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Autore: KaterinaVipera    12/02/2014    3 recensioni
Era cambiato. Era cambiato grazie a lei.
Può il Dio dell'inganno cambiare per una donna? per una mortale?
Questa è la storia di come un incontro inatteso può cambiare la vita.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache dei Nove Regni'
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                    Quando una giornata parte male, non può finir bene


 

La mattina successiva quando si svegliò, Loki non c'era. Sparito. Il suo letto era rifatto, segno che non era andato a dormire. A prova della sua presenza in quella stanza, c'era solo un bigliettino indirizzato a lei.

Il suo lato romantico, sopito da tempo, si era risvegliato grazie a lui e al tempo che avevano passato insieme. Felice come una bambina a cui hanno dato una caramella, andò verso il tavolo dove c'era la busta, la prese sperando di leggere chissà cosa.

La calligrafia era impeccabile ma quello che aveva scritto risultava confuso.

Appena ti sarai svegliata fai la valigia,

allontanati il più velocemente possibile.

Torna a casa.

Se tutto andrà bene, ci rivedremo. Forse.


                                                         Loki


 

Rimase imbambolata con il biglietto fermo a mezz'aria con la bocca aperta a causa dell'incredulità. Si guardò intorno credendo che si trattasse di uno scherzo, ma sapeva che il suo amico non era un tipo scherzoso. Le sarebbe piaciuto che fosse così, ma la realtà era un'altra.

Cosa significava quel biglietto? L'aveva forse scaricata? Perchè scriverle un biglietto quando poteva dirglielo a voce? Non aveva il coraggio di farlo? E poi perché dirle di allontanarsi il più velocemente possibile?

Aveva mille domande per la testa a causa del messaggio ed era adirata al tempo stesso. Era confusa. Non capiva quel suo cambio repentino d'umore. La sera prima era stato così carino nei suoi confronti e adesso si ritrovava quel foglio tra le mani.

Lo posò sul tavolo, incerta su cosa fare.

Doveva veramente andarsene via senza una spiegazione? No, non era da lei lasciare le cose in sospeso. Se lui non la voleva più, glielo doveva dire in faccia, perché non se ne sarebbe andata via senza aver avuto una spiegazione plausibile.

Era determinata a trovarlo e a farsi dire cosa le stesse nascondendo. Non voleva sorvolare su nulla. Era stanca di tutte le cose che le nascondeva, di tutte le scuse che aveva trovato da quando erano arrivati a New York. Se non le avesse detto la verità se ne sarebbe andata sul serio, senza farsi più vedere.

Si vestì alla svelta, mettendosi i primi shorts che aveva trovato e una maglietta, sperando che se ne fosse andato da poco; prese l'ascensore al volo e scese fino al piano terra. Mentre scendeva si girò e si vide allo specchio. Cercò di darsi una sistemata ai capelli cercando di pettinarseli con le dita e di cancellare le sbavature di eye-liner.

Quando le porte si aprirono andò dalla receptionist a chiedere informazioni.

“Scusi.”

La donna alzò gli occhi dallo schermo del computer, togliendosi l occhiali e lasciandoli appesi alla catenina.

“Mi dica.” disse squadrandola.

Caterina sperò che la donna lo avesse notato dato il modo e il comportamento con cui andava a giro. Era talmente concentrata a trovare Loki, che non si accorse di come la donna e gli altri ospiti dell'hotel la stavano guardando. Quello era un albero di lusso e lei sembrava una cantante di una rock band dopo una serata devastante tra fumo e alcool.

“Ha visto il ragazzo che era con me?” era impossibile non notarlo, sembrava che venisse da un altro pianeta.

Ma la donna la guardò come per dire Non sono mica la vostra balia.

“Camera?”

Accidenti, non aveva fatto caso al numero.

“Siamo nella suite, quella all'ultimo piano.”

Scrisse qualcosa al computer e dopo un paio di minuti disse “La suite è registrata a nome di Caterina Bennett, per una sola persona.” e guardò la ragazza.

“No, è impossibile. Con me c'era un ragazzo. Beh, forse è meglio identificarlo come uomo. Ma c'era.”

