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Autore: JustinHoran_Biebs    11/02/2014    2 recensioni
Larry ispirata a Troy, precisamente alla storia tra Achille e Patroclo. I nomi di Harry e Louis sono modificati per motivi di ambientazione temporale diversa. Harry si chiamerà Aralt (antenato gaelico di Harold) e Louis sarà Uiliam (antenato gaelico di William).
Genere: Fluff, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Loro ci invidiano.
“L’uomo è ossessionato dalla dimensione dell’eternità e per questo si chiede..’le mie azioni riecheggeranno nei secoli a venire?’ Gli altri, in gran parte, sentono pronunciare i nostri nomi quando siamo già morti da tempo. E si chiedono chi siamo stati, con quanto valore ci siamo battuti…con quanto ardore abbiamo amato.”                                                                                                                                                                                                                                                                                                    -Troy-
Tutti sapevano cos’era accaduto. La rivolta del popolo nell’ultimo distretto aveva fatto il giro dell’intero regno di Aodhan, e i più sagaci già sapevano che Cadogan, il temibile re confinante, avrebbe approfittato dell’enorme scompiglio per cercare un punto debole ed annientare il nemico; e il vecchio Aodhan non aveva esitato a chiedere l’opinione dei consiglieri reali.                                    
-Potrebbe non attaccarci.-  sosteneva uno.                                                            
-Ah, per favore! Conosci Cadogan, vuole farci sparire da anni.- il più astuto e intelligente dei cinque, Ulixes, aveva inquadrato la situazione con una fermezza e una tragicità di ghiaccio.                                  
-Il supremo sacerdote ha già iniziato le preghiere.- disse Aodhan. -Voglio tutti gli eserciti del regno.- sollevò il suo scettro. -Tutti!-                    
-Se vogliamo vincere questa guerra in maniera definitiva, ci serve Aralt.- Gli occhi del re dardeggiarono verso Ulixes: il saggio consigliere aveva appena toccato un nervo scoperto.                                      
-Non ho intenzione di chiamare Aralt. Quello è un demone, non lo si può controllare! Riuscirebbe a rivoltarci contro tutti i battaglioni, l’intero esercito!-                                                                                     
-Non avrai più un esercito se combatti Cadogan senza Aralt e i suoi, Aodhan!-                                                                                                          
Il re si alzò dal trono, combattuto.                                                                              
-Pensaci- continuò Ulixes. -Da quante sconfitte ci ha risparmiato lui con i suoi uomini? Ci serve quel ragazzo.-                                                       
Il primo consigliere assentì, chiaramente d’accordo.                                              
-In ogni caso, lui non verrà. Mi odia, non mi presterà ascolto.- ora Aodhan sembrava cedere. -E tutto perché ho osato ferire quel suo cugino, com’è che si chiama, Uiliam?-   Il nome del giovane Uiliam sembrò risvegliare un’assopita idea nella testa di Ulixes.                                                                                                   
-Gli parlerò io- sussurrò -se i miei sospetti sono esatti, saprò quali corde toccare. Mi darà retta.-                                                                               
 Il re si voltò a guardarlo. -Mi fido di te, Ulixes.-                                                 
Il consigliere annuì, sistemandosi il mantello da viaggio, e uscì senza aggiungere altro.
Ulixes arrivò nel regno del guerriero Aralt solo due giorni dopo e, sapendo che il ragazzo non era molto ospitale se non riconosceva il viaggiatore, si tose il cappuccio del mantello. Gli parve di sentire il rumore di spade che cozzavano l’una contro l’altra. “Si sta allenando” disse fra sé e sé. Seguendo l’incessante rumore giunse a una piazzola dove scorse due figure. La prima era certamente Aralt, capelli ricci e castani, corpo scattante e tunica azzurra; l’altro doveva essere Uiliam, parecchio più basso del riccio, lineamenti con ancora tratti infantili, quasi femminili, leggermente meno agile di Aralt. Entrambi erano di una bellezza che si sarebbe potuta definire divina. In quanto Ulixes era astuto e aveva molto intuito, non credeva per niente alla storia della loro parentela che l’intero regno, compreso Aodhan, si era bevuto. L’intesa che c’era tra i due era quasi palpabile e Ulixes giurò che si sarebbe trafitto con la propria lancia, se solo loro fossero stati davvero cugini. Tra i due c’era qualcosa che andava ben oltre l’affetto familiare o l’amicizia: persino i colpi delle loro spade sprigionavano ondate intensissime di amore allo stato puro. Avvicinatosi ancora di più riuscì a captare la voce rauca di Aralt che dava rapidi consigli a Uiliam.                                                                 
-Schivami, schiva e poi affonda, vai ancora, coraggio!- urlava il giovane riccioluto. L’altro, con un po’ di fatica, seguiva i suoi schemi. Tutto ad un tratto Aralt si bloccò, fece un cenno a Uiliam che abbassò la spada. Il più grande si voltò verso Ulixes, che sorridendo aprì le braccia.                                                                                     
-Vengo in pace, Aralt!-                                                                                             
L’altro sembrò riconoscere la voce e sorrise a sua volta, andandogli incontro. Uiliam si mise dietro di lui e lo seguì, a testa bassa. Aralt e Ulixes si diedero un veloce abbraccio e poi il consigliere mise una mano sulla spalla del più piccolo.                                     
