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Autore: cottoneyejoe    11/02/2014    1 recensioni
"Delia si svegliò di colpo. Gli occhi le si aprivano a fatica, tanta era la stanchezza. Un caldo insopportabile la stava facendo tremare. Prima pensò, ancora in dormiveglia, di avere la febbre. Quando aprì gli occhi però, lo stupore fu così tanto che non capì se stava ancora sognando o meno. La sua stanza era illuminata da una luce rosso sangue e ben presto capì che la fonte di luce era la stessa che le provocava quel caldo tremendo. Chinò la testa e si rese conto che il talismano che aveva appeso al collo, emanava un luminoso raggio di luce rossa e calore. Velocemente se lo sfilò e lo prese tra le mani. Il panico prese il sopravvento su di lei."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1- The amulets


Era una serata di settembre.
Le luci dei lampioni splendevano nella notte di un color ambra, e le foglie di acero rosso volavano sul marciapiede, mosse da un leggero vento di scirocco. Mancavano pochi giorni all’inizio della scuola, quindi Tara e Sam avevano insistito parecchio per organizzare “l’ultima serata da donne libere”.
Delia stava in piedi davanti allo specchio, indecisa sul da farsi. Non le interessava molto la moda, di solito prendeva i primi vestiti che trovava nell’armadio, controllava che l’abbinamento fosse decente e si vestiva di tutta fretta. Poi andava in bagno e si metteva il rimmel e la matita blu, si girava, acchiappava la sua borsa di pelle (l’unica borsa che possedeva) e usciva di tutta fretta.
Ma quella sera, purtroppo, non poteva comportarsi come al solito. Le sue migliori amiche, amanti entrambe della moda, avevano espressamente specificato che “non avrebbero accettato di vederla vestita come una barbona quella sera”. Trascinandola per il braccio, l’avevano portata al centro commerciale e le avevano fatto provare un sacco di vestiti, “tutti un po’ troppo aderenti” aveva pensato Delia che alla fine, dopo una serie di lunghe discussioni e confabulazioni delle due, era stata obbligata dalle amiche a comprare un elegante vestito viola scuro.
Il duo poi passò alla ricerca di un paio di tacchi, ma a quel punto Delia sbottò dicendo che “lei non avrebbe mai accettato un paio di tacchi.
Tutto ma non i tacchi!”. Le sue amiche la guardarono stupite, e dopo essersi guardate, scoppiarono in una fragorosa risata e come se niente fosse successo, ricominciarono a confabulare e cercare scarpe nel negozio come api operose.