L'altra donna non si scompose e continuò a guardarla con aria di superiorità, come se fosse una pazza.

“E' alto più o meno così, capelli lunghi neri, occhi celesti. Ben vestito.”

Ma nonostante la sua descrizione, sembrava che Loki non avesse mai messo piede in quell'albergo.

“Mi dispiace, ma la stanza è registrata a questo nome e per una sola persona. Se ce ne fosse stata un'altra ce ne saremo accorti. Siamo molto scrupolosi.” disse seccata dal fatto che era stata accusata indirettamente di non prestare attenzione ai clienti.

Uscì di corsa dalla hall imprecando contro quella donna, per buttarsi in strada alla sua ricerca.

Appena lo trovo lo uccido. Chi si crede di essere per trattarmi così?! Mi fa passare per una pazza. Quando lo vedo gliene darò di santa ragione.

Si fermò davanti all'entrata dell'hotel, senza sapere dove andare. Trovarlo in quella città era più difficile che cercare un ago in un pagliaio, ma doveva almeno tentare.

Dopo innumerevoli pensieri di vendetta, si incamminò verso una direzione qualsiasi. Camminava cercando di tenere a mente il nome delle vie che percorreva, in caso si fosse persa poteva chiedere informazioni sulle vie che aveva percorso e di cui si ricordava il nome. Sempre ammesso che se le ricordasse.

Mentre camminava le venne in mente una cosa che aveva detto il suo amico quando pensava che nessuno lo sentisse.

Lo aveva sentito parlare di un laboratorio in cui c'erano delle cose che gli appartenevano e che doveva recarvisi per ultimare un certo lavoro. Non aveva detto di che lavoro o di che laboratorio si trattasse, era probabile che qualcuno lo sapesse. Forse era uno scienziato. O uno studioso. 

Se ho un po' di fortuna forse riuscirò a trovare dove lavora.

Provò a chiedere ai passanti.

“Mi scusi, sa per caso se qui in città c'è un laboratorio?” domandò ad un signore in giacca e cravatta. L'uomo scosse la testa “Che tipo di laboratorio parli?” chiese a sua volta.

“Non lo so.” non ne aveva la minima idea.

“Mi dispiace cara, ma se non sai il nome dello studio o dell'edificio non posso aiutarti. Ce ne sono a migliaia.” e proseguì a diritto per la sua strada e così fecero tutti quelli a cui domandava la stessa cosa. Nessuno sapeva niente. Aveva chiesto a chiunque, ai passanti, ai poliziotti ai negozianti ma non era servito a niente; l'unica cosa che aveva ottenuto era una gran fame e male alle gambe per aver camminato tanto.

Dopo aver trascorso ore a girare a vuoto senza sapere dove stesse andando, decise di prendere in bus e di fare un giro. Si era portata dietro tutti i soldi che le erano rimasti, in caso di necessità li avrebbe usati.

Così mi stanco meno e percorro più strada. Se lo dovessi vedere, farei fermare subito il bus.

Girò fino all'ora di pranzo, senza fare una pausa. Guardava ogni pochino il telefono, ma non risultavano chiamate perse.

E' inutile che controlli il telefono, lui non lo usa.

Fu fatta scendere a forza dall'autista che, dopo una mattinata di viaggi avanti e dietro per la città, era finalmente in pausa e si era stancato di tutte le domande che la ragazza gli poneva.

Scese controvoglia e spinta dal guidatore. Prima che lei potesse rimontare, chiuse le porte e si dileguò.

Dovette aspettare solo pochi minuti e un secondo bus non tardò ad arrivare. Attraversò la strada e salì a bordo.

Non le importava se il bus che aveva appena preso, percorreva la strada nel senso opposto. Era sconcertata e voleva solo ritornare in hotel; si era stancata di cercare quel cretino per tutta New York.

Perché andarsene senza dirmi niente, lasciandomi solo un messaggio? Perché portarmi con lui e poi scaricarmi?

Era affranta dal suo ennesimo cambio d'umore e della sua maleducazione.

Decise di chiamare la sua amica per sfogarsi.