-Ciao, Uiliam. Ora è Aralt che ti allena, eh? Il miglior guerriero del regno come maestro, dovrai esserne fiero.-                                                      
-Sì, è un bravo allievo-  tagliò corto il riccio, spostando Uiliam con una mano dietro il suo corpo. -Ma non usare la tua astuzia con lui, Ulixes.- Uiliam rivolse al suo maestro uno sguardo adorante e questo non sfuggì al consigliere.  -Come per te la tua spada, giovane Aralt, l’astuzia è per me l’arma migliore- disse, per poi aggiungere -ti devo parlare.-                                                                                 
-Aodhan teme la minaccia di Cadogan e così ora torna a me, non è così? Ma è troppo codardo per venire di persona. Non combatterò ancora per lui.- Il suo sguardo corse al petto del giovane dietro di lui, che mostrava una brutta cicatrice, e Ulixes capì che il riccio stava rammentando l’episodio nel quale il vecchio re aveva ferito Uiliam. C’era mancato poco che Aralt, in preda a una rabbia travolgente, uccidesse Aodhan.                                         
-Aralt, amico mio, per favore ascoltami. Riguarda anche te.-                         
Lui sembrò prestargli ascolto e si girò verso Uiliam.                                          
-Uì, per favore vai a fermare gli altri. L’allenamento è finito per oggi.- il ragazzo annuì e con un breve sorriso si voltò e se ne andò. Ulixes e Aralt si incamminarono fino a sedersi su un muro basso lì vicino.                                                                                                           
-So che sei il consigliere d’onore di Aodhan e in quanto tale sei di parte. Ma guarda cosa il tuo re ha fatto a me. Dovrei essere io suo sottoposto? Guarda cosa ha fatto a mio cugi…- Ulixes lo interruppe bruscamente.                                                                                        
-Per favore Aralt, tieni in considerazione la mia intelligenza e la mia capacità di giudizio. Ti sto chiedendo di prendere parte a questa guerra perché tutti sappiamo che se tu non combatti, Aodhan perde. E se Aodhan perde, Cadogan prende il controllo del suo regno, e tu sarai nei guai.-                                                                        
Aralt ostentò un’espressione confusa. -Nei guai?-                                             
-Oh, per favore, non credere che io sia stato così stupido da essermi bevuto la storia che hai raccontato di te e di colui che tu chiami “cugino”.-                                                 Il giovane guerriero si voltò di scatto, puntando i suoi occhi incredibilmente verdi verso Ulixes: quest’ultimo rabbrividì per l’improvvisa ferocia in quello sguardo, ma lo sostenne con fermezza e sembrò persino intuire i suoi pensieri.                                           
-Non ne ho parlato con nessuno, non credermi stupido- lo rassicurò. -Ma tu saprai meglio di me cosa Cadogan ha fatto a tutti i poveracci nel suo regno che erano…come te.-Evidentemente l’accaduto bruciava ancora sulla pelle del ragazzo, e Ulixes non lo potè biasimare. Immaginava l’estrema frustrazione che doveva provare Aralt.                      -Bruciati vivi- rammentò il giovane. -Morti solo per le brame di un re codardo. Le loro ceneri gridano vendetta!- urlò. Camminava avanti e indietro davanti al consigliere. –Dimmi tu, Ulixes, tu dalle origini latine, non era forse una cosa normale ai gloriosi tempi del Pelide Achille? Non era normale ai tempi del Troiano Enea? Bruciati vivi perché amavano un uomo!-                                                            
I suoi occhi dardeggiarono verso il consigliere ancora una volta, che si alzò e impose le sue mani sulle spalle dell’altro.                                    
-Lo so Aralt, capisco la tua rabbia. Per questo ti chiedo di combattere. Vendicali, ragazzo. Vendica quei poveretti morti per niente.- Gli occhi del riccio sembravano avere un briciolo di determinazione in meno, e Ulixes sapeva come eliminarla tutta.                 
-C’è altro, Aralt. Se tu non combatti e Cadogan prende il controllo del tuo distretto e per caso dovesse scoprire quello che tu sei..-                  
Non gli fu necessario finire la frase. Il giovane sgranò gli occhi.                     
-Uiliam!- sibilò. Era come se avesse la voce soffocata. Ulixes fece un mezzo sorriso.                                                                                                     
-Tu non sai cos’è la paura, riccio. Per questo non sei preoccupato per te. Ma sai cos’è l’amore, e sei preoccupato per lui. Devi proteggerlo. Ed è tuo dovere, no?-              Aralt si liberò dalla sua presa e andò a sedersi, le mani sul viso che scoprivano solo gli occhi, fissi in un punto non molto lontano. Ulixes seguì seguì quello sguardo e scoprì che puntava dritto a Uiliam. Il ragazzo era intento a raccogliere alcune spade rimaste sulla piazzola. Ne scrutò una piuttosto piccola e la provò. Aralt sorrise a quel gesto e scosse piano la testa. Poi si rivolse al consigliere.                                                                                                                
-E se lo facessi fuggire? Andrebbe lontano, sarebbe al sicuro.-                      
-Lo lasceresti andare solo e lontano da te?- Ulixes schioccò le labbra, scettico. Il ragazzo scosse impercettibilmente la testa. Era combattuto.                                                    -Non voglio combattere per Aodhan. L’ho giurato quando ha ferito Uiliam. Non ammetto alcuna eccezione.-                                                 
-Certo, e non ti biasimo per questo. Ma guardalo. Guarda quel ragazzo- e qui il suo braccio si alzò a indicare Uiliam, che si era seduto nelle scale e scrutava l’orizzonte. -è lui la tua eccezione, Aralt. La tua sola eccezione.- Ulixes lo fissò. -Combatti per lui, amico mio.-                                                                                                                Quell’ultima affermazione sembrò convincere il giovane guerriero, che fece un cenno d’assenso.                                                              
-Partiamo fra una settimana.- il consigliere battè una mano sulla spalla di Aralt, che rivolse un cenno a Uiliam. Questi si alzò rapidamente e corse verso il suo maestro, che gli circondò i fianchi con un braccio e gli rivolse uno sguardo tale che Ulixes si sentì a disagio: un insieme di proiettività, tenerezza e amore che gli fece venire i brividi. Per togliersi da quella situazione si affrettò a dire:                                                                                                                          
-Questa guerra non sarà mai dimenticata, Aralt, né i guerrieri che la combatteranno.-                                                                                                                                            Il giovane non distolse gli occhi da dosso al suo amato.                                    
-Non combatto questa guerra per la gloria, Ulixes.-                                         
-No, presumo che tu abbia un motivo migliore stavolta.-                                        
Aralt gli rivolse un sorriso. -Ci vediamo Ulixes.-                                                 
-Contaci Aralt.-                                                                                                           
Il consigliere voltò le spalle ai due e se ne andò. Non appena si fu allontanato a sufficienza, Uiliam si voltò verso Aralt.                                       
-Vuoi andare? Vuoi combattere?- La sua voce era limpida e acuta, e quelle due domande trasudavano panico. Puntò i suoi occhi blu dritti in quelli del più grande, e quello per calmarlo gli mise una mano sulla guancia, accarezzandolo piano.                                                        
-Su, su calmati. Lo sto facendo per noi.-                                                              
-So che se Cadogan ci trova saremo in pericolo, ma io ho paura per te. Voglio venire anche io, voglio combattere con te.-                             
-Non se ne parla, Uiliam! Tu non verrai neanche con me!-                                 
-Sei forse impazzito?- Il più piccolo spalancò gli occhi e gli prese le mani. -Come credi che possa vivere io, senza sapere niente di te, qui da solo mentre tu sei là in guerra? Come credi che possa andare avanti ignorando se sei vivo o morto? Senza sapere se tornerai?- Gli occhi gli si riempirono di lacrime, che non esitarono a sgorgare e scorrergli sul viso. Aralt lo strinse a sé delicatamente e gli baciò la testa prima di alzargli il viso e guardarlo negli occhi.                 