In quel momento il suo outfit era delicatamente disteso sul letto. Le sue amiche avevano buon gusto, questo era certo, ma non riusciva comunque a farsi piacere quei vestiti. Lei era troppo semplice per indossare quell’abito e quei tacchi, ma purtroppo sapeva che non aveva diritto di parola quella sera.
Di controvoglia, allora, si vestì e scese le scale traballando sui tacchi nuovi ed infine si sedette sul divano in attesa dell’arrivo delle amiche. “Ricordami dov’è la festa?....” urlò sua madre dalla cucina.
“ A casa di Jennifer Rowland, la mia compagna di corso di matematica. E’ la figlia del dottor Rowland, il chirurgo plastico..” rispose ad alta voce Delia mentre la madre scrostava energicamente una pentola.
In quel preciso istante, il campanello suonò alla porta. Delia afferrò così la sua borsetta in pelle (l’unico oggetto che indossava che sentiva veramente suo) e si fermò davanti alla porta, per prendere le chiavi di casa. Una mano bagnata le si posò sulla spalla nuda.
"Sei proprio splendida tesoro” le disse sua madre, con un sorriso smagliante. Il suo sguardo si rabbuiò di colpo, e di fretta aggiunse “mi raccomando Cordelia, stai attenta. Non bere e non accettare drink da ragazzi che non conosci. Solo dio sa quante cose accadono a feste come quella e…” ma Delia la interruppe prontamente rassicurandola, e le disse che non doveva temere nulla e che probabilmente non si sarebbe nemmeno divertita tanto si sentiva goffa in quei vestiti.
Così facendo, aprì la porta, la richiuse velocemente e camminò sul vialetto in ghiaia (la cosa più difficile di questa terra) e mentre avanzava precariamente a mo’ di papera in mezzo al giardino, si immaginò l’imbarazzo che ne sarebbe scaturito se qualche ragazzo l’avesse vista in quel momento.
Alzò lo sguardo da terra e si vide davanti proprio l’ultima persona che avrebbe voluto vedere dopo quella tremenda camminata.
Oliver Turner era davanti al cancelletto di casa, appoggiato svogliatamente alla ringhiera.
Era la prima volta che vedeva quel ragazzo in tenuta elegante, così si fermò  in mezzo al vialetto e inclinò la testa verso destra scrutandolo di sottecchi. “Qualcosa non va, Stone?” le disse Oliver in tono sarcastico.
“Vedo che ti sei acconciata per bene stasera”.
“Tutta colpa di tua sorella Sam” rispose Delia seccamente, aprendo il cancello.
“Beh, è strano vederti vestita così bene. Saresti proprio sexy se ti vestissi sempre così, invece che come una disadattata”.
Delia si sentì in imbarazzo, ma in effetti quel ragazzo la imbarazzava sempre. Era il suo hobby preferito. La scrutava sempre con quegli occhi azzurri ovunque andava, e ridacchiava quando a scuola lei si muoveva un po’ goffamente in mezzo alla folla oppure faceva gaffe con i compagni.
“Almeno per stasera non tormentarmi, Turner” rispose lei stancamente, aprì la portiera e scivolò sul sedile posteriore, dove era seduta Tara.
“Diamine Stone, tu sei uno schianto!” urlò Tara, e Sam, dal sedile anteriore, aggiunse “stasera farai strage di cuori, non è vero Oliver?”.
A quella domanda seguì un lungo silenzio imbarazzante.
Delia scorse dal finestrino il suo sguardo, e le parve di vederlo leggermente arrossire, ma la cosa durò così poco che ne dubitò subito.
“Forse…sì, può essere. Sempre che non cada lunga distesa in mezzo alla pista da ballo. Quindi non ci conterei più di tanto”.
Tara iniziò a ridacchiare imbarazzata e poco dopo calò il silenzio. Sam accese allora la radio, e cominciò a spettegolare su Kate Bohn e sul suo nuovo e orribile taglio di capelli.
Delia si limitò ad annuire mentre Tara ogni tanto, buttava qua e là qualche frase che subito Sam prendeva come spunto per ampliare la sua critica e rafforzarla. Delia tirò giù il finestrino, si sporse leggermente fuori e chiuse gli occhi.
Questo vento è così dolce” sussurrò e rimase così, beata, per circa un minuto.
Quando riaprì gli occhi, vide che Oliver la stava fissando, incuriosito, con uno sguardo quasi dolce.
Quando però si rese conto di essere stato scoperto, il suo sguardo tornò ad essere quello duro e sarcastico di sempre.
Proprio in quell’istante, Sam bloccò il suo monologo (ormai nessuno la stava più ascoltando) e urlò: “CORDELIA STONE, CHIUDI SUBITO QUEL FINESTRINO! NON VORRAI ROVINARTI L’ACCONCIATURA SPERO!”.
Delia obbedì senza replicare, sebbene dubitasse di avere un’acconciatura. Non aveva fatto niente ai suoi capelli ricci. Anche perché sarebbe stata un’impresa inutile e troppo stancante.