Primo squillo. Secondo squillo. Rispondi, rispondi rispondi, rispondi. Terzo squillo.

“Pronto Cat, come sta andando nella Grande Mela?” la voce di Mary fu come un balsamo per le sue orecchie.

“Mi ha detto che me ne devo andare.”

Dall'altra parte ci fu un attimo di silenzio.

“Cosa?! Ma come si permette?! Te l'avevo detto che non ti dovevi fidare di lui. Non mi è mai piaciuto con quel suo sorrisino sexy-falso. Quel cretino! Se fossi con te gli farei vedere io. Perchè vuole che te ne vai?”

“Non lo so, non me l'ha detto.” rispose triste.

“Ma è scemo? No, perchè se fosse scemo potrei anche capire che ti voglia mandare via. Avete litigato? Lui si è comportato male? Se si fosse comportato male con te me lo diresti, vero? Vuoi che chiami la polizia?” Mary stava urlando, si era già infuriata e Cat teneva il cellulare a distanza dall'orecchio prima che la sua amica la assordasse.

“No, non mi ha fatto del male. Mi ha lasciato un biglietto per dirmi di allontanarmi dalla città, non spiegava il motivo.”

“E tu che cosa hai fatto? Dove sei adesso, tesoro?”

“Sono uscita a cercarlo per farmi dare delle spiegazioni, ma non sapendo dove fosse andato ho girato a vuoto tutta la mattina. Adesso sto tornando in albergo.”

“Vuoi che io e Jake ti veniamo a prendere?”

Avrebbe voluto dire di si, ma sapeva che sarebbe stato un viaggio troppo lungo e non voleva che i risultati delle sue azioni scellerate danneggiassero gli altri.

“No, torno a casa con il primo volo.”

“Sicura?”

“Mhmh.”

“Appena hai il volo informami. Ciao tesoro.”

“Okay. Ciao.”

Ma come ho fatto a fidarmi? Stupida, stupida me.

Ad un certo punto un boato assordante, simile ad un tuono risuonò nell'aria e nel cielo apparse una colonna di luce azzurra che aprì uno squarcio enorme dai contorni dello stesso colore, che nel giro di un paio di secondi, fece uscire creature gigantesche e mostruose

Da lì in poi, fu il panico.

Quelle creature mostruose iniziarono a bombardare, uccidere e devastare tutto quello che trovavano lungo il loro cammino. Stavano volando su degli strani macchinari, erano talmente veloci che era difficile vederli chiaramente.

I passeggeri, dopo un primo momento di curiosità passato a guardare fuori dai finestrini, incitarono l'autista perché premesse di più il pedale dell'acceleratore e li allontanasse da quell'inferno. Quei mostri erano ovunque, per strada e in aria. Non c'era modo di salvarsi. Erano circondati e continuavano ad uscire da quel maledetto buco, sfrecciando tra i palazzi e facendo saltare tutto per aria. Colpivano edifici, persone; colpivano tutti indistintamente. Era un vero e proprio esercito con l'unico scopo di distruggere. Le esplosioni si susseguivano; la gente scappava terrorizzata ed urlante. Le auto venivano sbalzate a metri di distanza, colpendo oggetti e persone.

I Chitauri erano arrivati e non conoscevano pietà.

Caterina si era rannicchiata nello spazio vuoto dei due sedili, tappandosi le orecchie per non sentire il rumore infernale che li sovrastava. Anche gli altri passeggeri, donne coi figli e uomini d'affare, cercarono di nascondersi tra i sedili. Solo uno, un ragazzo abbastanza giovane e molto imprudente, si avvicinò al guidatore per riprendere col telefonino quanto stava accadendo.

Non aveva il coraggio di guardare fuori, le sembrava così tutto irreale da sembrare vero.

La sua unica preoccupazione era Loki: disperso, ferito, oppure morto. Cancellò quell'ultimo pensiero, con le lacrime agli occhi.

No, non è morto. Non può esserlo.

Cercava di non farsi abbandonare dalla speranza, ma in quel caos era difficile essere speranzosi. Un altro suono metallico si propagò nell'aria e dal portale uscì una gigantesca creatura, fatta di quello che sembrava ferro, ma Caterina sapeva che era un metallo alieno, che si scagliò contro un palazzo facendone cadere la sommità.