-E come pensi che possa combattere io, se sto in ansia per te?-                        
Uiliam sembrò ignorare quella domanda, alla quale comunque non avrebbe saputo rispondere. L’idea di stare lontano dall’altro per un tempo indeterminato l’aveva gettato nel panico e il piccolo iniziò a mormorare spezzoni di frasi senza senso, fra i quali il riccio riuscì a captare una sola richiesta: “Non lasciarmi solo.” In quel momento, con quel ragazzo di cui era innamorato fra le braccia, che piangeva e lo implorava di tenerlo con lui, Aralt si sentì più combattuto che mai; alla fine prese una decisione.                         -Verrai con me allora, ma non combatterai. Rimarrai nell’accampamento, così tutte le sere mi vedrai tornare. Va meglio così?-  Uiliam annuì, avrebbe accettato qualsiasi condizione purchè l’altro lo portasse con sé. Entrambi avvicinarono i loro visi e chiusero gli occhi per lasciare spazio ad un bacio e a emozioni che non si potevano percepire visivamente; il più piccolo si strinse teneramente al riccio, che non potè fare a meno di accarezzarlo e rassicurarlo come poteva. Quando si staccarono, Aralt gli asciugò le lacrime con i pollici.                                           
-Non piangere, su. Non è nella natura di un guerriero piangere.- gli sussurrò a fior di labbra.                                                                                    
-Ma è nella natura di un uomo piangere. Me l’hai insegnato tu, maestro.- Uiliam sorrise, gli occhi blu ora contornati di rosso per via delle lacrime, e Aralt non seppe cosa rispondere. Se c’era una cosa di cui il più grande era certo, era che non sarebbe mai riuscito a rispondere qualcosa di sensato, se Uiliam sorrideva.
*
Quando anche gli uomini di Aralt erano arrivati e sistemati lungo il confine, l’esercito di Aodhan era quasi al completo; quello di Cadogan ancora non si vedeva. Aralt e Uiliam si erano appena sistemati nella loro tenda quando qualcuno chiese il permesso di entrare. Le tendine si aprirono e la testa di Ulixes spuntò da fuori.              
-Sapevo che saresti stato tu, Ulixes. Non siamo qui neanche da cinque minuti…entra pure.-                                                                                   
Questi obbedì. -Aodhan ti cerca, Aralt.- lo sguardo amichevole di Aralt si incupì fino a diventare quasi ostile. -Resta con Uiliam.- sussurrò al consigliere uscendo. Ulixes si sedette vicino a Uiliam, che lo guardava con interesse; non aveva mai parlato con lui prima.                                                                                                                         
-E così ti ha permesso di seguirlo, ma non di combattere, giusto?-                     
Uiliam annuì e poi sbuffò, frustrato.                                                                    
-Non devi prendertela, Uiliam. Capisco la scelta di Aralt. Personalmente non permetterei mai che la persona che amo combattesse senza che io possa proteggerla.-               -Ma tu ami una donna, o sbaglio? Io non sono una donna. Sono un uomo e presto sarò un guerriero. Aralt deve accettarlo, non può impedirmi di prendere parte a tutte le guerre che saranno.-                   
-Hai ragione, ma evidentemente non ti ritiene ancora pronto. Uiliam, lui ti ama. Ed è naturale che sia preoccupato per te.-                         
Gli occhi del piccolo si addolcirono a quelle parole, e sorrise.                                
-Lo amo anche io Ulixes, e non penso che tu capisca il vuoto che sento dentro quando lui va in battaglia. Terribile, non mi fa respirare, finchè lui non torna. E allora ricomincio a vivere. Ma quelle ore senza di lui sono il mio supplizio.-                                                      
Sentendo quelle parole Ulixes giurò che mai nella sua vita aveva sentito delle frasi tanto piene d’amore. Gli occhi di Uiliam erano lucidi solo a parlarne. Il consigliere lo abbracciò, cercando di farlo calmare.                                                                                                                        
-Se c’è una cosa che non devi temere, Uiliam, è che Aralt cada in guerra. Si dice che sia il guerriero più forte del mondo, e sai una cosa? Io ci credo.-                                      -Lo so, ma non è un dio.-                                                                                             
-C’è chi dice che lo sia.-                                                                                            
Uiliam sorrise al consigliere, ringraziandolo con parole mai dette.                         
-Sai, penso che se Aralt rientrasse adesso e ti vedesse abbracciato a me, mi ritroverei la sua spada nel cuore prima che io abbia il tempo di salutarlo.- ridacchiò Ulixes, ma Uiliam scosse la testa.                          
-Si fida di te, altrimenti non ci avrebbe mai lasciati soli. Posso farti -una domanda?- il consigliere annuì. -Come hai fatto a sapere di..di noi?-                                                L’altro sorrise. -Si vede ragazzo mio, si vede.-                                                                  
-Si vede così tanto?-                                                                                                  
-Solo se sai osservare, Uiliam.-                                                                                 
Aralt rientrò in quel momento. Vide l’abbraccio fra i due e una punta di gelosia si accese in lui, ma essa svanì all’istante non appena vide gli occhi di Uiliam che lo fissavano, di nuovo (il più grande si sentì mancare) rossi e pieni di lacrime. Il senso di colpa si fece largo in lui, del resto era colpa sua se il piccolo non lasciava passare un giorno senza bagnarlo con le sue lacrime.                          
-Ulixes.- sussurrò il guerriero, la voce rotta. Questo sciolse subito l’abbraccio, fece un cenno di saluto a Uiliam e si diresse verso il riccio. Dopo un breve istante il consigliere si protese verso l’orecchio dell’altro e, andandosene, gli sussurrò –è distrutto.-                        
Aralt strinse i pugni e, lasciando che Ulixes uscisse, corse verso Uiliam, stringendolo a sé. Il piccolo si rannicchiò su di lui, mentre l’altro cercava invano di calmare il suo tremore. Uiliam alzò leggermente il viso per sfregare il naso nel collo del più grande, che rabbrividì.                                                                                                          
-Hai paura, Uì?- gli sussurrò, accarezzandogli un braccio. Il piccolo annuì. -Sarai in pericolo, Aralt, lo sarai sempre.- singhiozzò.                           