L’automobile si fermò. Oliver tirò il freno a mano, e uno dopo l’altra uscimmo dalla macchina.
Senza dire una parola, Oliver chiuse la porta, girò i tacchi e sparì in mezzo alla folla.
“Tuo fratello è proprio insopportabile” incominciò Tara, in tono sprezzante. “ Non capisco perché si comporti sempre così male con noi, così male con Delia. Ogni volta ha una buona scusa per umiliarla.”
Sam, con fare noncurante, rispose: “ Mio fratello è un tipo strano, ma ha un grande cuore- e poi a dirla tutta, secondo me ci sta provando con te Stone.”
Io e Tara ci guardammo perplesse, ma non ci fu tempo di replica poichè arrivò Jennifer  Rowland a salutarci.
Lei sì che era una ragazza perfetta.
Cheerleader, ottima studentessa, bellissima e gentilissima. Era così buona con le persone che nessuno, nemmeno il suo più acerrimo nemico, poteva odiarla.
Ci abbracciò calorosamente e ci invitò ad entrare, elencandoci il numero di regole da seguire alla festa (non toccare oggetti di valore, etc..).
Dopo che ebbe finito l’elenco, sorrise allegramente e disse: “Bene ragazze mie, ora è tempo che vi divertiate! Se avete bisogno di qualcosa, non esitate a chiedere! Ora vado perché sono arrivate altre persone. Buon divertimento, a dopo!” e così sgattaiolò via e si mise ad accogliere un nuovo gruppetto che era appena entrato in casa.
La sua dimora era davvero enorme: la sala e la cucina erano un grande open space elegantemente arredato, i muri di un color perla e sul pavimento un grandissimo tappetto persiano con bellissime decorazioni colorate. Al centro della stanza, si elevava una grandissima scala di legno che portava al secondo piano.


Delia non fece in tempo ad ammirare lo splendore della casa, che Tara la prese per un braccio e la trascinò al tavolo degli alcolici. Sam le mise in mano un drink e brindò alla loro salute. Dopo aver bevuto quella schifezza, Delia posò lo sguardo su un gruppetto al lato opposto della stanza.
Oliver e il suo amico Charlie erano accerchiati dalle cheerleader. Charlie, che era un ragazzo molto simpatico, intratteneva le (come diceva spesso) “donzelle” con eleganti e divertenti aneddoti, mentre Oliver se ne stava appoggiato al caminetto e beveva svogliatamente il suo drink. Ogni tanto Charlie si girava verso di lui, e con una gomitata cercava di coinvolgerlo nella conversazione, ma l’altro puntualmente grugniva svogliatamente e quindi Charlie riprendeva il suo discorso senza tanto insistere.



Sebbene avesse un carattere scontroso, Oliver aveva sempre gli occhi di tutti puntati addosso, non solo quelli delle donne.
Tutti cercavano di diventare suoi amici, le ragazze bramavano un suo sguardo, anche se era di disprezzo. Delia non capiva come tutto ciò fosse possibile. Forse perché era bello e affascinante come un dio greco.
I capelli erano di un biondo cenere, tutti sempre arruffati (ma mai troppo) e una leggera barba color rame gli spuntava sul viso. I suoi occhi poi erano azzurri come l’acqua, e ogni volta che guardava qualcuno, maschio o femmina, questi si sentiva come paralizzato, e faceva fatica a recuperare l’uso della parola. Ovviamente lui era consapevole del potere aveva sugli altri, e per questo tutti gli davano noia. Solo Charlie era diventato suo amico.
Tutti si chiedevano il perché, visto che i due erano completamente diversi l’uno dall’altro.  Un mistero che probabilmente nemmeno Charlie era riuscito a comprendere, ma lui non era un tipo troppo razionale, quindi accettò di buon grado quella amicizia e i due col tempo erano diventati inseparabili.
“Chissà come fa Charlie a sopportare quel fantasma di Oliver” pensò Delia.
Sì, perché Oliver era proprio questo. Era come uno di quei fantasmi che si vedono nei telefilm alla tv. Un’anima in pena che cerca qualcosa nel mondo ma non sa cosa.
Nonostante i molti suoi aspetti negativi, però, durante la loro lunga conoscenza (i due, infatti, si conoscevano da sempre) lei aveva notato (ma solo in alcune rare occasioni), che c’era qualcosa di umano, qualcosa di amorevole in quel ragazzo. Ma queste occasioni erano più uniche che rare. La maggior parte del tempo, infatti, se ne stava da solo, disprezzando il prossimo e  soprattutto lei.



