di amarla. Tuttavia, da quel momento in poi, ogni emozione che aveva provato veniva brutalmente repressa. Troppa sofferenza, troppe preoccupazioni, troppe cause d’ansia irrazionale.

*

C’erano due persone  nel corridoio dell’ospedale magico San Mungo. Parlavano a bassa voce, con aria furtiva, come se non volessero essere scoperti.

“Ron, io non so più che fare!” sussurò Hermione estremamente agitata, “ho paura per lui, non sappiamo che cosa gli sta succedendo. Non gli avevi parlato tempo fa?”

Ron era su un’antica e rovinata panchina di legno scuro e giocherellava con i lunghi ricci di Hermione, la quale sedeva accanto a lui.

“Certo che l’ho fatto,” sospirò, “ma non ho ottenuto niente. Sembra… svuotato. So già a cosa pensi, lo so anch’io che è depresso. Ma lui non vuole aprirsi né con me né con te!” Ron era palesemente distrutto da questa situazione, “E’ da mesi che non mi parla, nel senso, in privato… hai capito.” Sospirò ancora, si coprì il volto con entrambe le mani. Passarono alcuni minuti. Quando allontanò le mani dal viso, aveva gli occhi arrossati. Si girò, cercò conforto negli occhi di Hermione, la quale non attese un secondo e lo abbracciò accarezzandogli la nuca amorevolmente. “Non vuole aprirsi con nessuno! Proprio ora ha deciso di farsi ammazzare, a due mesi dall’esame!” riprese Ron con voce un po’ roca.

Per ottenere il certificato di Auror, sia Ron che Harry dovevano conseguire l’esame finale e forse per la prima volta era Ron ad essere il più preparato, ma nessuno ci scherzò su, date le circostanze.

“Sono tremendamente preoccupata, come possiamo aiutarlo?” rimasero in silenzio per una buona mezz’ora, poi Hermione riparlò.

“So che è strano dirlo e sentirlo dire, ma… se non fosse stato per Malfoy, non so se avremmo fatto in tempo… sia per le cure, sia –“ le si spezzò la voce mentre parlava, gli occhi le diventarono improvvisamente lucidi. Il solo pensiero di un finale alternativo la fece rabbrividire.

“Già, purtroppo ci tocca ringraziarlo,” sibilò Ron.

“Sii più gentile, per favore,” prima che Ron potesse controbattere, Hermione parlò prontamente, “lo so, che lui non è una brava persona, ma dobbiamo riconoscergli almeno questo.”

“A proposito: cosa è successo ieri sera?” chiese Ron, “Perché mica ho capito bene io.”

“In realtà neanch’io,” Hermione rise lievemente a causa dell’espressione sbigottita di Ron, l’affermazione di non aver capito qualcosa: occasione più unica che rara, “Malfoy ci ha mandato il patronus stamattina presto, avvertendoci che Harry stava male –“

Hey Weasley, appena trovi un momento libero tra il tentare di imparare a volare su una scopa decentemente e tubare attorno alla tua Mezzosangue, vai a dare un’occhiata a Potter a casa Black, il tuo amichetto è messo male” recitò Ron tentando un’imitazione distorta della pungente e fredda voce di Malfoy, “Si, me lo ricordo. Carino come sempre il nostro Serpeverde preferito, eh?”

“Purtroppo dobbiamo ammettere che è stato inspiegabilmente gentile,” lo corresse Hermione, “più che altro dovremo farci spiegare molte cose da Harry, perché mi sembra l’ultima persona al mondo che voglia passare del tempo con Malfoy!”
 
  
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