-Piccolo…quando entrambi abbiamo scelto questa vita di guerra nonostante l’odio che gran parte dei re prova per quelli come noi, sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Gli uomini ci perseguiteranno e gli dei non ci aiuteranno, ma io ti amerò. Finchè non bruceranno il mio corpo, io ti amerò.-                                             
Uiliam gli sorrise dolcemente e passandogli la mano sulla guancia gli sussurrò:                                                                                                               
-Non puoi metterti contro gli dei, Aralt.-                                                            
Il riccio si sollevò, tirando su con sé anche il piccolo che lo guardò con aria sognante. Uiliam pensò di non aver mai visto niente di più bello in vita sua; il più grande aveva un viso perfetto, una bellezza indefinibile a parole. E gli sembrò impossibile che quel ragazzo così straordinario stesse donando tutto il suo amore proprio a lui.                                                                                                             
-Sai che c’è, Uiliam? Io penso che gli dei ci invidino. E ci invidiano perché siamo mortali, ogni momento può essere l’ultimo per noi- gli mise le mani sulle guance, fissandolo negli occhi. -Questo momento non tornerà, e tu non sarai mai bello come ora.- l’altro sbuffò ma Aralt non gli diede il tempo di aggiungere qualcosa che lo baciò, delicato come sempre. A Uiliam venne difficile in quel momento  pensare che l’altro, che era sempre così dolce con lui, fosse anche in grado di uccidere. Il riccio sembrò sentire qualche brivido di paura che si liberava dai pensieri del piccolo. Tenne i loro visi vicini, staccandosi; e parlò a un soffio dalle sue labbra.                           
-Non devi temermi, piccolo.-
*
Uiliam non riusciva a stare fermo: andava su e giù per la tenda, le mani che tremavano, il cuore a mille. Aralt era uscito da lì solo qualche ora prima, eppure al piccolo sembrava che fossero passati giorni. L’ansia lo divorava e uscire dalla tenda non lo aiutò: il campo era deserto, ai pensieri già cupi del giovane si aggiunse un senso di desolazione. E se… “sta bene, Uiliam” si ripetè, tentando di auto convincersi. “sta bene e stasera tonerà. Lui non perde mai una guerra.” Ma il senso di angoscia non diminuì, e gli incubi della notte prima riaffiorarono. Solo che quella notte dopo gli incubi aveva trovato le calde braccia del più grande ad avvolgerlo e consolarlo; in quel momento invece era solo e se avesse aguzzato l’udito sarebbe riuscito a sentire il fragore e le urla della battaglia. Ma non lo fece, rientrò nella tenda, prese un grosso pezzo di legno e una lama affilata e cominciò a intagliarlo. L’unico modo che aveva per non pensare.                        
Qualche chilometro più avanti, Aralt desiderava tanto pensare, ma non ne aveva il tempo; i nemici spuntavano come funghi e lui li abbatteva con altrettanta velocità. Saettava da una direzione all’altra, uccidendo quanti avevano la sventura di trovarsi nella sua traiettoria. Quanto avrebbe voluto starsene in pace con Uiliam…                                                                                                                           
-Aralt, per tutti gli dei, fa attenzione!-  non ebbe il tempo di capire il senso di quelle parole perché un bruciore improvviso al braccio destro gli fece perdere il senno per un secondo. Si voltò verso colui che aveva osato ferirlo e con un sol gesto gli squarciò la gola, lasciandolo a terra rantolante. Quando ebbe eliminato anche gli ultimi tre nel suo cammino si voltò verso chi gli aveva urlato di stare attento: Ulixes.                                                                            
-Grazie per prima, Ulixes.-                                                                                      
-Figurati ma, per favore, tieni Uiliam fuori dalla tua testa quando combatti.-                                                                                                                 
-Io non..- tentò il riccio.                                                                                         
-Non prendermi in giro, era un attacco facile, avresti potuto respingerlo ad occhi chiusi se fossi stato concentrato. Ero dietro di te, ho visto tutto: c’è solo una cosa che può farti perdere la concentrazione..o forse dovrei dire una persona?-  ammiccò il consigliere.                                                                                                                        Entrambi, liberi da avversari, si voltarono a guardare la dinamica dello scontro. Con la coda dell’occhio Aralt scorse un nemico che stava per scagliare un fendente mortale sull’amico: agì senza pensare e con un movimento velocissimo tagliò all’avversario la mano che reggeva la spada.                                                                                              -No che non lo fai, codardo!- ruggì. -Attacchi alle spalle, che uomo sei?- con tutta la rabbia che aveva in corpo lo finì infilzandogli la spada nel cuore, Ulixes lo ringraziò.         -Mia moglie aveva ragione quando mi disse di essere molto più tranquilla sapendoti al mio fianco. Sei un amico, Aralt.-                                  
Prima che il riccio potesse rispondere il suono di un corno echeggiò nel campo rosso dal sangue; l’urlo di trionfo venne dai guerrieri di Aodhan.                                                -Si ritirano! Si ritirano!- come un sol uomo, tutti esultarono; Aralt e Ulixes non dissero una parola e iniziarono a vagare per il campo, alla ricerca dei loro morti. Quando finirono il sole era quasi tramontato.                                                                                                   
 -Quanti ne hai perso, Aralt?- domandò il consigliere.                                      
Il ragazzo sorrise orgoglioso e Ulixes ebbe una rapida visione delle sue fossette.                                                                                                                  
-Nessuno dei miei è caduto in battaglia, oggi.-                                                                       
Si voltò e si rivolse ai suoi guerrieri. -Forza leoni, alle tende!-                                                                                      
Quelli risposero con un gran sorriso e presero la strada per tornare all’accampamento. Un re di un distretto vicino si accostò al giovane riccio.                                                   -Hai combattuto come un dio, Aralt. Sono fiero di fare questa guerra con te.-                                                                                                         
 Aralt sorrise. -Lo sono anch’io, gran re.-                                                                         
Quello fece un cenno di saluto a Ulixes e se ne andò. Anche Aralt si girò verso il consigliere.                                                                            
-Devo lasciarti, Ulixes. Ho già tardato e- abbassò la voce -Uiliam è già abbastanza in ansia senza che io lo faccia aspettare ancora.-                   
L’altro annuì comprensivo e gli diede una pacca sulla spalla. -Vai.-               
Aralt si incamminò, e passo dopo passo sentiva la tensione per la battaglia lasciare il posto alla stanchezza, che scese su di lui come un ombra scura, rallentandolo. Tuttavia la determinazione di tornare da Uiliam era più forte e continuò a camminare. Giunse alla tenda, l’aprì e scorse il piccolo che dormiva, teneramente rannicchiato su se stesso, stringendo una delle tuniche del riccio. Aralt sorrise e gli accarezzò piano una guancia. Quel gesto fu sufficiente a svegliare il minore, che era solo in uno stato di tormentato dormiveglia. I suoi occhi blu si socchiusero e poi, una volta visto il viso del guerriero, si spalancarono.                                                
-Amore!- rimase pietrificato a fissarlo e toccargli il viso. Il cuore di Aralt perse un colpo sentendo come era stato chiamato; raramente Uiliam lo chiamava così, e ogni volta lui si sentiva estremamente felice. Poi il piccolo si riprese e lo abbracciò di slancio. Aralt ricambiò stringendo gli occhi: nella fretta di stringerlo la manica della veste del ragazzo aveva sfregato contro il suo braccio ferito.                                                                                                     
-Stai bene? Io..oh ero così in ansia, stai bene? Com’è andata? Chi ha…-  ammutolì quando notò l’espressione sofferente di Aralt e la sua mano che andava a coprirsi il braccio.   