Tutto d’un tratto si accorse che lo stava fissando ormai da un bel pezzo (persino che le cheerleader e Charlie si erano accorti dello sguardo penetrante che gli stava rivolgendo).
Con nonchalance (sebbene in quel momento si sentisse piuttosto imbarazzata) fece come finta di svegliarsi da un lungo sonno, come se si fosse innocentemente incantata su di lui pensando ai fatti suoi. Le cheerleader e Charlie abboccarono senza problemi e ripresero subito a chiacchierare fra loro. Delia si girò, dando le spalle al gruppetto, prese un drink e cominciò a sorseggiarlo lentamente, guardando fuori dalla finestra. “Imbarazzo scampato” pensò sollevata.
Solo Oliver, del gruppetto, era rimasto con lo sguardo fisso su di lei.



Ormai era passata un’ora bella e buona dall’inizio della serata.
Delia si era pure messa a ballare con le sue amiche (che purtroppo erano leggermente sbronze) e aveva cominciato finalmente a godersi la serata.
Tutto ad un tratto la musica si interruppe, e la padrona di casa prese in mano un microfono e salì su un palchetto improvvisato:
”Buona sera ragazzi!! Siete carichi??” urlò Jennifer alla folla.
Un sacco di risate e urla eccitate le risposero, quindi con un sorriso rispose prontamente:
"Ne sono felice ragazzi! Bene, visto che oggi siete tutti miei ospiti, ho pensato che il modo migliore per far conoscere tutti voi fosse quello di organizzare qualcosa di carino. Una caccia al tesoro vi attende” continuò Jennifer con un tono di mistero “ma non è la solita caccia al tesoro. Due amuleti sono nascosti in questa casa: questi amuleti hanno rappresentato su di essi i quattro cuori celtici.”
Così dicendo, tirò fuori una foto con l’immagine degli amuleti.
“Questi amuleti sono appartenuti alla mia famiglia per molti secoli, ed è tradizione che essi vengano trovati dalle persone che veramente sono fatte l’una per l’altra. Il vostro compito sarà quello di trovare gli amuleti. Chi ci riuscirà, saprà che finalmente avrà trovato il vero amore”.
Dopo questa pausa teatrale, incominciò un brusio indistinto.
Le ragazze incominciarono a confabulare fra loro su chi avrebbe vinto, sul fatto che Jennifer aveva sempre delle ottime idee per animare le feste; alcuni maschi trovarono la cosa divertente, altri, tra cui Oliver, fecero per andarsene. Ma Jennifer era troppo furba per non prevedere le reazioni altrui, così ricominciò prontamente:
“Calmi, ragazzi, calmi! Prima di tutto voglio specificare che TUTTI, ma dico TUTTI siete obbligati a giocare. Sennò che gusto c’è? Come seconda cosa, ora a tutti voi verrà dato un indizio per trovare l’amuleto. Questo indizio è uguale per un maschio e per un’altra femmina. Ognuno dovrà cercare il proprio partner e a coppie fatte inizierà il gioco! Buona fortuna a tutti voi! E che vinca il vero amore!” aggiunse strizzando l’occhio e così incominciò a distribuire, insieme alle sue compagne di squadra  i bigliettini a maschi e femmine.
Quando ebbero finito ci fu un gran trambusto: tutti incominciarono a mescolarsi fra di loro, la gente cominciò a sgomitare, e la situazione durò così per una buona mezzoretta.
Delia se ne stette in mezzo al trambusto per una decina di minuti, poi stufatasi del gran chiasso, cominciò a farsi largo in mezzo alla marea di gente. Tentò di arrivare da Tara e Sam, che oramai avevano già trovato il loro partner, e si scambiavano occhiatine di soddisfazione.
Ma tutto d’un tratto, senza rendersene conto, Delia inciampò sui suoi stessi piedi e cadde a terra lunga distesa in mezzo al salone.
La gente intorno a lei si fece da parte. Le faceva un male cane la testa e non capiva più niente. Ad un tratto, in mezzo a tutto quel trambusto, una voce a lei familiare si levò tra la folla:
”Sembra proprio che io e te siamo in gruppo insieme, Stone. Ma credo che sarà difficile vincere vista la tua scarsa capacità di stare in equilibrio sui tuoi piedi..”.
Delia alzò la testa e vide che Oliver teneva in mano il suo indizio.
“Ci deve essere un errore” rispose intontita Delia, che cercò goffamente di rimettersi in piedi.
“Sempre la solita diffidente” rispose Oliver divertito. “Guarda con i tuoi occhi”riprese freddamente.
Ormai Delia si era alzata in piedi, e dopo che la folla aveva ripreso la ricerca, guardò i due fogliettini “Segui il tuo cuore” dicevano entrambi.