I detriti e le macerie si schiantarono al suolo, sfiorando il bus. Il guidatore non rallentava l'andatura, ma guidare in quella confusione era davvero impossibile. Ovunque si vedevano persone ferite che piangevano, o peggio, erano morte.

Fa che sia vivo, ti prego. Fa che ritorni da me.

Stava piangendo, ma non per se e per la sua vita. Piangeva perché aveva capito cosa provava davvero per Loki; ora che lo sapeva, non lo voleva perdere.

All'improvviso il bus si fermò tirando un'inchiodata che spinse tutti in avanti, poiché era crollato davanti a loro pezzi di vetro e di metallo che una volta costituivano un grattacielo. Caterina che proprio in quel momento si era affacciata al finestrino, sotto il macabro impulso di vedere cosa stesse succedendo, fu spinta in avanti e sbatté la testa contro l'angolo del sedile davanti.

La botta le appannò la vista e le procurò un piccolo taglio che in tempo di poco, grondava già sangue.

Dal fumo causato dai detriti comparvero gli alieni pronti a fare fuoco in direzione del bus, ma furono fermati e impegnati a combattere contro qualcuno. La ragazza non riuscì a distinguerli attentamente, ma vide che erano bravi e veloci; anche se erano vestiti in un modo davvero bizzarro. Non aveva mai visto militari conciati in quel modo, sempre ammesso che lo fossero.

Riuscirono a far fuori i Chitauri presenti senza battere ciglio.

L'autista ricevette l'ordine da uno di loro di scendere, così indirizzò quell'ordine a tutti i passeggeri che scesero di corsa dal mezzo tenendosi per mano.

Anche Caterina scese insieme a loro aggrappata ad una ragazza che più o meno avrà avuto la sua stessa età, ma causa di un'improvvisa esplosione fu scaraventata contro delle macerie e quando si rialzò, vide le persone allontanarsi senza riuscire a seguirle. Ormai i passeggeri erano scappati via mettendosi in salvo.

Fu costretta a nascondersi dietro una macchina capovolta e annerita. Continuava a non vedere bene e la polvere che si era alzata le feriva gli occhi.

Era accovacciata contro l'auto, impietrita dalla paura. Non riuscì ad approfittare dell'attimo di pausa tra quelli che sembravano militari e gli alieni per scappare, perchè il suo corpo non le rispondeva più.

Forse si sarebbero accorti di lei e l'avrebbero messa in salvo. Forse.

Poi uno di loro pronunciò un nome che la ridestò dalla sua trance. Quello con l'armatura strana e il martello pronunciò il nome di Loki e dopo un breve scambio di frasi, anche un terzo uomo pronunciò lo stesso nome. Alla fine quel tipo strano con il mantello spiccò il volo verso il cielo, lasciando soli quello con lo scudo e uno con arco e frecce.

Non sapeva chi fossero però conoscevano il suo amico. Quindi dovevano essere per forza i buoni.

Lo conoscono! Se lo conoscono mi potranno portare da lui.

Piena di speranza, si aggrappò alla macchina e si alzò in piedi, correndo come meglio poteva verso di loro. Quando fu abbastanza vicina da farsi vedere iniziò a gridare per catturare la loro attenzione.

“Ehi ragazzina, allontanati da qui.” disse quello con le frecce.

“No, aspettate. Vi ho sentito nominare Loki. Lo conoscete? Sapete dove si trova?” domandò la ragazza.

I presenti la circondarono minacciosi.

“Tu conosci Loki?” ringhiò quello che scoprì chiamarsi Barton.

“Certo che lo conosco, è ...” non riuscì a finire la frase perché le venne puntata una frecce dritta nel petto.

“Sei sua complice?” domandò con sguardo truce.

Caterina non capì e cercò di indietreggiare ma fu fermata dal tizio col costume a stelle e strisce.

“Conosci Loki?” domandò, almeno lui aveva usato un tono un po' meno minaccioso.

Comunque era talmente tanto spaventata che non riuscì a parlare.