-Oh, per tutti gli dei, ma tu sei ferito!- Aralt scosse la testa cercando di calmarlo.                                                                                             
-Tranquillo piccolo non è niente, guarirà..- ma l’altro lo costrinse a togliere la mano e trattenne il fiato vedendo la ferita.                                      
-Non è niente?!- chiese retoricamente. Lo spinse, delicato come sempre, verso il loro letto, facendolo sedere. Prese un recipiente pieno d’acqua, delle bende e un panno, e iniziò a tamponargli la ferita.                                                                                                                           
-Chi è stato, Aralt? Dimmi chi è stato!-                                                       
-Non ti servirebbe sapere chi è stato, piccolo. L’ho già ucciso e comunque non so il suo nome. Non è una  grossa ferita, stai tranquillo.-                                                             Il piccolo gli sorrise mentre gliela fasciava, e Aralt sollevò l’altro braccio per sfiorargli con la mano la fronte, il naso, le labbra, facendolo arrossire. Uiliam gli fissò la benda in modo che rimanesse ferma.                                                                                                        
-Fatto.- sorrise.                                                                                                                                               
-Grazie, piccolo.-                                                                                                 
Uiliam abbassò la testa, non sapendo cosa dire, mentre il riccio si sdraiava sospirando.                                                                                                  
-Sei stanco?- chiese allora, sfiorandogli il ventre. Aralt annuì, prendendolo quasi di peso e mettendolo su di sé. Il piccolo si agitò.                                                                       -Mettimi giù se sei stanco.-                                                                                    
L’altro lo zittì baciandolo e Uiliam smise di ragionare, come sempre quando il più grande lo baciava in quel modo. Il ragazzino gli passò le mani dal ventre al petto, sfiorandolo delicatamente. E con quel gesto, Aralt si sentì finalmente a casa.                                            
-Sai, è bello averti qui- sussurrò al piccolo. -è bello trovare qualcuno ad aspettarti quando torni stanco da una battaglia, ed è ancora meglio se quel qualcuno sei tu, amore.-  -Odio stare ore e ore qui da solo, è straziante, non immagini il vuoto che sento dentro quando non ci sei e non so se stai bene o no, io non..-                                                 Aralt lo baciò ancora, notando gli occhi lucidi del minore.                          
-Sono qui ora, no? Non piangere, hai pianto abbastanza i giorni scorsi. Sono qui e tornerò ogni sera, chiaro? Ti ho fatto una promessa e la manterrò, piccolo, non avere dubbi su questo.-                        
Uiliam annuì, poggiando la sua testa sul petto del più grande. Entrambi chiusero gli occhi e si addormentarono, stringendosi teneramente.
*
Ulixes era inquieto quella mattina: il re lo aveva convocato pochi minuti prima con la massima urgenza. Per questo rimase pittosto stupito, entrando nella tenda di Aodhan: credeva che quest’ultimo avesse convocato tutti e cinque i consiglieri, invece era solo.                                                                                                                      
-Avevi qualcosa da dirmi, mio re?-                                                                          
-Ti ho convocato qui per parlare di..di Aralt.- il consigliere aggrottò le sopracciglia. -O meglio- precisò il re –del fatto che in questi giorni di battaglia ha continuato a sfidarmi, negandomi le spade di coloro che ha ucciso, e cioè quello che mi spetta come tributo.-                                                                                                                      
-Non posso aiutarti. Per quanto Aralt sia mio amico non entriamo mai in argomenti che riguardano le sue questioni private.- Mentiva. Ulixes mentiva al re pur di salvare l’amico. -E quella che c’è tra voi due è una questione privata, Aodhan, lo sai bene.-                            
L’altro annuì frettolosamente. -Sei qui per darmi il tuo onesto consiglio e, se vorrai, il tuo aiuto.- scelse bene le parole, Aodhan, per non far sentire Ulixes obbligato, ma sapevano bene entrambi che rifiutarsi di aiutare il re poteva voler dire guai molto grossi.                  
-Ho deciso di prendere in ostaggio Uiliam, il suo cugino a cui Aralt tiene tanto. Finchè non mi darà il tributo in spade, quel ragazzo sarà quello che mi prenderò di diritto.-  E qui ridacchiò. Il suo animo cattivo già gioiva al pensiero di un’azione tanto crudele. Ulixes trasalì. Aralt sarebbe semplicemente impazzito.                                 
-Aodhan, no. Tu non..hai idea del rapporto che lega quei due..cugini. Aralt sarebbe capace di uccidere l’intero esercito per riaverlo. Facendo così agirai solo a tuo discapito.-  Tentò di dissuaderlo, misurando bene le parole per non far trapelare niente.                                                                                                                         
-Non provare a dissuadermi, Ulixes. Io ho già deciso, agirò comunque. E visto che Aralt ormai sarà già in battaglia, ho mandato uno dei miei messi a prendere il ragazzino nella sua tenda. Sarei felice se tu mi aiutassi a..-                                                            
Ma Ulixes non lo lasciò finire. Era indignato come non lo era mai stato.                                                                                                                   
 -No, mio re. Io ti ho sempre rispettato, ma stavolta no. Non ti aiuterò a rovinare due vite. E ora scusa ma ho una battaglia da vincere.-                                                             Uscì dalla tenda e il re sorrise malefico. Avrebbe fatto ferire Ulixes in battaglia, quel giorno.                                                                                   
-Non ci si oppone ai voleri del re.- mormorò.                                                     
In quel momento il suo messo entrò, stringendo fra le braccia il ragazzino che, in confronto alla stazza imponente del servo, quasi scompariva. Stava singhiozzando ed era terrorizzato, e i capelli castani che gli ricadevano sulla fronte davano un tono ancora più chiaro ai suoi occhi blu contornati di rosso dal pianto.                                     
-Calmo, ragazzo- tentò il re. -Se Aralt farà come dico io non ti verrà fatto nulla.-                                                                                                    
Ma quando il ragazzo singhiozzò ancora più forte lasciò perdere, diede ordine di legarlo e si sedette sul suo trono, a riflettere.