“Non pensare che io ne sia felice, ma visto che siamo obbligati a giocare, facciamo in modo che tu riprenda un po’ di conoscenza. Andiamo in cucina, così ti potrai mettere un po’ di ghiaccio sulla testa.”
“Sto bene” rispose duramente Delia, ma proprio in quel momento ebbe una fitta alla testa, ed emise un gemito.
“Si vede come stai bene. Ora andiamo, non voglio un morto sulla coscienza!!!!” e così la prese per un braccio e la trascinò in cucina, sotto gli occhi perplessi di tutti.
Oliver aprì il freezer, prese dei cubetti di ghiaccio e li mise in una bustina di plastica. Fece un nodo ben stretto e avvolse il sacchetto in un panno da cucina.
Poi lo mise delicatamente sulla testa di Delia che provò un forte dolore.
“Grazie per la gentilezza, Oliver” disse gentilmente Delia, grata per l’aiuto del ragazzo.
“Non devi ringraziare. Come ho già detto, non voglio un morto sulla coscienza”.
E così facendo, Oliver si girò verso il salone,  guardò le coppie che si trovavano nel salone e che dato via al gioco, cominciarono a confabulare e a girare incessantemente per la casa.
“Chissà cosa vuol dire l’indiz…” disse Delia, che proprio in quel momento ebbe un’illuminazione.
“Seguimi!” disse a Oliver, balzando giù dalla sedia.
“Dove vorresti andare tu??” le disse con un tono perplesso. “La botta ti deve aver dato proprio alla testa..”.
“Taci e per una buona volta ascoltami!” riprese lei imperterrita. “L’indizio dice di seguire il tuo cuore. Guarda la ringhiera e la finestra sopra le scale”.
Oliver si girò malvolentieri e quello che vide lo lasciò sorpreso: due cuori intarsiati nel legno, uno sullo scorrimano della scala e uno sopra la finestra del secondo piano.
“Seguimi” ripetè dolcemente Delia, prendendolo per mano.
Lui la seguì senza fiatare ed insieme, mano nella mano, incominciarono a salire le scale.
Nella sala il brusio era diventato chiasso e mentre le coppie discutevano sul da farsi, loro sgattaiolarono al secondo piano.
Si girarono intorno ed ad un tratto un altro cuore si trovò di fronte a loro. Era intarsiato su una porta vecchia color avorio.
Oliver vi si avvicinò e la aprì.
All’interno  la stanza era buia, solo qualche filo di luce entrava dagli scuri vecchi. Delia accese così la luce al neon, e per qualche minuto dovettero aspettare che la stanza fosse abbastanza illuminata per cominciare le ricerche.
Quando fu il momento, cominciarono a guardarsi attorno. Nessun cuore, né alle pareti, né da nessun altra parte.
“Questa cosa sta diventando ridicola” sbottò Oliver “io me ne vado”.
“Tu non puoi andartene, noi siamo insieme!”disse prontamente Delia.
“Non ti montare la testa Stone” disse Oliver “questo è solo un gioco e niente più”.
“Lo so che questo è un gioco. Un gioco a coppie. Se non fosse così si chiamerebbe solo gioco, non credi? Hey, aspetta, ma dove vai???”.
Oliver stava uscendo dalla porta e Delia cercò di rincorrerlo, quando improvvisamente si fermò.
“OLIVER! L’ABBIAMO TROVATO!”.
Il ragazzo, che era rimasto fuori dalla porta, entrò dentro lentamente. “Trovato cosa?”.
“L’amuleto scemo! Guarda qui!!”. Indicò il pavimento, così lui si avvicinò. Su una delle fasce del parquet vi era intagliato un cuore.
“Riusciresti a staccare l’asse?” chiese Delia dubbiosa.
“Che domanda idiota” rispose lui, mettendosi all’opera.
Delia stava cercando una risposta a quell’insulto, quando improvvisamente l’asse si staccò.
Oliver infilò la mano dentro il buco e dopo poco ne estrasse una collana e un bracciale. Delia si inginocchiò vicino ad Oliver e con delicatezza gli prese di mano la collana e ammirò il disegno sul ciondolo.
“Ebbene, abbiamo vinto Stone. Complimenti!” rispose Oliver abbozzando un mezzo sorriso.
“Questa collana è bellissima” disse Delia, mettendosela al collo. “Anche tu devi indossare il bracciale” disse Delia, prendendoglielo dalle mani.
“Vieni che ti aiuto a metterlo”.
Così facendo, gli prese dolcemente la mano. I due erano così vicini, non erano mai stati così vicini.
Entrambi ebbero un brivido e si guardarono intensamente negli occhi.
Oliver era così bello, così triste. Lei gli sorrise, di quei sorrisi così dolci e sinceri che solo i bambini sono capaci di fare.
“Questa ragazza è così strana” pensò Oliver “è dolce con me anche se con lei mi comporto da stronzo. E poi ha due occhi così ingenui…”.




