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Autore: apandaindisguise    12/02/2014    1 recensioni
"Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio". Questa è la frase che più si addice alla maggior parte dei personaggi della storia che, con il tempo, forse, riusciranno a rendersi conto che non è tutto oro quel che luccica, che dietro ai mille sorrisi di un idol potrebbe esserci qualcosa di molto più oscuro e terrificante, qualcosa di cui persone al di sopra di loro, nell'ombra, si prendono gioco per i loro scopi, rendendo dei veri e propri schiavi/burattini coloro che vengono considerati da un adolescente qualsiasi un modello da seguire ed imitare. Se solo sapessero cosa quei poveri malcapitati siano costretti a sopportare e nascondere al resto del mondo quando i riflettori sono spenti... ma del resto, è stata una loro scelta, no?
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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“Forza, forza! Dovete essere sul palco tra due ore e non potete permettervi il lusso di ritardare, non voi!”
Questo è l’incoraggiante e caloroso buongiorno che mi sento dire ogni mattina e, perché no, anche di notte, da due anni a questa parte e da quando ho cominciato questa vita. Sapevo che sarebbe stata dura vivere così ma non immaginavo che sarebbe stato alla pari della routine dell’esercito, anzi, forse è anche peggio; sveglia nel cuore della notte dopo mezz’ora di sonno, zero libertà, zero vita sociale, non si può bere neanche un bicchiere d’acqua in più che ti bacchettano e mettano a digiuno in un istante, bisogna essere più puntuali di un orologio svizzero, la tua nuova casa è la sala prove e non puoi, assolutamente non puoi dire di no a nessun appuntamento, neanche in fin di vita, ci pensano loro a riempirti di integratori e strani intrugli per farti rimettere in forze, giusto il tempo di fare la tua esibizione e poi tornare dietro le quinte per svenire davanti a tutti, chissà se per la robaccia che ti hanno fatto bere o per stanchezza.
A dirla tutta, in confronto, mi troverei bene nell’esercito, fin troppo.
Non mi resta che alzarmi dal letto e vestirmi, poco importa cosa mi capiti sotto mano (dato che la maggior parte delle volte si vede benissimo che mi sono vestito al buio), altrimenti mi toccherà sorbirmi l’ennesimo rimprovero da parte del manager e la giornata è già iniziata troppo male per i miei gusti, quindi meglio ingoiare la pillola, come sempre, e sopportare tutto; del resto, mi è stato affidato un compito importante e non posso mandarlo a monte, non una cosa del genere che, se fallissi, mi rovinerebbe l’intera carriera, oltre che a rendere ogni mio sforzo completamente inutile.
Neanche trenta minuti che, tutti e sei, ci hanno buttati nel van, pronti per andare al solito music show della giornata e non possiamo assolutamente permetterci di perdere la concentrazione, non proprio in questo periodo in cui c’è molta competizione e dobbiamo dare il meglio di noi, come se non lo facessimo già, ma per loro non è mai abbastanza e non la smetteranno di tartassarci fino a quando non ci usciranno i won anche dalle orecchie, non a caso ci chiamano “macchine sforna soldi” e guai a chi osa lamentarsi.
Come ogni mattina, c’è manager-sshi che impreca contro il traffico con noi dietro che ormai siamo, a malavoglia, abituati ai suoi inutili scatti di ira, tra chi se ne frega, chi ancora dorme e chi è talmente preso dal lavoro che alle sei di mattina si sta già riscaldando la voce, sinceramente rompendo le scatole a tutti, a me più di chiunque altro. Non abbiamo neppure il tempo di scendere dal van che abbiamo già mille fermagli tra i capelli e quintali di trucco in faccia, mancano solo vestiti e microfono e siamo pronti per salire sul palco, fingere di essere ciò che non siamo e poi scendere, ritornando alla solita monotonia, fatta di rimproveri, svenimenti e troppi segreti da mantenere, o meglio, è quello che sono costretto a sopportare io. Lo so, sono stato io ad accettare queste condizioni fin dall’inizio, lo ammetto, e non ho diritto di lamentarmene sapendo a cosa sarei andato in contro, ma ogni tanto anche io arrivo al limite e sono pur sempre un essere umano. Alla fine, se devo proprio essere sincero, a parte tutti questi contro, ci sono anche degli aspetti positivi, seppur pochi: sebbene il nostro manager sia la persona più nevrotica del mondo, lui conosce, almeno in parte, i motivi del mio essere così restio a fare un lavoro del genere e mi salva quando gli altri del gruppo cominciano a fare tante, troppe domande a cui io, per forza di cose, non posso rispondere, rendendomi il lavoro più difficile, e purtroppo non intendo quello da idol. Ve l’ho detto che ho un mucchio di segreti a cui badare. Mi sento anche in colpa, già che siamo in vena di confessioni; sto prendendo in giro fin troppe persone, devo sempre fingere e nemmeno gli stessi componenti della band sono esenti da questa regola, nessuno sa chi sono e persino io, a volte, faccio fatica a ricordare la mia vera identità. Sul palco mi chiamano Zelo, dietro le quinte sono il maknae del gruppo, ma quando sto da solo, continuo a fingere o sono il vero Choi Junhong? Che sciocco però, ora non è il momento di pensarci, Zelo deve salire sul palco e gli altri due non possono che farsi da parte e stare a guardare questo teatrino, mentre lui vive la sua vita e si gode gli applausi delle fan, le lodi, i complimenti, i premi e l’appoggio di tutti, ma prima o poi il sipario deve chiudersi ed anche Zelo deve ritirarsi, lasciando gli ultimi cinque minuti di gloria al maknae che, seppur volesse di più, deve accontentarsi di questo, prosciugando ogni singola goccia di quella felicità che Choi Junhong non riuscirà mai ad assaporare; segreti e problemi sono tutto ciò che lo aspetta al dormitorio e lui non può fare altro che adattarsi, sopportare e, se può, ignorare.
Per fortuna, dopo inutili ore passate ancora tra trucco e parrucco, tra un music show in tv o in radio, possiamo finalmente tornarcene, stremati, a casa, dove ci aspettano solo due fantastiche ore di sonno, sempre se ci va bene, altrimenti abbiamo giusto il tempo di farci una doccia, e poi via, si ricomincia da capo con la solita routine stressante.
Purtroppo io, a volte, nonostante la stanchezza, non riesco a chiudere occhio, nemmeno per un paio di secondi. Zelo e l’innocente maknae vorrebbero riposare ma Choi Junhong si impegna più che può a tenerli svegli, costringendoli a fargli compagnia, perché sono le uniche cose che riescono a ricordargli chi è veramente, quelle ed uno stupido pezzo di carta che ogni volta sembra urlare “tu non sei niente di tutto ciò che vogliono inculcarti nella mente. Ti chiami Choi Junhong, hai ventitré anni e questo non è il tuo vero lavoro”. Ed ha ragione, sto solo vivendo una bugia che mi perseguiterà fino alla tomba.



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Ehm.. salve! Volevo dire un paio di cose riguardo il capitolo, sempre se qualcuno avrà la pazienza di arrivare alla fine, o meglio, se la fanfiction sarà abbastanza interessante. Innanzitutto si, il primo capitolo è volutamente corto, bisogna prenderlo piuttosto come una specie di introduzione a quello che avverrà dopo ma anche per lasciare il lettore con un po' di voglia di sapere il resto e spero che vi convincerà e farà venir voglia di leggere anche le altre parti. Grazie per l'attenzione e soprattutto per aver speso cinque minuti del vostro tempo per leggere questo inizio.
  
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