*
Erano ore che Uiliam piangeva in silenzio, desiderando che Aralt venisse a liberarlo. I suoi singhiozzi sommessi infastidivano il re, che ogni volta gli lanciava occhiate torve. Il piccolo cercava invano di allentare le corde che gli stringevano i polsi fino a fargli male, in quel momento avrebbe solo voluto camminare per sciogliere la tensione, ma non gli era possibile. Un messaggero giunse di colpo alla tenda, boccheggiando.                                                                                         
-Mio re- esordì fra un sospirò e l’altro. –Ulixes il consigliere è rimasto ferito e, come tua disposizione, un messo che combatteva lì vicino lo sta portando qui. Desidera altro?- Il re scosse la testa e gli fece cenno di andar via, Uiliam notò che non sembrava molto sorpreso del fatto che uno dei migliori fosse rimasto ferito. Non passarono neanche cinque minuti che Ulixes entrò zoppicando.                                                                                              
- Ulixes!- il ragazzino si agitò, come se volesse raggiungere il consigliere.                                                                                                                          
- Uiliam, stai calmo, andrà tutto bene, te lo giuro.-                                                  
Quelle parole rassicurarono un po’ Uiliam, Ulixes non fece caso al re e gli andò vicino, sedendosi accanto a lui.                                                      
- Aralt arriverà presto e sarai di nuovo al sicuro fra le sue braccia, tranquillo.- bisbigliò al suo orecchio e gli asciugò le lacrime che gli inondavano il viso e che non aveva potuto asciugarsi.                                              
Circa due ore più tardi, l’intera tenda fu scossa dalla rabbia di Aralt.                                                                                                                                
- Dov’è Uiliam!- urlò talmente forte che Aodhan arretrò involontariamente. Gli occhi verdi del riccio erano attraversati da una luce di follia.                                                                                                       
- A-Aralt.- riuscì a mormorare Uiliam, troppo spaventato per alzare la voce.                                                                                                         
-Tu dammi le mie spade e io ti darò tuo cugino, Aralt!-                                    
Quello in risposta sollevò il sacco che teneva con una mano. Tintinnava minacciosamente.                                                                            
-Slegalo.- ordinò Aralt.                                                                                           
-Non mi sembra che ti sia chiaro chi dei due abbia..com’è che si dice? Il coltello dalla parte del manico.- fece un cenno a un suo servo, che rapidamente slegò il piccolo e gli puntò una spada alla gola.                                                                                                                          
-Hai le tue spade, che altro vuoi? LASCIALO!- gridò poi quando vide gli occhi di Uiliam, terrorizzati.                                                                    
-Lascia lui, Aodhan! Prendi me se vuoi, uccidi me!-                                       
Uiliam scosse violentemente la testa, e gemette di dolore quando il servo del re, convinto che stesse scappando, strinse la spada sulla sua gola ferendolo. Quando Aralt vide il sangue luccicargli sul collo impazzì, lanciò il sacco con le spade quasi in faccia al re, sguainò la sua e uccise il servo che teneva stretto il suo amato. Quello si gettò fra le braccia del maggiore piangendo. Dopo un cenno impercettibile a Ulixes che solo il consigliere riuscì a capire, Aralt prese di peso Uiliam e uscì fuori. Il tragitto fino alla loro tenda fu silenzioso, il guerriero che cercava di calmare la sua rabbia, il piccolo che si tranquillizzava pian piano mentre sentiva le mani del più grande sulla sua schiena. Smise definitivamente di tremare quando si ritrovò seduto nel loro letto, Aralt che lo stringeva a sé.                                                                                                              
-Che ti hanno fatto, Uì? Voglio la verità. Cosa ti hanno fatto?-                           
- N-niente di grave, Aralt, davvero. Stamattina un..un servo è venuto a prendermi, mi ha portato nella..tenda del re e mi hanno legato lì..io piangevo e loro mi ignoravano, poi è arrivato Ulixes..e alla fine tu.-                                                                                                                  
Aralt gli passò una mano sulla testa, lasciandogli un bacio in fronte.                                                                                                                              
-Sono arrivato qua e non c’eri, ero sicuro di impazzire..credevo che ti avessero ucciso, ho avuto così tanta paura di perderti…- abbassò la testa per non fargli vedere che i suoi occhi verdi erano pieni di lacrime. Uiliam si appoggiò al suo petto, lasciandosi abbracciare.                                                                                                                         -Ma sono qui, Ar. Non ho niente tranne un graffio sul collo e dei segni sui polsi, va tutto bene.-                                                                               
Aralt sembrò ricordarsi di quei particolari solo in quel momento e gli sollevò la testa per guardargli il collo, notando con sollievo che non c’era altro che una lieve ferita.            -Ti fa male?-                                                                                                              
L’altro scosse leggermente la testa e Aralt gli prese i polsi. Quando vide i segni rossi e viola dovuti al continuo sfregamento della sua pelle contro le corde, il guerriero sentì una rabbia impetuosa nascergli dentro. Si allontanò da Uiliam per paura di fargli involontariamente del male e si sfogò tirando pugni a qualsiasi cosa vedesse. Uiliam si alzò e lo circondò da dietro con le braccia, cercando di tranquillizzarlo. Sapeva che era l’unico modo per far sì che il maggiore non facesse a pezzi l’intera tenda, perché quando era davvero arrabbiato aveva bisogno di qualcuno che lo facesse ragionare. E il più delle volte questo qualcuno era Uiliam.                                                                                 -Aralt fermati ti prego, fermati, sto bene, guardami!-                                       
L’altro si fermò quando sentì le labbra del più piccolo percorrergli la schiena e se lo portò di fronte, per guardarlo negli occhi.                       
-Non ti devono toccare, Uiliam. Mai più.-                                                                       
Il piccolo annuì deciso e Aralt lo baciò all’improvviso avvicinandolo a sé. Finirono nel loro letto e da quel momento Uiliam non si concentrò su nient’altro che non fosse le labbra del riccio o le sue mani che gli accarezzavano piano tutto il corpo. E cercarono di fare silenzio, mentre facevano l’amore, ma entrambi sapevano che un sentimento forte come il loro non stava mai in silenzio. Nemmeno in momenti come quello.
*
  Qualche sera dopo Aralt era tornato dalla battaglia vittorioso, ma ferito in modo più grave degli altri giorni. Gemeva di dolore mentre Uiliam gli puliva le ferite e le fasciava con gli occhi lucidi.                      