Dopo qualche minuto di silenzio totale, Oliver riportò la dovuta distanza tra loro.
Le strappò di mano il bracciale, dicendo: “Questa non è roba per me. Ora raggiungiamo gli altri e diciamo che abbiamo vinto. Forza, alzati”.
Uscì dalla porta a passo felpato, e Delia dovette rincorrerlo per stare al suo passo.
Perché improvvisamente Oliver era scappato via? Perché d’un tratto lei aveva creduto, dentro di sé, che le cose tra loro sarebbero potute cambiare?
Per un attimo aveva creduto che anche lui fosse vulnerabile come tutti gli altri.
Invece era sempre il solito stronzo…eppure



Scesero le scale insieme, lui svogliatamente disse alla folla che erano loro i vincitori. Jennifer e la folla applaudirono con entusiasmo e poco dopo, la gente aveva già dimenticato il gioco e tutti erano tornati a bere, ballare e chiacchierare.
Oliver scese gli ultimi scalini e così fece pure lei.
I due si separarono in mezzo alla folla.



Solo lei, in mezzo a tutte quelle persone si sentiva triste.
Guardò per un attimo Oliver, che si trovava dall’altra parte della stanza.
Perché si sentiva così?
E’ vero, lei aveva sempre avuto una cotta per Oliver. Ormai lo sapevano tutti, lo sapeva anche lui.
Si riproponeva sempre di dimenticarlo ma era impossibile.
In un modo o nell’altro erano sempre insieme e lei credeva ogni volta, che in fondo, lui era diverso, che era una bella persona.
Ma ogni qualvolta tra loro si instaurava qualcosa, lui subito metteva le distanze. Era dura, davvero.
Il suo cuore si spezzava ogni volta e ogni volta faceva sempre più male.
Delia si avvicinò al tavolo, bevve un drink annacquato che poco dopo incominciò a fare il suo effetto. Si buttò così sul divano e prese un libro dalla biblioteca. “Riflessioni su Christa T.”.
La ragazza aprì il romanzo, incominciò a leggerlo ma a causa dell’alcool e del libro stesso, Delia non riuscì a capirci un bel nulla. L’unica cosa che intuì era che questa Christa T. era una persona veramente forte, anche se non capiva il perché della sua intuizione.
“Quanto vorrei essere Christa T.” disse bisbigliando.
“Non dovresti Delia, anche perché la tua fine non sarebbe delle migliori. Ma capisco cosa intendi” le rispose gentilmente Jennifer.
“Come mai quella faccia triste Delia? Non sei contenta di aver vinto il gioco? Molti (anzi molte) avrebbero voluto trovarsi al tuo posto con Oliver”.
“Io non mi sarei voluta trovare al mio posto, semplicemente perché non hanno motivo di essere invidiose/i di me. Io e Turner siamo due completi estranei” disse amaramente Delia.
“E perché allora è venuto da te quando sei caduta? Perché ti ha aiutata e ti ha soccorsa col ghiaccio? Io vi ho guardati stasera, mi piace guardare i miei ospiti. E a lui piaci. L’ho capito. Per esempio, adesso ti sta guardando di sottecchi.”
Delia si girò lentamente e vide che era vero.
 Subito lui cambio direzione dello sguardo, posando lo sguardo su un’altra ragazza.
“Non credo proprio…per lui sono solo una delle tante. Una ragazzina. Comunque grazie per le tue parole Jennifer. Sei davvero gentile.”
“Perfavore, chiamami Jen” rispose lei sorridendo “comunque mi dispiace che tu abbia così poca considerazione di te stessa, sei davvero una bella ragazza, soprattutto quando ti metti in tiro” aggiunse facendole l’occhiolino.