“Forza, parla!” le intimò l'uomo.

“S.. si.”

“Te l'ho detto. E' sua complice.” e tese l'arco pronto a scoccare la freccia.

“Aspetta Barton. Vediamo cosa ha da dirci. Coraggio, parla.” e si allontanò per dimostrarle che non le volevano fare del male. Quell'uomo sembrava gentile e raccontò a grandi linee la sua storia.

“Conosco Loki. Sono qui a New York con lui. E' da questa mattina che è sparito e lo stavo cercando quando quei cosi... quei cosi sono apparsi. Poi voi lo avete nominato ho pensato che lo conosceste e io ora vorrei sapere se è vivo e sta bene.”

“Se sta bene?!” tuonò Barton “Guarda ragazzina che questa è tutta opera sua.”

“Non è possibile.” disse sconcertata dall'accusa infondata che quell'uomo aveva rivolto al suo amico.

“Si che lo è.”

“Ammetto che sia strano e che abbia un pessimo carattere, ma non sarebbe mai capace di fare una cosa del genere. E' una persona buona.”

Lei parlava col cuore, ma ai suoi interlocutori sembrava che fosse stata soggiogata dal potere Loki. Però, a ben guardarla, non mostrava nessun segno della magia del Dio, quindi doveva dire la verità. Inoltre perché avrebbe dovuto soggiogare una ragazzina? Non era utile ai suoi piani di conquista; anche se non si spiegarono il fatto di come facesse lei a conoscerlo.

“Persona? Persona?!” disse quello mascherato incredulo di quanto poco sapesse quella ragazza della persona che stava cercando. “Non te l'ha detto? Lui non è una persona, ma un Dio. E' un Dio di un mondo lontano e l'artefice di tutto questo, venuto qui per conquistarci.” disse indicando le macerie intorno a loro.

Vennero interrotti da una terza voce che li avvertì che un certo Thor si stava occupando di Loki, suo fratello.

“Thor sta tenendo occupato Loki. Piccolo cervo non si vuole arrendere. Adesso intervengo io.”

Caterina, sentendo la voce dell'auricolare, cercò di convincerli a portarla da lui.

“Sentite, io non sapevo tutte queste cose di lui e comunque credo che vi stiate sbagliando ma di una cosa sono però sicura: Loki non è cattivo. Almeno non con me. Permettete che gli parli, per favore.” gli supplicò.

Ma non riuscì a convincere l'uomo con lo scudo.

“Non possiamo permettere che ti faccia del male. Barton, allontanala subito.”

Caterina venne presa di forza per un polso e allontanata.

Sapeva di essere l'unica in grado di fermarlo. Così, non si arrese e puntò i piedi a terra e iniziò a graffiare la mano di Barton, non bastò perché, spazientito, la prese di peso. Allora iniziò a dimenarsi come una forsennata e ad urlare.

“Fermo, lasciami andare da lui! Ti prego.” stava piangendo, perché se l'avessero allontanata non l'avrebbe più rivisto e lo avrebbero ucciso.

Alla fine, quando fu fatta mettere con i piedi a terra, nella speranza che si calmasse, gli tirò un calcio nella gamba che lo fece imbestialire.

“Ragazzina, lo capisci che se ti portiamo da lui ti ucciderà?!” disse prendendola per le spalle, al limite della pazienza.

Dentro di se stava pian piano capendo. Anche se le risultava così assurdo; capiva il significato di quel bigliettino. Se Loki era veramente ciò che affermavano quei tipi, allora lui la voleva mandare via per proteggerla. Questo le dette il coraggio di parlare.

“Non mi farebbe MAI del male.” adesso si stavano urlando in faccia a vicenda.

“Cosa ti rende tanto sicura di questo?” urlò Barton.

“Perché io gli voglio bene!”



Eccomi qui, con il quinti capitolo. Che dire? spero vi piaccia.. 
Aspetto con molta ansia i vostri commenti e le vostre opinioni. Come sempre, siate costruttivi ma con delicatezza.
Ciao ciao, al prossimo capitolo.
Un bacio, la vostra vipera.. :)

  
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