-Non andare domani- lo implorò. -Sei molto ferito, resta qui ti prego.-
Ma l’altro scosse la testa. -Stai tranquillo, piccolo. Oggi ero solo più stanco e distratto, domani andrà meglio.-                                  
-Allora lascia che io venga con te!-                                                                   
-No Uiliam, neanche per sogno!-                                                                                
La mente del più piccolo lavorava frenetica, in cerca di una soluzione, e decise rapidamente che non sarebbe rimasto fuori dai giochi anche domani, sapendo che Aralt era così ferito; l’avrebbe tenuto d’occhio, anche da lontano. Il più grande, ignaro della determinazione nei pensieri di Uiliam, si sdraiò sorridendogli ed abbracciandolo. Si addormentarono stretti l’uno all’altro come sempre, nel silenzio della notte portatrice di un’ennesima alba sanguinosa.                                                                           
Il giorno dopo Aralt era uscito da pochi minuti quando anche Uiliam uscì. Non aveva una spada, ma sapeva dove trovarla, per questo si diresse verso la tenda dove qualche giorno prima era stato prigioniero. Entrò e si inchinò rapidamente in segno di rispetto al re, che stava seduto nel suo trono.                                                                                 - Ecco qui. Sapevo saresti tornato, ragazzino.-                                              
Uiliam non era sicuro se lo stesse prendendo in giro o no.                                   
-Volevo chiederti una spada, mio re. Mio..mio cugino non mi ha permesso di portare la mia, ma io voglio combattere.-                                   
 Aodhan lo scrutò. Evidentemente non se lo aspettava.                                   
-Vuoi combattere, ragazzino?-                                                                         
-Sì, voglio far vedere a mio cugino che sono pronto. Voglio farmi valere.-                                                                                                                        
Il re sembrò pensarci, poi si alzò e andò a prendere una spada. Era molto lunga, ma leggera, e a Uiliam piacque subito.                                
-Prendila, ragazzo, e vai.-                                                                                     
Uiliam fece un cenno e uscì, stringendo l’impugnatura della spada. Seguendo i rumori incessanti giunse al campo di battaglia. C’erano corpi a terra e sangue ovunque, così come a primavera, nella sua regione natale, si trovavano dappertutto quei bellissimi fiori bianchi che a lui piacevano tanto. Si scosse da quella improvvisa visione ed escluse qualsiasi cosa dalla sua mente che non riguardasse le tecniche di combattimento insegnategli da Aralt. E fu così che affrontò il primo nemico e lo uccise. “Schiva e poi affonda” si ripeteva. “Schiva e poi affonda.” Si faceva strada tra corpi che cadevano e spade che si scontravano, cercando di trovare Aralt. Si guardò intorno per quanto gli permettevano gli innumerevoli nemici. Ma quanti erano? Spuntavano da tutte le parti e Uiliam faceva fatica a tenerli sott’occhio tutti. Sentiva già alcuni graffi sul corpo ma l’adrenalina gli impediva di curarsene. Finalmente, dopo un bel po’ che combatteva, scorse da lontano il riccio. Era quello che lasciava più morti dietro di sé, e non dava segni di stanchezza o fatica. Ma lo sguardo del piccolo fu ben presto attirato da un altro guerriero, un nemico. Un nemico che conosceva. Uno dei migliori amici dei suoi genitori.                                        
-Ciao, Uiliam.- lo salutò l’uomo. Uiliam l’aveva sempre odiato. Non ricambiò il saluto e continuò a fissarlo torvo.                                               
-Non vivi più con i tuoi genitori dopo avergli detto chi sei veramente, non è così?-                                                                                                                        
Uiliam sentì gli occhi diventare più lucidi. Era stato un duro colpo quando i suoi l’avevano cacciato di casa, dopo avergli detto di quello che andava avanti con Aralt.                                                                      
 -Pensa che sollievo sarà per loro scoprire che brutta fine farai insieme al tuo Aralt, quando il mio re si impossesserà del vostro distretto.-                                                        Fu allora che Uiliam capì. Capì che quell’uomo non poteva continuare a vivere, perché SAPEVA. Sapeva il suo segreto e questo metteva in pericolo non solo la sua vita, ma anche quella di Aralt. E lui non poteva permetterlo. Sempre senza dire una parola lo attaccò. Aveva il leggerissimo vantaggio di averlo già visto combattere. “Devo vincere” pensava. “Devo ucciderlo, a costo di morire. Per Aralt, devo farlo per lui.” Ma l’altro era veloce. Troppo veloce, tanto che una parte di lui cominciò a pensare che non ce l’avrebbe fatta. Nonostante tutto non si fermò, lottò con tutto sé stesso ma lo scontro sembrava essere paritario. Combattevano ancora strenuamente quando, prima del tempo, il suono del corno risuonò per il campo, proveniente per la prima volta dall’esercito di Aodhan. Ma Uiliam non poteva assolutamente fermarsi. Doveva eliminarlo o sarebbero stati in pericolo. E nell’improvviso silenzio calato nel campo, il clangore delle loro spade risuonò come amplificato, e attirava sempre più l’attenzione dei combattenti vicini, stupiti del fatto che due soldati stessero ancora combattendo, ignorando gli ordini. Uiliam avrebbe di sicuro continuato a combattere e forse avrebbe anche vinto, se non fosse stato per quell’urlo. Un urlo agghiacciante, che entrò nella mente di Uiliam sconvolgendolo e facendogli perdere la percezione dei sensi per un secondo. Riconobbe quella voce, l’avrebbe riconosciuta fra mille. Era Aralt. Aralt che aveva urlato il suo nome come se ne dipendesse la sua vita.                                                            -UILIAM!-                                                                                                                     
Il ragazzo si sentì mancare. Non aveva mai sentito il più grande pronunciare il suo nome in modo così straziante. Avrebbe solo voluto rifugiarsi fra le sue braccia ma non poteva.                                         
“Concentrato” pensò velocemente. “Devo rimanere concentrato.” Ma era già troppo tardi. La spada dell’altro, con uno scatto veloce e fulmineo gli colpì il fianco. Uiliam non ebbe nemmeno il tempo di stupirsi che cadde a terra.                                             
Aralt vide il più piccolo cadere a terra e impazzì.                                             
-NO!- urlò. Sguainò la spada e corse verso i due. Con uno scatto uccise l’altro che ancora sghignazzava guardando l’avversario a terra. Il riccio si voltò verso Uiliam e gli si inginocchiò accanto, accarezzandogli i capelli.                                                                                          
-Uì..perchè l’hai fatto?- non si dette nemmeno la pena di asciugarsi le lacrime che gli percorrevano il viso.                                            
-Per..noi…Ar…- rantolò il più piccolo.                                                                       
Aralt scosse la testa e strinse gli occhi.                                                                
- N-non morire, Uì. Non provarci nemmeno.-                                                             
- A-Ar..- sollevò con fatica una mano per toccare i ricci dell’altro, che singhiozzò a quel contatto. -Ti amo.- sussurrò, un secondo prima di chiudere gli occhi.                              -No. No, Uiliam!- il riccio urlò, ma invano. Gli occhi del piccolo rimasero chiusi.                                                                                                           
-Aralt…-  Ulixes gli si avvicinò. Era probabilmente l’unico che poteva immaginare lontanamente come il riccio si sentiva.                    