“E poi..non ho detto tutta la verità su quei talismani (che tra parentesi  potete tenervi, è un regalo). Li ho comprati per quattro soldi ad un mercatino dell’usato da una signora anziana. Lei mi ha spiegato che quegli amuleti appartenevano a due amanti celti, e che il simbolo delle le quattro rose, rappresentava l’amore eterno. Solo due veri amanti avrebbero potuto trovarlo. E, testuali parole, ‘l’amuleto ha una lunghissima storia di avventure alle spalle. Si dice che se due veri innamorati lo possiederanno, allora le vite di entrambi cambieranno e una nuova vita, una nuova avventura si prospetterà loro’. Ah caspita! Dovevo chiamare mio papà 10 minuti fa, mi ammazza!” disse Jen, scappò via di tutta corsa.
Delia pensò ancora un po’ alle sue parole, poi l’alcool prese il sopravvento e cominciò a fantasticare sul mondo del Celti.




Il viaggio di ritorno a casa fu alquanto noioso.
Sam e Tara erano sbronze, Delia brilla.
L’unico sobrio era Oliver, che guardava fisso sulla strada. Appena sedutesi in macchina, le due si erano addormentate.
Un silenzio imbarazzante calò tra i due.
Non si dissero una parola finchè non arrivarono a casa di Delia.
Dopo aver accostato la macchina, Delia aprì la portiera.
“Grazie del passaggio. Ci si vede a scuola” disse cortesemente e chiuse la portiera, e direttasi verso il cancelletto, cercò le chiavi del cancello e finalmente entrò in giardino.
Fece qualche passo quando una voce le disse “Delia”.
Si girò verso Oliver, che aveva uno sguardo piuttosto triste e buio.
Delia rimase paralizzata nel vialetto.
Lui la fissò ancora un attimo, visibilmente combattuto sul da farsi.
Infine abbozzò un “buona notte”, accese la macchina e se ne andò.
Delia rimase ancora ferma nel vialetto.
Poi si voltò e andando verso la porta, sussurrò “Buonanotte Oliver”.



Entrata in casa, si sorbì l’interrogatorio della madre.
Dopo aver omesso qua e là alcuni particolari (soprattutto quelli alcolici), la madre rasserenatasi andò a dormire.
La figlia la seguì e andò in camera sua. Si svestì di tutta fretta e si mise velocemente il pigiama. Si butto infine a letto, prese il cellulare e si mise le cuffie, ascoltando la prima canzone che le capitò sottomano.
If you got not kind words to say, you should say nothing more at all’.
Sì, la canzone parlava chiaro.
Oliver non aveva mai una parola gentile per lei e allora perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
Tante ragazze al suo posto si sarebbero sentite fortunate già ad avere il privilegio di essere trattate in qualche modo da lui.
Ma a lei tutto ciò non importava.
Non voleva essere come tutte le ragazze, non voleva bramare un amore impossibile.
Non voleva essere la tipica ragazza che si innamora del ragazzo sbagliato.
Odiava questo tipo di convenzioni ed in generale odiava le storie scontate. “Devo essere forte e smetterla di crogiolarmi nella speranza che possa succedere qualcosa” disse tra sè convinta.
Così si girò e cominciò a riflettere sul più e il meno, su cosa fare per dimenticare il maledetto ragazzo dagli occhi color acqua, e d’un tratto, senza accorgersene, si addormentò.



I sogni che fece furono del tutto confusi: continuò a sognarsi la serata, gli amuleti e perfino la vecchietta che aveva venduto a Jennifer i due amuleti.
Il sogno diventava sempre più frenetico, finchè ad un certo punto, nel sogno, vide Oliver che le prese la mano e le disse:
Apri gli occhi Delia, ho bisogno di te!”.
Un caldo soffocante cominciò a premerle nel petto e Oliver se ne stava andando.
Dalla disperazione, Delia cercò di inseguirlo e gli urlò: “Aspettami!!!”. Ma nessuno gli diede risposta.


Si svegliò di colpo.
Gli occhi le si aprivano a fatica, tanta era la stanchezza. Un caldo insopportabile la stava facendo tremare. Prima pensò, ancora in dormiveglia, di avere la febbre.
Quando aprì gli occhi però, lo stupore fu così tanto che non capì se stava ancora sognando o meno.
La sua stanza era illuminata da una luce rosso sangue e ben presto capì che la fonte di luce era la stessa che le provocava quel caldo tremendo.
Chinò la testa e si rese conto che il talismano che avava appeso al collo,  emanava un luminoso raggio di luce rossa e calore.
Velocemente se lo sfilò e lo prese tra le mani.
Il panico prese il sopravvento su di lei.
L’amuleto era sempre più incandescente e la luce diventava sempre più abbagliante.
Il calore che emetteva, ad un certo punto fu insopportabile: come se avesse appena toccato una pentola bollente, Delia gettò l’amuleto sul pavimento.
Una luce allora si sprigionò fortissima e il pavimento cominciò a cedere sotto il letto. Una raffica di vento fortissimo entrò dalla finestra, formando una specie di tornado.
Esterrefatta e terrorizzata, Delia si aggrappò con tutte le sue forze al letto.
Il pavimento, tutto d’un tratto, si trasformò in una voragine profonda color rosso: ormai Delia sentiva le forze cedere.
“AIUTO!!!” urlò a squarciagola Delia e sentì una risposta provenire dall’interno della voragine.
“DELIAAA!” gridò la voce familiare.
Ma non poteva essere di quella persona.
Come faceva il vortice a rispondere con la voce di..?-ma non fece in tempo a finire il pensiero che una raffica improvvisa le fece perdere aderenza e senza accorgersene, era rimasta aggrappata al letto con una sola mano.
Le forze ormai erano agli sgoccioli, e stremata, Delia provò goffamente ad aggrapparsi al letto anche con l’altra mano.
Ma il risultato fu disastroso.
Proprio mentre tentò la manovra, una raffica di vento la colpì, ed ella non solo non riuscì nell’intento di aggrapparsi meglio al letto, ma perse anche l’unico appoggio che aveva.
Ciò che ne seguì fu disastroso.
Una sensazione di vuoto la pervase fin dentro le viscere.
Sentì il calore della voragine avvolgersi intorno a lei, poi il nulla.
In pochissimi secondi una luce fortissima si sprigionò dall’interno stanza, illuminando per un secondo l’intera casa.
Dopo un forte scoppio, la luce si spense del tutto e della voragine non ci fu più traccia.
Tutto era tornato regolare.
Niente di strano percorreva le strade di settembre illuminate dai lampioni.
Le foglie di acero rosso volavano sul marciapiede, mosse da un leggero vento di scirocco.
Per tutti quella notte era una notte normale: per tutti, tranne che per Delia.
  
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