Nel frattempo il re Aodhan era giunto nel luogo di battaglia. Era stato tempestivamente avvisato dell’esito negativo della battaglia e della disubbidienza di un ragazzino che aveva ignorato il suono del corso, e nel vedere il giovane che lui stesso aveva mandato, ammutolì. Persino lui, in tutta la sua perfidia, si sentì in qualche modo colpevole. Era davvero troppo giovane…                                                                      
Ma lo stupore del re aumentò quando vide Aralt, il soldato più insensibile del suo esercito, piangere sorretto da Ulixes. Non era il solito pianto di chi perde un amico, ma Aodhan non lo seppe definire. Appena gli occhi del riccio incontrarono i suoi, il re non seppe cosa dire. C’era tanto, troppo dolore in quegli occhi chiari. Un dolore che Aodhan non sarebbe mai stato in grado di provare.               
-Tu- Aralt parlò, fissando il re dritto negli occhi. –Tu hai dato quella spada a Uiliam. Sei stato tu.-                                                               
Il re cercò di parlare, ma Aralt continuò.                                                           
-Lui è troppo giovane..è solo un ragazzino.- la sua voce tremò, e Aodhan si accorse che il riccio non osava usare il passato.                       
-Non può combattere.-                                                                                          
-Aralt..- provò il re. Stava per scusarsi ma ancora una volta, il guerriero glielo impedì.                                                                                   
-Io ho amato quel mio ragazzo dal momento in cui ha aperto gli occhi al momento in cui tu glieli hai chiusi.-                                                        
-Tu hai amato..?- cercava spiegazioni Aodhan, e il riccio non tardò a dargliele.                                                                                                         
-Hai capito bene, re. Io lo amo. Sì, esercito, ascoltatemi!- alzò la voce per farsi sentire da tutti i soldati, che si erano stretti attorno al corpo di Uiliam, Ulixes che ascoltava stupefatto e Aralt col re che si fissavano.                                                                                                              
-Io amo un uomo- continuò Aralt. -E guardate, anche quelli come me, che voi considerate inferiori, sono in grado di fare battaglie e vincerle. Io amo un uomo, eppure non sono debole, non sono inferiore, sarei in grado di battervi tutti anche con gli occhi chiusi. Io amo un uomo, e che venga qui davanti a me chiunque abbia qualche problema al riguardo.-     
Nessuno si mosse. Aralt sorrise, ma era un sorriso senza gioia, un sorriso che contagiò minimamente i suoi occhi spenti. Tornò a fissare il re.                                                   -E adesso uccidimi pure, Aodhan.-                                                                        
Il re si avvicinò a quel ragazzo che, ne era sicuro, doveva essere dilaniato dal dolore e nonostante tutto rimaneva forte. Impose le sue mani sulle sue spalle.                           -Non avrei mai immaginato di dirlo, giovane Aralt- cominciò il re. -ma hai più onore tu che tutti i miei soldati messi insieme. Hai coraggio. Hai detto pubblicamente una cosa per la quale, in altri regni che noi abbiamo come nemici, si uccide. Ebbene io voglio elevarmi rispetto a questi regni. Tu vivrai, Aralt, e il tuo giovane compagno riceverà la sepoltura più prestigiosa che sia mai stata concessa a un soldato.-                                                                                                      
Aralt fece un cenno di ringraziamento. Le lacrime gli avevano di nuovo invaso il viso, rendendolo incapace di parlare. Il re gli tolse le mani dalle spalle e lui si lasciò cadere sulle ginocchia coprendosi il viso con le mani. Aodhan non seppe come reagire di fronte a tutto quel dolore, e preferì non guardare quel giovane che cercava di trattenere il pianto inutilmente.                                                       
-Aralt!- il riccio si sentì chiamare, ma ignorò la voce di Ulixes. Non poteva credere di averlo perso, di non essere riuscito a proteggerlo, non poteva credere di dover riuscire a vivere senza di lui.                                                                                                                    
-Aralt, per tutti gli dei, guarda!- qualcosa nel tono di voce di Ulixes convinse il riccio a voltarsi, e quello che vide gli tolse il fiato. Uiliam si stava muovendo. Una rinnovata forza in lui lo fece alzare e correre da lui a velocità istantanea.                                                        
-Uiliam.- lo chiamò, passandogli unamano sul viso. Il minore aprì leggermente gli occhi e mise a fuoco il guerriero.                                                         
- A-Aralt..-                                                                                                            
-Sono qui, piccolo, sono qui.-                                                                                    
Aralt pianse ancora, ma stavolta erano lacrime di gioia. Strappò un lembo della sua tunica e gli fasciò delicatamente la ferita.                                                                                                                        
-Come ti senti?-                                                                                                        
Il piccolo non rispose ma si lasciò aiutare a rimettersi impiedi e permise al riccio di sorreggerlo.                                                                           
- N-non piangere.- gli sussurrò dolcemente.                                                    
-Avevi ragione tu, sai?- aggiunse a voce più alta mentre l’altro lo stringeva piano a sé. Ulixes sorrideva, tutti gli altri osservavano i due innamorati nel più totale silenzio. Non un mormorio volava nell’esercito, e Uiliam neanche si accorse di loro. Vedeva solo gli occhi verdi e umidi del più grande che lo guardavano gioiosi, come se fosse la prima volta, ma chiedendogli tacitamente spiegazioni per quella sua frase.                                                                             
-Gli dei ci invidiano. Me e te. Lo so. Me l’hanno detto loro.-                              
Quella frase sussurrata dolcemente fece piangere Aralt ancora di più. Quest’ultimo lo avvicinò a sé e lo baciò. Così, davanti a tutti. E finalmente, dentro di sé, il guerriero dette ragione a Ulixes. Era Uiliam. Era lui e sarebbe sempre stato lui, la sua sola eccezione.
FINE.  









Finalmente ce l'ho fatta! Questa one shot è dedicata alle ragazze del gruppo più pazzo di whatsapp, che mi hanno convinto a pubblicarla. Grazie girls, vi voglio bene! <3 grazie anche a Chiara e Chiara, che mi hanno aiutato e suggerito il titolo e sono state le prime a leggerla, vi amo ragazze, grazie. Nient'altro, spero che vi sia piaciuta. ciaoo!                                              
  
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